ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 2,
del  decreto  legge  19 settembre  1992,  n. 384  (Misure  urgenti in
materia  di  previdenza,  di  sanita'  e di pubblico impiego, nonche'
disposizioni  fiscali),  convertito,  con  modificazioni, dalla legge
14 novembre  1992,  n. 438;  dell'art. 16, comma 17, secondo periodo,
della  legge  24 dicembre  1993,  n. 537  (Interventi  correttivi  di
finanza   pubblica);   dell'art. 16,   comma  2,  del  decreto  legge
30 dicembre  1993, n. 557 (Ulteriori interventi correttivi di finanza
pubblica per l'anno 1994), convertito, con modificazioni, dalla legge
26 febbraio  1994, n. 133; dell'art. 47, secondo periodo, del decreto
legge  23 febbraio  1995,  n. 41  (Misure  urgenti per il risanamento
della  finanza  pubblica  e  per  l'occupazione nelle aree depresse),
convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  22 marzo 1995, n. 85;
dell'art. 3,  comma  241,  secondo  periodo,  della legge 28 dicembre
1995,  n. 549  (Misure  di razionalizzazione della finanza pubblica);
dell'art. 12,  secondo  periodo,  del  decreto  legge 20 giugno 1996,
n. 323   (Disposizioni  urgenti  per  il  risanamento  della  finanza
pubblica),  convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996,
n. 425;  dell'art. 18,  comma  7,  del  decreto legge 22 maggio 1993,
n. 155  (Misure  urgenti  per  la  finanza pubblica), convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  19 luglio  1993,  n. 243,  promosso con
ordinanza  emessa  il  5 febbraio 2001 dalla Corte costituzionale nel
conflitto   di  attribuzione  sollevato  dalla  Regione  sicilia  nei
confronti  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, iscritta al
n. 156  del  registro  ordinanze  2001  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 10, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Sicilia;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  10 luglio  2001  il  giudice
relatore Valerio Onida;
    Udito   l'avvocato  Giovanni  Carapezza  Figlia  per  la  Regione
Sicilia.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Nel  corso  di  un  giudizio  per  conflitto di attribuzioni
proposto  dalla  Regione  Sicilia  nei  confronti  del Presidente del
Consiglio  dei ministri (r. confl. n. 13 del 1998), avente ad oggetto
il  decreto  del  Ministro  delle finanze, emanato di concerto con il
Ministro  del  tesoro,  del 23 dicembre 1997 (Modalita' di attuazione
delle  riserve  all'erario  dal 1o gennaio 1997 del gettito derivante
dagli  interventi  in  materia  di  entrate finanziarie della Regione
Sicilia,  emanati  dal  1992), di cui si chiede l'annullamento "nella
parte in cui sottrae alla Regione Sicilia, con effetto dal 1o gennaio
1997,  quote  di  gettito  tributario  arbitrariamente incluse tra le
nuove   entrate   riservate   all'erario   statale,   in   forza  dei
provvedimenti  normativi  di  cui  il  decreto  censurato costituisce
attuazione",  la  Corte  costituzionale  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale,  disponendone  la trattazione innanzi a
se', in riferimento all'art. 36 dello statuto speciale per la Regione
Siciliana,  approvato con r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, all'art. 2
delle  norme  di  attuazione  dello  stesso statuto, di cui al d.P.R.
26 luglio  1965,  n. 1074, nonche' al principio di leale cooperazione
fra Stato e Regioni, delle seguenti disposizioni:
        a) dell'art. 13,  comma  2,  del  decreto  legge 19 settembre
1992,  n. 384  (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanita' e
di  pubblico  impiego, nonche' disposizioni fiscali), convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  14 novembre 1992, n. 438; dell'art. 16,
comma  17,  secondo  periodo,  della  legge  24 dicembre 1993, n. 537
(Interventi  correttivi  di finanza pubblica); dell'art. 16, comma 2,
del  decreto  legge  30 dicembre  1993,  n. 557 (Ulteriori interventi
correttivi  di  finanza  pubblica  per  l'anno 1994), convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  26 febbraio 1994, n. 133; dell'art. 47,
secondo  periodo,  del  decreto legge 23 febbraio 1995, n. 41 (Misure
urgenti per il risanamento della finanza pubblica e per l'occupazione
nelle  aree  depresse),  convertito,  con  modificazioni, dalla legge
22 marzo  1995, n. 85; dell'art. 3, comma 241, secondo periodo, della
legge  28 dicembre  1995,  n. 549  (Misure di razionalizzazione della
finanza  pubblica);  dell'art. 12, secondo periodo, del decreto legge
20 giugno 1996, n. 323 (Disposizioni urgenti per il risanamento della
finanza   pubblica),   convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge
8 agosto  1996,  n. 425, nella parte in cui dette disposizioni, nello
stabilire  che  le modalita' della loro attuazione siano definite con
decreto  ministeriale,  non prevedono la partecipazione della Regione
Siciliana al relativo procedimento;
        b) dell'art. 18,  comma  7, del decreto legge 22 maggio 1993,
n. 155  (Misure  urgenti  per  la  finanza pubblica), convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243, nella parte in cui
non  prevede  che  all'attuazione della riserva di entrate all'erario
statale,  ivi  disposta,  si  provveda  con  la  partecipazione della
RegioneSicilia.
    Nell'ordinanza  di  rimessione  della  questione  di legittimita'
costituzionale,   la   Corte   ricorda   che  tutte  le  disposizioni
legislative cui si e' inteso dare attuazione con il decreto impugnato
per    conflitto    di   attribuzione   sono,   o   gia'   dichiarate
costituzionalmente  illegittime  (sentenza  n. 98  del  2000), ovvero
sospette  di  esserlo per il medesimo motivo, concernente la mancanza
di  partecipazione  della  regione  al  procedimento  volto alla loro
attuazione.  Tale  vizio,  riguardando  le  stesse  basi  legali  del
procedimento   di  formazione  del  decreto  ministeriale  impugnato,
inciderebbe  radicalmente  sulla legittimita' del decreto medesimo, e
in    specie    sulla    sua    idoneita'   a   ledere   attribuzioni
costituzionalmente  garantite della Regione Sicilia, comportando, ove
accertato, "la necessita' del rinnovo del procedimento di attuazione"
(sentenza n. 347 del 2000).
    La Corte, pertanto, afferma di non potersi esimere, ai fini della
decisione del conflitto di attribuzione, che investe il contenuto del
decreto  impugnato, dal prospettarsi e risolvere pregiudizialmente il
problema  della  legittimita'  del  procedimento  di  formazione  del
medesimo,   in   relazione  alla  legittimita'  costituzionale  delle
disposizioni  legislative  che tale procedimento disciplinano in modo
esplicito,  o  che  comunque  omettono, in ipotesi, di configurare un
procedimento  conforme  alle  esigenze  costituzionali  attinenti  al
rapporto tra lo Stato e la regione.
    2. - Si  e'  costituita in giudizio la Regione Sicilia, chiedendo
che   la   Corte   dichiari   l'illegittimita'  costituzionale  delle
disposizioni  impugnate.  La  regione, nel richiamare i principi gia'
espressi  nelle sentenze n. 98, n. 347 e n. 348 del 2000, osserva che
"semplici   esigenze   di   certezza  del  diritto  e  necessita'  di
uniformita' dell'ordinamento" imporrebbero di estendere tali principi
anche  a  quelle  disposizioni,  al  fine  di  depurare  in  tal modo
l'ordinamento  dalle  incompatibilita' e disarmonie con le prevalenti
norme costituzionali.

                       Considerato in diritto

    1. - La  questione  di  legittimita' costituzionale, sollevata in
via  incidentale da questa stessa Corte, nel corso di un giudizio per
conflitto di attribuzioni promosso con ricorso della Regione Sicilia,
investe sette disposizioni legislative, di analogo contenuto, emanate
fra  il  1992 e il 1996, che dispongono la riserva all'erario statale
di nuove entrate derivanti dai provvedimenti legislativi in cui dette
clausole sono inserite. Sei di tali disposizioni rinviano per la loro
attuazione  a  decreti  del  Ministro  delle  finanze, da emanarsi di
concerto  con quello del tesoro; una (l'art. 18, comma 7, del decreto
legge  n. 155  del 1993) non dispone alcunche' in ordine alla propria
attuazione.  Si tratta di tutte le disposizioni legislative, relative
a  riserve allo Stato di nuove entrate, cui si e' dato attuazione con
il  decreto del Ministro delle finanze 23 dicembre 1997 (Modalita' di
attuazione  delle  riserve all'erario dal 1o gennaio 1997 del gettito
derivante  dagli  interventi  in materia di entrate finanziarie della
Regione  Sicilia, emanati dal 1992), sottoposto al giudizio di questa
Corte  con  il citato ricorso per conflitto di attribuzioni (e la cui
efficacia  e'  stata  sospesa  con  l'ordinanza  n. 41  del 2001), ad
eccezione   di   quelle   gia'   colpite   dalla   dichiarazione   di
illegittimita'  costituzionale  parziale  pronunciata con la sentenza
n. 98 del 2000.
    La questione - sollevata in riferimento all'art. 36 dello statuto
siciliano,  che  garantisce  l'autonomia  finanziaria  della regione,
all'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, che detta norme di attuazione
dello statuto in materia finanziaria, stabilendo che l'intero gettito
dei  tributi  erariali (con alcune eccezioni) riscosso nel territorio
della  Regione  Sicilia  spetta alla regione medesima, salve le nuove
entrate  tributarie  il  cui gettito sia destinato con apposite leggi
alla  copertura di oneri diretti a soddisfare finalita' contingenti o
continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime, nonche' in
riferimento  al principio di leale cooperazione fra Stato e regioni -
investe  sei  delle disposizioni denunciate nella parte in cui, nello
stabilire  che  le  modalita' della loro attuazione sono definite con
decreto  ministeriale,  non prevedono la partecipazione della Regione
Sicilia  al relativo procedimento; la settima, cioe' l'art. 18, comma
7,  del  d.l.  n. 155  del  1993,  nella parte in cui non prevede che
all'attuazione  della  riserva  di  entrate  all'erario  statale, ivi
disposta, si provveda con la partecipazione della Regione Sicilia.
    2. - La questione e' fondata.
    Le  disposizioni  legislative impugnate hanno contenuto analogo a
quello delle disposizioni gia' dichiarate in parte costituzionalmente
illegittime  da  questa Corte con la sentenza n. 98 del 2000, nonche'
delle  ulteriori  disposizioni  colpite,  per  le  stesse ragioni, da
pronunce di illegittimita' costituzionale rese con le sentenze n. 347
e  n. 348 del 2000. Esse cioe', nel disporre che all'attuazione della
prevista  riserva  all'erario statale di nuove entrate, derivanti dai
provvedimenti  legislativi  in  cui  dette clausole sono inserite, si
provveda  con  decreto  del  Ministro  delle finanze, di concerto con
quello  del  tesoro  (ovvero  - in un caso - non disponendo alcunche'
circa  le  modalita' della propria attuazione), omettono di prevedere
qualsiasi  partecipazione  della  Regione  Sicilia al procedimento di
attuazione delle stesse.
    Poiche'  le  clausole  di  riserva  in questione costituiscono un
meccanismo  di  deroga  alla  regola della spettanza alla regione del
gettito  dei  tributi  erariali (salve alcune eccezioni) riscosso nel
territorio della medesima, e poiche' dunque la loro attuazione incide
direttamente   sulla   effettivita'   della  garanzia  dell'autonomia
finanziaria  regionale,  il principio di leale cooperazione esige che
tale  meccanismo  si attui mediante procedimenti non unilaterali, che
contemplino  la  partecipazione  della  regione interessata (sentenze
n. 98, n. 347 e n. 348 del 2000).
    La  mancanza  di  tale  previsione  comporta  la dichiarazione di
illegittimita'  costituzionale,  in  parte  qua,  delle  disposizioni
censurate.