IL TRIBUNALE Letti gli atti delle cause iscritte ai nn. 179/1998 e 4180/1998; Ritenuto in via preliminare che, per motivi di opportunita', deve essere disposta la riunione e premesso che con due distinti atti di pignoramento presso terzi, la Grafica Nappa S.n.c. procedeva ad esecuzione forzata nei confronti del Comune di Ischia, con Poste Italiane S.p.a. terzo pignorato. Il Comune di Ischia proponeva opposizione qualificata come ex art. 615 c.p.c. eccependo la improcedibilita' nei confronti del terzo Poste Italiane S.p.a. quale soggetto diverso dal tesoriere in violazione quindi dell'art. 11 1-bis della legge n. 68/1993; eccepiva inoltre l'inammisibilita' della esecuzione forzata ai sensi dell'art. 89 d.lgs n. 77/1995 perche' il comune si trova in stato di dissesto. Con ordinanza resa in data 18 marzo 1999 questo g.e. ordinava l'integrazione del contraddittorio nei confronti della C.S.L. del comune, quale organo preposto alla trattazione della procedura concorsuale atipica dello stato di dissesto, posizione quindi analoga a quella del curatore fallimentare. Le parti venivano infine inviate a depositare note. Con ordinanza resa in data 1 dicembre 1999 questo giudicante rimetteva la questione davanti la Corte costituzionale, perche' le norme del dissesto, rendendo ineseguibili i titoli esecutivi creava una disparita' di trattamento tra i vari creditori, in violazione del principio della par condicio creditorum. Infatti, l'inammissibilita' delle esecuzioni forzate era limitata solo ai crediti, ai titoli giudiziali ed alle posizioni riconducibili allo stato di dissesto, la definizione dei quali non compete ad un organo giudiziario ma ad uno amministrativo nominato dal Ministero dell'interno. La normativa del dissesto regolata al momento del pignoramento dagli artt. 81 e ss. d.lgs. n. 77/1995 si poneva quindi in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nonche' con l'art. 10, primo comma della Costituzione in relazione agli artt. 5 e 6 della Convenzione dei Diritti dell'Uomo e delle Liberta' Fondamentali, in quanto prorogava indefinitivamente le esecuzioni forzate fino all'approvazione del rendiconto di cui all'art. 89 del d.lgs. n. 77/1995, senza che la legge ponesse un termine preretorio per la definizione della procedura del dissesto. La normativa creava quindi una situazione assolutamente analoga a quella censurata dalla Corte di Giustizia dei diritti dell'Uomo con la sentenza n. 22774/1993 in materia degli sfratti. Successivamente al provvedimento di rinvio alla Corte costituzionale, gli artt. da 1 a 114 del d.lgs. n. 77/1995 venivano abrogati dal testo unico sulla finanza locale approvato il 18 agosto 2000 n. 267, e quindi le norme censurate venivano sostituite da un nuovo complesso normativo. Di conseguenza, la Corte costituzionale, con ordinanza n. 8/2001 rimetteva la questione al giudice di merito per un nuovo esame della questione. Questo giudicante quindi, esaminati gli atti di causa, per una completezza di esposizione, rileva che l'art. 11 1-bis della legge n. 68/1993 e' stato sostituito senza soluzioni di continuita' dall'art. 159 che e' assolutamente identico all'art. 113 del d.lgs. n. 77/1995. Su tale articolo e' intervenuta una copiscua giurisprudenza anche costituzionale, ma non e' stata mai decisa la questione della legittimita' costituzionale della norma che renderebbe inammissibili i pignoramenti presso soggetti diversi dal tesoriere, in specie le Poste Italiane S.p.a. Essa - a sommesso avviso di questo magistrato onorario - deve essere censurata di costituzionalita' perche' limita l'attivita' del creditore con norme procedurali atipiche che si pongono quindi in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, perche' derogano al principio della responsabilita' globale del debitore che, anche se esercente una funzione pubblica, non puo' sottrarre beni e somme se non limiti previsti da questa Corte nelle sentenze nn. 138/1981 e 69/1996 e cioe' l'indisponibilita' delle somme e dei beni deve essere limitata a quelli destinati a pubblico servizio per disposizioni di legge od atto amministrativo. Il semplice deposito delle somme presso le Poste italiane S.p.a. non puo' costituire una limitazione alle esecuzioni forzate secondo i principi sopra enunciati. Le norme del dissesto introdotte dalla nuova disciplina del dissesto (art. 254 e ss. testo unico sugli enti locali prevedono termini precisi per la definizione della procedura del dissesto). Nel caso di specie, essendo stato gia' approvato di rilevazione della massima passiva (delibera n. 24 settembre 1998). A rigore il piano di rilevazione, ai sensi dell'art. 256 deve essere depositato presso il Ministero dell'interno entro cinque giorni dall'approvazione. I termini di procedura sono indicati espressamente dall'art. 254 del testo unico e si deve ritenere che essi siano gia' trascorsi senza che agli atti risulti il pagamento parziale o totale del credito della Grafica Nappa S.n.c. Cio' premesso, questo giudicante deve quindi ritenere che la normativa degli artt. 253 e ss. ed in particolare, nel caso di specie, 254 testo unico piu' volte indicato, che peraltro e' sostanzialmente analoga a quella abrogata, si ponga in violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, nonche' con l'art. 10 della Costituzione in relazione all'art. 5 nella parte in cui non prevede espressamente e/o non imponga alla C.S.L. termini perentori, ma semplicemente dilatori per il completamento della procedura di dissesto. La differenza non e' semplicemente formale, ma sostanziale, in quanto solo l'interpretazione che i termini previsti dagli artt. 253 e ss. testo unico siano perentori e' conforme al dettato costituzionale per come richiamato dalla sentenza della corte di giustizia. Di converso, la normativa in esame, prorogando con meri termini dilatori la conclusione del procedimento, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Cost. (violazione del principio della par condicio creditorum, del diritto di difesa e sottrae il creditore al giudice naturale, (g.o. o Tribunale amministrativo regionale), perche' l'aventuale contradditorio e' limitato alla verifica dell'ammissione del credito da parte di un organo amministrativo e non dall'a.g.).