ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale:
    dell'art. 511, comma 2, del codice di procedura penale, promossi,
nell'ambito di diversi procedimenti penali, dal Tribunale di Asti con
ordinanze  emesse  il  13 novembre 2000 (n. 5 ordinanze), iscritte ai
nn. 85,  141, 167, 259 e 260 del registro ordinanze 2001 e pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 6, 10, 11, 15, 1a serie
speciale, dell'anno 2001;
    dell'art. 525, comma 2, del codice di procedura penale, promosso,
nell'ambito  di  un  procedimento penale, dal Tribunale di Foggia con
ordinanza emessa il 16 novembre 2000, iscritta al n. 227 del registro
ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 13, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 ottobre 2001 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  con  cinque  ordinanze  di  identico  contenuto il
Tribunale  di Asti ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, 101
e  111  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 511,  comma  2, del codice di procedura penale, nella parte
in  cui, secondo l'interpretazione delle Sezioni unite della Corte di
cassazione,  "prevede che il giudice, a fronte di un'istanza di parte
con  la quale si chiede la rinnovazione dell'esame dei testimoni gia'
escussi  nello  stesso  procedimento davanti a giudice-persona fisica
diversa,  deve  disporre  la ripetizione degli atti gia' compiuti non
potendo  valutare  la  irrilevanza o manifesta superfluita' del mezzo
istruttorio richiesto";
        che  il  rimettente  premette che nel giudizio a quo e' stata
disposta  la  rinnovazione  del  dibattimento a seguito del mutamento
della  persona fisica del giudice e che la difesa ha chiesto un nuovo
esame  dei testi gia' escussi, negando il consenso alla lettura delle
dichiarazioni rese di fronte al giudice-persona fisica diversa;
        che  la medesima questione di legittimita' costituzionale era
gia'  stata  sollevata dal Tribunale di Asti nell'ambito degli stessi
procedimenti  e con riferimento agli stessi parametri costituzionali,
ad eccezione dell'art. 111 della Costituzione;
        che  questa  Corte,  con  ordinanza  n. 307  del  2000, aveva
disposto  la  restituzione  degli  atti al giudice a quo per un nuovo
esame  della  rilevanza  della  questione  a  seguito delle modifiche
introdotte    nell'art. 111    della    Costituzione    dalla   legge
costituzionale   23 novembre   1999,  n. 2  e  dalle  relative  norme
transitorie;
        che  il  rimettente  ripropone  la  questione affermandone la
perdurante rilevanza in base alla considerazione che le testimonianze
di   cui   si   chiede   la  "ripetizione"  sono  state  assunte  nel
dibattimento,  nella pienezza del contraddittorio, di tal che sarebbe
"ininfluente  che  le  prove  in  questione siano state assunte da un
giudice-persona  fisica  diverso  da  quello  che mediante "semplice"
lettura [...] le fara' proprie e le utilizzera' per la decisione";
        che,  quanto  ai  profili  di  non manifesta infondatezza, il
giudice  a  quo,  riproducendo  integralmente  la  motivazione  delle
precedenti  ordinanze,  ritiene  che  il  principio  affermato  dalle
Sezioni  unite  della  Cassazione  nella sentenza n. 1 del 15 gennaio
1999 - secondo cui "nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa
del   mutamento   della  persona  del  giudice  monocratico  o  della
composizione  del  giudice  collegiale, la testimonianza raccolta dal
primo  giudice non e' utilizzabile per la decisione mediante semplice
lettura,  senza ripetere l'esame del dichiarante, quando questo possa
aver luogo e sia richiesto da una delle parti" - sia in contrasto con
gli   artt. 3,   25   e  101  della  Costituzione,  in  quanto  viene
irragionevolmente  vanificato  il  principio di non dispersione della
prova  riconosciuto dalla Corte costituzionale e sacrificato "il bene
dell'efficienza del processo, enucleabile dai principi costituzionali
che  regolano  l'esercizio  della funzione giurisdizionale (artt. 25,
comma 1, e 101, comma 2, della Costituzione)";
        che,  in particolare, il rimettente ritiene che nella diversa
ipotesi  di  dichiarazioni  rese  in altro procedimento, acquisite al
fascicolo  dibattimentale  ex  art. 238  codice  procedura penale, il
giudice   potrebbe   rigettare   la  richiesta  di  nuovo  esame  del
dichiarante   proposta   da   una   delle   parti,   ove  la  ritenga
manifestamente  superflua  o irrilevante, e sostituire con la lettura
"una (pur possibile) escussione";
        che   il   rimettente  rileva  inoltre  che  la  disposizione
censurata,  imponendo  "la  ripetizione  degli  atti  gia' compiuti e
legittimamente  inseriti  nel fascicolo del dibattimento", si pone in
contrasto  con  l'art. 111 della Costituzione e, segnatamente, con il
principio  della  ragionevole durata del processo, in quanto comporta
una "ingiustificata dilatazione dei tempi processuali";
        che  in  tutti  i  giudizi  e'  intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, rilevando, da un lato (r.o. nn. 141, 167, 259 e
260  del  2001),  che  la  questione proposta non presenta profili di
novita' rispetto a quella gia' decisa con l'ordinanza n. 307 del 2000
di  restituzione degli atti al giudice rimettente per un nuovo esame,
e  riportandosi,  dall'altro  (r.o.  n. 85  del  2001),  all'atto  di
intervento a suo tempo depositato nel giudizio, concernente questione
analoga,  decisa  da  questa  Corte con l'ordinanza n. 95 del 2000 di
restituzione degli atti alla luce delle modifiche dell'art. 111 della
Costituzione intervenute dopo le ordinanze di rimessione;
        che,  in  particolare,  l'Avvocatura  rileva  che l'integrale
rinnovazione  del  dibattimento comporta che "anche al "nuovo giudice
sono   restituiti   quei  poteri  di  controllo  sulla  legittimita',
rilevanza  e  superfluita'  che  sono  propri  dell'ordinario  regime
dell'ammissione  della  prova"  rendendo  la  disciplina  delle prove
assunte  in  un  diverso  procedimento  ed acquisite ex art. 238 cod.
proc.  pen. del  tutto  omogenea a quella relativa alle prove assunte
nello stesso procedimento davanti a giudice-persona fisica diversa;
        che  il Tribunale di Foggia ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3,  101  e  111  della  Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 525,  comma  2,  del  codice  di  procedura
penale;
        che  il  rimettente premette in fatto che nel giudizio a quo,
celebrato  davanti  a  un  giudice-persona  fisica diversa rispetto a
quello  davanti  al quale si era svolta l'istruttoria dibattimentale,
la  difesa  si  era  opposta alla utilizzazione degli atti istruttori
gia'  assunti, ritenendo ostativo il disposto dell'art. 525, comma 2,
cod.  proc. pen., interpretato alla luce della sentenza delle Sezioni
unite della Corte di cassazione del 15 gennaio 1999;
        che,  in  particolare, ad avviso del rimettente "la scelta di
ritenere  il  giudice  sempre vincolato alla richiesta delle parti di
rinnovare  l'istruttoria  dibattimentale  in  caso di mutamento della
persona fisica del giudice o di uno o piu' membri del collegio, anche
nell'ipotesi   in   cui  i  verbali  delle  prove  testimoniali  gia'
legittimamente  assunte  nel  contraddittorio  delle  parti  appaiano
complete[i]   e   esaurienti",  viola  l'art. 111della  Costituzione,
nonche'  l'art. 6  della  Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,  in  quanto determina un
irragionevole allungamento della durata dei processi;
        che  il  giudice  a quo evoca anche la violazione dell'art. 3
della   Costituzione,   per  la  disparita'  di  trattamento  tra  la
disciplina  censurata  e  quella dettata per le dichiarazioni rese in
altro  procedimento  e  acquisite  ex  art. 238  cod. proc. pen., che
consentirebbe  invece  di  utilizzare  i  verbali di prove assunte in
altro  processo  "prescindendo  dall'eventuale  mancanza  di consenso
delle parti";
        che,    infine,   risulterebbe   violato   l'art. 101   della
Costituzione,  non comprendendosi le ragioni per le quali "il giudice
persona  fisica  che  e'  chiamato  a  sostituire, nell'ipotesi di un
mutamento  fisiologico  delle funzioni, il precedente giudice persona
fisica,  debba  per  qualche  motivo non essere considerato uguale al
collega  visto  che  i  giudici  sono tutti uguali dinanzi alla legge
...";
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
        che,  in particolare, l'Avvocatura rileva che il principio di
immediatezza,   espresso  dalla  disposizione  censurata,  appare  in
assoluta  sintonia  con  gli  altri principi che regolano il processo
penale  e  certo  non  in contrasto con l'art. 111 della Costituzione
che,  ovviamente,  offre  solo  un criterio di massima in ordine alla
durata del processo.
    Considerato  che  le  questioni sollevate dal Tribunale di Asti e
dal   Tribunale   di   Foggia,  pur  investendo  rispettivamente  gli
artt. 511,  comma  2, e 525, comma 2, del codice di procedura penale,
sono  sostanzialmente  identiche,  e  che  pertanto  va  disposta  la
riunione dei relativi giudizi;
        che   entrambi   i  rimettenti  lamentano  che,  in  caso  di
rinnovazione  del  dibattimento  per essere il giudice persona fisica
diversa  da  quella  davanti  alla  quale si era svolta l'istruttoria
dibattimentale,    le    norme   censurate   impongono,   alla   luce
dell'interpretazione  delle  Sezioni unite della Corte di cassazione,
di  disporre  la  rinnovazione  dell'esame dei testimoni senza che il
giudice  possa  valutarne  la irrilevanza o manifesta superfluita' in
quanto la prova era gia' stata assunta dal primo giudice;
        che  tale  disciplina si porrebbe in contrasto con i principi
di  non  dispersione  della  prova  e  di  efficienza  del  processo,
desumibili dagli artt. 3, 25, primo comma, e 101, secondo comma,della
Costituzione,   con  il  principio  di  eguaglianza,  a  causa  della
disparita'  di  trattamento  rispetto a quanto previsto dall'art. 238
cod.  proc.  pen.,  che consentirebbe di rigettare la richiesta di un
nuovo esame del testimone escusso in altro procedimento, ove la prova
sia  ritenuta  manifestamente superflua o irrilevante, nonche' con il
canone  della  ragionevole  durata  del  processo di cui all'art. 111
della   Costituzione,   in   quanto  la  rinnovazione  di  atti  gia'
legittimamente   inseriti   nel   fascicolo   per   il   dibattimento
determinerebbe una irragionevole dilatazione dei tempi processuali;
        che  l'art. 525,  comma  2,  cod.  proc.  pen., secondo cui i
giudici  chiamati  a  decidere  debbono  essere  i medesimi che hanno
partecipato  al  dibattimento,  conferma la tradizionale regola della
immutabilita'  del  giudice  (v.  anche art. 472, secondo comma, cod.
proc.  pen. del  1930),  attraverso  la  quale  trova  attuazione  il
principio  di  immediatezza,  connaturale  alla  stessa  essenza  del
processo,  che  esige,  salve le deroghe espressamente previste dalla
legge,  l'identita'  tra  il giudice che acquisisce le prove e quello
che decide;
        che  al  riguardo  questa  Corte ha affermato che, in caso di
mutamento   del   giudice,   il   rispetto   del   principio  sancito
dall'art. 525,  comma  2,  cod.  proc.  pen. impone di procedere alla
integrale  rinnovazione del dibattimento e che la disciplina relativa
alla  utilizzazione  dei  precedenti  verbali  non  puo'  che  essere
rinvenuta  nell'art. 511  cod.  proc.  pen.,  in quanto detti verbali
fanno  gia'  parte  del contenuto del fascicolo per il dibattimento a
disposizione del nuovo giudice (sentenza n. 17 del 1994);
        che, nel richiamarsi a tale decisione, le Sezioni unite della
Corte  di  cassazione  (sentenza  n. 1  del  1999)  hanno tra l'altro
precisato  "che  e' invero da escludere che quando l'ammissione della
prova  sia  nuovamente  richiesta, il giudice che la ammetta ai sensi
degli  artt. 190 e 495 cod. proc. pen. abbia il potere di disporre la
lettura delle dichiarazioni raccolte nel dibattimento precedente alla
quale  non  consentano  entrambe  le  parti, senza previo riesame del
dichiarante";
        che  alla  stregua  di  tale  interpretazione, sulla quale si
incentra  la  questione di costituzionalita' posta dai rimettenti, la
rinnovazione  della  prova non contrasta con gli artt. 25 e 101 della
Costituzione in quanto imposta solo nell'ipotesi in cui sia possibile
disporre l'esame e la parte ne abbia fatto espressa richiesta, mentre
la  prova  medesima  potra' comunque essere recuperata, attraverso il
meccanismo  della lettura, qualora il nuovo esame non abbia luogo per
sopravvenuta impossibilita' o per mancata richiesta delle parti;
        che,   quanto   alla  supposta  irragionevole  disparita'  di
trattamento  in ordine all'ammissione della prova che emergerebbe dal
confronto  tra gli artt. 511, comma 2, e 238 codice procedura penale,
appare  erroneo  il  richiamo,  come tertium, alla disciplina dettata
dall'art. 238  (ed  a  quella  relativa  agli  atti  assunti mediante
incidente  probatorio  e  versati nel fascicolo per il dibattimento a
norma  dell'art. 431  codice  procedura  penale),  che  ad avviso dei
rimettenti consentirebbe al giudice, nonostante la richiesta di nuovo
esame  avanzata  da  una  delle  parti,  di  utilizzare  direttamente
mediante  lettura  le  precedenti  dichiarazioni  assunte  da diverso
giudice    qualora   la   "ripetizione"   dell'esame   sia   ritenuta
manifestamente superflua o irrilevante;
        che  infatti  la  acquisizione  dei verbali di prova di altri
procedimenti,   come   di   quelli   versati  nel  fascicolo  per  il
dibattimento ex art. 431 codice procedura penale, non esclude affatto
-  salva  l'ipotesi di cui all'art. 190-bis codice procedura penale -
che  anche in tali situazioni trovino applicazione le regole generali
dettate dagli artt. 190, 493 e 495 codice procedura penale in tema di
ammissione della prova (v., in particolare, gli artt. 238, comma 5, e
511-bis,   disposizione   quest'ultima   che  richiama  espressamente
l'art. 511, comma 2, codice procedura penale);
        che  la  disciplina  sull'ammissione della prova va mantenuta
distinta  da quella sulle modalita' di assunzione dei mezzi di prova,
tra  cui rientra appunto la regola, contenuta nell'art. 511, comma 2,
codice  procedura  penale,  che  prescrive  che  sia  data lettura di
verbali  di  dichiarazioni  solo dopo l'esame del dichiarante, ma non
priva  il  giudice del potere di delibazione in ordine all'ammissione
delle prove;
        che pertanto il giudice, ove abbia ammesso la prova richiesta
in  quanto  non manifestamente superflua o irrilevante, e' poi tenuto
ad  assumerla  secondo  le modalita' prescritte dalla legge e, cioe',
nel   caso  di  specie,  disponendo  la  lettura  dei  verbali  delle
precedenti dichiarazioni solo dopo l'esame;
        che  i  rimettenti  hanno  invece  sovrapposto  i due momenti
dell'ammissione  e  dell'assunzione  della  prova,  traendone erronee
conseguenze  in ordine alla prospettata disparita' di trattamento tra
la  disciplina  dell'ammissione  delle  prove  provenienti  da  altro
procedimento e quella relativa alle prove che si sono formate davanti
a un giudice-persona fisica diversa;
        che,  quanto  alla  denunciata violazione dell'art. 111 della
Costituzione, il principio della ragionevole durata del processo deve
essere  contemperato  con  le  esigenze  di tutela di altri diritti e
interessi costituzionalmente garantiti rilevanti nel processo penale,
la  cui attuazione positiva, ove sia frutto di scelte assistite, come
nel caso di specie, da valide giustificazioni, non e' sindacabile sul
terreno costituzionale (v. ordinanze nn. 204 e 32 del 2001);
        che,  infine,  del  tutto  incongrue  sono  le considerazioni
addotte a sostegno della supposta violazione dell'art. 101 Cost;
        che  le  questioni  vanno  pertanto dichiarate manifestamente
infondate.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.