ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio  di  legittimita'  costituzionale  della  legge  della
Provincia  autonoma  di  Bolzano,  riapprovata  il  3 febbraio  2000,
recante  "Responsabilita'  amministrativa  degli amministratori e del
personale  della  provincia  e  degli enti provinciali", promosso con
ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, notificato il
22 febbraio  2000,  depositato  in  cancelleria  il  2 marzo  2000 ed
iscritto al n. 7 del registro ricorsi 2000.
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano;
    Udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 2001 il giudice relatore
Riccardo Chieppa;
    Uditi   l'Avvocato  dello  Stato  Ignazio  F.  Caramazza  per  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri e gli avvocati Roland Riz e
Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ricorso 19-22 febbraio 2000 (r. ric. n. 7 del 2000), il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  della legge della Provincia autonoma di
Bolzano  recante "Responsabilita' amministrativa degli amministratori
e  del  personale della provincia e degli enti provinciali", rinviata
dal   Governo  e  riapprovata,  nella  seduta  del  3 febbraio  2000,
a maggioranza  assoluta dal consiglio provinciale, con modifiche - si
osserva  nel ricorso - solo parzialmente rispondenti alle motivazioni
del  rinvio.  Il  provvedimento  legislativo  e'  impugnato nella sua
globalita' per il fatto che esso detta una disciplina congiunta della
responsabilita'  amministrativa  degli amministratori e del personale
della   provincia  e  degli  enti  provinciali,  in  materia,  cioe',
asseritamente  estranea  alla competenza legislativa della provincia.
Detta  disciplina,  per  di  piu',  si  porrebbe  in contrasto con la
normativa   statale   vigente  in  materia  e  con  i  suoi  principi
fondamentali   e   generali,  interferendo  con  l'ordinamento  della
giurisdizione  contabile  e  violando  i principi di ragionevolezza e
buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione.
    Sono,  poi,  censurate  singole  previsioni  dell'articolato.  In
particolare,  il  ricorrente  impugna l'art. 2, comma 3, della legge,
che  contiene  una tipizzazione dei casi di colpa grave, tipizzazione
che,  ancorche'  attenuata,  come  si  rileva nel ricorso, in sede di
riapprovazione   attraverso   la  introduzione  della  locuzione  "in
particolare",  che renderebbe tale tipizzazione esemplificativa e non
esaustiva, impingerebbe, tuttavia, nelle attribuzioni giurisdizionali
della  Corte  dei  conti  di  cui  all'art. 103, secondo comma, della
Costituzione.
    Oggetto  di  impugnativa  e',  altresi',  l'art. 3, in materia di
risarcimento dei danni subiti dai terzi e di pagamento delle sanzioni
amministrative,   che   prevede   la   diretta  assunzione  da  parte
dell'amministrazione  del  risarcimento  nonche'  del pagamento delle
sanzioni  amministrative irrogate a carico degli amministratori e del
personale  di  cui  si  tratta,  sia  pure  facendo salva l'azione di
rivalsa.
    Tale  disposizione  sarebbe  in  contrasto con il principio della
responsabilita'  solidale  e con quello del carattere personale della
responsabilita'  amministrativa,  la quale sarebbe funzionale al buon
andamento  della  pubblica  amministrazione,  essendo  finalizzata  a
garantire  che  i  comportamenti dei pubblici agenti siano improntati
alla massima diligenza, efficienza ed efficacia.
    Il ricorrente censura ancora l'art. 4, che limita il risarcimento
dei   danni   arrecati   al   pubblico   dipendente,   prevedendo  la
corresponsione  di  una somma rapportata al compenso o allo stipendio
"non  superiore  alla meta' di un'annualita' del compenso o stipendio
complessivo  al  netto delle trattenute previste per legge, percepito
al tempo in cui l'azione di responsabilita' e' proposta", anziche' al
danno  effettivamente  cagionato,  cosi'  violando,  si  afferma  nel
ricorso, i principi fondamentali delle leggi di contabilita' generale
dello  Stato,  che  disciplinano la quantificazione dell'addebito, ed
operando una sorta di "forfetizzazione" preventiva e generalizzata di
quella  "riduzione"  che  l'ordinamento riserva al potere della Corte
dei conti.
    Infine,  e' impugnato l'art. 7, che estende le disposizioni della
legge  di cui si tratta alle persone estranee che esercitano funzioni
istituzionali  in  seno  ad  organismi  collegiali o partecipano allo
svolgimento di funzioni istituzionali.
    2.  -  Nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  si  e'  costituita la
Provincia  autonoma  di  Bolzano,  sollevando  anzitutto eccezione di
inammissibilita'  del  ricorso  per  quanto  riguarda  la impugnativa
dell'intero  testo  legislativo,  con  riferimento  sia  alla mancata
censura  delle  specifiche  disposizioni  in esso contenute, sia alla
genericita'  dei  rilievi. Nel merito, sarebbero, comunque, infondate
le  censure  rivolte  alla legge nella sua globalita', costituendo la
stessa  espressione  della  competenza legislativa della provincia in
materia  di  ordinamento  degli  uffici  provinciali  e  del relativo
personale,  nella  quale  e'  ricompresa  la  disciplina dello status
giuridico  ed  economico  del personale stesso. Ne' avrebbe pregio il
rilievo relativo al presunto contrasto con l'art. 103, secondo comma,
della   Costituzione,   non   incidendo   la  disciplina  legislativa
provinciale  di  cui  si  tratta  sulla giurisdizione della Corte dei
conti,  avuto  riguardo  al  carattere  sostanziale  della disciplina
stessa.  Del pari infondata sarebbe la censura relativa ad un preteso
contrasto con i principi di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione,
del resto, affermato in modo apodittico nel ricorso.
    Quanto  alle  censure  relative  alle  singole  disposizioni,  la
provincia  conclude  per la infondatezza delle stesse. In particolare
l'art. 2,  comma  3,  nel  definire  talune  ipotesi  di colpa grave,
avrebbe   carattere   meramente  esemplificativo,  e,  pertanto,  non
limiterebbe le valutazioni e la discrezionalita' interpretativa della
Corte  dei  conti,  inoltre  sarebbe  stata  fatta  salva l'azione di
rivalsa e il principio di responsabilita' solidale dell'ente pubblico
e  del  proprio  amministratore o dipendente e l'azione disciplinare;
l'art. 4   avrebbe   posto   un   limite  alla  sola  responsabilita'
amministrativa  del  dipendente  nei confronti dell'amministrazione e
non  alla  responsabilita'  civile verso i terzi; la irragionevolezza
sarebbe  smentita  dalla  analoga  disciplina dell'art. 8 della legge
13 aprile  1988,  n. 117,  in  ordine alla responsabilita' civile dei
magistrati.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Le  questioni di legittimita' costituzionale sottoposte in
via  principale  all'esame  della Corte con il ricorso del Presidente
del Consiglio dei ministri riguardano:
        la   legge   della  Provincia  autonoma  di  Bolzano  recante
"Responsabilita'  amministrativa degli amministratori e del personale
della  provincia e degli enti provinciali", gia' rinviata dal Governo
e  riapprovata a maggioranza assoluta dal consiglio provinciale nella
seduta  del 3 febbraio 2000, nel suo complesso, sotto il profilo che,
nel   fissare   una   disciplina   congiunta   della  responsabilita'
amministrativa degli amministratori e del personale della provincia e
degli  enti provinciali, e nel dettare norme in materia estranea alla
competenza   legislativa  della  provincia  stessa,  si  porrebbe  in
contrasto  con  la  normativa  statale  vigente  in  materia, e con i
principi   fondamentali   e   generali   di  essa,  interferendo  con
l'ordinamento  della giurisdizione contabile e violando i principi di
ragionevolezza,   buon  andamento  ed  imparzialita'  della  pubblica
amministrazione;
        l'art. 2, comma 3, della predetta legge, che, nel tipizzare i
casi   di   colpa   grave,   interferirebbe   con   le   attribuzioni
giurisdizionali  della  Corte  dei conti di cui all'art. 103, secondo
comma, della Costituzione;
        l'art. 3  della  stessa legge, che, nel prevedere, in materia
di  risarcimento  dei  danni  subiti  dai  terzi e di pagamento delle
sanzioni    amministrative,    la   diretta   assunzione   da   parte
dell'amministrazione del risarcimento, nonche' del pagamento di dette
sanzioni,  irrogate  a carico degli amministratori e dipendenti della
provincia  e  degli enti provinciali, sia pure facendo salva l'azione
di   rivalsa,  si  porrebbe  in  contrasto  con  il  principio  della
responsabilita'  solidale  e con quello del carattere personale della
responsabilita'   amministrativa,   finalizzata  a  garantire  che  i
comportamenti  dei  pubblici  agenti  siano  improntati  alla massima
diligenza, efficienza ed efficacia;
        l'art. 4  della predetta legge, nella parte in cui (comma 1),
nel   limitare  il  risarcimento  dei  danni  arrecati  dal  pubblico
dipendente,  prevedendo  la corresponsione di una somma rapportata al
compenso o allo stipendio anziche' al danno effettivamente cagionato,
violerebbe  nei  loro  principi fondamentali le leggi di contabilita'
generale    dello   Stato   che   disciplinano   la   quantificazione
dell'addebito,   ed   opererebbe   una   sorta  di  "forfetizzazione"
preventiva  e  generalizzata  di quella "riduzione" che l'ordinamento
riserva  al  potere  della  Corte  dei conti, interferendo ancora una
volta con le attribuzioni giurisdizionali di questa;
        l'art. 7,  che  estendendo  le  disposizioni  della  legge in
questione   anche  alle  persone  estranee  che  esercitano  funzioni
istituzionali  in  seno  ad  organismi  collegiali o partecipano allo
svolgimento  di  funzioni  istituzionali,  si  esporrebbe alle stesse
censure sopra riferite.
    2.  -  In  via preliminare, deve essere esaminata la eccezione di
inammissibilita'  (sollevata  dalla  Provincia  autonoma di Bolzano),
relativa   all'impugnativa   dell'intero   testo   legislativo,   con
riferimento   alla  mancanza  di  censure  specifiche  delle  singole
disposizioni e alla genericita' dei rilievi.
    L'eccezione e' priva di fondamento per quanto riguarda la censura
della  complessiva  estraneita'  della  materia della responsabilita'
amministrativa  alla competenza legislativa della provincia. Infatti,
la  censura  proposta  con  il  ricorso, coinvolgendo la legittimita'
dell'intero  testo  normativo  e  contestando  in  radice  il  potere
normativo  della  provincia  sulla  materia  e, quindi, riferendosi a
tutte  le  norme  (a  carattere  omogeneo,  appartenenti  a specifico
settore)   contenute   nella   legge   denunciata,   deve   ritenersi
ammissibile.
    Invece,  i  restanti  profili  generali  possono  essere presi in
considerazione,  in questa sede, solo in quanto ad essi corrispondano
le   specifiche   contestazioni   relative  alle  singole  previsioni
dell'articolato normativo impugnate nel ricorso.
    3.  -  Passando  all'esame  del  contenuto delle censure ritenute
ammissibili,  la  prima  censura  (a  carattere generale) e' priva di
fondamento.
    In  realta'  la  materia della responsabilita' amministrativa (v.
sentenza  n. 112  del  1973) rientra nelle competenze della Provincia
autonoma  di  Bolzano, dovendosi ritenere ricompresa nella previsione
di  "ordinamento  degli uffici e del personale" (art. 8 dello statuto
speciale  per  il Trentino-Alto Adige), tenuto conto della ampiezza -
sul  piano  costituzionale  -  della  nozione  di  "ordinamento degli
uffici",   quale   risulta   dall'art. 97,   secondo   comma,   della
Costituzione,  da  interpretarsi  in correlazione con l'art. 28 della
stessa Costituzione.
    Del  resto, la diretta connessione tra determinazione delle sfere
di  competenze  e  delle  attribuzioni  degli  uffici  e dei relativi
funzionari  o  dipendenti addetti e corrispondente responsabilita' ha
portato  il legislatore nazionale ad accentuare, soprattutto in epoca
piu'  recente,  il  nesso  (vincolante  anche  per  le  Regioni  come
principio  fondamentale  e  norme  di  riforma economico-sociale) tra
organizzazione  e  responsabilita'  (d.lgs.  3 febbraio  1993, n. 29,
art. 1;  legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 11, comma 4; in precedenza,
v. legge 19 maggio 1976, n. 335, art. 32).
    Quanto al profilo della disciplina unitaria della responsabilita'
amministrativa  degli amministratori e dei dipendenti, deve ritenersi
che   rientra  nella  discrezionalita'  del  legislatore  configurare
unitariamente  la  responsabilita' ovvero diversificarla (v. sentenza
n. 197  del  2000)  in  ordine a taluni ambiti o benefici, secondo la
configurazione delle sfere di competenze e dell'ordinamento.
    4.  -  La  censura  relativa  all'art. 2,  comma 3, e' fondata in
quanto  la  norma  viene  ad  alterare  il  concetto  di colpa grave,
riducendo  la  portata  della  relativa  responsabilita'  senza alcun
riferimento   al   contenuto   delle   funzioni   dei  dipendenti  ed
amministratori  e  attribuzioni degli uffici. Infatti, puo' ritenersi
ormai acquisito il principio dell'ordinamento, desumibile anche dalla
collocazione  dell'art. 3  del  decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543
(Disposizioni  urgenti  in  materia  di  ordinamento  della Corte dei
conti),  convertito  in legge con modificazioni dall'art. 1, comma 1,
della  legge  20 dicembre  1996,  n. 639,  secondo cui la imputazione
della  responsabilita' ha come limite minimo quella della colpa grave
(prevista, in via generale, insieme all'imputazione per dolo).
    In  realta',  non e' conforme ai principi dell'ordinamento, quale
configurato  nell'attuale sistema normativo, attenuare ulteriormente,
in via generale, i casi di responsabilita' per colpa grave.
    Cio'    nella    specie   si   verifica,   anche   ad   ammettere
l'interpretazione   che   la   norma   denunciata   abbia  un  valore
esemplificativo,  come potrebbe dedursi dalla espressione adoperata (
im  Besonderen",  "in  particolare",  con  valore  di  segnatamente o
specialmente),  che,  tuttavia,  non  esclude  la  tassativita' degli
elementi  previsti per la imputazione nelle singole ipotesi. Infatti,
in  mancanza  dei  vari  elementi  limitativi  introdotti dalla norma
denunciata,   quali  la  inescusabilita'  della  negligenza  o  della
incontrastabilita' del fatto, la facile prevedibilita', la violazione
di elementari regole di comportamento o la gravita' del disinteresse,
la   disposizione   denunciata   preclude,   nelle   singole  ipotesi
considerate,  la configurazione di responsabilita' amministrativa per
effetto  di  esclusione  della  colpa  grave  che  viene  ad assumere
caratteristiche rigidamente piu' ristrette.
    5.  -  Egualmente  fondato  e'  il  profilo  del ricorso relativo
all'art. 3,  limitatamente  al  comma  3, in quanto questo prevede la
diretta  assunzione,  da  parte  degli  "enti",  del  pagamento delle
sanzioni  amministrative  per  le  violazioni  afferenti  la  propria
attivita' istituzionale, anche per le ipotesi in cui non sia prevista
una  responsabilita'  diretta  o  solidale dell'ente stesso. Infatti,
nell'ambito  delle  sanzioni amministrative a carico dei dipendenti o
amministratori    non    esiste   una   generale   estensione   della
responsabilita'  o  solidarieta'  degli  "enti",  a  differenza della
solidarieta'  per  il risarcimento del danno a terzi, di modo che una
tale assunzione di pagamento generalizzato si pone in contrasto con i
principi  dell'ordinamento,  quando  non  preesista una previsione di
responsabilita' propria degli "enti" (diretta o solidale).
    6.  -  Risulta fondato anche il motivo relativo all'art. 4, comma
1,  in  quanto  anche  il  limite  patrimoniale della responsabilita'
amministrativa   per  colpa  grave,  agganciato  alla  meta'  di  una
annualita'  (al  netto)  del  compenso  o  stipendio  complessivo, si
risolve  in  un  ulteriore contrasto con i principi dell'ordinamento.
Infatti,   nel   sistema   la   attenuazione   della  responsabilita'
amministrativa,  nei singoli casi, e' rimessa al potere riduttivo sul
quantum  affidato  al  giudice,  che  puo'  anche  tenere conto delle
capacita'   economiche  del  soggetto  responsabile,  oltre  che  del
comportamento,   al   livello   della  responsabilita'  e  del  danno
effettivamente   cagionato.   In   contrasto   con   questi  principi
dell'ordinamento  ed  assolutamente  irragionevole  e',  invece,  una
riduzione   predeterminata   ed   automatica   della  responsabilita'
amministrativa   per  colpa  grave,  sotto  il  profilo  quantitativo
patrimoniale,  attraverso l'aggancio, come limite massimo, alla meta'
dello  stipendio annuo o del compenso (che puo' anche essere esiguo),
senza   che   possa  soccorrere  una  valutazione  sul  comportamento
complessivo  e sulle funzioni effettivamente svolte, nella produzione
del  danno,  in  occasione  della  prestazione che ha dato luogo alla
responsabilita'.
    7.  -  Sulla  base  delle  considerazioni gia' esposte, in ordine
all'ambito  della  competenza legislativa della Provincia autonoma di
Bolzano,  che  comprende  il  potere  di  regolare la responsabilita'
amministrativa,   risulta   l'infondatezza   delle  censure  proposte
relativamente  all'art. 3,  sulla  diretta  assunzione da parte della
provincia  o  degli  enti  provinciali  del  risarcimento  dei  danni
cagionati  a  terzi  dai  rispettivi  amministratori e dal rispettivo
personale  (comma  1)  -  con  relativa  autorizzazione  a  concedere
anticipazioni  e a transigere le vertenze (comma 2), e con previsione
della  possibilita' per la provincia, che ne sia richiesta dagli enti
pubblici  da  essa  dipendenti,  di provvedere per conto degli stessi
agli adempimenti amministrativi necessari ai fini descritti (comma 4)
-  e  all'art. 7  della  legge  provinciale  di  cui si tratta, sulla
estensione   delle  predette  disposizioni  a  persone  estranee  che
esercitano  funzioni  istituzionali in seno ad organismi collegiali o
partecipano   allo   svolgimento  di  funzioni  istituzionali.  Giova
aggiungere   che   dette   "persone   estranee",   cosi'   come   gli
amministratori  o  i funzionari onorari, sono pur sempre soggetti che
esercitano  pubbliche funzioni, come tali ricadenti nell'ambito della
responsabilita'  amministrativa.  Detta  responsabilita' non richiede
necessariamente l'esistenza di un rapporto d'impiego o la qualita' di
dipendente,  ma  il  semplice  inserimento nella organizzazione della
pubblica amministrazione con lo svolgimento di funzioni proprie della
stessa  amministrazione  (argomentando  dagli  artt. 28  e  97  della
Costituzione).
    In  realta'  l'esercizio  di  pubbliche  funzioni di una pubblica
amministrazione   non   deve   necessariamente  avvenire  utilizzando
esclusivamente   dipendenti   legati   da   rapporto  d'impiego,  non
coincidendo con l'apparato burocratico degli uffici caratterizzato da
rapporto   di   lavoro  dipendente.  Il  legislatore  puo'  prevedere
l'esercizio  di  dette  funzioni da parte di soggetti con un rapporto
sottostante  anche meramente onorario o di mero servizio o di obbligo
(v.  ordinanza n. 157 del 2001): in questi casi il legislatore (anche
quello   regionale   o   provinciale  competente  per  materia)  puo'
assoggettarli   alla  disciplina  sostanziale  della  responsabilita'
amministrativa propria dei dipendenti.
                          Per questi motivi