ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 126, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell'art. 1 della legge25 giugno 1999, n. 205), e dell'art. 214, commi 1 e 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promossi con ordinanze emesse il 7 giugno 2000 dal giudice di pace di Torino, il 24 luglio 2000 dal giudice di pace di Gorizia, l'8 agosto 2000 dal giudice di pace di Bologna e il 1o agosto 2000 dal giudice di pace di Caldaro, rispettivamente iscritte ai nn. 544, 588, 635 e 669 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 41, 43, 45 e 46, 1a serie speciale, dell'anno 2000. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 7 marzo 2001 il giudice relatore Fernanda Contri. Ritenuto che il giudice di pace di Torino, il giudice di pace di Bologna ed il giudice di pace di Caldaro, con ordinanze emesse rispettivamente il 7 giugno 2000, l'8 agosto 2000 e il 1o agosto 2000, hanno sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 126, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), per la violazione dell'art. 3 della Costituzione e, il solo giudice di pace di Bologna, anche dell'art. 76 Cost; che anche il giudice di pace di Gorizia, con ordinanza emessa il 24 luglio 2000, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale del medesimo art. 126, comma 7, del codice della strada e dell'art. 214, commi 1 e 6, dello stesso codice, per violazione degli artt. 3, 13 e 24 della Costituzione; che i giudici a quibus sono tutti investiti della decisione di ricorsi presentati da proprietari di autoveicoli che sono stati sottoposti alla sanzione accessoria del fermo amministrativo perche' condotti da persone munite di patente scaduta di validita'; che ad avviso del giudice di pace di Torino l'art. 126 del d.lgs. n. 285 del 1992 viola l'art. 3 della Costituzione perche' introduce una sanzione accessoria irragionevole, sproporzionata e inadeguata, prevedendo il fermo amministrativo del veicolo in misura fissa, senza considerare il comportamento tenuto dal trasgressore dopo la contestazione della violazione e senza consentire la restituzione del veicolo non appena venga sanata la situazione di illegalita'; che ad avviso del giudice di pace di Gorizia la disposizione di cui all'art. 126 citato e' illogica, in quanto si determina un contrasto tra la maggior afflittivita' delle sanzioni, principale e accessoria, previste per un fatto "quasi certamente colposo" quale e' la circolazione con patente scaduta e altre sanzioni previste dallo stesso codice per comportamenti coscienti; che, secondo questo rimettente, nel caso in cui il veicolo assoggettato a fermo amministrativo sia di proprieta' di un terzo, la sanzione accessoria rappresenta per il proprietario una "pesante restrizione della propria liberta' e diritto di attendere ai propri bisogni di lavoro, di spostamento", con conseguente violazionedell'art. 13 Cost; che, sempre secondo il giudice di pace di Gorizia, l'art. 214, comma 6, del codice della strada, se interpretato nel senso che non attribuisce al giudice il potere di disporre, nelle more del giudizio, la sospensione del fermo amministrativo del veicolo, violerebbe l'art. 24 Cost., creando un deterrente all'impugnazione del provvedimento sanzionatorio a causa dei tempi per l'opposizione che non consentono un'utile pronuncia del giudice prima dello scadere del fermo; che il giudice di pace di Bologna, rilevato che l'art. 5, lettera d), della legge di delega 25 giugno 1999, n. 205 prevedeva, per la violazione di cui all'art. 126, comma 7, del d.lgs. n. 285 del 1992 citato, la sanzione amministrativa accessoria del sequestro del mezzo, osserva che il legislatore delegato ha introdotto la diversa e piu' afflittiva sanzione del fermo amministrativo, con conseguente violazione dell'art. 76 Cost; che, sempre secondo questo rimettente, la norma impugnata viola anche "il canone generale di ragionevolezza e proporzionalita' delle misure sanzionatorie", dal momento che la sanzione e' stabilita in misura fissa e non graduabile in base alla gravita' della violazione; che e' irrilevante l'avvenuto pagamento della sanzione pecuniaria principale; che e' impossibile valutare, nell'irrogare la sanzione, il danno economico che la stessa arreca al proprietario del veicolo ed ai suoi familiari; che nessuna distinzione viene dalla legge fatta in relazione al tipo ed alla destinazione del veicolo ed al tempo trascorso dalla avvenuta scadenza della patente di guida del conducente e che, contrariamente a quanto previsto per la guida in stato di ebbrezza o sotto l'influenza di sostanze stupefacenti, il fermo viene eseguito immediatamente, senza che il veicolo possa essere affidato per la guida ad altra persona idonea; che, come osserva questo giudice, la sanzione accessoria e' una misura della quale il legislatore ha fatto un uso "improprio e per fini distorti" rispetto alle finalita' del fermo amministrativo, che avrebbe sempre conservato la sua originale caratteristica di strumento cautelare, senza una diretta finalita' afflittiva; che, sempre secondo il giudice di pace di Bologna, l'introduzione del fermo quale sanzione accessoria sarebbe quindi censurabile perche' si tratta di uno strumento non previsto ne' dall'ordinamento penale ne' da quello amministrativo ed inflitto "in via anticipata"; che, rileva infine il rimettente, la disposizione impugnata sarebbe "irragionevole e profondamente ingiusta" perche' il fermo verrebbe scontato anche nel caso in cui la sanzione pecuniaria principale fosse estinta per avvenuto pagamento, cio' che si porrebbe in contrasto con un principio generale desumibile dall'art. 162 del codice penale in caso di estinzione del reato per intervenuta oblazione; che anche secondo il giudice di pace di Caldaro l'art. 126 del codice della strada viola l'art. 3 della Costituzione perche' la disciplina sanzionatoria prevista per la guida di un veicolo con patente scaduta di validita', raffrontata con quella prevista per la guida senza patente di cui all'art. 116 dello stesso codice, evidenzia "uno sproporzionato rigore adottato dal legislatore" ed ha conseguenze "oltremodo pesanti" per fatti che solitamente sono imputabili a distrazione; che la disposizione, ad avviso di questo rimettente, non distingue ne' i casi nei quali la patente e' scaduta da pochi giorni ne' quelli in cui il mancato rinnovo dipende dall'impossibilita' di ottenerne la conferma per difetto dei necessari requisiti, cio' che rende illogica la disciplina legale e crea una ingiustificata disparita' di trattamento tra condotte punite "in modo sperequato"; che in tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare le questioni sollevate dai rimettenti inammissibili o infondate; che secondo l'Avvocatura le questioni sollevate dal giudice di pace di Gorizia sono inammissibili poiche' esse sono irrilevanti nel giudizio a quo essendo ampiamente decorso il periodo nel quale il veicolo e' stato sottoposto al fermo amministrativo e non avendo il rimettente sospeso l'efficacia della sanzione accessoria, mentre il profilo sollevato riguardo alla sanzione irrogata al terzo proprietario non ricorre nel caso all'esame del giudice di pace di Gorizia e le censure relative alla violazione dell'art. 24 della Costituzione sarebbero formulate in forma perplessa; che secondo la difesa erariale il proprietario di un veicolo che ne consente l'uso a persona sprovvista di patente in corso di validita' pone in essere un comportamento che, in quanto dovuto a negligenza e violazione dell'obbligo di vigilanza, non e' indifferente per l'ordinamento, mentre la scelta del legislatore di fissare la durata della sanzione accessoria nella misura fissa di due mesi, prescindendo dalla condotta successiva del trasgressore, non appare irragionevole poiche' il terzo proprietario del veicolo risponde dell'illecito per fatto proprio e non esiste una regola generale relativa alla graduazione delle sanzioni; che, quanto alla violazione dell'art. 76 della Costituzione prospettata dal giudice di pace di Bologna, l'Avvocatura osserva che il legislatore delegante, nel formulare i principi ed i criteri direttivi per la modifica dell'art. 126 del codice della strada, avrebbe utilizzato in modo atecnico il termine "sequestro", intendendo indicare non gia' una misura cautelare, ma una sanzione accessoria consistente nella temporanea sottrazione della disponibilita' del veicolo e che il legislatore delegato avrebbe percio' dato alla disposizione l'unica attuazione coerente col quadro sanzionatorio complessivo del codice della strada; che l'Avvocatura infine ricorda che in base all'art. 202, comma 1, del codice della strada, il trasgressore e' ammesso al pagamento in misura ridotta "fermo restando l'applicazione delle eventuali sanzioni accessorie", che si devono percio' applicare anche in caso di estinzione della sanzione principale; che secondo l'Avvocatura non sarebbe possibile indicare, quale utile tertium comparationis la disciplina legislativa prevista per la guida senza patente o con patente revocata o non rinnovata per mancanza dei requisiti richiesti, non essendo il legislatore tenuto ad una scelta obbligata per le sanzioni conseguenti ai diversi illeciti amministrativi. Considerato che i quattro giudizi, in quanto sollevano questioni analoghe riguardo alla stessa disposizione - l'art. 126, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205) - o di altre disposizioni ad essa collegate - l'art. 214, commi 1 e 6 dello stesso codice - devono essere riuniti per essere decisi congiuntamente; che le questioni sollevate dal giudice di pace di Gorizia in ordine sia all'art. 126, comma 7, che all'art. 214, commi 1 e 6, del codice della strada non sono rilevanti nel giudizio a quo; che, infatti, come risulta dall'ordinanza di rimessione, il veicolo sottoposto alla sanzione accessoria risulta essere di proprieta' dello stesso conducente e non ricorre percio' l'ipotesi di fermo di un automezzo di proprieta' di un terzo; che, inoltre, lo stesso rimettente non esclude la possibilita' di una interpretazione dell'art. 214 del codice della strada diversa da quella da lui censurata, cosi' da rendere la sollevata questione come meramente interpretativa, tanto piu' che non viene neppure precisato se sia stata tempestivamente presentata richiesta di sospensione cautelare del fermo; che tali questioni sono percio' manifestamente inammissibili; che gli altri giudici rimettenti dubitano della legittimita' costituzionale dell'art. 126, comma 7, del codice della strada, nel testo modificato dall'art. 19, comma 3, d.lgs. n. 507 del 1999 citato - che ha introdotto la sanzione amministrativa accessoria del fermo del veicolo per la durata di mesi due - ritenendo che la disposizione sia irragionevole e sproporzionata rispetto alla gravita' dell'illecito, con conseguente violazione dell'art. 3 Cost; che, come questa Corte ha costantemente affermato, la determinazione delle condotte punibili e delle relative sanzioni, siano esse penali o amministrative, rientra nella piu' ampia discrezionalita' legislativa, non spettando alla Corte "rimodulare le scelte punitive del legislatore ne' stabilire la quantificazione delle sanzioni" (sentenze n. 217 del 1996 e n. 313 del 1995, ordinanza n. 190 del 1997 e, da ultimo, ordinanza n. 33 del 2001) che ben possono essere previste anche in misura fissa, ove questa sia contenuta entro limiti di congruita' e ragionevolezza; che, come questa Corte ha stabilito con l'ordinanza da ultimo citata, la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo condotto da persona la cui patente di guida sia scaduta risulta non essere sproporzionata ne' irragionevole, essendo al contrario coerente con la finalita', perseguita in generale dal sistema sanzionatorio del codice della strada, di contrastare in modo effettivo ed adeguato le condotte potenzialmente pericolose e ancora che l'ininfluenza dell'estinzione per intervenuto pagamento della sanzione pecuniaria principale sul permanere delle sanzioni accessorie, prevista in via generale dall'art. 202 del codice della strada, tende a perseguire il predetto scopo; che non e' fondata neppure la questione sollevata dal giudice di pace di Bologna in relazione all'art. 76 della Costituzione poiche', come questa Corte ha gia' affermato (ordinanza n. 33 del 2001), il legislatore delegato, nell'introdurre il fermo amministrativo del veicolo, ha provveduto senza discostarsi dal sistema generale delle sanzioni accessorie del codice della strada e dai principi e criteri direttivi fissati dalla legge di delega25 giugno 1999, n. 205 ed ha usato il termine "sequestro" in senso generico, da intendere come sanzione accessoria implicante la non disponibilita' del veicolo; che non sussiste la violazione del principio costituzionale di eguaglianza dedotta dal giudice di pace di Caldaro, essendo la sanzione pecuniaria prevista per la guida senza patente ben maggiore di quella stabilita per la guida con patente scaduta di validita' ed essendo inoltre, anche per quella ipotesi, prevista la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo, per la durata di mesi tre anziche' due; che quindi le questioni sollevate dai giudici di pace di Torino, Bologna e Caldaro sono manifestamente infondate sotto ogni profilo. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.