ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 126, comma 7,
del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada),  nel  testo  modificato  dall'art. 19,  comma 3, del decreto
legislativo  30 dicembre  1999,  n. 507  (Depenalizzazione  dei reati
minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell'art. 1 della
legge25 giugno   1999,  n. 205),  anche  in  combinato  disposto  con
l'art. 214,  comma 1-bis, dello stesso decreto legislativo n. 285 del
1992,  promosso con ordinanza emessa il 10 agosto 2000 dal giudice di
pace  di  Imperia nel procedimento civile vertente tra Viale Teresa e
la  Polizia  municipale  di  Imperia, iscritta al n. 789 del registro
ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 51, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 6 giugno 2001 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che il giudice di pace di Imperia, con ordinanza emessa
il  10 agosto  2000,  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 16
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 126,  comma  7,  del  decreto  legislativo  30 aprile 1992,
n. 285   (Nuovo   codice   della   strada),   nel   testo  modificato
dall'art. 19,  comma  3,  del  decreto  legislativo 30 dicembre 1999,
n. 507  (Depenalizzazione  dei  reati  minori  e  riforma del sistema
sanzionatorio  ai  sensi  dell'art. 1  della  legge  25 giugno  1999,
n. 205),  anche  in  combinato  disposto  con l'art. 214,comma 1-bis,
dello  stesso decreto legislativo n. 285 del 1992, nella parte in cui
non   consente   al   giudice   di   graduare  la  durata  del  fermo
amministrativo del veicolo in ragione delle circostanze del caso;
        che  il rimettente e' investito della decisione di un ricorso
presentato  dalla  proprietaria di un'autovettura avverso la sanzione
accessoria  del  fermo amministrativo del veicolo, applicata nei suoi
confronti  perche'  colta alla guida della stessa vettura con patente
scaduta di validita';
        che  il  giudice  a  quo,  preliminarmente,  osserva  che  la
questione  sollevata  e' rilevante nel giudizio in corso e che non e'
possibile  una  interpretazione  costituzionalmente  orientata  della
norma  oggetto  della  censura,  dal  momento che il caso riguarda il
fermo  amministrativo di un veicolo di proprieta' dello stesso autore
della violazione;
        che,   in   ordine  alla  non  manifesta  infondatezza  della
questione,  il  rimettente  osserva  che la legge prevede la sanzione
accessoria  del  fermo  del  veicolo  in misura fissa, senza lasciare
quindi  all'autorita'  giudiziaria  la  possibilita'  di adeguarne la
durata  alla specifica gravita' del fatto ed al grado di colpevolezza
dell'autore  della  violazione,  cio' che determinerebbe un contrasto
con    l'art. 3   della   Costituzione   sotto   il   profilo   della
ragionevolezza;
        che  secondo  il  rimettente  il "contenuto afflittivo" della
disposizione  risiederebbe  piu'  nella  sanzione  accessoria  che in
quella  principale  e che per tale ragione dovrebbe essere consentito
al  giudice  di  graduare  la  durata  del fermo amministrativo avuto
riguardo alle circostanze concrete del caso;
        che  a  detta  del  giudice  a quo nella giurisprudenza della
Corte vi sarebbero "indizi" riguardo all'esistenza di un principio di
necessaria   ragionevolezza  e  proporzionalita'  delle  sanzioni  in
relazione  alle  violazioni  commesse,  come affermato dalle sentenze
n. 341  del  1999  [rectius:  del  1994] e n. 122 del 1993, pur se la
Corte  ha  ripetutamente  dichiarato  che  in  materia il legislatore
avrebbe un'ampia discrezionalita';
        che  il  rimettente,  sotto  diverso  profilo, ritiene che la
norma   impugnata   violi   l'art. 3  della  Costituzione  anche  per
l'incongruita'  di  una  sanzione  principale  pecuniaria  fissata in
misura modesta cui corrisponde, al contrario, una sanzione accessoria
che  consiste  "in  una  pesantissima  limitazione  della liberta' di
circolazione"  inflitta  anche  a  chi  - come nel caso all'esame del
giudice  a  quo  -  usa  il  veicolo  per  motivi  di  lavoro, con la
conseguenza  di  una  sanzione  accessoria  piu' afflittiva di quella
principale;
        che  un  ulteriore  profilo di illegittimita' costituzionale,
con  riferimento al principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost.,
viene   dal   giudice   a   quo   rilevato   nel  combinato  disposto
dell'art. 126,  comma  7,  e  dell'art. 214,  comma 1-bis, del codice
della  strada  per  la disparita' di trattamento che si creerebbe tra
chi  conduce  con  patente  scaduta un veicolo di sua proprieta' - al
quale  viene  sempre comminata anche la sanzione accessoria del fermo
del  mezzo  - e chi commette la medesima violazione usando un veicolo
appartenente  ad  un  "terzo  ignaro",  soggetto  alla  sola sanzione
pecuniaria principale;
        che   altra   violazione  del  principio  di  eguaglianza  il
rimettente  ritiene  esistente nel trattamento sanzionatorio previsto
per la guida con patente scaduta, posto a raffronto con quello che il
codice  della  strada  prevede  per la guida senza patente (art. 116,
commi  13  e  16)  dal  momento che la legge, pur stabilendo sanzioni
pecuniarie  di  ben  diversa  entita'  per i due illeciti, prevede al
contrario  in  entrambi  i  casi  una sanzione accessoria "pressoche'
coincidente";
        che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la previsione di due
sanzioni  accessorie  di  entita'  tanto vicina per due violazioni di
gravita'  tanto  diversa  sarebbe  quindi  un  ulteriore indice della
irrazionalita' della disposizioneimpugnata;
        che  il giudice di pace di Imperia - accogliendo un'eccezione
svolta  sul  punto  dall'opponente - ritiene che l'art. 126, comma 7,
del  codice  strada  violi  anche  l'art. 16 della Costituzione nella
parte  in  cui  "ridimensiona"  il diritto della persona di circolare
liberamente,  da intendere non solo come "assenza di divieti" ma come
possibilita'  di accesso ai "mezzi fondamentali per l'esercizio dello
stesso";
        che,  sempre  secondo  il  rimettente,  se lo scopo del fermo
amministrativo  del  veicolo  e' quello di evitare che soggetti per i
quali  non  e'  stata  accertata la permanenza dei requisiti fisici e
psichici  per  la  guida  circolino liberamente, tale finalita' perde
qualsiasi  ragione  nel  momento  in cui il soggetto si munisca medio
tempore di una nuova patente;
        che  un'ulteriore  incongruenza della disciplina viene infine
rilevata  dal  giudice  di  pace  rimettente  nella  circostanza che,
ottenuto  il  rinnovo, al trasgressore viene restituita la patente di
guida,  mentre  il  veicolo  resta sottoposto al fermo amministrativo
sino  alla  scadenza  del  termine previsto dalla legge senza che sia
possibile ottenerne la restituzione;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo alla Corte di dichiarare la questione inammissibile
o infondata;
        che  l'Avvocatura  richiama  in particolare l'ordinanza n. 33
del  2001,  con  la  quale  questa Corte ha dichiarato manifestamente
infondate   alcune  delle  censure  svolte  dall'odierno  rimettente,
ricordando   in   particolare   che  la  Corte  ha  ribadito  l'ampia
discrezionalita'  del  legislatore  nella  materia  de  qua  e  che i
parametri  invocati  per  il  giudizio  di eguaglianza sono del tutto
inconferenti;
        che,  quanto  alla  asserita  violazione  dell'art. 16 Cost.,
l'Avvocatura   ritiene   che  nessun  impedimento  alla  circolazione
personale  derivi  dal  provvedimento  di  fermo  amministrativo  del
veicolo.
    Considerato  che  il  giudice  di  pace  di  Imperia dubita della
legittimita'   dell'art. 126,   comma   7,  del  decreto  legislativo
30 aprile  1992,  n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato
dall'art. 19,  comma  3,  del  decreto  legislativo 30 dicembre 1999,
n. 507  (Depenalizzazione  dei  reati  minori  e  riforma del sistema
sanzionatorio  ai  sensi  dell'art. 1  della  legge  25 giugno  1999,
n. 205),  anche  in  combinato  disposto con l'art. 214, comma 1-bis,
dello  stesso  decreto  legislativo  n. 285  del 1992, per violazione
degli artt. 3 e 16 della Costituzione;
        che, secondo il rimettente, la disposizione impugnata - nella
parte  in cui prevede, per la guida con patente scaduta di validita',
l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria del fermo del
veicolo  per  la  durata  di  due  mesi  -  violerebbe l'art. 3 della
Costituzione,  perche'  la  sanzione accessoria e' prevista in misura
fissa  che  non ne consente la graduazione in relazione alla gravita'
in  concreto  dell'illecito  e perche' la sanzione accessoria sarebbe
irragionevole  e  sproporzionata  rispetto  alla  sanzione pecuniaria
principale  e  non  puo' essere estinta neanche nel caso in cui venga
conseguito il rinnovo della patente;
        che  secondo  il  giudice a quo la disposizione violerebbe lo
stesso  art. 3 della Costituzione - questa volta sotto il profilo del
principio  di  eguaglianza  - perche' la sanzione e' analoga a quella
prevista  per  chi  conduce  un veicolo pur essendo privo di patente,
condotta  da  ritenersi piu' grave di quella di chi guida con patente
scaduta  ed  infine che essa sarebbe in contrasto anche con l'art. 16
Cost.,  perche'  al  fermo  amministrativo  del  veicolo consegue una
compressione della liberta' di circolazione del soggetto;
        che  ad  avviso  del  giudice  di pace rimettente l'art. 126,
comma  7,  citato, in combinato disposto con l'art. 214, comma 1, del
codice  della  strada,  violerebbe l'art. 3 Cost., nella parte in cui
prevede  sanzioni  diverse per comportamenti identici quali quelli di
chi  guida  con patente scaduta il proprio veicolo o il veicolo di un
terzo ignaro della violazione;
    che,  come  questa  Corte  ha  costantemente  affermato (sentenze
n. 217  del  1996  e  n. 313 del 1995, ordinanza n. 190 del 1997 e da
ultimo  ordinanza  n. 33  del  2001) la individuazione delle condotte
punibili   e   delle   relative   sanzioni,   siano   esse  penali  o
amministrative,    rientra    nella   piu'   ampia   discrezionalita'
legislativa,  non  spettando alla Corte rimodulare le scelte punitive
del  legislatore  ne' stabilire la quantificazione delle sanzioni che
ben  possono  essere  stabilite anche in misura fissa, ove questa sia
contenuta entro limiti di congruita' e ragionevolezza;
        che  la  sanzione  accessoria  del  fermo  amministrativo del
veicolo  condotto  da persona la cui patente di guida sia scaduta non
e'   ne'   sproporzionata  ne'  irragionevole,  perseguendo  essa  la
finalita',  comune  al sistema sanzionatorio del codice della strada,
di   contrastare   in   modo   effettivo  ed  immediato  le  condotte
potenzialmente  pericolose  (ordinanza n. 33 del 2001 citata), mentre
l'ininfluenza  sulla durata delle sanzioni accessorie dell'estinzione
della   sanzione  pecuniaria  principale  a  seguito  di  intervenuto
pagamento,  prevista  in  via generale dall'art. 202 del codice della
strada, tende anch'essa a raggiungere il predetto scopo;
        che  nessuna  comparazione  puo'  essere fatta, ai fini dello
scrutinio  di  legittimita' costituzionale della norma impugnata, fra
le  sanzioni  previste per la guida di veicolo con patente scaduta di
validita' e quelle che l'art. 116 del codice della strada commina per
la guida senza patente, dal momento che si tratta di condotte diverse
per  le quali la legge prevede conseguenze diverse sia in ordine alla
sanzione  pecuniaria principale che in ordine a quella accessoria del
fermo  del  veicolo,  non potendo assurgere a criterio di giudizio il
fatto che si tratti di misure "pressoche'" coincidenti;
        che  e'  manifestamente  erroneo il riferimento del giudice a
quo  all'art. 16  Cost.,  sotto  il  profilo  della  limitazione alla
liberta'  di movimento che sarebbe arrecata al trasgressore dal fermo
del  suo  veicolo,  dal momento che nessuna limitazione al diritto di
circolazione e soggiorno del cittadino sul territorio nazionale viene
arrecata   da   una   sanzione   che   si   limita  a  sottrargli  la
disponibilita', per un tempo limitato, di un bene patrimoniale;
        che  nessuna  violazione  del  principio di eguaglianza, data
l'evidente   disomogeneita'   delle  situazioni  poste  a  raffronto,
discende  dalla  circostanza  che, mentre colui che guida con patente
scaduta  di  validita'  un  proprio  veicolo  e' sempre soggetto alla
sanzione  accessoria,  viceversa,  ove  il  veicolo non appartenga al
guidatore,  il  fermo  del  mezzo  non  e' disposto nei confronti del
proprietario,   quando  risulta  "evidente  che  la  circolazione  e'
avvenuta contro la volonta' di costui";
        che  percio'  le  questioni  sollevate dal giudice di pace di
Imperia sono manifestamente infondate sotto ogni profilo.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.