ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 163, comma
2,   lettera   d)  del  decreto  legislativo  31 marzo  1998,  n. 112
(Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  e  agli  enti  locali,  in attuazione del Capo I della legge
15 marzo 1997, n. 59), promosso con Ordinanza emessa il 11 marzo 1999
dal  tribunale  amministrativo regionale del Lazio - sezione staccata
di  Latina  -  iscritta  al  n. 395  del  registro  ordinanze  1999 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, 1a serie
speciale, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto di costituzione della parte resistente nel giudizio
principale, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 3 aprile 2001 il giudice relatore
Carlo Mezzanotte;
    Uditi  l'avvocato  Ugo  Petronio  per  la  parte  resistente  nel
giudizio principale e l'avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per
il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Nel corso del procedimento avente ad oggetto la richiesta di
annullamento,  previa sospensiva, dell'ordinanza in data 24 settembre
1998,  con  la  quale  il sindaco del comune di Terracina - a seguito
della  comunicazione  del  prefetto  di  Latina  che, per esigenze di
pubblica sicurezza, evidenziava la insussistenza delle condizioni per
consentire  l'esercizio dell'attivita' di agenzia di onoranze funebri
-  disponeva  il  divieto  di prosecuzione dell'attivita' avviata con
denuncia  di  inizio  di attivita' del 9 settembre 1998, il tribunale
amministrativo  regionale del Lazio - sezione staccata di Latina, con
ordinanza in data 11 marzo 1999, solleva, in riferimento all'articolo
77,  primo  comma,  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo  163,  comma  2, lettera d) del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  e  agli  enti locali, in
attuazione  del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), nella parte
in  cui  prevede  il  trasferimento  ai  comuni di funzioni e compiti
amministrativi in tema di licenza di agenzia per onoranze funebri.
    Il  remittente premette che le funzioni in ordine alle agenzie di
onoranze funebri sono state trasferite ai comuni dall'art. 163, comma
2,  lettera  d)  del citato d.lgs. n. 112 del 1998, nell'ambito di un
generale  trasferimento  di funzioni concernenti le agenzie di affari
di   cui  all'art. 115  del  regio  decreto  18 giugno  1931,  n. 773
(Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza).
    Per  i provvedimenti relativi a tali agenzie, peraltro, il d.lgs.
n. 112  del  1998  non  ha previsto alcun obbligo di comunicazione al
prefetto  (o, in genere, all'autorita' di pubblica sicurezza), ne' la
possibilita'  di un intervento comunale su richiesta del prefetto. In
questa  situazione, prosegue il remittente, in forza del principio di
tipicita' degli atti amministrativi, un intervento del tipo di quello
posto  in  essere  dal  prefetto  di  Latina  (comunicazione ai sensi
dell'art. 19  del  d.P.R.  24 luglio  1977,  n. 616 "Attuazione della
delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382"), che ha
condotto  alla  adozione del provvedimento impugnato nel procedimento
principale,   non   troverebbe   alcun   fondamento  normativo  e  il
provvedimento  del  sindaco  del  comune  di Terracina, che da quella
comunicazione  trae  origine, sarebbe a sua volta illegittimo. Da qui
la rilevanza della questione.
    Il  giudice  a  quo  rileva  quindi  che, prima del trasferimento
disposto dall'art. 163 del d.lgs. n. 112 del 1998, i compiti relativi
alle agenzie di onoranze funebri spettavano al questore, e cio' sulla
base  della  considerazione  che  nell'esercizio  di  tale  attivita'
potrebbe   verificarsi   il  fenomeno  del  cosiddetto  sciacallaggio
(inopportuna  concorrenza  che  piu'  titolari di agenzie di onoranze
funebri  possono  porre  in  essere,  in  presenza degli interessati,
nell'offrire  loro  i  propri  servizi  nella  immediatezza di eventi
luttuosi)  ovvero  ancora  potrebbero  essere  occultati gravi reati.
Proprio  per  la delicatezza dell'attivita' delle agenzie di onoranze
funebri,  l'autorita'  di  pubblica  sicurezza  procedeva con estrema
cautela  al  rilascio  delle relative licenze, accertando le qualita'
del  soggetto richiedente e l'insussistenza di possibili collegamenti
con ambienti malavitosi.
    Ad  avviso del remittente, il trasferimento di funzioni ai comuni
in  relazione  alle agenzie di onoranze funebri contrasterebbe con la
legge  di  delegazione,  giacche' l'art. 1 della legge 15 marzo 1997,
n. 59,  dopo  aver delegato il Governo ad adottare uno o piu' decreti
legislativi  volti  a  conferire  alle  Regioni  e  agli  enti locali
funzioni e compiti amministrativi (comma 1), ha nondimeno escluso dal
conferimento   le  funzioni  e  i  compiti  riconducibili  all'ordine
pubblico  e  alla sicurezza pubblica e cioe' alla materia concernente
l'ordinato  vivere  civile,  dal  quale  deve  derivare  un  senso di
tranquillita'  e  di  sicurezza per i cittadini. Il trasferimento dei
compiti  e  delle  funzioni in esame non troverebbe dunque fondamento
nella  legge  di delegazione e violerebbe per cio' stesso i principi'
costituzionali in tema di delega legislativa.
    2.  -  Si  e'  costituito  nel  presente  giudizio  il  comune di
Terracina,   eccependo  in  primo  luogo  la  inammissibilita'  della
questione per difetto di rilevanza.
    La difesa del comune contesta, infatti, l'assunto dal quale muove
l'ordinanza   di   rimessione,   e  cioe'  che  per  i  provvedimenti
autorizzatori relativi alle agenzie di onoranze funebri l'ordinamento
non  prevederebbe alcuna comunicazione al prefetto o all'autorita' di
pubblica sicurezza. Al contrario, premesso che non puo' dubitarsi del
fatto  che  il  rilascio  delle  licenze  per  le agenzie di onoranze
funebri rientrava nella competenza del questore ex art. 115 del testo
unico  delle  leggi  di pubblica sicurezza, la difesa comunale rileva
che anche nel nuovo sistema delle autorizzazioni, un tempo denominate
di   polizia   amministrativa   perche'   rimesse   al  questore,  la
possibilita' che l'autorita' di pubblica sicurezza eserciti ancora un
controllo  in  materia  si dovrebbe desumere dalla circostanza che la
competenza del prefetto e' una competenza generale, al pari di quella
in  precedenza  spettante  al questore ai sensi degli artt. 100 e 115
del  testo  unico  delle  leggi  di  pubblica sicurezza. Il prefetto,
infatti, prosegue la difesa del comune, ha, in ambito provinciale, la
responsabilita'  generale  dell'ordine  e della sicurezza pubblica, e
l'art. 19  del  d.P.R.  n. 616  del  1977, la' dove ha previsto che i
provvedimenti   dei  comuni  in  materia  di  polizia  amministrativa
specificamente   indicati  siano  adottati  previa  comunicazione  al
prefetto  e debbano essere sospesi, annullati o revocati per motivata
richiesta  del  prefetto  per  ragioni  di sicurezza pubblica, intesa
quale  funzione inerente alla prevenzione dei reati o al mantenimento
dell'ordine   pubblico   (sentenza  n. 77  del  1987),  costituirebbe
espressione di tale principio. E poiche', sul punto, si e' formato un
diritto  vivente  nel  senso che la richiesta del prefetto fa sorgere
l'obbligo  per il sindaco di negare, sospendere, annullare o revocare
le   licenze   di  polizia,  la  questione  sollevata  dal  tribunale
amministrativo regionale sarebbe priva del necessario requisito della
rilevanza.
    Se   cosi'  non  fosse,  se  cioe'  non  si  ritenesse  di  poter
riconoscere la legittimita' di un intervento del prefetto, neanche se
finalizzato  alla  tutela  delle  esigenze  di sicurezza pubblica, la
questione,  ad avviso della difesa del comune, diverrebbe rilevante e
fondata.  Sarebbe  infatti  evidente  l'eccesso  di  delega  rispetto
all'art. 1,  comma  3,  della  legge n. 59 del 1997, il quale riserva
allo Stato la materia dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica
che,  secondo  quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 115
del  1995,  riguardano  "la  tutela dei beni giuridici fondamentali o
degli  interessi  pubblici  primari  sui  quali  si  regge  la civile
convivenza".
    3.  -  E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.
    Nella  propria  memoria,  l'Avvocatura  riconosce  che il tipo di
attivita'  svolto  dalle  agenzie  di onoranze funebri effettivamente
sembrerebbe  rientrare  nella  categoria  delle  agenzie  di  affari,
genericamente  indicate  dall'art. 115 del testo unico delle leggi di
pubblica  sicurezza, in relazione alle quali, in virtu' dell'art. 163
del  d.lgs.  n. 112  del  1998,  le  funzioni  e i compiti sono stati
trasferiti  ai  comuni,  e  riconosce altresi' che l'art. 1, comma 3,
della legge n. 59 del 1997 ha escluso dal conferimento delle funzioni
e  dei  compiti amministrativi alle Regioni e agli enti locali quelli
riconducibili  alle  materie  dell'ordine  pubblico e della sicurezza
pubblica.  Tuttavia,  sostiene  l'Avvocatura,  tali  concetti  devono
essere  intesi in senso restrittivo, poiche' altrimenti, tenuto conto
che  l'art. 19  del  d.P.R.  n. 616 del 1977 attribuisce ai comuni la
competenza  al  rilascio delle licenze per una serie di attivita' che
certamente  interferiscono  con  l'ordine pubblico e con la sicurezza
pubblica,  si  evidenzierebbe una incongruenza del sistema, in quanto
alcuni  compiti  risulterebbero  trasferiti  mentre  altri, analoghi,
permarrebbero  in  capo allo Stato, con una distinzione difficilmente
giustificabile sotto il profilo della ragionevolezza.
Nel  ricordare,  quindi,  che  nella  interpretazione delle norme che
disciplinano le funzioni e i compiti trasferiti agli enti locali deve
essere  scelta  la  lettura conforme a Costituzione e coerente con il
sistema,   l'Avvocatura  conclude  chiedendo  che  la  questione  sia
dichiarata non fondata.

                       Considerato in diritto

    1. - Viene  all'esame  della  Corte  la questione di legittimita'
costituzionale  dell'articolo  163,  comma  2, lettera d) del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  e  agli  enti locali, in
attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), con il quale
sono   stati   trasferiti   ai   comuni   le  funzioni  e  i  compiti
amministrativi  in  materia  di  licenze  di  agenzie  di affari. Sul
presupposto   che   la  precedente  attribuzione  al  questore  della
competenza  al rilascio delle licenze per le agenzie di affari, e per
quelle  di  onoranze  funebri  in particolare, denoterebbe l'inerenza
dell'attivita'  di  queste ultime alla pubblica sicurezza, si assume,
da  parte  del tribunale amministrativo regionale del Lazio - sezione
staccata di Latina - la violazione dei parametri costituzionali sulla
delegazione  legislativa, in riferimento all'art. 1, comma 3, lettera
l),  della legge 15 marzo 1997, n. 59, che, nel delegare il Governo a
conferire  funzioni  e  compiti  alle  Regioni  e  agli  enti locali,
riservava  allo Stato quelli riconducibili all'ordine pubblico e alla
sicurezza pubblica.
    2. - Prima di esaminare la questione nel merito, appare opportuno
descrivere,  nelle  sue linee generali, il quadro normativo nel quale
si inscrive la disposizione censurata.
    In  occasione  del  trasferimento  di  funzioni  alle Regioni, il
d.P.R.  24 luglio  1977,  n. 616  (Attuazione  della  delega  di  cui
all'art. 1   della   legge   22 luglio   1975,   n. 382)   disponeva,
all'art. 19,  primo  comma,  il  trasferimento  ai  comuni  di alcune
funzioni   di  polizia  amministrativa  previste  dal  regio  decreto
18 giugno  1931,  n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di
pubblica  sicurezza).  L'art. 19  del d.P.R. n. 616, al comma quarto,
stabiliva  peraltro  che  i provvedimenti comunali relativi ad alcune
soltanto  delle  funzioni trasferite dovessero essere adottati previa
comunicazione  al  prefetto  e  dovessero essere sospesi, annullati o
modificati  per  motivata  richiesta  dello stesso. Questa Corte, con
sentenza   n. 77   del   1987,   ha   dichiarato,   fra  l'altro,  la
illegittimita' costituzionale dell'art. 19, comma quarto, nella parte
in   cui   non   limitava   i  poteri  del  prefetto,  ivi  previsti,
esclusivamente  alle  esigenze  di pubblica sicurezza, precisando che
quest'ultima  deve intendersi come funzione inerente alla prevenzione
dei reati o al mantenimento dell'ordine pubblico. Sempre in relazione
all'art. 19  del  d.P.R. n. 616 del 1977, questa Corte aveva poi modo
di  chiarire che la ripartizione delle attribuzioni tra lo Stato e le
Regioni,  in  relazione  alle  funzioni  di  polizia,  deve ritenersi
fondata  sulla distinzione tra le competenze attinenti alla sicurezza
pubblica,  riservate  in  via  esclusiva  allo  Stato  ex  art. 4 del
medesimo d.P.R. n. 616 del 1977, e le altre funzioni rientranti nella
nozione  di  polizia  amministrativa,  trasferite  alle  Regioni come
funzioni  accessorie  rispetto  agli ambiti materiali attribuiti alla
loro  competenza.  La  funzione di polizia di sicurezza, osservava la
Corte,  riguarda  quindi le misure preventive e repressive dirette al
mantenimento  dell'ordine  pubblico  e,  pertanto,  si riferisce alla
attivita' di polizia giudiziaria e a quella di pubblica sicurezza; la
funzione    di   polizia   amministrativa   riguarda,   diversamente,
l'attivita'  di  prevenzione e repressione diretta ad evitare danni o
pregiudizi a persone o cose nello svolgimento di attivita' rientranti
nelle materie affidate alla competenza regionale (sentenza n. 218 del
1988).
    L'art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59, ha delegato il Governo
ad  emanare  uno  o  piu'  decreti legislativi volti a conferire alle
Regioni  e  agli enti locali funzioni e compiti amministrativi (comma
1),  estendendo l'ambito del conferimento alla cura degli interessi e
alla  promozione  dello sviluppo delle comunita' locali, nonche' allo
svolgimento  di  tutti i compiti e di tutte le funzioni localizzabili
nei  rispettivi  territori,  in atto esercitati da qualunque organo o
amministrazione  dello  Stato, centrali o periferiche, ovvero tramite
enti  o  altri  soggetti  pubblici  (comma 2). Il medesimo art. 1, al
comma 3, lettera l), ha tuttavia escluso dal conferimento le funzioni
e  i  compiti riconducibili alla materia dell'ordine pubblico e della
sicurezza pubblica.
    L'art. 159,  comma  2,  del d.lgs. n. 112 del 1998 precisa che le
funzioni  e  i  compiti amministrativi relativi all'ordine pubblico e
alla  sicurezza pubblica concernono le misure preventive e repressive
dirette   al   mantenimento  dell'ordine  pubblico,  inteso  come  il
complesso  dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici
primari  sui  quali  si  regge  l'ordinata  e civile convivenza nella
comunita'  nazionale,  nonche'  alla sicurezza delle istituzioni, dei
cittadini e dei loro beni. E' opportuno chiarire che tale definizione
nulla  aggiunge  alla  tradizionale  nozione  di  ordine  pubblico  e
sicurezza  pubblica  tramandata dalla giurisprudenza di questa Corte,
nella  quale la riserva allo Stato riguarda le funzioni primariamente
dirette  a  tutelare  beni  fondamentali, quali l'integrita' fisica o
psichica  delle persone, la sicurezza dei possessi ed ogni altro bene
che    assume    primaria    importanza    per   l'esistenza   stessa
dell'ordinamento.   E'   dunque  in  questo  senso  che  deve  essere
interpretata  la  locuzione  "interessi  pubblici primari" utilizzata
nell'art. 159,  comma  2:  non  qualsiasi interesse pubblico alla cui
cura  siano preposte le pubbliche amministrazioni, ma soltanto quegli
interessi  essenziali  al  mantenimento  di  una  ordinata convivenza
civile.  Una  siffatta precisazione e' necessaria ad impedire che una
smisurata dilatazione della nozione di sicurezza e ordine pubblico si
converta in una preminente competenza statale in relazione a tutte le
attivita'   che  vanificherebbe  ogni  ripartizione  di  compiti  tra
autorita' statali di polizia e autonomie locali.
    Lo stesso art. 159, al comma 1, definisce le funzioni e i compiti
di polizia amministrativa regionale e locale, alla quale riconduce le
misure  dirette  ad  evitare  danni  o  pregiudizi che possono essere
arrecati  a  soggetti  giuridici  e  alle  cose  nello svolgimento di
attivita'  relative  alle  materie  nelle quali vengono esercitate le
competenze,  anche  delegate,  delle  Regioni  e  degli  enti locali,
purche'  non siano coinvolti beni o interessi specificamente tutelati
in  funzione dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, poiche'
in  questo caso si esulerebbe dai compiti di polizia amministrativa e
si ricadrebbe in un ambito di attivita' riservate allo Stato.
    Senza scendere nel dettaglio delle singole competenze trasferite,
che  sono  estranee  al thema decidendum, si deve solo aggiungere che
l'art. 163,  comma  2,  lettera  d)  del  d.lgs. n. 112 del 1998, nel
disporre  il  trasferimento  ai  comuni  delle funzioni e dei compiti
relativi  al  rilascio delle licenze concernenti le agenzie di affari
di  cui  all'art. 115  del  r.d.  18 giugno 1931, n. 773 si e' basato
proprio sulla distinzione tra ordine e sicurezza pubblica, come sopra
interpretati,  da  un  lato,  e polizia amministrativa, come funzione
accessoria ai compiti spettanti alle Regioni e agli enti locali nelle
materie  di  loro competenza, dall'altro. Il fatto che tra le agenzie
di  affari  di  cui al citato art. 115 rientrino anche le agenzie per
onoranze   funebri   e'   affermato  dal  remittente  sulla  base  di
argomentazioni   non   implausibili,   che  trovano  riscontro  nella
giurisprudenza  amministrativa,  e  non e' contestato dall'Avvocatura
generale  dello Stato: tanto basta a ritenere che non deve nuovamente
porsi  in discussione, in questa sede, l'inquadramento dell'attivita'
delle predette agenzie.
    3. - Cosi'  ricostruito  il quadro normativo nel quale si colloca
la presente questione di legittimita' costituzionale, non puo' essere
accolta  l'eccezione secondo cui l'intervenuto conferimento ai comuni
delle funzioni e dei compiti amministrativi relativi alle licenze per
le  agenzie  di  affari non avrebbe fatto venir meno le competenze in
materia  dell'autorita'  provinciale  di pubblica sicurezza, le quali
continuerebbero  a  trovare il proprio fondamento negli artt. 13 e 14
della    legge    1o aprile    1981,    n. 121   (Nuovo   ordinamento
dell'Amministrazione  della  pubblica sicurezza), e potrebbero quindi
essere   ancora   esercitate   secondo   un   modulo   procedimentale
sostanzialmente   assimilabile   a  quello  dell'art. 19  del  d.P.R.
24 luglio   1977,  n. 616,  che  prevedeva  l'obbligo  dell'autorita'
comunale  di  sospendere,  revocare  o  annullare,  su  richiesta del
prefetto,  i  provvedimenti  rilasciati.  Deve  escludersi  che  tale
disposizione possa ancora fungere da base d'appoggio per argomentare,
in  questa  materia,  un  sopravvissuto  potere  provvedimentale  del
prefetto,  giacche'  essa e' stata abrogata, sia pure con riferimento
ad  alcuni  soltanto  dei  provvedimenti ivi menzionati, fra i quali,
pero',  quelli  che  qui interessano, dall'art. 164, comma 1, lettera
d), del d.lgs. n. 112 del 1998. Ne' la pretesa permanenza, in capo al
prefetto  o  al  questore, di un potere analogo a quello previsto dal
citato  art. 19  del  d.P.R.  n. 616  del  1977, puo' desumersi dagli
artt. 13  e  14  della  legge 1o aprile 1981, n. 121, dal momento che
tali  disposizioni  si limitano ad affermare che l'uno e l'altro sono
autorita'  provinciali  di  pubblica  sicurezza,  ma nulla dispongono
circa  gli  specifici  poteri  ad  essi  spettanti  in relazione alle
funzioni amministrative attribuite ai comuni.
    4. - Una  volta  accertata  l'intervenuta  soppressione  di  ogni
residuo  potere  provvedimentale  del  prefetto in tema di agenzie di
affari, la questione sollevata dal tribunale amministrativo regionale
del  Lazio  si  risolve  nell'interrogativo se nell'attivita' di tali
agenzie  sicurezza  e  ordine  pubblico  -  rispetto  ad  ogni  altro
interesse  pubblico  e  segnatamente rispetto allo sviluppo economico
delle  comunita'  locali, in direzione del quale sono prevalentemente
orientati  i trasferimenti e i conferimenti che si basano sulla legge
di  delegazione  n. 59  del  1997  -  assumano  un  rilievo  talmente
preminente  da  imporre, come soluzione costituzionalmente obbligata,
che  le  funzioni  e  i  compiti  in  materia  siano  attribuiti  non
all'autorita'  locale,  ma  a  quella  di  pubblica  sicurezza  o che
comunque  in  capo  a  questa  debba  essere  mantenuto  il potere di
disporre sospensioni, revoche o annullamenti.
    Ove   la   risposta   a   questo   interrogativo  dovesse  essere
affermativa,   prolungando   il  ragionamento  alle  sue  conseguenze
logiche,   ogni   potesta'   amministrativa   in   campo   economico,
nell'attuale  contesto,  nel  quale larghi settori dell'economia sono
esposti  alle insidie della criminalita', dovrebbe essere espressione
diretta  dell'autorita' di pubblica sicurezza o posta sotto la tutela
di  questa.  E  cosi' non si riuscirebbe a scorgere la ragione per la
quale  le  sole agenzie di affari dovrebbero essere attratte all'area
dei  poteri  provvedimentali  del  prefetto  e non anche gli esercizi
commerciali, i quali, non diversamente da quelle, in base alla stessa
legge  di  delegazione,  attuata  con  d.lgs.  31 marzo  1998, n. 114
(Riforma  della disciplina relativa al settore del commercio, a norma
dell'art. 4,  comma  4,  della  legge 15 marzo 1997, n. 59), ricadono
nella  gestione dell'autorita' amministrativa locale o regionale, con
esclusione  in  ogni  caso  dei  poteri  dell'autorita'  di  pubblica
sicurezza, discrezionali o meno che essi siano.
    Quando   venga   in  considerazione  l'attivita'  dei  privati  a
contenuto economico, nelle svariate forme giuridiche nelle quali essa
puo'   manifestarsi,   la   scelta  di  larga  massima  compiuta  dal
legislatore,  salvo  talune eccezioni contenute nello stesso art. 163
del  d.lgs. n. 112 del 1998, che qui non rilevano e che non sono tali
da  contraddirne l'ispirazione di fondo, e' stata quella di rimettere
ogni valutazione agli organi che sono espressione diretta o indiretta
della comunita' locale, sulla non irragionevole premessa che siano in
primo  luogo  questi, per la loro maggiore vicinanza alle popolazioni
amministrate,   ad   averne   a   cuore  lo  sviluppo  economico,  in
applicazione  del  principio  di sussidiarieta', la cui realizzazione
costituisce  uno dei principali obiettivi della legge di delegazione.
Cio' non significa che l'ambito delle competenze statali nel rapporto
tra  attivita'  economica  e sicurezza pubblica sia stato interamente
soppresso:  esso,  nel  confine  mobile  segnato  dalle  opzioni  del
legislatore in materia di controlli sullo svolgimento delle attivita'
economiche,  si  e'  tuttavia  considerevolmente  ridotto. E' infatti
rimasto  integro  il potere generale di prevenzione e repressione dei
reati,   ma  si  e'  venuta  ridimensionando  quella  sua  proiezione
provvedimentale,  che  si  esprimeva in misure direttamente incidenti
sull'attivita'  economica,  per  dar  luogo  a un nuovo equilibrio di
poteri  tra Stato ed autonomie che vede riservato al primo l'adozione
di  misure ablatorie, preventive e repressive, sulla base peraltro di
procedimenti   interamente   giurisdizionalizzati   in   ossequio  ad
un'accezione  piu' rigorosa del principio dello Stato di diritto, nei
soli  casi  in  cui  l'attivita'  economica  sia  cosi'  strettamente
compenetrata con la criminalita' organizzata da esserne essa medesima
espressione  (cfr.,  in  particolare,  la  legge 31 marzo 1965 n. 575
"Disposizioni contro la mafia" e successive modificazioni). E l'esito
normativo  del  bilanciamento  compiuto  dal legislatore delegato tra
istanze  di  sviluppo economico delle comunita' locali ed esigenze di
ordine  pubblico non contrasta con le direttive contenute nella legge
di  delegazione,  ma  risulta  anzi  in  queste  gia'  potenzialmente
racchiuso.