Ricorso per conflitto della Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente della giunta provinciale pro-tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della giunta provinciale n. 1877 del 20 luglio 2001 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 25 luglio 2001 (rep. n. 25319) rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, ufficiale rogante della Provincia stessa (all. 2) - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio dell'avv. Manzi, in via Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato di condizionare con decreto dirigenziale l'assegnazione delle risorse alla Provincia autonoma di Trento a precedenti adempimenti, ne' di prevedere la revoca parziale di tale assegnazione in difetto di una determinata percentuale di spesa delle risorse assegnate, e per il conseguente annullamento dell'art. 2, commi 2 e 4, del decreto del dirigente generale del Ministero del lavoro 4 maggio 2001, "Obbligo formativo nell'ambito della programmazione regionale fra regioni e le province autonome di Bolzano e Trento", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 127 e del 4 giugno 2001, per violazione: dell'art. 8, nn. 23 e 29, dell'art. 9, nn. 2, 4 e 5, e dell'art. 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e delle relative norme di attuazione, fra cui, in particolare, l'art. 9-bis del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280; dell'art. 5 legge 30 novembre 1989, n. 386; del principio di legalita' degli atti di normazione secondaria e dei provvedimenti amministrativi. F a t t o La Provincia autonoma di Trento e' dotata di potesta' legislativa in materia di addestramento e formazione professionale, di costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali per l'assistenza e l'orientamento dei lavoratori nel collocamento, di istruzione elementare e secondaria, di apprendistato, libretti di lavoro categorie e qualifiche dei lavoratori, di costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali di controllo sul collocamento, ai sensi delle disposizioni dello statuto citate in epigrafe. Nelle medesime materie la provincia e' altresi' dotata delle correlate potesta' amministrative, in virtu', dell'art. 16 dello statuto speciale e delle conseguenti norme di attuazione. Inoltre, l'art. 9-bis d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280, "al fine di realizzare nelle province ... un organico sistema di servizi per l'impiego", ha delegato alle Province autonome di Trento e Bolzano "l'esercizio delle funzioni amministrative attribuite all'ufficio regionale e agli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione di Trento e Bolzano nonche' alle sezioni circoscrizionali per l'impiego ricadenti nei rispettivi territori", provvedendo contestualmente a trasferire alle province autonome gli uffici provinciali del lavoro e le sezioni circoscrizionali per l'impiego, e sopprimendo l'ufficio regionale del lavoro. Nel settore in questione e' intervenuto l'art. 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144, il cui comma 1 dispone quanto segue: "Al fine di potenziare la crescita culturale e professionale dei giovani, ferme restando le disposizioni vigenti per quanto riguarda l'adempimento e l'assolvimento dell'obbligo dell'istruzione, e' progressivamente istituito, a decorrere dall'anno 1999-2000, l'obbligo di frequenza di attivita' formative fino al compimento del diciottesimo anno di eta'. Tale obbligo puo' essere assolto in percorsi anche integrati di istruzione e formazione: a) nel sistema di istruzione scolastica; b) nel sistema della formazione professionale di competenza regionale; c) nell'esercizio dell'apprendistato". Il comma 5 prevede poi un regolamento governativo al fine di stabilire "i tempi e le modalita' di attuazione del presente articolo" nonche' "i criteri ... di ripartizione delle risorse di cui al comma 4 tra le diverse iniziative attraverso le quali puo' essere assolto l'obbligo di cui al comma 1". Ma il medesimo comma 5, poi, stabilisce che "alle finalita' di cui ai commi 1 e 2 la regione Valle d'Aosta e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, in relazione alle competenze ad esse attribuite e alle funzioni da esse esercitate in materia di istruzione, formazione professionale e apprendistato, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione", aggiungendo che "per l'esercizio di tali competenze e funzioni le risorse dei fondi di cui al comma 4 sono assegnate direttamente alla Regione Valle d'Aosta e alle Province autonome di Trento e di Bolzano". Il legislatore era dunque perfettamente consapevole della specialita' della situazione delle Province autonome di Trento e di Bolzano, ed ha dettato una disciplina congrua. Il regolamento previsto dalla legge e' stato emanato con d.P.R. 12 luglio 2000, n. 257. All'art. 9 esso si occupa delle modalita' di finanziamento, ed in particolare il comma 2 prevede che determinate risorse individuate dall'art. 68 legge n. 144 del 1999 (precisamente quelle di cui all'art. 68, comma 1, lettera a) siano destinate al finanziamento delle iniziative di cui al comma 1, lettere b) e c), del medesimo articolo, cioe' all'obbligo formativo al di fuori del sistema scolastico, e che il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa col Ministero della pubblica istruzione provveda "a ripartire annualmente tali risorse tra le regioni sulla base del numero di giovani di 15, 16 e 17 anni residenti in ciascuna regione che non hanno frequentato la scuola nell'anno scolastico precedente". Sia consentito notare sin d'ora come sia di tutta evidenza che al Ministero viene cosi' assegnato un puro compito di riparto. Il decreto dirigenziale qui impugnato costituisce attuazione di tale norma. Esso con l'art. 1 provvede a ripartire fra le regioni la somma disponibile, individuando nella tabella A allegata al decreto l'importo spettante a ciascuna regione e provincia autonoma per le iniziative di cui all'art. 68, comma 1, lett, b) e c), legge n. 144/1999. Esso, pero', non si limita a tale ripartizione, secondo quanto previsto dal d.P.R. n. 257/2000, ma appone ad essa delle "condizioni". Infatti, l'art. 2, comma 2, prevede che "le risorse vengono erogate alle regioni e province autonome di Bolzano e Trento in seguito alla comunicazione, da parte degli assessorati competenti, di aver speso almeno il 50%. delle risorse assegnate con il decreto direttoriale n. 370/SEG/2000 del 13 novembre 2000 del Ministero del lavoro", mentre il comma 4 aggiunge che, "qualora entro il 31 dicembre 2003 non venga dichiarato speso dagli assessorati competenti almeno il 70% delle risorse assegnate, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale potra' procedere alla revoca delle quote non utilizzate". Ad avviso della Provincia autonoma di Trento i commi 2 e 4 dell'art. 2 del decreto dirigenziale 4 maggio 2001 risultano lesivi delle sue prerogative costituzionali, per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1. - Lesione dell'autonomia finanziaria, legislativa ed amministrativa della Provincia autonoma di Trento. Come esposto in narrativa, attraverso i commi 2 e 4 dell'art. 2 il decreto qui impugnato, anziche' limitarsi ad operare la ripartizione annuale dei fondi tra le regioni sulla base dei criteri fissati dall'art. 9, comma 2, d.P.R. n. 257/2000, pone delle "condizioni" aggiuntive che riguardano da un lato l'effettiva erogazione delle risorse (richiedendo la effettiva spesa di almeno il 50% di quanto assegnato con altro decreto), dall'altro la loro "conservazione" alla Provincia autonoma, nel senso che e' prevista la possibile revoca delle quote non utilizzate se non viene speso entro il 31 dicembre 2003 il 70% dei fondi assegnati. Tali condizioni risultano del tutto illegittime in relazione alla Provincia autonoma di Trento. Infatti l'art. 5, comma 2, legge n. 386 del 1989 (che come e' ben noto costituisce parte integrante della disciplina statutaria) stabilisce che "i finanziamenti" recati da qualunque altra disposizione di legge statale, in cui sia previsto il riparto o l'utilizzo a favore delle regioni, sono assegnati alle province autonome ed affluiscono al bilancio delle stesse per essere utilizzati, secondo normative provinciali, nell'ambito del corrispondente settore, con riscontro nei conti consuntivi delle rispettive province"; ed il comma 3 precisa che, "per l'assegnazione e l'erogazione dei finanziamenti di cui al comma 2, si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle stesse leggi ad eccezione di quelli relativi all'individuazione dei parametri o delle quote di riparto". In relazione alla Provincia autonoma di Trento, dunque, e' escluso che le leggi statali condizionino l'erogazione dei finanziamenti a qualsiasi adempimento che non attenga alla individuazione dei parametri o delle quota di riparto. E' chiaro che la disposizione si riferisce con tali espressioni agli elementi che permettono di individuare, nell'ambito di un riparto, quale quota di una somma determinata spetta ad uno dei destinatari, ed in particolare alla Provincia di Trento. Ed e' altresi' chiaro che con tali espressioni non si e' inteso consentire di condizionare l'effettiva attribuzione della somma individuata attraverso i criteri e parametri prestabiliti ad altre circostanze, del tutto estrinseche rispetto alla determinazione della quota spettante alla stregua di tali parametri e criteri. Di qui l'illegittimita' intrinseca dell'art. 2, comma 2, qui impugnato. Naturalmente, analoghe considerazioni vanno svolte anche in relazione alla "conservazione" dei finanziamenti. Una volta erogate, le somme entrano a fare parte della finanza della Provincia autonoma e, secondo la gia' citata disposizione dell'artt. 5, legge n. 386 del 1989, vengono spese secondo normative provinciali. Non spetta dunque allo Stato porre vincoli temporali, che costituirebbero anch'essi disciplina della spesa; meno ancora spetta di prevedere poteri ministeriali discrezionali (secondo la norma impugnata infatti il Ministero "potra'" procedere alla revoca), che costituiscono un indebito potere di ingerenza e controllo sulla spesa. D'altronde, se fosse possibile porre condizioni il cui mancato rispetto porta alla revoca, del finanziamento sarebbe fin troppo facile eludere la norma che prevede il vincolo ai soli parametri e quote di assegnazione, ponendo regole non per l'erogazione ma "subito dopo", a valle, come condizione per non revocare l'assegnazione. Il contrasto con l'art. 5, comma 3, legge n. 386/1989 e' dunque evidente: i commi 2 e 4 dell'art. 2 del decreto qui impugnato contrastano frontalmente con i principi appena illustrati, in quanto fanno cio' che, ai sensi di tale disposizione, neppure una legge potrebbe fare, condizionando l'erogazione e la conservazione dei fondi a determinati adempimenti della provincia ricorrente. Cio' comporta non solo, nei termini indicati, una lesione dell'autonomia finanziaria provinciale, ma anche una lesione dell'autonomia legislativa e amministrativa, dato che la disciplina dell'attivita' amministrativa nelle materie sopra indicate e la stessa attivita' vengono condizionate agli "obiettivi di spesa" fissati dal d.m. 4 maggio 2001. In pratica, la Provincia non e' libera di utilizzare i fondi "secondo normative provinciali", come statuito dall'art. 5, comma 2, legge n. 386/1989, ma deve - per ottenere i fondi ed evitarne la revoca - rispettare le prescrizioni contenute nel decreto qui impugnato. Di qui l'illegittimita' delle impugnate disposizioni nel loro specifico contenuto. 2. - Violazione del principio di legalita'. Come gia' accennato, l'art. 9, comma 2, d.P.R. n. 257/2000, al quale l'art. 68, comma 5, legge n. 144 del 1999 affidava il compito di definire i criteri di ripartizione delle risorse, assegnava al Ministero del lavoro il mero compito di "ripartire annualmente tali risorse tra le regioni sulla base del numero di giovani di 15, 16 e 17 anni residenti in ciascuna regione che non hanno frequentato la scuola nell'anno scolastico precedente". Il decreto qui impugnato, dunque, doveva limitarsi a operare la ripartizione: esso, invece, ha "creato" delle condizioni limitatrici dell'erogazione delle risorse, senza alcun fondamento normativo del corrispondente potere. Sia che tale "creazione" venga considerata frutto di potesta' amministrativa, sia chi venga considerata (come sembra piu' corretto) frutto di una innominata potesta' normativa, essa viola il principio di legalita' che presiede all'esercizio sia della funzione amministrativa che della funzione normativa secondaria (salvo il generale potere regolamentare del Governo, d'altronde previsto esso stesso dalla legge). Il fatto, dunque, che un atto del dirigente generale del Ministero intervenga in una materia di competenza della provincia, e comunque disponendo in modo pregiudizievole per la provincia stessa, in assenza di base normativa costituisce ulteriore e autonoma ragione di illegittimita' dei commi 2 e 4 dell'art. 2 del d.m. 4 maggio 2001, con connessa lesione delle prerogative costituzionali della ricorrente.