IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 17776/2000,
proposto  da  Daniela  Zangrilli,  Gianfranco  Catalano,  Maria Paola
Canale,  Roberto  Fiorito,  Oreste Buonomo, Dario Venditti, Francesco
Giacomello, Edoardo Valli, Francesco Russo, Claudio Manna, Claudia Di
Domenico,  Cristina  De  Marchis,  Raffaele  Mancino, Filippo Milano,
Giulio  Sacchetti,  Leone D'Aversa, Paola Cozza, Michele Di Girolamo,
Corrado   Agrestini,  Francesco  Pachi',  Sergio  Casella,  Annamaria
Carrozzo,  Lucilla Terranova, Cinzia Galasso, Nicola Torlone, Placido
Araco,  Andrea  Corsi, Anna Neri, Antonio Pacella, Maurizio Balducci,
Saverio  Potenza,  Marco  Gallinella Muzi, Francesco Pisani, Fabrizio
Jacoangeli, Marzia Lazzaro, Ambrogio Di Paolo, rappresentati e difesi
dall'avv.   Mario  Sanino  con  domicilio  eletto  nello  studio  del
difensore, in Roma, viale Parioli n. 180,
    Contro:  Universita'  degli  studi di Roma "Tor Vergata", rapp. e
difesa  dall'Avvocatura  generale  dello Stato, ex lege dom. in Roma,
Via  dei  Portoghesi n. 12; e nei confronti di Spina Claudio e Stolfi
Maria, non costituiti in giudizio;
    Per  l'annullamento della nota rettorale del 20 luglio 2000 prot.
n. 27341/2000  di  risposta all'atto di diffida all'inquadramento del
ricorrenti  nel  ruolo  dei ricercatori universitari confermati, e di
ogni   altro   atto  a  questo  annesso,  connesso,  presupposto  e/o
conseguenziale,  anche  non  conosciuto  dai  ricorrenti,  e  per  il
conseguente  riconoscimento  del  diritto  dei  ricorrenti  ad essere
inquadrati nel ruolo dei ricercatori universitari confermati.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di costituzione in giudizio dell'Universita' degli
studi di Roma "Tor Vergata";
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato  relatore,  per la pubblica udienza del 10 gennaio 2001,
il consigliere Bruno Mollica;
    Uditi,  altresi',  i  difensori  delle  parti,  come  da  verbale
d'udienza;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:

                              F a t t o

    I  ricorrenti  espongono  di  essere  tecnici  laureati  medici e
odontoiatri,  funzionari  tecnici e collaboratori tecnici in servizio
presso   l'Universita'   di   Roma   "Tor   Vergata"   con   funzioni
assistenziali.
    Impugnano  la  nota  rettorale 20 luglio 2000 prot. 27341/2000 di
risposta   ad   atto  di  diffida  all'inquadramento  nel  ruolo  dei
ricercatori    universitari    confermati;   chiedono   altresi'   il
riconoscimento del diritto ad essere inquadrati nel detto ruolo.
    Cio'  nell'assunto che la disposizione di cui all'art. 8 comma 10
legge  n. 370  del  1999  debba  essere  intesa  come  previsione  di
inquadramento  ex  lege dei ricorrenti nel ruolo medesimo; sulla base
dell'evoluzione  normativa  il personale in questione sarebbe infatti
stato  collocato  sul  medesimo  piano giuridico del personale medico
docente, si' da aver titolo al detto inquadramento.
    A  sostegno  dell'impugnativa i ricorrenti deducono: violazione e
falsa applicazione della legge 19 ottobre 1999 n. 370, in particolare
art. 8, comma 10, della legge 19 novembre 1990 n. 341, in particolare
art. 12 del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, del d.P.R. 11 luglio 1980
n. 382,  della  legge  14  gennaio  1999 n. 4, in particolare art. 1,
comma  10. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in
particolare  per  difetto  di motivazione e istruttoria, travisamento
dei fatti, ingiustizia manifesta, difetto dei presupposti.
    Con   memoria  difensiva  depositata  in  vista  dell'udienza  di
discussione  della  causa,  i  ricorrenti illustrano ulteriormente la
prospettazione    contenuta   nell'atto   introduttivo,   anche   con
riferimento  al sopravvenuto annullamento straordinario di precedente
decreto  dell'Universita'  degli  studi  "La Sapienza" che provvedeva
all'inquadramento dei tecnici laureati di quell'universita' nel ruolo
dei  ricercatori,  ed  al parere reso in merito dalla seconda sezione
del Consiglio di Stato.
    Resiste  l'intimata  universita'  ed eccepisce preliminarmente il
difetto   di   giurisdizione   del   giudice   amministrativo   sulla
controversia;  nel  merito,  sostiene diffusamente l'infondatezza del
gravame e ne chiede il rigetto.
    Alla  pubblica  udienza  del 10 gennaio 2001, sentiti i difensori
delle parti, la causa e' stata ritenuta in decisione.

                            D i r i t t o

    1.  -  L'impugnativa  proposta  dagli odierni ricorrenti, tecnici
laureati   medici   e   odontoiatri  (nonche'  funzionari  tecnici  e
collaboratori  tecnici)  in servizio presso l'Universita' degli studi
di  Roma  "Tor  Vergata", e' intesa, da un lato, all'annullamento del
diniego  di  inquadramento  nel  ruolo  dei  ricercatori universitari
confermati;  dall'altro, ad ottenere il riconoscimento del diritto ad
essere inquadrati nel detto ruolo.
    2.  -  Va  in  primo  luogo  disattesa  l'eccezione di difetto di
giurisdizione sollevata dalla resistente universita' degli studi.
    Ed  invero,  nella specie si verte in tema di inquadramento nella
posizione  di  ricercatore  universitario:  la  controversia  attiene
quindi  al  rapporto  d'impiego di tale categoria di personale, ed e'
conseguentemente  attratta  nella giurisdizione di questo giudice per
effetto  della  previsione dell'art. 68, comma 4, del d.lgs. 31 marzo
1998 n. 80.
    3.  -  Sulla  inammissibilita'  del ricorso nella parte in cui e'
diretto  all'accertamento  del  diritto  all'inquadramento non sembra
possa esservi ragione di dubbio.
    Costituisce  infatti  orientamento giurisprudenziale consolidato,
da cui non vi e' motivo di discostarsi, che l'istanza di accertamento
di un diritto soggettivo all'inquadramento e' inammissibile in quanto
il  relativo  provvedimento  costituisce  attivita' di organizzazione
della  pubblica  amministrazione, che sostanzia in capo al dipendente
solo  posizioni di interesse legittimo che, come tali, esulano da una
pretesa accertativa.
    4.  -  Ammissibile  si  palesa invece la pretesa annullatoria del
provvedimento  di  rigetto  dell'inquadramento  richiesto, nel quadro
della  consentita  verifica  di  conformita'  ai  parametri normativi
dell'operato dell'amministrazione.
    5.  - Si sostiene nel ricorso, in estrema sintesi, che sulla base
dell'evoluzione  normativa,  il  detto  personale (che, per brevita',
viene  indicato, d'ora in poi, come "tecnici laureati") sarebbe stato
collocato  sul medesimo piano giuridico del personale medico docente,
si'  che  la disposizione dell'art. 8 comma 10 della legge 19 ottobre
1999  n. 370  -  secondo cui il personale di cui all'art. 6, comma 5,
d.lgs.  n. 502/1992  e  successive modificazioni "e' ricompreso nelle
disposizioni  previste dall'art. 16, comma 1, della legge 19 novembre
1990  n. 341,  e  successive  modificazioni"  -  andrebbe intesa come
previsione di inquadramento ex lege dei ricorrenti nel detto ruolo.
    La   corretta   interpretazione   dell'art. 8,   comma  10,  cit.
presuppone  un rapido excursus della portata delle norme che rilevano
nella specie.
    La  figura del tecnico laureato e' stata configurata dall'art. 35
d.P.R.  n. 382/1980, dedicato al personale tecnico delle universita',
con   la   specifica   funzione   di  coadiuvare  i  docenti  per  il
funzionamento  dei  laboratori; agli stessi veniva assegnata anche la
funzione di diretta responsabilita' delle attrezzature scientifiche e
didattiche  in  dotazione e la direzione dell'attivita' del personale
tecnico non laureato assegnato al laboratorio.
    L'art. 16,  primo  comma,  legge  19  novembre 1990 n. 341 ha poi
stabilito  che  "nella  presente legge, nelle dizioni "ricercatori" o
"ricercatori  confermati"  si  intendono  comprese  anche  quelle  di
"assistenti  di  ruolo  ad  esaurimento"  e  di  "tecnici laureati in
possesso   dei  requisiti  previsti  dall'art.  50  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  11  luglio  1980, n. 382, alla data di
entrata  in  vigore  del  predetto  decreto";  e  la "presente legge"
specificava,  all'art. 12,  che  i  "ricercatori", ad integrazione di
quanto  previsto  dagli  artt. 30, 31 e 32 del decreto del Presidente
della   Repubblica  11  luglio  1980  n. 382  "adempiono  ai  compiti
didattici in tutti i corsi di studio previsti dalla legge, secondo le
modalita'  di  cui ai commi 3, 4, 5, 6 e 7 del presente articolo" (id
est: affidamenti e supplenze, anche di corsi e moduli, partecipazione
alle commissioni d'esame, copertura di insegnamenti sdoppiati).
    Per  effetto  di  tale  norma,  quindi,  ai  tecnici  laureati in
possesso  dei  requisiti ex art. 50 d.P.R. n. 382/1980 all'entrata in
vigore  del  decreto  sono  stati  attribuiti  i precitati compiti di
docenza  e, deve ritenersi, avuto riguardo al richiamo ai compiti dei
ricercatori  ex art. 30, 31 e 32 d.P.R. cit., contenuto nell'art. 12,
che   anche   siffatti   compiti   (compiti   didattici  integrativi,
esercitazioni,  cicli  di  lezioni  interne e attivita' di seminario)
siano  ricompresi  nel  rinvio,  costituendo  essi  funzioni  di piu'
limitato  spessore rispetto a quelle individuate dall'art. 12 cit., e
quindi  un  prius  logico,  prima  che  giuridico, della disposizione
stessa.
    Cio',   nelle  facolta'  di  medicina,  in  aggiunta  ai  compiti
assistenziali di fatto esercitati da tale personale in relazione alla
carenza, quantomeno all'epoca, di personale medico.
    Col  successivo  art. 6, comma 5, d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502,
come  sostituito  dall'art. 7  d.lgs.  7  dicembre 1993 n. 517, si e'
stabilito  che nelle strutture delle facolta' di medicina e chirurgia
il personale laureato medico e odontoiatra di ruolo, in servizio alla
data  del  31  ottobre  1992,  delle aree tecnico scientifica e socio
sanitaria, "svolge anche le funzioni assistenziali".
    Per  effetto  dell'art. 6 cit., al personale per cui e' causa, in
servizio  al  31  ottobre  1992, sono pertanto attribuite formalmente
anche le funzioni assistenziali.
    Nel  quadro  di  questa  evoluzione  normativa  di  assimilazione
funzionale   dei   tecnici  laureati  ai  ricercatori,  sembra  utile
segnalare,  ancora,  le  disposizioni  dell'art. 72,  comma 3, d.lgs.
n. 29/1993  - che consente al detto personale l'iscrizione all'ordine
professionale  - e dell'art. 1 comma 6 legge n. 662/1996, che estende
al  personale  medesimo  la normativa sulla disciplina dell'attivita'
libero professionale intra ed extra moenia.
    In   tale   complesso   normativo   si   inserisce  la  precitata
disposizione  dell'art. 8,  comma  10,  legge  n. 370/1999 che, nella
prima parte, stabilisce che "al personale di cui all'art. 6, comma 5,
del  decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n. 502,  e successive
modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all'art. 12, commi
1, 2, 3, 4, 6 e 7, della legge 19 novembre 1990 n. 341".
    Ad un primo esame, la disposizione sembrerebbe, inspiegabilmente,
meramente  reiterativa  della  attribuzione  di  compiti didattici ai
tecnici laureati, gia' prevista dal ricordato art. 16, comma 1, legge
n. 341/1990  cit.  per  effetto  del  rinvio  alle disposizioni della
"presente  legge"  (e,  quindi, all'art. 12 della legge medesima, che
disciplina l'attivita' di docenza).
    Senonche',  una  differenza  -  e  non  di  poco  conto  - appare
ravvisabile  fra  le  due  disposizioni,  riferendosi  la norma degli
artt. 16  e 12 legge n. 341/1990 ai "tecnici laureati in possesso dei
requisiti  previsti  dall'art.  50  del  decreto del Presidente della
Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, alla data di entrata in vigore del
predetto   decreto"   e,  l'art. 8,  comma  10,  prima  parte,  legge
n. 370/1999  cit.,  "al  personale  di  cui  all'art. 6, comma 5, del
decreto   legislativo   30   dicembre   1992,  n. 502,  e  successive
modificazioni",  e  cioe'  ai tecnici laureati "in servizio alla data
del 31 ottobre 1992".
    L'art. 8  comma  10,  prima parte, legge n. 370/1999 opera quindi
una  estensione della attribuzione dei compiti didattici al personale
tecnico  laureato  non  direttamente  contemplato  dall'art. 16 legge
n. 341/1990  in  quanto  non  in  possesso  dei requisiti dei tecnici
laureati ex art. 50 d.P.R. n. 382/1980.
    Ed  invero, questi ultimi, giusta punto 3 dell'art. 50 cit., sono
i  tecnici  laureati  in servizio all'atto dell'entrata in vigore del
d.P.R. n. 382/1980 che entro l'anno accademico 1979-80 abbiano svolto
tre   anni   di   attivita'  didattica  e  scientifica,  quest'ultima
comprovata da pubblicazioni udite, documentate da atti della facolta'
risalenti  al periodo di svolgimento delle attivita' medesime; mentre
i   tecnici   laureati   contemplati  dall'art. 8,  comma  10,  legge
n. 370/1999  sono,  giusta art. 6, comma 5, d.lgs. n. 502/1992, tutti
quelli  in  servizio  nelle strutture della facolta' di medicina alla
data del 31 ottobre 1992.
    Ed  allora, la disposizione dell'art. 8, comma 10, seconda parte,
laddove  stabilisce  che  "il  suddetto personale e' ricompreso nelle
dizioni previste dall'art. 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990,
n. 341   e   successive  modificazioni",  non  e'  reiterativa  della
disposizione dell'art. 16 comma 1 legge n. 341/1990, in quanto, se e'
vero   che   entrambe   si  limitano  ad  includere  "nelle  dizioni"
"ricercatori"  e  "ricercatori confermati" i tecnici laureati, e' pur
vero che diversi sono i destinatari delle due previsioni normative.
    La  disposizione  dell'art. 8 comma 10 ha quindi una sua autonoma
valenza  estensiva  alla  speciale  categoria  dei  tecnici  laureati
contemplata  dal d.lgs. n. 502/1992; si' che, mediante il rinvio alle
"dizioni"  di  cui  all'art. 16 legge n. 341/1990 - che, a sua volta,
rinvia,  anche,  all'art. 12  -  il  riferimento esclusivo ai compiti
didattici  sembra  al  collegio, pur nella ambigua formulazione della
norma, sufficientemente individuato.
    Deve  escludersi  di  conseguenza che l'art. 8, comma 10, seconda
parte cit., costituisca l'ultimo tassello di una evoluzione normativa
di   assimilazione   di   status  fra  le  due  figure  di  personale
universitario  per  cui  e'  causa:  esso  e',  semmai, un ulteriore,
presumibilmente  conclusivo,  momento di equiparazione funzionale fra
le due categorie, e non altro.
    Non  sembra  allora  lecita  al collegio una configurazione della
norma in termini di previsione di inquadramento ex lege.
    Sul   piano   letterale,  cio'  deve  escludersi  per  quanto  in
precedenza  esposto,  anche  alla  stregua  del  fondamentale  canone
ermeneutico dell'art. 12 delle preleggi.
    Cio'  non  senza  concordare  con  l'acuta  analisi della seconda
sezione  del  Consiglio  di  Stato  laddove,  nel  parere  in data 22
novembre  2000, - reso in sede di annullamento straordinario ex legge
n. 400/1998  del decreto del rettore dell'Universita' degli studi "La
Sapienza"  di  Roma  21 gennaio 2000, concernente l'inquadramento dei
tecnici  laureati nel ruolo dei ricercatori - definisce "ermetica" la
disposizione  dell'art. 8,  comma  10,  quale  norma  che "con i suoi
complicati  rinvii  statici  e  la sua portata ambigua e lacunosa, ha
voluto  dire  e  non  dire,  dare  e  non  dare,  riconoscere  e  non
riconoscere,   demandando   e   rimandando  a  successivi  interventi
interpretativi,    affidati   necessariamente   ad   altri   soggetti
istituzionali, amministrativi e giurisdizionali, la scelta di opzioni
applicative  che,  in  ogni caso, era ben intuibile e prevedibile che
avrebbero determinato la reazione di una o dell'altra delle categorie
professionali  interessate,  come in effetti e' puntualmente avvenuto
con   l'instaurazione   di   numerosi   giudizi  innanzi  ai  giudici
amministrativi".
    Peraltro,   pur   nella   rilevata   (dal   Consiglio  di  Stato)
opinabilita'   delle   contrapposte   soluzioni   interpretative,  il
collegio,  al  di  la'  del  dato  letterale, non puo' esimersi dalla
constatazione  che  l'ordinamento  degli  apparati  pubblici,  la cui
organizzazione riceve tutela anche a livello costituzionale, non puo'
essere  svincolato,  anche in ragione dell'interesse pubblico sotteso
al  buon  funzionamento  degli  stessi,  da puntuali prescrizioni che
sanciscano,  nelle  singole  fattispecie, le modalita' di inserimento
negli   apparati  medesimi:  il  che  avrebbe  richiesto  una  chiara
previsione  -  nella  specie  insussistente - di incardinamento nella
struttura  universitaria  con  la qualifica pretesa, restando escluso
che cio' potesse avvenire sulla base di una norma non solo "ermetica"
e  di  portata  "ambigua",  ma anche di natura specializzante, ove si
ponga  mente all'attribuzione di funzioni docenti a personale che non
e'  stato  inserito  nel  pubblico ufficio per l'espletamento di tali
funzioni, giusta art. 35 d.P.R. n. 382/1980.
    D'altro  canto,  a  contrastare la tesi abilmente sostenuta dalla
difesa  dei  ricorrenti  concorrono,  sul piano della interpretazione
teleologica della norma, ulteriori elementi.
    Non  si  comprenderebbe,  invero, ove in ipotesi dovesse aderirsi
alle  tesi degli odierni ricorrenti, per quale motivo il legislatore,
con   la  legge  n. 370/1999,  avrebbe  introdotto  un  inquadramento
automatico  dei  tecnici laureati, pur in presenza di altra legge, la
n. 4  del  14 gennaio 1999 con cui, appena pochi mesi prima, e quindi
in un contesto normativo sostanzialmente unitario di disciplina dello
specifico  settore  universitario, era stato previsto l'inquadramento
del   personale   tecnico   laureato   mediante   apposita  procedura
concorsuale  riservata;  e,  per  di  piu', senza alcun riferimento -
quantomeno  in senso modificativo, sostitutivo o derogatorio - a tale
sistema  di  accesso  alla  qualifica  ex  legge n. 4/1999; e cio', a
tacere  delle  ricadute  sperequative  tra  appartenenti  alla stessa
categoria  dei  tecnici  laureati,  e  in  identica posizione, che si
determinerebbero  in  ragione  di  una interpretazione siffatta - che
immotivatamente  ed  illogicamente beneficierebbe alcuni, destinatari
dell'inquadramento  automatico,  e  penalizzerebbe altri, col ricorso
alla  procedura concorsuale, sia pure riservata - con non lievi dubbi
in  ordine  alla  razionalita'  delle  scelte  sotto profili di rango
costituzionale.
    Ed  ancora,  non sembra secondario elemento quello ricavabile dal
testo   stesso   della   disposizione,   laddove   si   prevede   che
"dall'attuazione  del  presente  comma  non  devono  derivare nuovi o
maggiori oneri per il bilancio dello Stato".
    Come  gia'  rilevato da altro collegio giudicante (cfr. Tribunale
amministrativo regionale Bari, I sez., 5 luglio 2000 n. 2759), non e'
ravvisabile  omogeneita'  tra  la  retribuzione  dei tecnici laureati
rispetto  a  quella dei ricercatori, atteso che, ai sensi dell'art. 2
comma 1 legge 22 aprile 1987 n. 158, per questi ultimi il trattamento
economico e' pari al 70% della retribuzione prevista per i professori
universitari  di ruolo della seconda fascia di pari anzianita'; e non
puo'  non concordarsi con la considerazione in proposito espressa dal
precitato   giudice,   secondo   cui   sarebbe  "del  tutto  capzioso
distinguere tra bilancio dell'universita' e bilancio dello Stato, per
sostenere  che  l'inquadramento  invocato  graverebbe  solamente  sul
primo,   in   quanto,   come  noto,  anche  nell'attuale  prospettiva
autonomistica   permane   una  sostanziale  derivazione  (specie  con
riferimento  alle  spese  per  il  personale) del finanziamento delle
universita' dal bilancio dello Stato".
    Diversamente  opinando, il riferimento al "bilancio dello Stato",
nella  detta  norma,  apparirebbe  meramente  tautologico  e  di  ben
ermetico significato.
    Per le suesposte considerazioni, pur a fronte della opinabilita',
in  astratto,  delle contrapposte interpretazioni del dato normativo,
il  collegio  ritiene meditatamente che debba essere preferita quella
che  ravvisa  nella  portata  della  norma  un  ulteriore, conclusivo
momento  di  equiordinazione  funzionale di due categorie che restano
peraltro  distinte sul piano dello stato giuridico, in difetto di una
norma   che  ne  prescriva  l'incardinamento  in  un'unica  posizione
formale.
    6.  - Le conclusioni cui e' pervenuto il collegio comporterebbero
quindi   il   rigetto   dell'impugnativa,   siccome   infondata   (e,
l'inammissibilita', in parte qua, cfr. punto 3, della stessa).
    Senonche', a tali conclusioni il collegio e' pervenuto sulla base
della  corretta  (tale e' ritenuta da questo giudice) interpretazione
di una norma della cui costituzionalita' sembra lecito dubitare.
    Ed   invero,   dalle   argomentazioni  che  precedono  emerge  la
configurabilita' della piena equiparazione funzionale tra ricercatori
e  tecnici laureati per effetto della stratificazione di una serie di
norme  di  cui  l'art. 8,  comma 10, legge n. 370/1999 rappresenta il
momento ultimo.
    Sembra  allora al collegio che a tale equiordinazione funzionale,
nell'ambito    della    medesima   struttura   organizzativa,   debba
necessariamente  corrispondere  una  identita' di posizione formale e
non gia' una differenziazione di stato giuridico.
    Se  e' vero che l'art. 8, comma 10, legge n. 370/1999 costituisce
il   momento   terminale  della  ricordata  evoluzione  normativa  di
assimilazione  (cfr.,  in  tal  senso,  anche,  Cons. Stato, II sez.,
n. 921/2000  cit.  e  VI  sez.,  2  novembre 1998 n. 1480), sembra al
collegio che esso, nella parte in cui non ha contestualmente previsto
la   correlata   collocazione   dei  tecnici  laureati  nell'apparato
organizzativo  universitario in posizione formale corrispondente alle
funzioni   normativamente  esercitate,  si  ponga  in  contrasto  con
l'art. 3 della Costituzione - inteso come generale canone di coerenza
e  ragionevolezza  dell'ordinamento  (Corte  cost. n. 204/1982) - sub
specie  di  manifesta  irragionevolezza della disposizione nel quadro
del  sistema  normativo  in  cui  la  stessa  si  colloca,  anche con
riferimento  all'art. 1,  comma 10, della legge n. 4/1999, e sotto il
profilo  della  violazione  del principio di uguaglianza a parita' di
presupposti,  e  quindi  per  disparita'  di trattamento, nonche' col
principio di buon andamento e d'imparzialita' dell'amministrazione ex
art. 97  Cost.,  apparendo  nel contempo "irrazionale e sperequato un
intervento  legislativo  che  scarichi  su  una  categoria compiti ed
obblighi  funzionali  gia'  spettanti  ad  altra  categoria  operante
all'interno   della   medesima   struttura,   senza   riconoscere  la
complessiva  disciplina di status a quest'ultima riservata" (cfr., in
tal  senso, Cons. Stato, II sez., n. 921/2000 cit.); e cio' non senza
considerare   la   primaria   rispondenza  alle  esigenze  funzionali
dell'amministrazione  della  equiparazione funzionale di cui trattasi
(a  tale  finalita' risponde del resto anche la pregressa concessione
ai  tecnici  laureati  delle prerogative professionali e l'estensione
del  regime della libera professione ex art. 72 d.lgs. n. 29 del 1993
e art. 1 comma 6 legge n. 662/1996).
    7.  -  In punto di rilevanza della questione, basti osservare che
la   determinazione  di  sostanziale  rigetto  dell'impugnativa,  cui
ritiene   di   dover   pervenire   il  collegio  sulla  scorta  della
interpretazione  della  norma  della cui costituzionalita' si dubita,
rende  rilevante ai fini di causa la verifica del giudice delle leggi
sotto  il  profilo  della  pronuncia additiva in precedenza indicata,
come  tale  assolutamente  idonea  a  determinare  il soddisfacimento
dell'interesse sostanziale dei ricorrenti.
    8.  -  Per  le  considerazioni che precedono, va conseguentemente
sollevata  d'ufficio  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 8, comma 10, legge 19 ottobre 1999 n. 370 per contrasto con
gli artt. 3 e 97 Cost. sotto i profili enunciati in motivazione.
    Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli atti alla Corte
costituzionale,  con  conseguente  sospensione  del giudizio ai sensi
dell'art. 23  della legge 11 marzo 1953 n. 87, per la pronuncia sulla
legittimita' costituzionale della suindicata norma.