ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 28, comma 2,
dell'art. 56,  commi  1  e  3;  del  paragrafo  1.1. dell'Allegato 5,
tabelle  3,  3/A  e  5,  in  connessione  con l'art. 59, comma 6, del
decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela
delle   acque   dall'inquinamento   e   recepimento  della  direttiva
91/271/CEE  concernente  il  trattamento  delle acque reflue urbane e
della  direttiva  91/676/CEE  relativa  alla  protezione  delle acque
dall'inquinamento   provocato   dai   nitrati  provenienti  da  fonti
agricole),  promosso  con ricorso della Provincia autonoma di Trento,
notificato  il  28 giugno 1999, depositato in cancelleria il 7 luglio
1999 ed iscritto al n. 23 del registro ricorsi 1999 e nel giudizio di
legittimita' costituzionale degli artt. 9, 12, 22 e 23, del paragrafo
1.1,  dell'Allegato  5,  tabelle  3, 3/A e 5, del decreto legislativo
18 agosto  2000,  n. 258  (Disposizioni  correttive e integrative del
decreto  legislativo  11 maggio  1999,  n. 152,  in materia di tutela
delle  acque  dall'inquinamento,  a norma dell'art. 1, comma 4, della
legge  24 aprile  1998, n. 128), promosso con ricorso della Provincia
autonoma  di  Trento,  notificato  il  18 ottobre 2000, depositato in
cancelleria  il  successivo  26 ottobre  ed  iscritto  al  n. 16  del
registro ricorsi 2000.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri.
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  19 giugno  2001  il  giudice
relatore Riccardo Chieppa.
    Uditi l'Avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di
Trento  e  l'Avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - La  Provincia  autonoma  di  Trento,  con  un  primo ricorso
notificato  il 28 giugno 1999 e depositato il 7 luglio successivo, ha
impugnato  il  decreto  legislativo  11 maggio  1999, n. 152, recante
"Disposizioni   sulla   tutela   delle   acque   dall'inquinamento  e
recepimento  della  direttiva  91/271/CEE  concernente il trattamento
delle  acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla
protezione   delle  acque  dall'inquinamento  provocato  dai  nitrati
provenienti  da fonti agricole", specificamente gli artt. 56, commi 1
e  3; 28, comma 2; paragrafo 1.1 dell'Allegato 5, tabelle 3, 3/A e 5,
in connessione con l'art. 59, comma 6.
    Le  censure sono rivolte, in particolare, avverso le disposizioni
dell'art. 56,  commi  1  e  3, che conferirebbero in via diretta alle
amministrazioni comunali funzioni che, invece, spetterebbero, a norma
dello   Statuto  di  autonomia,  alla  Provincia  stessa,  la  quale,
nell'ambito  della  propria  discrezionalita'  legislativa, potrebbe,
essa stessa, assegnare ai comuni.
    Precisa la Provincia ricorrente che la contestazione e' formulata
in  via  ipotetica,  giacche'  non  e'  esclusa  una  interpretazione
diversa, compatibile con le prerogative della provincia autonoma.
    Sotto  un  ulteriore  profilo,  le  censure  investono  i  valori
tabellari  che  i  depuratori  pubblici  sono  tenuti a rispettare in
relazione  agli inquinamenti industriali previsti dal paragrafo 1.1 e
dalle   tabelle   3,  3/A  e  5  dell'Allegato  5  e  delle  connesse
disposizioni dell'art. 28, comma 2, e dell'art. 59, comma 6.
    Premette,   ancora,  la  Provincia  ricorrente,  che  la  propria
legislazione  attua  fedelmente  le direttive comunitarie, poiche' e'
stato  realizzato  un  sistema  di depurazione efficace ed effettivo,
secondo  parametri  di  elevata qualita' a fronte di una legislazione
statale    contraddittoria    ed   irrealizzabile   e,   soprattutto,
incompatibile con i parametri di accettabilita' raggiunti dai presidi
depurativi pubblici.
    La  Provincia,  inoltre,  si  sofferma  su  alcune  problematiche
tecniche  proprie  di  un  sistema  di  depurazione in relazione alla
legislazione  statale ed in relazione alla specifica situazione della
stessa  Provincia  di Trento; sottolinea, a questo proposito, che gli
impianti   di   depurazione  pubblici  sarebbero  idonei  a  trattare
inquinanti propri degli scarichi civili, mentre non sono adeguati per
il   trattamento   degli   inquinanti   provenienti   dagli  scarichi
industriali.  Ne  conseguirebbe  che  la  riduzione  degli inquinanti
industriali  andrebbe  ottenuta  "immediatamente a valle" del sistema
industriale  ed  e'  cio'  che  la normativa comunitaria assicura, in
particolare  l'art. 11  della  direttiva  91/271/CEE, che richiede un
pretrattamento degli scarichi industriali che confluiscono nelle reti
fognarie  ed  in  impianti  di  trattamento delle acque reflue urbane
(art. 2  della predetta direttiva in connessione con l'allegato I/B e
la tab. 1).
    La  normativa  della  Provincia  si conformerebbe a tale sistema,
prescrivendo   che   lo   scarico  produttivo  sia  obbligatoriamente
pretrattato  prima  della sua confluenza nella rete fognaria pubblica
(in  particolare  l'art. 16, comma 1, numero 2, del testo unico delle
leggi   provinciali   in   materia   di  tutela  dell'ambiente  dagli
inquinamenti,  approvato  con  decreto  del  Presidente  della Giunta
provinciale 26 gennaio 1987, n. 1).
    Sostanzialmente la ricorrente assume che i sistemi di depurazione
generale  sarebbero tenuti al rispetto dei limiti prefissati soltanto
in  relazione alle sostanze che essi sono vocati a trattare, mentre i
limiti  relativi  alle  sostanze  specifiche  di  origine industriale
varrebbero per i "relativi scarichi".
    Osserva  la  ricorrente  che,  di contro, la legislazione statale
farebbe  carico  al  sistema  di  depurazione  generale  anche  della
depurazione  delle sostanze di origine industriale, mentre il sistema
di  depurazione  generale,  per  sua  natura,  non  sarebbe  idoneo a
trattare tali sostanze, in quanto non in grado di ridurre i metalli e
le altre sostanze pericolose tipicamente industriali.
    Sembrerebbe - sempre secondo la ricorrente - deporre in tal senso
anche  la  sanzione  penale  di cui all'art. 59, comma 6, del decreto
legislativo 11 maggio 1999, n. 152, che stabilisce le stesse sanzioni
previste per i responsabili di scarichi industriali di cui al comma 5
anche  per il "gestore di impianti di depurazione che, per dolo o per
grave  negligenza,  nell'effettuazione  dello scarico superi i valori
limite  relativi ai metalli ed alle altre sostanze costituenti tipici
inquinanti industriali".
    La  direttiva  comunitaria,  come  la  normativa  della Provincia
autonoma  di  Trento,  non  suggerirebbero,  infatti,  tale  sistema,
giacche' il depuratore generale non e' concepito per la riduzione dei
metalli e delle altre sostanze pericolose tipicamente industriali.
    Ne  conseguirebbe  la irragionevolezza e la contraddizione con la
normativa  comunitaria  e con i principi della legge delega 24 aprile
1998, n. 128, in particolare dell'art. 17, della previsione contenuta
nell'Allegato 5 ed implicita nella fattispecie penale di cui al comma
6 dell'art. 59.
    Precisa  la  ricorrente  che non si discute del principio secondo
cui  in  sede  di  attuazione  nazionale  delle  direttive in materia
ambientale  sia  possibile imporre limiti piu' restrittivi rispetto a
quelli posti in sede comunitaria; nella specie, si intenderebbe porre
a  carico  del  sistema di depurazione generale limiti che andrebbero
riferiti  soltanto  "a  carico  dei  sistemi di disinquinamento degli
impianti  industriali";  limiti  che dovrebbero essere assicurati dal
sistema  di  vigilanza,  relativo  a tali ultimi impianti, diretto ad
evitare che detti inquinanti entrino nel sistema fognario generale.
    Sottolinea   piu'  volte,  la  ricorrente,  l'incongruita'  e  la
impossibilita',    sotto    il   profilo   tecnico,   di   "regolare"
l'inquinamento  derivante  dai metalli e da altre sostanze pericolose
di  origine  industriale  mediante  limiti  fissati  per i depuratori
generali.
    Inoltre  la  Provincia  rileva  che,  in  attuazione  del  quadro
normativo,   che  si  e'  definito  prima  in  sede  statutaria,  poi
attraverso  le norme di attuazione nella legislazione provinciale, il
sistema   depurativo   e'   stato   caratterizzato   da   una   forte
centralizzazione,   mentre   il  sistema  degli  acquedotti  e  delle
fognature   ha   subito   un   forte   decentramento  gestionale.  Il
funzionamento  di tale sistema "misto" e' stato garantito da forme di
coordinamento interistituzionale.
    In tale quadro normativo, il gestore dell'impianto di depurazione
non  sarebbe  titolare ne' delle funzioni autorizzatorie che, invece,
spettano ai comuni, ne' delle funzioni di controllo degli scarichi di
reflui  industriali  di  fognatura,  che  competono  al  servizio  di
protezione  ambiente  (art. 37  del  testo unico, art. 2 del d.P.G.p.
12 luglio 1993, n. 12). Egli avrebbe solo il compito di assicurare la
piena  funzionalita'  ed  efficacia  dell'impianto,  con l'osservanza
delle "regole di conduzione tecnica" dello stesso.
    Di contro, il complesso della normativa statale di cui al decreto
legislativo  n. 152 del 1999, nell'individuare la responsabilita' del
"gestore   dell'impianto"   implicherebbe  una  organizzazione  della
gestione  dei  reflui  incompatibile  con  il  modello  in atto nella
Provincia   di   Trento.   Ne   deriverebbe,   pertanto,  secondo  la
prospettazione   della   Provincia   ricorrente,   la  lesione  delle
competenze  legislative provinciali primarie in materia di acquedotti
e   lavori   pubblici   di   interesse  provinciale,  in  materia  di
organizzazione dei servizi pubblici di cui all'art. 8, numeri 17 e 19
dello  statuto,  in  materia di acque pubbliche e di igiene e sanita'
nonche'  di  tutela dell'ambiente dagli inquinanti di cui all'art. 9,
numeri   9   e   10   dello   statuto,  ed,  infine,  delle  funzioni
amministrative  in  genere  e  delle  speciali funzioni in materia di
programmazione    dell'utilizzo    delle    acque    e    di   difesa
dall'inquinamento  previste  dall'art. 14 dello statuto e dall'art. 5
del  d.P.R.  n. 22 marzo  1974,  n. 381  (Norme  di  attuazione dello
statuto  speciale  per  la  Regione Trentino-Alto Adige in materia di
urbanistica ed opere pubbliche).
    2. - Nel  giudizio  si  e' costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato,
che  ha concluso per la inammissibilita', nonche' per la infondatezza
del ricorso.
    In  particolare,  l'Autorita'  resistente  sottolinea  la  totale
compatibilita'  con  la  specificita'  dell'autonomia  speciale della
Provincia  ricorrente  delle  disposizioni  del  decreto  legislativo
impugnato.
    Nel  merito,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato osserva che la
eliminazione degli inquinanti derivanti dalle sostanze presenti negli
scarichi  industriali  e'  effettuata prima che essi confluiscano nel
depuratore  generale;  peraltro, la compatibilita' di questi scarichi
con  la  capacita'  del  depuratore generale e' prevista dall'art. 33
sotto la responsabilita' del gestore dell'impianto stesso.
    3. - Nell'imminenza  della  data fissata per la pubblica udienza,
la  difesa  della  Provincia  autonoma  di  Trento  ha depositato una
memoria,  con  la  quale  insiste  per  l'accoglimento  del  ricorso,
confutando  le  argomentazioni dell'Avvocatura dello Stato, rinviando
alla memoria depositata per il ricorso n. 16 del 2000 e sottolineando
che   le   norme   impugnate   sono   state   sostituite   con  norme
sostanzialmente  corrispondenti  dal  decreto  legislativo n. 258 del
2000,  anche  esso  impugnato  dalla Provincia con successivo ricorso
fissato per la stessa udienza.
    4. - La  Provincia  autonoma  di  Trento,  con  ulteriore ricorso
notificato  il 18 ottobre 2000 e depositato il successivo 26 ottobre,
ha  impugnato  il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258, recante
"Disposizioni   correttive  e  integrative  del  decreto  legislativo
11 maggio   1999,   n. 152,   in   materia   di  tutela  delle  acque
dall'inquinamento",   a  norma  dell'art. 1,  comma  4,  della  legge
24 aprile 1998, n. 128, in particolare, l'art. 22, nella parte in cui
contiene  il  nuovo  testo  del  comma  1  e inserisce il comma 1-bis
dell'art. 56   del   decreto   legislativo  11 maggio  1999,  n. 152;
l'art. 9,  nella  parte  in  cui  contiene  il nuovo testo modificato
dell'art. 28,  comma  2,  del  decreto  legislativo  n. 152 del 1999,
l'art. 12  che  contiene  il nuovo testo del comma 4 dell'art. 31 del
d.lgs.  n. 152  del  1999;  il  paragrafo  1.1,  tabelle  3,  3/A e 5
dell'Allegato 5, che sostituisce il corrispondente allegato al d.lgs.
n. 152  del 1999, in connessione con quanto disposto dall'art. 23 del
decreto  legislativo  18 agosto  2000,  n. 258,  nella  parte  in cui
contiene  il  testo  modificato  del  comma 6 dell'art. 59 del d.lgs.
n. 152 del 1999.
    Premette  la  ricorrente che oggetto del presente ricorso sono le
disposizioni  che  correggono  ed  integrano  il  precedente  decreto
legislativo  n. 152  del  1999, per cui esso deve ritenersi collegato
alla  precedente  impugnazione; sottolinea l'attualita' delle censure
rivolte  con  il  precedente  ricorso, in quanto anche le nuove norme
appaiono lesive dell'autonomia provinciale.
    Ripropone,  in  proposito,  le  medesime censure formulate con il
ricorso  promosso  avverso il decreto legislativo n. 152 del 1999 (R.
ric. n. 23 del 1999).
    Oggetto di autonoma impugnazione e', invece, l'art. 22 del d.lgs.
n. 258  del 2000, che aggiunge all'art. 56 del d.lgs. n. 152 del 1999
disposizioni   non   presenti   nel  precedente  testo  (comma  1-bis
dell'art. 56).
    Tale  norma sembrerebbe istituire - secondo la Provincia autonoma
-  una  generale  competenza  del  Corpo  forestale dello Stato sulla
vigilanza  in  materia  di  tutela delle acque dall'inquinamento e di
danno  ambientale,  ponendosi, in tal modo, in contrasto con l'art. 4
del  decreto  legislativo  16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione
dello  statuto per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra
atti legislativi statali e provinciali nonche' la potesta' statale di
indirizzo  e  coordinamento),  che  esclude funzioni di vigilanza, di
polizia  amministrativa, di accertamento di violazioni amministrative
da  parte  dello  Stato  per  le  materie di competenza propria della
Regione o delle Province autonome.
    La  censura  e'  formulata  in  via  ipotetica, poiche' assume la
ricorrente,  essa verrebbe meno, qualora la disposizione si ritenesse
non applicabile nella Provincia di Trento, in forza delle clausole di
salvaguardia  di cui all'art. 1, ultimo comma, e all'art. 3, comma 8,
del d.lgs. n. 152 del 1999.
    5. - Nel  giudizio  si  e' costituito il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, che ha concluso per la infondatezza del ricorso.
    In   particolare,  l'Autorita'  resistente  pone  in  rilievo  il
carattere  di  indirizzo  politico  in  materia di tutela delle acque
esplicitato  dall'art. 1  del  d.lgs.  n. 152  del 1999, che e' stato
considerato  come  obiettivo  da  perseguire,  in  linea  con  quello
comunitario,  per  un  nuovo approccio al problema del mantenimento e
miglioramento dell'ambiente acquatico.
    Tale  norma  non  e'  stata  censurata  dalla Provincia, per cui,
osserva  la  resistente,  il  suo contenuto precettivo deve ritenersi
conforme ai criteri della delega legislativa.
    In  particolare, l'intervento del legislatore delegato si estende
al trattamento degli scarichi (artt.27-35 e artt. 45-52), che vengono
distinti  per  destinazione  e per tipo di scarico, la cui nozione e'
introdotta  dal  d.lgs.  n. 152  del  1999,  che, insieme ai principi
guida,  costituisce  per  la  sua natura riformatrice, espressione di
principi   fondamentali   della   legislazione   statale   ai   sensi
dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, ai quali le Regioni a
statuto speciale, cosi' come la Provincia ad autonomia differenziata,
devono adeguare la propria legislazione.
    Osserva  l'Avvocatura  che  la  materia  "ambiente" non e' tra le
materie  attribuite alla competenza regionale o provinciale; tuttavia
alla  regione, sono state attribuite, in materia ambientale con legge
ordinaria, numerose competenze sia legislative sia amministrative (da
ultimo, art. 2 della legge 15 marzo 1997, n. 59).
    Viene rilevato, comunque, che proprio sulla base di un modello di
cooperazione  e di integrazione, che consente di bilanciare i diversi
valori  afferenti  alle  esigenze  di protezione ambientale, dovrebbe
essere   configurato  l'intreccio  tra  i  poteri  statali  e  quelli
regionali.
    L'Avvocatura  generale  dello  Stato rileva ancora che il ricorso
tende  a  censurare  la scelta discrezionale del legislatore delegato
senza  apportare  deduzioni  in  ordine  alla  violazione della legge
delega,  sotto  il  profilo  del  mancato  rispetto  delle competenze
costituzionalmente  riconosciute  alla  Provincia autonoma, mentre, a
sostegno  della  censura  di  merito,  si sofferma sulla problematica
tecnica   del   sistema   di   depurazione:   la   contestazione   si
concretizzerebbe   in  una  censura  di  illegittimita'  delle  norme
comunitarie.
    Sotto  entrambi i profili viene eccepita la inammissibilita', sia
perche' non e' ammissibile il ricorso di costituzionalita' per motivi
di  merito  sia  perche'  dell'eventuale  violazione dell'art. 10 del
trattato C.E.E. puo' conoscere solo la Corte di giustizia sul ricorso
della  Commissione o di altro Stato, la cui violazione, comunque, non
investirebbe alcun parametro costituzionale.
    Ed  il  vizio  di  impostazione delle argomentazioni risulterebbe
evidente  -  secondo  l'Avvocatura - se si consideri che in base alla
normativa  comunitaria  lo  scarico  industriale  in  sistemi fognari
sarebbe preventivamente subordinato ad autorizzazioni specifiche e ad
altrettanta specifica regolamentazione, cosi' come e' avvenuto con la
nozione   di   "scarico"   e   con   la  indicazione  dei  limiti  di
accettabilita'  del  refluo  fissati con riferimento allo scarico non
"nel" depuratore, ma "dal" depuratore.
    Viene  eccepita  una  ulteriore  inammissibilita'  in ordine alla
censura rivolta all'art. 56, commi 1 e 3, formulata in via ipotetica,
in  quanto  chiaramente  volta  a  sottoporre  un  quesito  meramente
interpretativo.
    Infine,  e' dedotta la non fondatezza della censura relativa alla
contestata  attribuzione  di  responsabilita'  penale  a  carico  del
gestore  del depuratore generale, in quanto, da un lato, la questione
sfugge  alla  sindacabilita'  del giudice costituzionale; dall'altro,
attiene  alla  valutazione  di  merito  accertare  se  il verificarsi
dell'evento    vietato   possa   essere   ricondotto   a   cause   di
giustificazione o di esclusione della colpevolezza.
    6. - Nell'imminenza  della  data fissata per la pubblica udienza,
la  difesa  della  Provincia  autonoma  di  Trento  ha depositato una
memoria,  con  cui contesta le argomentazioni dedotte dall'Avvocatura
generale    dello    Stato,   sottolineando,   in   particolare,   la
contraddittorieta'  della  tesi che richiama, da un lato, la clausola
di  salvaguardia  di  cui  all'art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 152 del
1999   e  afferma,  dall'altro,  che  le  norme  di  cui  si  discute
costituiscono espressione di principi fondamentali della legislazione
statale  ai  sensi  dell'art. 117, primo comma, della Costituzione e,
come  tali,  vincolanti  per  la  Provincia ricorrente, senza tenere,
peraltro,  conto che l'autonomia speciale di cui gode la Provincia e'
regolata  dagli  artt. 8  e 9 dello statuto e dalle relative norme di
attuazione. In particolare, l'art. 5 del d.P.R. n. 381 del 1974, come
modificato  dall'art. 2  del  decreto  legislativo  11 novembre 1999,
n. 463  (Norme  di  attuazione  dello  statuto speciale della Regione
Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche
e  di  concessioni  di  grandi  derivazioni  a  scopo  idroelettrico,
produzione  e distribuzione di energia elettrica), ha trasferito alla
Provincia  autonoma  anche  le  funzioni  in materia di utilizzazione
delle acque pubbliche.
    Contesta,  inoltre,  le  eccezioni  di inammissibilita' formulate
dall'autorita'  resistente,  in quanto le norme vengono censurate per
la  loro  intrinseca  irragionevolezza,  che  si  tradurrebbe  in una
lesione  delle  competenze  regionali;  la  eventuale  illegittimita'
comunitaria troverebbe fondamento nella "copertura costituzionale" di
cui  all'art. 11  della  Costituzione; ed infine, la censura relativa
all'art. 56,  comma  1,  ancorche'  formulata  in  relazione  ad  una
possibile  interpretazione, deve ritenersi ammissibile in un giudizio
di  legittimita'  costituzionale  in via principale, a differenza del
giudizio in via incidentale.
    Anche  in  relazione  all'impugnazione  dell'art. 59, comma 6, la
questione  va  posta  in  termini  di  razionalita' e di legittimita'
costituzionale della norma stessa.

                       Considerato in diritto

    1. - Le  questioni  di legittimita' costituzionale, sottoposte in
via  principale  all'esame  della Corte con un primo ricorso (r. ric.
n. 23  del 1999), riguardano l'art. 56, commi 1 e 3, l'art. 28, comma
2,  il  paragrafo 1.1. dell'Allegato 5 in collegamento con le tabelle
3,  3/A  e  5,  in  connessione  con  l'art. 59, comma 6, del decreto
legislativo  11 maggio  1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle
acque  dall'inquinamento  e  recepimento  della  direttiva 91/271/CEE
concernente   il  trattamento  delle  acque  reflue  urbane  e  della
direttiva   91/676/CEE   relativa   alla   protezione   delle   acque
dall'inquinamento   provocato   dai   nitrati  provenienti  da  fonti
agricole).
    Il  ricorso  denuncia la violazione dell'art. 8, numeri 5, 6, 14,
16,  17,  18, 19, 21 e 24; dell'art. 9, numeri 9 e 10; dell'art. 14 e
16  dello  statuto  speciale (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), nonche'
delle  relative norme di attuazione, in particolare degli artt. 5 e 8
del  d.P.R.  22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto
speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica
ed  opere  pubbliche) e dell'art. 15, comma 2, del d.P.R. 19 novembre
1987,  n. 526  (Estensione  alla  Regione Trentino-Alto Adige ed alle
Province  autonome  di Trento e Bolzano delle disposizioni del d.P.R.
24 luglio  1977, n. 616), della direttiva CEE n. 91/271; dei principi
stabiliti  dalla  legge  delega  24 aprile 1998, n. 128 (Disposizioni
particolari  di  adempimento  diretto,  criteri  speciali  di  delega
legislativa   e   per   l'emanazione   di  regolamento)  ed,  infine,
dell'art. 97 della Costituzione.
    Con  un  secondo ricorso (r. ric. n 16 del 2000) viene sottoposta
all'esame della Corte la questione di legittimita' costituzionale del
decreto  legislativo  18 agosto  2000,  n. 258,  recante disposizioni
correttive  ed  integrative  del  decreto legislativo 11 maggio 1999,
n. 152  in  materia  di tutela delle acque dall'inquinamento, a norma
dell'art. 1,   comma  4,  della  legge  24 aprile  1998,  n. 128,  in
particolare l'art. 22, nella parte in cui contiene il nuovo testo del
comma  1  ed  inserisce  il comma 1-bis dell'art. 56; l'art. 9, nella
parte  in  cui contiene il nuovo testo modificato dell'art. 28, comma
2;  l'art. 12,  che contiene il nuovo testo del comma 4 dell'art. 31,
il   paragrafo  1.1.,  tabella  3,  3/A  e  5,  dell'Allegato  5,  in
connessione  con  quanto  disposto  dall'art. 23,  nella parte in cui
contiene  il  testo  modificato  del  comma 6 dell'art. 59 del d.lgs.
n. 152 del 1999.
    Il  secondo ricorso denuncia la violazione dell'art. 8, numeri 5,
6,  14,  16,  17,  18,  19,  21,  e  24;  dell'art. 9,  n. 9 e n. 10;
dell'art. 14  e  dell'art. 16  dello  statuto  speciale della Regione
Trentino-Alto  Adige  (d.P.R.  31 agosto 1972, n. 670), nonche' delle
relative  norme  di  attuazione, in particolare degli artt. 5 e 8 del
d.P.R.  22 marzo  1974,  n. 381  (Norme  di  attuazione dello statuto
speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica
ed  opere  pubbliche),  dell'art. 15, comma 2, del d.P.R. 19 novembre
1987,  n. 526,  nonche'  degli  artt. 2  e  4 del decreto legislativo
n. 266   del   1992;   della  direttiva  comunitaria  di  riferimento
91/271/CEE  e  dei principi stabiliti dall'art. 17 della legge delega
24 aprile  1998,  n. 128;  ed,  infine,  degli  artt. 3  e  97  della
Costituzione.
    2. - Deve  essere  disposta  la  riunione  dei giudizi, stante la
connessione  dei  due  ricorsi dal punto di vista sia soggettivo, sia
oggettivo  per  la  parziale  identita'  delle questioni e lo stretto
legame  tra  le  norme  impugnate,  aventi quelle del secondo ricorso
carattere  correttivo  ed  integrativo  ed  anzi, rispetto alla parte
investita   dal   primo  ricorso,  con  effetti  quasi  integralmente
sostitutivi.
    Con riferimento, pertanto, alla avvenuta sostituzione del comma 2
dell'art. 28,  del  comma  1  dell'art. 56, del comma 6 dell'art. 59,
dell'Allegato 5 e relative tabelle del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152,
a seguito, rispettivamente, dell'art. 9, comma 2, dell'art. 22, comma
1,  dell'art. 23  del  d.lgs.  18 agosto  2000,  n. 258,  deve essere
dichiarata   la  inammissibilita',  per  questa  parte,  del  ricorso
iscritto al r. ric. n. 23 del 1999, mentre le relative questioni sono
state  riproposte  dalla  Provincia  e  vengono  esaminate in sede di
decisione del secondo ricorso avverso il d.lgs. n. 258 del 2000.
    3. - Preliminarmente    deve    essere   affrontata   l'eccezione
(sollevata dalla difesa del Presidente del Consiglio dei Ministri) di
inammissibilita'  di  alcune  censure, proposte in via alternativa ad
una  soluzione dei profili prospettati attraverso una interpretazione
rispettosa dell'autonomia della Provincia.
    Ai  fini della infondatezza della eccezione vale il richiamo alla
sentenza  n. 244  del  1997, secondo cui - trattandosi del ricorso in
via  principale  (o  di  azione)  soggetto  a  termini  di decadenza,
configurato  in  un ambito di processo indiscutibilmente "di parti" a
garanzia   di   posizioni   soggettive   costituzionalmente  tutelate
dell'ente  ricorrente  -  e'  sufficiente  per  l'ammissibilita'  del
ricorso,  sotto  il  profilo del contenuto della impugnazione, che vi
sia richiesta di illegittimita' costituzionale di una norma di legge,
con  indicazione del vizio denunciato, anche se questo e' prospettato
in  via  alternativa  a  diversa tesi interpretativa. Con cio' non si
disconosce  il  principio  che  anche  il  giudizio  di  legittimita'
costituzionale  proposto  in  via principale non puo' essere azionato
con   la   sola   finalita'  di  definire  un  mero  contrasto  sulla
interpretazione  della  norma.  La differenza, a questo riguardo, del
ricorso  in  via principale, rispetto al giudizio in via incidentale,
e'  stata  posta  nella  circostanza  che,  in  quest'ultimo  tipo di
giudizio  costituzionale, la risoluzione del dubbio interpretativo in
ordine alla norma denunciata e' lasciata alla preliminare valutazione
del giudice rimettente, sia ai fini della richiesta motivazione sulla
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale nel giudizio
a   quo   sia  in  relazione  all'obbligo  dello  stesso  giudice  di
interpretazione   adeguatrice,   ove   possibile,  alla  Costituzione
(sentenza n. 244 del 1997).
    4. - Pregiudizialmente  all'esame  delle censure proposte occorre
puntualizzare  la  portata  della  disposizione  contenuta nel d.lgs.
11 maggio  1999,  n. 152,  art. 1,  comma  3,  per quanto riguarda le
Regioni  a  statuto  speciale  e  le Province autonome di Trento e di
Bolzano,  la  quale  prevede  che  le  stesse  "adeguano  la  propria
legislazione   al   presente  decreto  secondo  quanto  previsto  dai
rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione".
    E' indubbio che la formula adottata, specie se raffrontata con la
diversa   dizione   usata  per  le  "Regioni  a  statuto  ordinario",
costituisce  affermazione  di  salvezza  per  le  Regioni  a  statuto
speciale  e Province autonome di Trento e Bolzano della loro sfera di
attribuzioni   garantite   costituzionalmente,  pur  mantenendosi  un
obbligo  di  adeguamento  ai principi fondamentali della tutela delle
acque dall'inquinamento contenuti nello stesso d.lgs. n. 152 del 1999
(e nel successivo decreto integrativo n. 258 del 2000).
    Del   resto   il  combinato  disposto  dell'art. 37  della  legge
22 febbraio  1994, n. 146, e dell'art. 17 della legge 24 aprile 1998,
n. 128,  costituenti  la fonte del potere legislativo delegato, e gli
obiettivi  delle  direttive CEE da recepire e del decreto legislativo
mostrano  evidente  l'intendimento  di coinvolgere anche le Regioni a
statuto  speciale e le Province autonome, di modo che non puo' essere
accolta  la  tesi  che  le  norme  "non  si  applichino"  alla stessa
Provincia   autonoma,   fermo   rimanendo  il  pieno  rispetto  delle
prerogative della medesima Provincia.
    Alla   luce   di  tale  interpretazione  deve  ritenersi  che  il
coinvolgimento  delle amministrazioni comunali e del Corpo forestale,
di  cui  agli  impugnati art. 56, comma 3, del d.lgs. 11 maggio 1999,
n. 152,  e  art. 22  del d.lgs. n. 258 del 2000 - contenente il nuovo
testo  del  comma  1 e l'inserimento del comma 1-bis dell'art. 56 del
d.lgs.   n. 152   del  1999  -,  avviene  nell'ambito  della  Regione
Trentino-Alto Adige entro i limiti delle previsioni legislative delle
Province  autonome  (con particolare riguardo al sistema dei rapporti
tra Provincia e comuni e del Corpo forestale della Provincia autonoma
di Trento), di modo che deve escludersi, in radice, ogni possibilita'
di lesione della sfera di attribuzioni provinciali.
    Piu' specificamente per il Corpo forestale deve escludersi che il
citato  art. 22, comma 2, del d.lgs. n. 258 del 2000, con inserimento
del  comma  1-bis  dell'art. 56  del  d.lgs.  n. 152  del 1999, possa
comportare  una  modifica  al  sistema  di  autonomo  Corpo forestale
provinciale  (della  Provincia  di  Trento:  art. 8, numero 21, dello
statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige, d.P.R. n. 670 del 1972)
e  alla riserva (regionale o provinciale) delle funzioni - diverse da
quelle  spettanti  allo  Stato secondo lo statuto speciale e relative
norme  di  attuazione  -  di  vigilanza  e di polizia amministrativa,
nonche'  di  accertamento  delle  relative  violazioni amministrative
nelle  materie  di competenza propria della Regione o delle provincie
autonome.
    Di  conseguenza  il  Corpo  forestale  della  Provincia  autonoma
continua ad esercitare, nella Provincia stessa, le funzioni, inerenti
alla  vigilanza  e  polizia  amministrativa e agli accertamenti degli
illeciti  in violazione di norme a tutela delle acque da inquinamento
e  del  relativo danno ambientale, anche se queste sono attribuite al
Corpo  forestale dello Stato per le parti del territorio nazionale in
cui opera lo stesso Corpo forestale dello Stato.
    5. - In   ordine   all'impugnato  art. 9,  comma  2,  sostitutivo
dell'art. 28,   del   d.lgs.  11 maggio  1999,  n. 152,  deve  essere
sottolineato  che  i criteri generali della disciplina degli scarichi
assicurano  indistintamente  alle  regioni, nell'esercizio della loro
autonomia,  un ampio campo di manovra nel definire i valori-limite di
emissione,  diversi  da quelli dell'allegato 5, sia in concentrazione
massima  ammissibile, sia in quantita' massima per unita' di tempo in
ordine  ad  ogni sostanza inquinante e per gruppi di famiglie affini.
Si  noti  vi  e'  la  preclusione  -  salvo  ristrette e circoscritte
eccezioni  predeterminate  dal  legislatore  nazionale - di stabilire
limiti  meno  restrittivi per determinate sostanze e per gli scarichi
in  acque  superficiali,  in  rete  fognaria  e  sul  suolo (sostanze
individuate  nell'allegato 5,  per  i  rischi correlativi a tipologie
contemplate per la loro pericolosita' per l'ambiente).
    Ne'   puo'   avere   rilevanza,   ai   fini   della  legittimita'
costituzionale   del   decreto  legislativo  impugnato,  la  asserita
circostanza  che  la  Provincia si era gia' data una normativa per la
protezione  delle  acque,  per  quanto  rientrava  nella sua sfera di
responsabilita'.
    Infatti,  e' evidente la necessita' imprescindibile di assicurare
sia  il  soddisfacimento  di  esigenze in materia di inquinamento, da
qualificarsi  come unitarie e di primaria importanza nazionale per la
rilevanza  dell'ambiente,  sia il conseguimento e l'adeguamento degli
obiettivi  doverosamente  comuni  e  coordinati  anche per i riflessi
sulle  regioni  a  valle o limitrofe, sia infine l'assolvimento degli
obblighi  comunitari generali per tutto il territorio dello Stato, in
ordine ai quali lo Stato ha una sua specifica responsabilita'.
    D'altro  canto  la  Provincia  autonoma  -  anche  se  dotata  di
normativa propria su una materia coinvolta da direttiva comunitaria e
da disposizioni statali di recepimento della direttiva (nella materia
ambientale)  e  di  completamento  unitario degli spazi lasciati alle
determinazioni  nazionali - e' sempre tenuta ad una valutazione della
completa  corrispondenza della propria legislazione ai predetti atti.
Di   conseguenza   la   suindicata  interpretazione  dell'obbligo  di
adeguamento  e  del  suo ambito nei confronti delle Province autonome
riceve una ulteriore conferma.
    6. - In  ordine  al  coinvolgimento  nelle  sanzioni  penali  del
gestore  di impianti di trattamento di acque reflue urbane in caso di
superamento,  in  sede  di  emissione  dei detti impianti, dei valori
limiti relativi alle acque reflue industriali, deve osservarsi che la
scelta  delle  sanzioni  penali  rientra  nella  discrezionalita' del
legislatore   nazionale,  che  di  per  se'  non  interferisce  sulle
competenze  costituzionalmente  garantite  alle  Regioni  e  Province
autonome, prive di competenza nell'ordinamento penale.
    Tuttavia,   nella   specie  considerata,  sussiste  un  interesse
tutelato  della Provincia in ordine alla verifica della lesione della
propria  organizzazione  secondo le norme regionali (rientrante nella
propria  sfera  di  competenza),  asseritamente  incompatibile con il
sistema delle responsabilita' fissato dalle disposizioni impugnate.
    Non  puo'  ravvisarsi  una  manifesta  irragionevolezza  o palese
arbitrarieta',  ne'  tantomeno  un contrasto con il principio di buon
andamento  dell'Amministrazione  nella circostanza che il legislatore
nazionale,  nell'ottica  di  un  approccio  globale al problema della
tutela  delle  acque  dall'inquinamento e di una esigenza primaria di
migliorare  l'ambiente acquatico, anche in conseguenza di scarichi di
acque  reflue  di  ogni  genere e nell'intento di coinvolgere tutti i
soggetti, anche istituzionali, che operano nell'intero settore, abbia
previsto   una   responsabilita'  correlata  a  specifici  doveri  di
vigilanza,  anche  a  carico  del  gestore di impianti di depurazione
generale (nella Provincia autonoma di Trento in base al sistema misto
esistente secondo la normativa provinciale).
    Per  questa particolare responsabilita' del gestore (prevista dal
combinato disposto dei commi 5 e 6 dell'art. 59 del d.lgs. n. 152 del
1999,  anche  nel testo modificato dall'art. 23 del d.lgs. n. 258 del
2000),  e'  stata soppressa la limitazione ad ipotesi di dolo e grave
negligenza  (contemplata,  invece,  nell'originario testo normativo);
cio'  non  esclude,  tuttavia,  che  siano  applicabili  gli ordinari
criteri di competenza della responsabilita' penale a titolo di dolo o
di colpa.
    Nell'ambito  della  Provincia  autonoma  di  Trento, in base alla
normativa  provinciale,  vige  un  sistema misto, con ripartizioni di
compiti  tra  la  Provincia  (che  non  ha  diretta  ingerenza  sulla
depurazione  delle  sostanze  di  origine  industriale  ed  e' invece
responsabile  della  depurazione  generale  caratterizzata  da  forte
centralizzazione)  ed  altri  soggetti, tra cui in modo particolare i
comuni  (titolari  di  funzioni  autorizzatorie)  e  il  Servizio  di
protezione  ambiente  titolare  delle  funzioni  di  controllo  degli
scarichi reflui industriali di fognatura.
    A  completare  il sistema di tutela, il gestore della depurazione
generale  e'  investito della responsabilita' per le acque reflue che
affluiscono  al  depuratore generale, indipendentemente dai controlli
effettuati  dagli  altri  soggetti  a  monte dell'impianto. Egli deve
porre  in essere le opportune iniziative per monitorare l'immissione,
nell'impianto  affidato  alla  sua  gestione,  di  acque  reflue  non
compatibili  con  il  trattamento previsto nel depuratore generale in
relazione a sostanze inquinanti o per eccesso di concentrazione.
    In  altri  termini  non puo' dirsi manifestamente irragionevole o
palesemente   arbitraria  una  previsione  adottata  dal  legislatore
nazionale di responsabilita' del gestore dell'impianto di depurazione
(ancorche'   provinciale)   attinente  proprio  alla  gestione  della
depurazione  generale,  quando  per  colposa  o  dolosa  omissione di
monitoraggio  e  di  iniziative  di tutela del proprio impianto o per
difetto della lavorazione di depurazione o per altre cause, sempre se
a lui addebitabili, si verifichi che l'acqua reflua in uscita dal suo
impianto   comporti,   per   il   superamento   dei   limiti,  rischi
all'ambiente.