ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  ammissibilita'  del  conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  sorto a seguito della delibera della Camera dei
deputati  del  23 maggio  2000,  relativa  all'insindacabilita' delle
opinioni  espresse  dall'on. Pietro  Armani  nei  confronti del prof.
Romano  Prodi,  promosso dal tribunale di Roma, prima sezione civile,
con  ricorso  depositato il 18 gennaio 2001 ed iscritto al n. 176 del
registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 4 aprile 2001 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che  con  ricorso del 27 dicembre 2000, il tribunale di
Roma   (in   composizione  monocratica)  ha  sollevato  conflitto  di
attribuzione  tra  poteri  dello Stato nei confronti della Camera dei
deputati,  in  relazione alla delibera - adottata nella seduta del 23
maggio 2000 su conforme proposta della Giunta per le autorizzazioni a
procedere  - con la quale la Camera ha dichiarato che i fatti oggetto
del  giudizio  civile di risarcimento del danno, instaurato dal prof.
Romano  Prodi  nei  confronti, tra gli altri, del deputato on. Pietro
Armani,  concernevanoopinioni da quest'ultimo espresse nell'esercizio
delle   sue   funzioni,   ai   sensi   dell'art. 68,   primo   comma,
dellaCostituzione;
        che,   in  ordine  allo  svolgimento  della  vicenda  che  ha
provocato  l'adozione  dell'atto impugnato, il ricorso riferisce che,
con atto notificato il 4-6 marzo 2000, il prof. Prodi aveva convenuto
in  giudizio  avanti al tribunale l'on. Armani, la societa' Europa di
Edizioni  S.p.a,  e  il dott. Mario Cervi, direttore responsabile del
quotidiano  "Il Giornale", per sentirli condannare in solido - previo
accertamento  della  commissione  del  reato  di  diffamazione  -  al
risarcimento  dei  danni  derivati  dalla  pubblicazione sul medesimo
quotidiano,  in  data  30 novembre 1999, di un'intervista al suddetto
deputato,  avente  ad  oggetto  presunti  retroscena  sul  cosiddetto
"affare  SME",  nell'asserito  presupposto  che nell'intervista erano
gravemente diffamatorie le affermazioni secondo cui ilprof. Prodi:
          a) aveva voluto vendere la SME all'ing. De Benedetti;
          b) aveva accettato un prezzo curiosamente basso;
          c)  aveva  trattato  segretamente con De Benedetti, fin dal
marzo 1985;
          d)  era stato molto vago nei particolari forniti in data 24
aprile  1985 al Consiglio dell'IRI e aveva taciuto la circostanza che
acquirente era De Benedetti;
          e)   aveva   informato  i  consiglieri  IRI  solo  per  via
telefonica;
          f)  aveva  convocato  una  conferenza  stampa  per porre il
Consiglio di amministrazione davanti al fatto compiuto;
          g)  aveva  di  fatto  coartato  il  medesimo  Consiglio  ad
approvare la vendita;

        che   il   ricorrente   riferisce   che   la  Giunta  per  le
autorizzazioni   a   procedere,   nel  proporre  una  valutazione  di
insindacabilita' delle suddette dichiarazioni, aveva dato rilievo:
          1)  ad una precedente intervista rilasciata dall'on. Armani
a  "Il  Corriere  della  Sera" il 7 dicembre 1995, per manifestare le
medesime  opinioni, cui non era seguita alcuna iniziativa giudiziaria
del prof. Prodi;
          2)  a  precedenti  dichiarazioni  critiche del deputato nei
confronti del prof. Prodi, con riferimento alla tentata vendita della
SME,  in  occasione  di  un  suo  intervento  in  aula  nel corso del
dibattito sulle comunicazioni del Governo;
          3)  a  numerosi interventi di altri deputati in discussioni
alla  Camera  sul tema della vendita della SME ed in particolare agli
interventi   dell'on. Bruno  nella  seduta  del  15  maggio  1998,  e
dell'on. Becchetti e dell'on. Garra, rispettivamente nella seduta del
30  novembre  1999 e nella seduta della Commissione permanente affari
costituzionali  del  lo  dicembre  1999,  che avevano fatto specifico
riferimento al contenuto dell'intervista in questione;
          che,    ad    avviso   del   ricorrente,   la   prerogativa
dell'insindacabilita',   di   cui  all'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione,  non  copre,  per  costante giurisprudenza della Corte,
tutte  le  opinioni espresse dal parlamentare nello svolgimento della
sua attivita' politica, ma solo quelle legate da nesso funzionale con
le  attivita'  svolte nella sua qualita' di membro della Camera, onde
oggetto  di protezione non sarebbe l'attivita' politica in genere del
parlamentare,  ampiamente  considerata,  "ne'  il contesto politico",
bensi'  "l'esercizio  della  funzione  parlamentare e delle attivita'
consequenziali  e  presupposte, con la precisazione che tali funzioni
devono riguardare ambiti e modi giuridicamente definiti";
          che  ne  discenderebbe,  secondo  il  ricorrente,  "che  la
semplice  comunanza  di  argomento  tra  la dichiarazione lesiva e le
opinioni  espresse in sede parlamentare non puo' bastare ad estendere
alla   prima   l'immunita'  che  copre  la  seconda",  in  quanto  il
significato  del  nesso  funzionale  tra  dichiarazione  ed attivita'
parlamentare  si  dovrebbe  cogliere sub specie di "identificabilita'
della   dichiarazione   stessa   quale   espressione   di   attivita'
parlamentare"  e,  dunque, "il problema specifico della riproduzione,
all'esterno  degli  organi  parlamentari,  di dichiarazioni gia' rese
nell'esercizio  di  funzioni  parlamentari"  potrebbe  dar  luogo  ad
insindacabilita'  "solo  ove  sia  riscontrabile  una  corrispondenza
sostanziale   di  contenuti  con  l'atto  parlamentare,  non  essendo
sufficiente a questo riguardo una mera comunanza di tematiche";
          che,  sulla  base di questi principi, il ricorrente censura
la  delibera  di  insindacabilita',  osservando,  in particolare, che
nessuna rilevanza puo' riconoscersi alle circostanze prima ricordate,
in quanto:
        a) la precedente intervista, di analogo contenuto, rilasciata
il  7 febbraio  1995  dall'on. Armani  a  "Il  Corriere  della Sera",
contiene  una  manifestazione  di pensiero non inerente alla funzione
parlamentare;
        b) l'intervento in aula dell'on. Armani, tenuto nel corso del
dibattito sulle comunicazioni del Governo, seppure svolto in ambito e
modi   propri   della  funzione  parlamentare,  manca  del  requisito
dell'identita'  sostanziale  di  contenuto con l'opinione manifestata
nella  sede  esterna,  con la quale ha soltanto una mera comunanza di
tema;
        c)  gli  altri  interventi,  nelle  discussioni  alla Camera,
peraltro  di  deputati  diversi  dall'on. Armani  e talora successivi
all'intervista, hanno contenuto generico ed approssimativo;
          che  il  ricorrente  ritiene  pertanto che le dichiarazioni
dell'on. Armani  non  siano  state rese nell'esercizio delle funzioni
parlamentari,  onde  - non essendo per esse invocabile l'immunita' di
cui  all'art. 68,  primo comma, della Costituzione - la deliberazione
di insindacabilita' deve essere annullata.
    Considerato  che in questa fase del giudizio la Corte e' chiamata
a   deliberare,  senza  contraddittorio  e  prima  facie,  in  ordine
all'ammissibilita'  del ricorso sotto il profilo dell'identificazione
dei poteri dello Stato, che si contrappongono, e dell'esistenza della
materia  di  un  conflitto  la  cui  risoluzione  spetti alla propria
competenza,  restando  impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche
in punto di ammissibilita', con riguardo altresi' all'incidenza della
menzionata  delibera  parlamentare  sul  procedimento pendente avanti
all'autorita' giudiziariaricorrente;
          che,  sotto  il  profilo  soggettivo,  la legittimazione ad
essere  parte  nei  conflitti  di attribuzione tra poteri dello Stato
spetta  -  per  costante  giurisprudenza  di  questa Corte - tanto ai
singoli   organi   giurisdizionali,   nell'esercizio   dell'attivita'
giurisdizionale  esercitata in piena indipendenza, quanto alla Camera
dei  deputati,  organo  competente  a  dichiarare  definitivamente la
propria volonta' in ordine all'applicabilita' dell'art. 68 Cost.;
          che,  sotto  il  profilo oggettivo, l'autorita' giudiziaria
ricorrente  ritiene  che la propria potestas iudicandi - attribuzione
costituzionalmente   garantita   -  sia  stata  lesa  dall'esercizio,
asseritamente  illegittimo,  del  potere,  spettante  alla  Camera di
appartenenza  del parlamentare, di dichiarare insindacabili, ai sensi
dell'art. 68, primo comma, Cost., le opinioni da lui espresse;
          che,  pertanto,  ricorrono  i  requisiti sia soggettivi che
oggettivi  necessari  al  fine di ritenere ammissibile il ricorso per
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.