ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 23 della legge
27  luglio  1978,  n. 392  Disciplina  delle  locazioni  di  immobili
urbani),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  14  luglio  2000  dal
tribunale  di  Avellino  nel procedimento civile vertente tra Antonio
Sanseverino   e  Regina  Maglio,  iscritta  al  n. 686  del  registro
ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 46, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 21 marzo 2001 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto   che   il   tribunale  di  Avellino  ha  sollevato,  in
riferimento   all'art. 3   della   Costituzione,   la   questione  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 23 della legge 27 luglio 1978,
n. 392  (Disciplina  delle locazioni di immobili urbani), nella parte
in  cui  -  secondo  il  "diritto vivente" - esclude, per i contratti
stipulati   prima  del  31 dicembre  1998,  che  il  canone  locativo
risultante  dall'applicazione  degli  artt. 12-22  della  legge possa
essere  integrato,  nella  misura  prevista  dalla  norma  impugnata,
qualora  le  opere  di  riparazione straordinaria in essa contemplate
siano  state  "eseguite  nel  periodo immediatamente antecedente alla
stipula del contratto di locazione";
        che l'ordinanza e' stata pronunciata nel corso di un giudizio
nel  quale  -  avendo  il  conduttore di un immobile destinato ad uso
abitativo  chiesto  la determinazione del cosiddetto equo canone e la
condanna  della locatrice alla restituzione delle somme indebitamente
corrisposte  in  eccedenza  - la convenuta ha eccepito "la necessita'
che   nella   determinazione   del  canone  si  tenesse  conto  della
ristrutturazione   dell'immobile  avvenuta  [...]  poco  prima  della
stipula  del  contratto  di  locazione",  con  le  conseguenze di cui
all'art. 23 della legge n. 392 del 1978;
        che  -  ad  avviso  del  rimettente  - l'esecuzione di lavori
riconducibili   all'impugnato  art. 23  sarebbe  stata  dimostrata  e
l'applicazione  della  norma  al caso di specie avrebbe comportato il
rigetto   della   domanda   di   ripetizione,   essendo   il   canone
convenzionalmente  stabilito  inferiore  a  quello legale comprensivo
dell'integrazione;
        che  tuttavia - prosegue il rimettente - il "diritto vivente"
riconosce  al locatore il diritto all'integrazione del canone solo se
i  lavori  ex art. 23 siano stati eseguiti in pendenza di un rapporto
locatizio  (con  effetti incidenti anche sui rapporti successivi), ma
non  anche  se, come nella specie, essi siano stati eseguiti fuori di
tale pendenza;
        che  -  essendo  percio' impedita l'interpretazione dif forme
della  norma in esame - non resta, come extrema ratio, che il ricorso
alla questione di costituzionalita';
        che  il  giudice ritiene che la diversita' di trattamento fra
le  due  ipotesi  sia contraria al principio di eguaglianza di cui al
primo  ed al secondo comma dell'art. 3 Cost., in quanto in entrambi i
casi  ricorrerebbe la ratio di "incoraggiare le opere di manutenzione
straordinaria  e  favorire cosi' la conservazione ed il miglioramento
del  patrimonio  immobiliare  offerto  in  locazione,  garantendo  al
proprietario  un  riequilibrio  nel  tempo del canone locativo che si
contrapponga  alla diminuzione dello stesso conseguente al decremento
del coefficiente di vetusta'";
        che l'ingiustificata disparita' di trattamento fra situazioni
simili  e'  tanto  piu'  evidente  in quanto la legge n. 392 del 1978
aveva accolto il c.d. principio di spersonalizzazione del canone, per
cui  esso  doveva  considerarsi  "equo"  in  base a criteri meramente
oggettivi,  indipendenti  "sia  dalla  persona del conduttore che dal
rapporto specifico locatore-conduttore";
        che  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
tramite l'Avvocatura generale dello Stato, depositando memoria, nella
quale ha eccepito l'infondatezza della questione.
    Considerato  che  il  rimettente  richiama  il  "diritto vivente"
secondo  cui  solo  le opere indicate dall'art. 23 della legge n. 392
del  1978,  eseguite in pendenza di un rapporto locativo, possono dar
luogo  all'integrazione  del  canone prevista dalla stessa norma (con
effetti  estensibili  ai rapporti futuri, pur se instaurati con altro
conduttore);
        che,  prospettando  un'irragionevole discriminazione in danno
del  soggetto che esegua le opere quando non sia in corso un rapporto
locativo,  il rimettente chiede a questa Corte una pronuncia additiva
che  preveda il diritto del locatore all'aumento del canone anche per
opere effettuate "nel periodo immediatamente antecedente alla stipula
del contratto di locazione";
        che    siffatta    pronuncia   additiva   dovrebbe   fondarsi
sull'affermata  assimilabilita'  di  quest'ultima situazione a quella
cui si riferisce il "diritto vivente";
        che,  invece,  l'ipotesi  delle  opere  eseguite  durante  il
rapporto  locatizio  e'  oggettivamente diversa da quella delle opere
eseguite  quando  l'immobile  non  e'  locato,  onde  non  ricorre la
necessita'   della  parita'  di  trattamento  imposta  dal  principio
costituzionale di eguaglianza;
        che,  infatti,  nella prima ipotesi (considerata dal "diritto
vivente")  l'integrazione  del canone, con effetto anche sui rapporti
successivi,  e' collegata all'elemento oggettivo dell'esistenza di un
contratto  di  locazione  in  corso,  che, in caso di contenzioso nel
quadro  di  successivi  rapporti  pur  con altri conduttori, presenta
sicuramente carattere di immediata riscontrabilita';
        che,  invece, la seconda ipotesi, concernente lavori eseguiti
al  di  fuori  di  una  locazione,  si  caratterizza  per  la mancata
individuazione  dell'arco  temporale  entro  il quale i lavori stessi
debbano  collocarsi  per  rilevare come fatto costitutivo del diritto
all'integrazione  del  canone  in  eventuali  successivi contratti di
locazione;
        che,  del resto, l'addizione richiesta dal rimettente - volta
ad estendere l'integrazione del canone al caso di opere "eseguite nel
periodo  immediatamente  antecedente  alla  stipula  del contratto di
locazione" - comporterebbe il potere del giudice di valutare (al fine
di  stabilire  se ricorrano i presupposti dell'integrazione) non solo
la  natura delle opere, com'e' nella logica della norma impugnata, ma
anche il momento della loro esecuzione, cosi' configurando uno spazio
di  discrezionalita' ulteriore rispetto a quello previsto dal sistema
di   canone   legale  introdotto  dalla  legge  n. 392  del  1978,  e
confermando   quindi  la  diversita'  delle  situazioni  assunte  dal
rimettente come meritevoli di identica disciplina;
        che,  pertanto,  la  questione di legittimita' costituzionale
deve essere dichiarata manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
avanti alla Corte costituzionale.