ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 7, comma 1,
lettera   d),   del   decreto  legislativo  30 ottobre  1992,  n. 443
(Ordinamento  del  personale  del  Corpo  di polizia penitenziaria, a
norma  dell'art. 14,  comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395),
come  modificato  dall'art. 1,  comma  7, del d.l. 13 settembre 1996,
n. 479  (Provvedimenti  urgenti per il personale dell'amministrazione
penitenziaria,  per  il  servizio  di  traduzione  dei detenuti e per
l'accelerazione delle modalita' di conclusione degli appalti relativi
agli   edifici   giudiziari   nelle   regioni  Sicilia  e  Calabria),
convertito,  con  modificazioni, nella legge 15 novembre 1996, n. 579
(Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 13 settembre 1996,
n. 479,    recante    provvedimenti    urgenti   per   il   personale
dell'amministrazione penitenziaria, per il servizio di traduzione dei
detenuti  e  per l'accelerazione delle modalita' di conclusione degli
appalti  relativi  agli  edifici  giudiziari  nelle regioni Sicilia e
Calabria),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  16 giugno  1999 dal
tribunale  amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da
Rossi Roberto contro il Ministero della giustizia, iscritta al n. 790
del  registro  ordinanze  2000  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 51, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 4 luglio 2001 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto che il tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
ordinanza  emessa  il  16 giugno  1999  e  pervenuta  alla  Corte  il
20 novembre    2000,   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale   dell'art. 7,   comma  1,  lettera  d),  del  decreto
legislativo  30 ottobre  1992,  n. 443 (Ordinamento del personale del
Corpo  di polizia penitenziaria, a norma dell'art. 14, comma 1, della
legge 15 dicembre 1990, n. 395), come modificato dall'art. 1,comma 7,
del  d.l.  13 settembre  1996,  n. 479  (Provvedimenti urgenti per il
personale  dell'Amministrazione  penitenziaria,  per  il  servizio di
traduzione  dei  detenuti  e  per  l'accelerazione delle modalita' di
conclusione  degli  appalti  relativi  agli  edifici giudiziari nelle
regioni  Sicilia  e  Calabria),  convertito, con modificazioni, nella
legge   15 novembre   1996,   n. 579   (Conversione   in  legge,  con
modificazioni,   del   d.l.   13 settembre   1996,   n. 479,  recante
provvedimenti   urgenti   per   il   personale   dell'amministrazione
penitenziaria,  per  il  servizio  di  traduzione  dei detenuti e per
l'accelerazione delle modalita' di conclusione degli appalti relativi
agli  edifici  giudiziari  nelle  regioni  Sicilia e Calabria), nella
parte   in   cui   prevede   la   cessazione  di  ogni  rapporto  con
l'amministrazione  per  gli  agenti  ausiliari  del  Corpo di polizia
penitenziaria  che  si  assentano  dal  corso  per causa di malattia,
impedendo agli stessi di partecipare ad uno dei corsi successivi, per
la violazione degli artt. 3, 4, 32 e 97 della Costituzione;
        che  il giudice rimettente rileva che l'unico profilo atto ad
integrare  il fumus boni juris per la sospensione dell'esecuzione del
provvedimento  impugnato e' costituito dall'eccezione di legittimita'
costituzionale  sollevata  dal ricorrente in ordine alla disposizione
applicata dall'amministrazione al caso di specie, disposizione che e'
certamente rilevante nel giudizio a quo;
        che,  sotto  il  profilo della non manifesta infondatezza, il
tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  osserva  che questa
Corte,   con   la   sentenza   n. 212   del   1998,   ha   dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 4,  punto 1, lettera d) e
punto  5  del  d.l.  4 agosto 1987, n. 325 (Disciplina temporanea dei
corsi  per  l'accesso  ai  ruoli  di Polizia di Stato e provvedimenti
urgenti   a  favore  del  Corpo  nazionale  dei  vigili  del  fuoco),
convertito  in  legge  3 ottobre  1987,  n. 402, disposizione che, in
relazione  ai  corsi  per  il conseguimento della nomina ad agente di
ruolo della Polizia di Stato, aveva contenuto identico a quello delle
norme   relative   al  personale  della  Polizia  penitenziaria  oggi
impugnate;
        che  secondo il giudice a quo nella fattispecie sottoposta al
suo  esame si rinvengono gli stessi presupposti di fatto e di diritto
che   hanno  portato  alla  precedente  pronuncia  di  illegittimita'
costituzionale;
        che  ad  avviso  del  tribunale  amministrativo regionale del
Lazio  la  disposizione  impugnata  si pone in contrasto con l'art. 3
Cost.,  sotto il profilo dell'irragionevolezza, per la gravita' delle
conseguenze  derivanti dal superamento, anche per un solo giorno, del
periodo  massimo di assenza consentito e per l'illogica equiparazione
tra   situazioni   tra   loro  diverse,  quali  quelle  riconducibili
all'accertamento della inidoneita' del soggetto o alla rinuncia dello
stesso e quelle causate da eventi allo stesso non imputabili;
        che, sempre secondo il giudice a quo, la disposizione si pone
in  contrasto  anche  con  gli  artt. 4  e  32 Cost., dal momento che
l'agente  ausiliario  che  si  ammala  e' posto nell'alternativa o di
curarsi,  perdendo  cosi'  il  posto  di  lavoro,  o  di  frequentare
ugualmente il corso, procurandosi in tal modo un danno alla salute;
        che,  ad  avviso del giudice rimettente, vi sarebbe contrasto
anche  con  l'art. 97  Cost., in quanto la disposizione impugnata non
consente  all'amministrazione alcuna verifica in ordine all'eventuale
recupero  dell'efficienza  fisica  dell'ausiliario, costringendo essa
cosi'  a  privarsi, senza motivo, dell'opera di chi ha gia' acquisito
esperienza lavorativa.
    Considerato  che, successivamente all'ordinanza di rimessione, il
decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 76 (Disposizioni integrative
e  correttive  del  decreto  legislativo  12 maggio  1995, n. 200, in
materia  di riordino del personale non direttivo del Corpo di polizia
penitenziaria)  ha  modificato  la  disposizione impugnata prevedendo
all'art. 1 che l'allievo o l'agente in prova, che sia rimasto assente
per  infermita'  contratta durante il corso, e' ammesso a partecipare
al   primo   corso   successivo   alla   sua  riacquistata  idoneita'
fisico-psichica;
        che,  essendo  cosi' mutato il quadro normativo, il giudice a
quo  deve  valutare l'incidenza della nuova disposizione nel giudizio
che ha dato luogo alla questione di legittimita' sollevata;
        che  gli  atti  vanno percio' restituiti al giudice a quo per
una nuova valutazione della rilevanza della questione.