LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Riunita  con  l'intervento  dei signori Garavelli Mario, Gratteri
Carmelo relatore, Di Rosa Giovanni, ha emesso la seguente

                              Ordinanza

    sul  ricorso  n. 2636/2000  depositato  l'8  giugno  2000 avverso
silenzio rifiuto su istanza di rimborso IRAP 1998
    Contro  Ufficio  delle  entrate  di  Torino  2  proposto da Comba
Franco,   residente  a  Torino,  via  Pietrino  Belli  n. 1,  dottore
commercialista,  che  sta  in  giudizio  personalmente (art. 12 sesto
comma del d.lgs. 546/1992).

                              F a t t o

    Con atto presentato il 19 maggio 2000 e depositato l'8 giugno, il
dott.  Comba  Franco,  commercialista, che sta in giudizio in proprio
secondo  quanto  previsto  dal  sesto  comma  dell'art. 12 del d.lgs.
n. 546  del  1992,  ricorre avverso il silenzio rifiuto del Centro di
servizio di Torino riguardo all'istanza di rimborso della somma di L.
18.515.000 dal ricorrente versata a titolo di acconto IRAP per l'anno
1998.
    Il ricorrente domanda che sia dichiarata la spettanza del diritto
al  rimborso, sollevando questione di legittimita' costituzionale del
d.lgs. 1997, n. 446 istitutivo dell'imposta regionale sulle attivita'
produttive,  IRAP,  in  quanto  lesivo  dei  principi  sanciti  dagli
articoli 3, 23, 35, 53 e 76 della Costituzione. Le questioni poste ed
argomentate in ricorso, possono essere cosi' riassunte:
    1. -   Il presupposto dell'imposta (art. 2 del d.lgs. n. 446) non
costituisce  indice  idoneo  ad  esprimere  la capacita' contributiva
collegata  all'esercizio dell'attivita' professionale, con violazione
dell'art. 53 della Costituzione.
    2. - L'esercizio   di  arti  e  professioni  e'  illegittimamente
equiparato  all'esercizio  di  impresa, violando in tal modo l'art. 3
della Costituzione.
    3. - Violazione dell'art. 76 della Costituzione per eccesso della
delega  contenuta  nel  comma 143 dell'art. 3 della legge 23 dicembre
1996, n. 662.
    4. -  Violazione  dell'art. 35 della Costituzione, perche' l'IRAP
tassa il costo del lavoro dipendente e parasubordinato.
    5.  -  Ulteriore  violazione  dell'art. 3 Costituzione, in quanto
l'imposta  colpisce  solo  alcune  categorie di cittadini pur essendo
destinata a coprire gli oneri del servizio sanitario nazionale.
    6. -  Violazione  del  principio  di  riserva  di  legge  sancito
dall'art.  23  della  Costituzione,  poiche'  l'art.  45, comma 3 del
d.lgs.  446  fa  dipendere  l'ammontare  del  primo  acconto  IRAP da
determinazioni  amministrative  da  adottare con decreto del Ministro
delle finanze.
    L'ufficio unico delle entrate di Torino 2 ha formulato le proprie
controdeduzioni  con l'atto di costituzione in giudizio depositato il
12  luglio,  richiedendo che sia dichiarata la manifesta infondatezza
della  questione  di illegittimita' costituzionale e la reiezione del
ricorso.
    La commissione, che ha trattato il ricorso in assenza delle parti
nell'udienza   del  16  ottobre,  udito  il  relatore  dott.  Carmelo
Gratteri,  e'  pervenuta  a  ritenere  rilevanti per la decisione del
ricorso  e  non  manifestamente  infondate  le prospettate violazioni
degli  articoli  3,  53  e  76 della Costituzione; mentre ha ritenuto
manifestamente  infondate  le  altre questioni relative alle asserite
violazioni  degli  articoli 35, 3 (sotto il profilo indicato al punto
5) e 23 della Costituzione.
                               Motivi
    1.  -  La giustificazione economica della nuova imposta istituita
con  il  decreto legislativo n. 446 del 1997 e' individuata nel fatto
che  essa  colpisce  "un  entita'  reale  (diversa  dal  consumo, dal
patrimonio  e  dal  reddito)  che  si identifica con la potenzialita'
economica  e  produttiva espressa dal coordinamento, organizzazione e
disponibilita'  dei  fattori  di  produzione  ... [essendo] l'impresa
moderna  tipicamente un'organizzazione complessa, dotata di un'unita'
organica   e  di  una  personalita'  sue  proprie  ...  La  capacita'
produttiva  di un singolo individuo dipende dal fatto che si combina,
e  dal  modo  in  cui  si  combina, con quella di altri individui che
partecipano  all'attivita'  produttiva ...  In  sostanza si riconosce
accanto  alla  tradizionale  capacita'  contributiva  associata  alla
remunerazione  del  businessman  come  fattore  di  produzione, anche
un'autonoma   capacita'  contributiva  associata  al  business,  come
organizzazione   complessa  che  svolge  attivita'  di  impresa.  Una
capacita' contributiva impersonale, basata sulla capacita' produttiva
che   deriva   dalla  combinazione  di  uomini,  capitali,  macchine,
materiali,   conoscenze   tecniche,   capacita'   imprenditoriali   e
manageriali,  nonche'  dalla collaborazione dello Stato e dell'intera
societa'"  (con  tali  termini e' illustrato il presupposto economico
dell'IRAP,   nella  nota  di  Franco  Gallo  pubblicata  in  Rassegna
tributaria,  n. 3/1998).  La  legge  istitutiva  della  nuova imposta
riconosce  che  la  capacita'  contributiva puo' essere desunta da un
indice  cosi' individuato e stabilisce che il presupposto (giuridico)
dell'imposta  e'  l'esercizio  abituale di un'attivita' autonomamente
organizzata  diretta  alla  produzione ed allo scambio di beni ovvero
alla prestazione di servizi (art. 2, primo comma).
    L'elemento   materiale   del   presupposto   d'imposta,  la  base
imponibile, e' costituito dal valore della produzione netta derivante
dall'attivita'  esercitata (art. 4, primo comma). In sostanza la base
imponibile e' costituita dal valore aggiunto che si ottiene depurando
dal valore lordo della produzione i costi di acquisizione dei beni di
investimento  (ammortamenti),  quelli delle merci nonche' dei servizi
utilizzati;  e  cio'  perche'  tali costi sono gia' stati tassati con
applicazione  dell'IRAP  nella  precedente  fase,  o nelle precedenti
fasi,  del  processo  produttivo.  Questa massa indistinta di risorse
sara'  poi destinata a remunerare i fattori produttivi sotto forma di
profitti,  salari  ed  interessi:  ma cio' e' irrilevante agi effetti
della  nuova  imposta, che non tassa il reddito (i redditi) bensi' il
valore  netto  della  produzione,  corrispondente  al  risultato  del
calcolo  dei  valori,  di  segno  positivo  e negativo, delle risorse
disponibili.  La  base  imponibile IRAP non e' costituita dalla somma
dei  redditi percepiti; tant'e' vero che, se accade che il valore dei
beni e dei servizi forniti dalle fasi a monte sia superiore al valore
della produzione netta, se cioe' l'impresa distribuisce ricchezza che
non  e'  riuscita  a  creare,  le eccedenze di interessi passivi e di
salari rispetto alla produzione netta non sono tassate (in tal senso,
Raffaello  Lupi,  Diritto  tributario,  parte speciale, Sezione L., I
tributi  minori  e  l'IRAP,  6.a  edizione  p.  384)  Il  presupposto
d'imposta  richiede,  quindi,  che si sia in presenza di un'attivita'
autonomamente   organizzata   (art.  2);  mentre  la  base  materiale
dell'imposizione  e' del tutto impersonale, nel senso che ha riguardo
al  reale  valore  dell'attivita'  esercitata,  senza  considerare il
valore dei redditi dei singoli percettori (art. 4).
    Non  appare  quindi  infondata  la  questione  di  illegittimita'
costituzionale  sollevata  dal ricorrente, con riguardo alla mancanza
di  adeguata  manifestazione  di capacita' contributiva ai fini IRAP,
nei  termini  sopra  delineati,  durante  l'esercizio  dell'attivita'
libero professionale.
    Infatti   l'attivita'   del  professionista  ha  contenuti  quasi
esclusivamente   intellettuali   e   spesso  non  richiede  complesse
organizzazioni  di  risorse umane e materiali, in assenza delle quali
manca   il   presupposto   stesso   dell'imposta.  In  altri  termini
l'attivita' del professionista non crea sempre una base materiale che
possa essere definita come "produzione netta" imponibile agli effetti
della nuova imposta o comunque non e' molto spesso in grado di creare
altra  ricchezza  che  sia  piu'  ampia  di quanto ricava a titolo di
remunerazione esclusiva delle proprie prestazioni personali. L'art. 3
lettera  c)  del  decreto  legislativo  n. 446  individua il soggetto
passivo IRAP, sulle prestazioni professionali con rinvio all'art. 49,
comma  1  del  testo  unico  sulle imposte dirette (d.P.R. n. 917 del
1986).
    Ebbene,  la disposizione richiamata, che disciplina l'imposta sul
reddito    dei   professionisti,   individua   il   presupposto   per
l'applicazione di quell'imposta solo nello svolgimento abituale della
professione,  ma  non  prevede  che tale attivita' debba essere anche
organizzata.  In  realta'  quindi  e'  violato  lo  stesso  principio
enunciato nell'art. 2 del decreto legislativo n. 446 e, in violazione
dell'art.  53  della  Costituzione,  sono  tassate con l'imposta IRAP
attivita'  che,  essendo  prive  di  un'autonoma  organizzazione, non
manifestano  alcuna capacita' contributiva diversa da quella rivelata
dal reddito personale.
    L'illegittimita'  costituzionale  della  norma  recata dal citato
art.  3 lettera c) confligge altresi' con il principio di uguaglianza
sancita  dall'art.  3  della  Costituzione  perche'  fa corrispondere
uguali  regimi  impositivi  a  situazioni  diverse,  e tratta in modo
uguale    l'attivita'    del   libero   professionista   che   presta
esclusivamente  la  propria  attivita'  intellettuale  e  le  realta'
operative dotate di organizzazioni piu' complesse.
    Il  principio  di  uguaglianza,  per la stessa considerazione, e'
pure violato dall'art. 16 del decreto legislativo n. 446, che applica
indiscriminatamente  l'aliquota del 4,25 per cento; nonche' dall'art.
1  del  decreto  legislativo citato che non consente in alcun caso la
deduzione dell'IRAP ai fini dell'imposta sui redditi.
    Considerate  nei profili sopra delineati le eccepite questioni di
illegittimita'  costituzionale  appaiono  rilevanti  e  pregiudiziali
rispetto   all'accoglimento   od  alla  reiezione  della  domanda  di
restituzione  dell'IRAP versata dal ricorrente per l'anno 1998 e, non
essendo  manifestamente  infondate  devono essere devolute alla Corte
costituzionale  a  che  decida  se le disposizioni di cui all'art. 1,
secondo  comma,  all'art.  3, lettera c), e per effetto del rinvio in
esso operato, all'art. 8, ed all'art. 16, contenute nel d.lgs. n. 446
del  1998,  sono  lesive  dei principi statuiti dagli articoli 3 e 53
della Costituzione.
    2. - Con  legge  del  23  dicembre 1996, n. 662, il Governo della
Repubblica  era  stato  delegato  a  istituire  l'IRAP,  oltre  che a
revisionare la disciplina dell'IRPEF, e contemporaneamente ad abolire
varie imposte: il contributo per il SSN, l'ILOR, l'ICIAP, la tassa di
partita IVA e l'imposta sul patrimonio netto delle imprese (comma 143
dell'art. 3),   allo  scopo  di  semplificare  e  razionalizzare  gli
adempimenti dei contribuenti, di ridurre il costo del lavoro, nonche'
prevedendo   anche   un   criterio  direttivo  ancora  piu'  prossimo
all'oggetto  del ricorso in esame e quindi direttamente rilevante per
la  proposizione  della questione di incostituzionalita', il criterio
di  ridurre  il  prelievo  complessivo gravante sui redditi di lavoro
autonomo e d'impresa.
    Con il comma 144 della medesima disposizione era dettato anche il
criterio  che  l'istituenda  IRAP  dovesse applicarsi alle "attivita'
organizzate" dei diversi operatori e tra questi, degli esercenti arti
e professioni.
    Per  quanto  riguarda  il primo aspetto - la riduzione del carico
tributario complessivo per la generalita' dei liberi professionisti -
e' fondato il dubbio che a tale risultato il legislatore delegato non
sia pervenuto, non fosse che per l'ovvio dato di fatto che l'onere di
alcuni  tributi  soppressi,  quali  l'ILOR e l'imposta sul patrimonio
netto,  colpiva  in  precedenza  le  imprese  ma  non  gravava  sulle
posizioni  fiscali  dei  liberi  professionisti;  mentre la non lieve
aliquota  unica  dell'IRAP (il 4,25 per cento) e la previsione che la
nuova  imposta  non  possa  essere dedotta dall'imponibile reddituale
sono   state  indiscriminatamente  dettate  tanto  per  i  lavoratori
autonomi che per le imprese organizzate, aggravando verosimilmente il
peso  fiscale  complessivo  sulle  professioni.  La  commissione  non
dispone  peraltro  di elementi di certezza che valgano a dissipare il
dubbio,   anche  perche'  allo  stato  degli  atti  l'amministrazione
finanziaria,  nelle  controdeduzioni  ritualmente  depositate, non ha
prodotto alcun elemento di conoscenza, il quale avrebbe potuto essere
vagliato  al  fine  di soppesare l'adeguatezza delle disposizioni del
decreto  legislativo,  nelle  parti  che  disciplinano l'applicazione
dell'imposta  alle libere professioni, ai criteri dettati dalla legge
di delega.
    Pure  pertinente  all'eccesso  di delega e' l'altra questione che
attiene  alla  valutazione  del  criterio  dettato  con il comma 144,
riguardo   all'individuazione   del  soggetto  passivo  dell'IRAP  da
applicare  alle  libere  professioni. Le osservazioni che il collegio
tributario  ha  prospettato al punto 1 con riferimento al presupposto
d'imposta ed all'esigenza che esso debba attenere alla prodotto netto
di  unita'  operative "organizzate", sono confermate dal tenore della
lettera b  del  comma 144,  dove  e'  contenuto  il  criterio  che il
legislatore delegato debba disciplinare la nuova imposta applicandola
solo  all'esercizio  di  "attivita'  organizzate". Se le osservazioni
gia'  svolte  trattando  del presupposto d'imposta sono corrette, non
puo' non rilevarsi che l'applicazione dell'IRAP a tutte le realta' di
esercizio   di  una  libera  professione,  siano  o  non  siano  esse
"organizzate"  (nel  senso gia' delineato al punto 1), confligge pure
per eccesso di delega con l'articolo 76 della Costituzione.
    Anche  tali  altre  questioni,  attinenti  all'eccesso  di delega
devono,  quindi,  essere  devolute  alla  Corte  costituzionale a che
decida  se  le  disposizioni  di  cui  all'articolo 1, secondo comma;
all'art. 3;  lettera  c,  e  per  effetto del rinvio in esso operato,
all'art. 8,  ed  all'art. 16,  contenute  nel d.lgs. n. 446 del 1998,
sono  lesive  dei principi e dei criteri statuiti dai commi 143 e 144
dell'art. 3 della legge di delega n. 662 del 1996.
    3. - Le  altre  tre  questioni  di  illegittimita' costituzionale
sollevate  in  ricorso,  sono  apparse irrilevanti o si sono rivelate
manifestamente infondate
    3a. - Non  e'  pertinente  l'affermazione  che  sia stato violato
l'art. 35  della  Costituzione,  in  quanto  l'IRAP  tassa  il lavoro
dipendente  e  parasubordinato.  L'assunto  e' completamente estraneo
all'oggetto del ricorso, che richiede il rimborso dell'imposta pagata
da  un  libero  professionista; ed e' quindi del tutto irrilevante ai
fini della definizione di questo giudizio.
    3b. - E' manifestamente infondata l'eccezione che l'imposta viola
l'art. 3  della  Costituzione,  in  quanto  essa colpisce solo alcune
categorie  di cittadini pur essendo destinata a coprire gli oneri del
servizio sanitario nazionale.
    Alle  Regioni  affluiscono,  nell'ambito del riordino complessivo
del  sistema  fiscale  che  gradualmente  favorisce  l'affermarsi del
"federalismo  fiscale",  imposte, o quote di imposte, da destinare ai
bilanci  regionali per finanziare tra l'altro anche la gestione degli
ospedali,  dei  presidi  e  dei  servizi sanitari, essendo le Regioni
chiamate   ad   erogare  le  correlate  prestazioni  a  favore  della
generalita' dei cittadini, in condizioni di uguaglianza.
    Da  un  lato,  quindi,  manca  un  nesso diretto ed esclusivo tra
gettito  IRAP  e  gestione  del  servizio  sanitario,  posto  che  al
finanziamento  del  servizio concorrono anche altre entrate, quali le
quote   di  compartecipazione  a  carico  degli  assistiti  ed  anche
ulteriori   finanziamenti  a  carico  dello  Stato,  e  quindi  della
fiscalita'   generale;  e  non  e'  da  escludere  che  le  autonomie
regionali,  dimensionando  adeguatamente l'offerta, siano in grado di
destinare  quote  piu'  o  meno  ampie  delle  proprie  entrate, IRAP
inclusa, a servizi regionali diversi da quello sanitario.
    Per  altro  verso il collegio tributario ritiene che la lamentela
in  ricorso  sia  in  conflitto  con  il concetto stesso di capacita'
contributiva  sancito  nell'articolo  53  della Costituzione, dove e'
presente una funzione di riparto con adozione di criteri distributivi
delle  risorse  tra  i  consociati,  nei  limiti dell'equita' e della
razionalita';  limiti  che  il  legislatore ordinario non ha violato,
introducendo  nell'ordinamento  tributario  un'imposta  che grava sul
prodotto netto delle unita' operative organizzate.
    3c. - E'   manifestamente  infondata  l'asserita  violazione  del
principio   di   riserva   di   legge   sancito   dall'art. 23  della
Costituzione,  poiche'  l'art. 45,  comma  3  del  d.lgs. 446 farebbe
dipendere  l'ammontare  del  primo  acconto  IRAP  da  determinazioni
amministrative contenute in un decreto del Ministro delle finanze.
    Oggetto  dell'eccezione  di illegittimita' costituzionale non e',
ne'  potrebbe  essere,  il  decreto  ministeriale, che la Commissione
tributaria  sarebbe  chiamata eventualmente a disapplicare, bensi' la
disposizione contenuta nel citato comma 3 dell'art. 45.
    E'  peraltro  legittimo  che  il  legislatore  abbia  rinviato la
definizione   di   alcuni   elementi   specifici  e  secondari  della
fattispecie  imponibile  alla  competenza  ed  alla  discrezionalita'
tecnica  del  Ministro  delle  finanze, posto che la riserva di legge
contenuta nell'art. 23 non e' assoluta; e che in realta' la legge 446
ha  definito  gli  elementi  fondamentali  dell'IRAP:  il presupposto
dell'imposta,  la  sua  base  imponibile  e  l'aliquota da applicare.
Pertanto,  l'aver lasciato che il decreto ministeriale individui, per
il  primo anno d'imposta le misure massime di riduzione dell'acconto,
e' sicuramente rispettoso dei limiti imposti dalla Costituzione.