In data 31 gennaio 2001 la questura di Milano, ufficio stranieri,
chiedeva  la  convalida  del  provvedimento di trattenimento ai sensi
dell'art. 14,   comma   5,   del   t.u.   sull'immigrazione   (d.lgs.
n. 286/1998)  di: Edogiawerie Blessing presso il centro di permanenza
temporanea  e  assistenza  "Arcangelo  Corelli"  di Milano, risultato
inosservante  del  provvedimento  di  espulsione emesso il 30 gennaio
2001, dal questore di Verona.
    Osserva  questo  giudice  che la permanenza presso il centro, pur
denominata "trattenimento", e' misura di evidente carattere forzoso.
    Infatti:
    E'  previsto  l'assoluto  divieto dello straniero di allontanarsi
dal centro (art. 21 d.P.R. 394/1999).
    Il  ripristino  della misura a mezzo della forza pubblica in caso
di indebito allontanamento (art. 14 d.lgs. n. 286/1998)
    L'attribuzione   al  questore  delle  misure  occorrenti  per  la
sicurezza  e  l'ordine pubblico del centro, nonche' quelle occorrenti
per l'indebito allontanamento e per ripristinare la misura (art. 21).
    Sembra  evidente  che questa sorta di "detenzione amministrativa"
(pur   effettuata   in   strutture   che   non   fanno   parte  della
amministranzione  penitenziaria,  ma di quella degli interni), ricada
sotto  il  disposto  dell'art. 13 della Costituzione, e debba percio'
essere    supportata   da   provvedimento   motivato   dell'autorita'
giudiziaria ex art. 13, della Costituzione.
    Premesso    che,    secondo   la   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale,  l'art. 13 della Costituzione e' applicabile in ugual
modo  sia al cittadino che allo straniero, ritiene questo giudice che
seri    dubbi   di   costituzionalita'   debbano   essere   sollevati
relativamente all'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998.
    Infatti,  la  "convalida"  disposta  dal  giudice  all'esito  del
controllo dei presupposti per l'espulsione e il trattenimento e' atto
idoneo  ad  attribuire  validita'  alla  restrizione  della  liberta'
personale  per il periodo di tempo antecedente alla convalida stessa,
ma  non  puo'  operare  per  il  futuro,  legittimando  la  ulteriore
privazione della liberta' per i successivi venti giorni.
    Il   termine   "convalida"   nella   ordinaria  accezione,  anche
legislativa,  attiene  alla convalida di quanto gia' avvenuto, mentre
il  decreto  legislativo  de  quo, nello stabilire che la "convalida"
comporta la permanenza nel centro per un periodo complessivo di venti
giorni,   attribuisce  al  provedimento  del  giudice,  che  dovrebbe
ratificare l'operato della forza pubblica per il passato, la funzione
di  legittimare  la  privazione  della liberta' per il futuro, per un
periodo  di tempo determinato solo nel massimo, e che non consente al
giudice  nessun  tipo  di controllo ulteriore (si pensi al caso dello
straniero  che sostenga dinnanzi al giudice della convalida di essere
in  possesso  di regolari documenti, che non possa esibire al momento
della convalida, ma che riesca a rintracciare qualche giorno dopo)