IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 12904/1995
reg.  gen.,  proposto  da Buccione Antonio, Morelli Silvio, D'Andolfo
Bruno,  Pagliarini  Antonio,  Sebastiani  Fidelfio,  Zagami Giovanni,
D'antonio  Franco,  Paradiso  Alberto,  Barzocchini  Armando,  Funari
Settimio,  Sacchini  Bruno,  Pastano  Fiorentino,  Camilloni Umberto,
Piermarini Carlo, Pasquetti Piero, Moglioni Antonio, Fruci Domenico e
De Angelis Maria Teresa, rappresentati e difesi dall'avv. Paolo Maria
Montaldo presso lo studio del quale sono elettivamente domiciliati in
Roma, via degli Scipioni, n. 232;
    Contro  la  regione  Lazio,  in  persona del presidente in carica
della giunta regionale, non costituita in giudizio;
    Per  il riconoscimento del diritto dei ricorrenti alla percezione
dei  benefici  economici derivanti dal loro reinquadramento nei ruoli
della  regione Lazio, ai sensi della l.r. n. 39/1994, a decorrere dal
1o  febbraio  1981,  con interessi a rivalutazione monetaria, previo,
ove  occorra,  l'annullamento  degli  atti  presupposti,  connessi  e
conseguenziali,  ivi comprese le deliberazioni della giunta regionale
nn. 3264  e  3265 in data 19 aprile 1995, nella parte in cui indicano
la decorrenza dell'inquadramento economico al 5 ottobre 1994, data di
entrata  in  vigore  di  detta  legge,  anziche' al 1o febbraio 1981,
nonche' di ogni altro atto, denegatorio dei loro diritti.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato  relatore  alla  pubblica udienza del 7 dicembre 2000 il
consigliere Italo Riggio;
    Udito l'avv. Montaldo per i ricorrenti;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F a t t o

    I ricorrenti - dipendenti dell'I.Di.S.U. (Istituto per il diritto
allo  studio  universitario)  e destinatari della l.r. n. 39 del 1994
concernente la determinazione dell'ordinamento della struttura, della
consistenza  dei  quadri  organici e dei profili professionali per il
personale  del  predetto Istituto - chiedono con l'attuale gravame il
riconoscimento  del  loro  diritto  a  percepire i benefici economici
derivanti  dal reinquadramento nei ruoli della regione Lazio ai sensi
della  citata legge a decorrere dal 1o febbraio 1981, con interessi e
rivalutazione  monetaria,  previo,  ove occorra, l'annullamento delle
deliberazioni  della giunta regionale 19 aprile 1995 nn. 3264 e 3265,
nella parte in cui fissano la decorrenza dell'inquadramento economico
al 5 ottobre 1994, e di tutti gli atti comunque connessi.
    Rappresentano,  in  particolare,  gli  interessati  che,  poiche'
l'art. 8  della citata legge consente di applicare anche al personale
dell'Istituto  suindicato  che  ne  faccia  domanda  il meccanismo di
reinquadramento  introdotto  a suo tempo dalla l.r. n. 15/1988 per il
personale  gia'  inquadrato nei ruoli della regione Lazio per effetto
delle  leggi  regionali  nn. 2  e  3  del  15  gennaio  1983, avevano
presentato  nei  termini  - essendo in possesso di titoli culturali e
professionali utili alla applicazione della predetta legge - apposita
istanza  di reinquadramento e che, con gli atti indicati in epigrafe,
la   Regione  Lazio  aveva  accolto  le  loro  istanze,  fissando  la
decorrenza giuridica del loro reinquadramento al 1o febbraio 1981, la
medesima  data, cioe', in cui era stato disposto quello del personale
contemplato  dalle  suddette  leggi  regionali  nn. 2  e  3 del 1983,
mentre,  al  contrario, gli effetti economici del reinquadramento del
personale  del  ruolo  I.Di.S.U.  venivano fissati al 5 ottobre 1994,
cioe' alla data di entrata in vigore della legge n. 39/1994.
    Assumono,  quindi,  gli  istanti  che tale determinazione ha dato
luogo  ad  una  evidente  sperequazione  rispetto  alle  categorie di
personale  originariamente  destinatarie  della  l.r.  n. 15/1988 con
conseguenti gravi lesioni dei loro diritti.
    Tanto  premesso,  gli  interessati  deducono i seguenti motivi di
diritto a sostegno del gravame proposto:
    1.  -  Violazione  l.r.  15/1988,  art. 10; l.r. 39/1994, art. 8;
artt. 3, 36 a 97 Cost. a principi generali. Eccesso di potere. In via
subordinata:  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 8,  comma  5,
della  l.r.  n. 39/1994  in  relazione  agli  artt. 3,  36 e 97 della
Costituzione.
    Il  diritto che i ricorrenti rivendicano (decorrenza dei benefici
economici  ex  l.r.  n. 15/1988  dal  1o febbraio 1981) e' negato dai
provvedimenti  indicati  in  epigrafe;  tali  determinazioni sembrano
essere   state  adottate,  tuttavia,  in  applicazione  del  comma  5
dell'art. 8 della legge n. 39/1994.
    Deve,  quindi,  prevedersi,  ad  avviso degli interessati, che la
illegittimita' degli atti impugnati rispetto a norme fondamentali del
nostro  ordinamento  potrebbe  essere rimossa previa dichiarazione di
incostituzionalita' della citata disposizione di legge.
    Secondo  i ricorrenti, la scelta di far decorrere la attribuzione
dei  benefici  economici  del  reinquadramento  ex l.r. n. 39/1994 al
momento  della  data  di  entrata  in vigore di quest'ultima anziche'
dal 1o  febbraio  1981 (data di decorrenza giuridica) e' illegittima,
con   particolare  riferimento  alle  finalita'  che  si  intendevano
perseguire con la legge suddetta.
    Deve  ritenersi,  in particolare, che l'aver fissato al 5 ottobre
1994  la  decorrenza  economica dell'inquadramento dei ricorrenti sia
illegittimo  in  relazione  a  varie norme costituzionali; e cio' con
riferimento  sia  ai  provvedimenti  della Regione, sia, soprattutto,
all'art. 8,  comma 5, della l.r. n. 39/1994, la cui costituzionalita'
e' posta in dubbio sotto i seguenti profili:
        A)   Prospettano   gli  interessati  che  appare  palesemente
violato, innanzitutto, il principio di eguaglianza e perequazione che
pure  aveva  indotto il legislatore regionale ad estendere i benefici
della legge n. 15/1988 anche al personale del ruolo I.Di.S.U.
    Ed  invero, la soluzione adottata dalla legge regionale n. 39 del
1994   non   e'  idonea  ad  eliminare  pienamente  la  sperequazione
esistente;   viene   infatti   fissata   come   decorrenza  economica
dell'inquadramento   una  data  diversa  e  meno  vantaggiosa  per  i
dipendenti  delle  ex  Opere  universitarie  rispetto  agli originari
destinatari della l.r. n. 15/1988.
    Di  conseguenza  e'  da  ritenersi  violato  il  principio di cui
all'art. 3  della  Costituzione,  giacche'  situazioni uguali vengono
diversamente trattate.
        B) Anche il principio di adeguatezza e proporzionalita' della
retribuzione di cui all'art. 36 della Costituzione risulta - a parere
degli istanti - nella specie violato.
    Ed invero, la l.r. n. 15/1988, successivamente estesa dalla legge
regionale  n. 39  del  1994  al  personale  del  ruolo  I.Di.S.U., ha
consentito   di   far   collimare  inquadramento  e  professionalita'
attraverso   una   accurata   valutazione   dei   titoli   culturali,
professionali   e   di  carriera.  Di  tale  professionalita'  si  e'
evidentemente  riconosciuta la sussistenza dal 1o febbraio 1981, data
di decorrenza giuridica.
    Conseguentemente  dalla  stessa  data  deve  farsi  decorrere  la
maggiore    retribuzione,    proporzionale    alla   professionalita'
riconosciuta  al  dipendente,  cosi'  come,  d'altra  parte,  si  era
disposto   per   il   restante   personale  beneficiario  della  l.r.
n. 15/1988.
    La mancata applicazione di tale principio si tradurrebbe, quindi,
"in  una  palese  violazione  dell'art. 36, dal momento che non viene
fatta corrispondere la retribuzione alla qualita' professionale".
        C)  Appare violato, infine - ad avviso dei ricorrenti - anche
il principio di cui all'art. 97 della Costituzione, atteso che non e'
segno ne' di imparzialita' ne' di buona amministrazione il fatto che,
dopo  aver  ritenuto la arbitrarieta' e la manifesta irragionevolezza
di  una  precedente  situazione discriminatoria, la regione Lazio non
abbia  operato di conseguenza, lasciando permanere una ingiustificata
ed iniqua differenza di trattamento economico.
    Gli  istanti  chiedono,  pertanto, l'accoglimento del gravame con
ogni  conseguenza  di  legge  anche  in  ordine  alle spese e, in via
subordinata,  che venga ritenuta come non manifestamente infondata la
questione  di  incostituzionalita'  sollevata e, sospeso il giudizio,
che gli atti vengano rimessi alla Corte costituzionale.
    L'amministrazione  regionale  intimata  non  si  e' costituita in
giudizio.
    Alla odierna udienza la causa viene spedita in decisione.

                            D i r i t t o


    1. -  Il  collegio ritiene, preliminarmente, di poter prescindere
dall'esame della ammissibilita' del ricorso nella parte relativa alla
domanda   diretta  all'annullamento  delle  impugnate  deliberazioni,
essendo   il  ricorso  volto,  in  via  principale,  ad  ottenere  il
riconoscimento  del  diritto  alla  percezione dei benefici economici
conseguenti  al reinquadramento dei ricorrenti nei ruoli regionali ai
sensi  della  l.r. Lazio 12 settembre 1994, n. 39, a decorrere dal 1o
febbraio 1981, con interessi e rivalutazione monetaria.
    Va  subito  osservato,  tuttavia,  che  all'accoglimento  di tale
istanza  principale osta il chiaro dettato della norma (art. 8, comma
5,  della  l.r.  n. 39/1994),  in applicazione della quale sono stati
adottati   anche   i   provvedimenti  impugnati,  norma  che  prevede
espressamente,  rispetto a quella giuridica ivi indicata (1o febbraio
1981),  una  diversa  decorrenza economica dei benefici attribuiti e,
cioe',  quella dell'entrata in vigore della citata legge regionale (5
ottobre 1994).
    Di   conseguenza,   la   dedotta  illegittimita'  degli  atti  in
contestazione  con  riguardo  a  norme  fondamentali dell'ordinamento
potrebbe  rimuoversi  e  la  pretesa  degli  interessati riconoscersi
soltanto   dopo   apposita  pronuncia  di  incostituzionalita'  della
disposizione regionale surriferita.

    2. - Occorre   procedere,  pertanto,  all'esame  della  questione
posta,  in  via  subordinata,  dai ricorrenti concernente la ritenuta
incostituzionalita'  -  in  relazione  agli  artt. 3,  36  e 97 della
Costituzione  -  dell'art. 8,  comma 5, della piu' volte citata legge
regionale  del Lazio n. 39/1994, che ha esteso al personale del ruolo
I.Di.S.U.   la   precedente  l.r.  n. 15/1988,  e  cio'  al  fine  di
concretizzare,  anche  nei  riguardi  dei  dipendenti delle soppresse
Opere  universitarie,  quella  perequazione  giuridica  ed economica,
precedentemente  promessa  e  non  attuata, con il restante personale
regionale.
    Prima   di  passare  all'esame  della  questione  ora  sottoposta
all'attenzione  del  collegio,  giova,  tuttavia, far cenno al quadro
normativo  venutosi man mano a delineare con riguardo alla disciplina
riferita al personale dipendente della regione Lazio e, segnatamente,
a  quello  appartenente,  dapprima,  alle Opere universitarie e, poi,
all'Istituto sopra menzionato.
    I)   Gia'   prima   ancora   della   l.r.  n. 14/1983  istitutiva
dell'I.Di.S.U.  - nel cui ruolo veniva inserito il personale delle ex
Opere  universitarie  trasferito  alla regione Lazio ex d.P.R. n. 616
del  1977  - la l.r. n. 5/1981 aveva stabilito che in favore di detto
personale  si sarebbe applicata, a decorrere dal 1o novembre 1979, la
disciplina   sullo   stato  giuridico  ed  economico  dei  dipendenti
regionali.
    II)  Successivamente  -  dopo  che con l.r. n. 6/1985 erano stati
previsti  tre  ruoli  organici  distinti in cui inserire il personale
appartenente,  rispettivamente, agli uffici della regione Lazio, alla
Formazione e all'I.Di.S.U., rinviando ad un successivo atto normativo
la  determinazione dell'effettiva consistenza dei ruoli - con la l.r.
n. 15/1988  veniva  stabilito  il  trattamento economico-giuridico in
favore  del personale gia' inquadrato nei ruoli regionali per effetto
delle  leggi n. 2/1983 e n. 3/1983, leggi queste che avevano inserito
in  ruolo  il disparato personale assegnato inizialmente alla Regione
(sia  in posizione di comando sia perche' trasferito dallo Stato o da
altri  enti),  che  veniva  inquadrato  nei  nuovi  ruoli regionali a
decorrere, a tutti gli effetti, dal 1o febbraio 1981.
    La  stessa  legge  n. 15/1988, peraltro, onde eliminare possibili
perequazioni   consentiva,   in  alternativa  all'inquadramento  gia'
disposto,  un  reinquadramento,  anche  in  soprannumero, che avrebbe
dovuto  decorrere  in  ogni  caso dalla data predetta del 1o febbraio
1981,  riferita al primo inquadramento conseguente alla pubblicazione
delle citate leggi n. 2/1983 e n. 3/1983.
    III)  Infine, e' intervenuta la legge regionale n. 39/1994, volta
a  risolvere  i  vari  problemi sorti in ordine all'inquadramento del
personale  in  sede  di  applicazione  delle  leggi  surriferite  e a
realizzare l'attesa perequazione, che estendeva, quindi, al personale
del  ruolo  I.Di.S.U.  la  l.r.  n. 15/1988  e,  di  conseguenza,  il
trattamento  del  restante  personale  regionale;  ma cio' faceva, in
concreto,  soltanto  parzialmente  perche'  i benefici previsti dalla
cennata  legge  n. 15, differentemente da quanto verificatosi per gli
originari  suoi  destinatari,  erano estesi al personale del ruolo di
appartenenza  dei ricorrenti solamente ai fini giuridici, e non anche
a  quelli  economici,  pur riconoscendosi ad essi retroattivamente il
possesso  della  professionalita' connessa ad una superiore qualifica
funzionale dal 1o febbraio 1981.

    3. - Cosi'  delineato il quadro normativo nel cui ambito viene ad
inserirsi  anche  la  norma per la quale e' posta ora la questione di
costituzionalita'  (art. 8,  comma  5, l.r. n. 39/1994), il collegio,
dovendo   farne   applicazione  nel  caso  in  esame,  ritiene  -  in
accoglimento  della specifica richiesta in proposito avanzata, in via
subordinata,  da  parte  dei  ricorrenti  - di sollevare questione di
legittimita' costituzionale della medesima disposizione regionale per
contrasto con principi fondamentali della Costituzione.
    a)  Al  riguardo  la  questione  e',  innanzitutto, rilevante nel
giudizio in corso.
    Infatti,   le   richieste   dei   ricorrenti,   incentrate  sulla
sostanziale   irragionevolezza   ed   ingiustizia   della  disciplina
introdotta con la disposizione surriferita, non potrebbero, in quanto
derivanti da un provvedimento a carattere legislativo, essere accolte
da    questo   tribunale,   non   essendo   attribuito   al   sistema
giurisdizionale  alcun  potere di disapplicare i provvedimenti aventi
forza legislativa.
    b) La questione e' anche non manifestamente infondata; e cio' per
ritenuto  contrasto  con  l'art. 3,  con  l'art. 36,  comma  1, e con
l'art. 97, comma 1, della Costituzione.
    c) In particolare, con riguardo all'art. 3 della Costituzione, il
collegio  deve osservare, innanzitutto, che la norma in questione non
sembra   idonea  a  eliminare  integralmente  la  sperequazione  gia'
esistente  tra  i  vari dipendenti regionali perche', mentre fissa la
decorrenza  giuridica  dal  1o  febbraio 1981, indica come decorrenza
economica  dell'inquadramento una data diversa e meno vantaggiosa per
i   ricorrenti   rispetto  agli  originari  destinatari  della  legge
n. 15/1988,  introducendo  in effetti una nuova disciplina che sembra
perpetuare diversita' di trattamento.
    Nella  fattispecie,  dunque,  non  pare  sia  stato rispettato il
principio  di  eguaglianza e perequazione, che pure aveva sollecitato
gli  organi legislativi regionali ad estendere i benefici della legge
n. 15/1988 anche al personale appartenente all'I.Di.S.U.
    La  intenzione  che  aveva  mosso  il legislatore regionale, come
accennato  e  come  emerge dagli stessi lavori preparatori della l.r.
n. 39/1994, era, infatti, quella di definire una situazione, ritenuta
discriminatoria,  che  sussisteva  da anni con conseguenti lagnanze e
proteste  da  parte  degli  interessati dipendenti I.Di S.U., cui non
erano  stati  attribuiti  i  riconoscimenti  giuridico-economici gia'
corrisposti in favore del restante personale regionale.
    La  soluzione  indicata  dalla  legge  n. 39/1994,  nonostante la
cennata  intenzione, non sembra, pero', idonea ad eliminare del tutto
l'esistente  sperequazione,  dal momento che, come si e' detto, viene
stabilita  come  decorrenza economica una data meno vantaggiosa per i
dipendenti  del  ruolo  I.Di.S.U.,  rispetto  a quella indicata per i
destinatari originari della l.r. n. 15/1988.
    Cio'  posto, nella specie appare violato, ad avviso del collegio,
il  principio  di  parita'  tra  i  cittadini di cui all'art. 3 della
Costituzione,  essendo  diversamente  trattate  nella disposizione in
parola  situazioni  riferite  a dipendenti regionali, nella sostanza,
uguali;  e  permanendo,  comunque,  il  contrasto  tra le esigenze di
perequazione,  piu' volte affermate dalla stessa Regione e il rimedio
posto che appare procrastinare, invece, una situazione di trattamento
economico  diseguale  tra dipendenti inseriti in appositi ruoli dello
stesso ente.
    d)  Relativamente  alla  dedotta  violazione  dell'art. 36 Cost.,
relativo   al   principio   di  adeguatezza  e  proporzionalita'  tra
retribuzione e prestazione lavorativa, il collegio deve osservare che
la  norma  in  questione  -  come  evidenziato  nel  ricorso - sembra
effettivamente  ledere  detto principio. Con essa, infatti, non viene
fatta   decorrere   la   maggiore  retribuzione,  proporzionale  alla
professionalita'  riconosciuta,  alla data del 1o febbraio 1981, come
disposto  per  il restante personale destinatario dei benefici di cui
alla  legge  regionale  n. 15/1988, con corresponsione, quindi, della
retribuzione  in  modo corrispondente alla qualita' professionale (di
cui  e'  pur  riconosciuta  la  sussistenza) dalla data di decorrenza
giuridica  del  reinquadramento  in  questione;  e  cio' con concreta
incidenza  sul  diritto  riconosciuto  dalla  Costituzione  a  che il
lavoratore  abbia  una  retribuzione  proporzionata  alla quantita' e
qualita'  del  suo  lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a
se' e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
    e)  Con  riguardo  all'art. 97  della  Costituzione,  il collegio
rileva,   infine,   come   il   principio   del   buon   andamento  e
dell'imparzialita'   ivi   indicato   sia   un   principio   generale
dell'ordinamento   giuridico  che  deve  ispirare  qualsiasi  assetto
organizzatorio    e    qualsiasi    comportamento    della   pubblica
amministrazione,  nel  senso che questi debbono sempre essere volti a
rendere  ottimale  l'attivita' della stessa pubblica amministrazione,
in  modo  tale  da  risultare nel miglior modo possibile satisfattori
degli interessi pubblici attribuiti.
    Ora, nella fattispecie, tale principio di buona amministrazione e
imparzialita'  non  appare  adeguatamente  rispettato,  in  quanto il
legislatore  regionale, dopo aver ritenuto la irragionevolezza di una
precedente situazione discriminatoria, non sembra avere coerentemente
tratto  le  dovute conseguenze, lasciando sussistere il differenziato
trattamento economico.
    In  definitiva,  emerge  nella  fattispecie  che  il  legislatore
regionale  con  la legge n. 39 del 1994 ha approvato disposizioni che
in   effetti   continuano   a   mantenere  inalterata  la  situazione
discriminatoria denunciata dai ricorrenti sotto il profilo economico,
concretando  con  cio' un comportamento che appare sintomatico di una
non corretta ed imparziale amministrazione.

    4. - Per le considerazioni che precedono, il giudizio va, dunque,
sospeso,   in   attesa   della   soluzione   da   parte  della  Corte
costituzionale   della  sollevata  questione  di  legittimita'  della
menzionata  norma  in  relazione  agli artt. 3, 36, primo comma e 97,
primo comma, della Costituzione.