ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale della legge 11 ottobre 1995, n. 423 (Norme in materia di soprattasse e di pene pecuniarie per omesso, ritardato o insufficiente versamento delle imposte), e dell'art. 6 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'art. 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), promossi con due ordinanze emesse il 30 novembre 2000 dalla Commissione tributaria di primo grado di Trento, iscritte, rispettivamente, ai nn. 92 e 93 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, 1a serie speciale, dell'anno 2001. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 16 gennaio 2002 il giudice relatore Valerio Onida. Ritenuto che, con due ordinanze del medesimo tenore, emesse il 30 novembre 2000 e pervenute a questa Corte il 22 gennaio 2001, la Commissione tributaria di primo grado di Trento ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, senza espressa indicazione della norma costituzionale che si assume violata, della legge 11 ottobre 1995, n. 423 (Norme in materia di soprattasse e di pene pecuniarie per omesso, ritardato o insufficiente versamento delle imposte), e dell'art. 6 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'art. 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), "in quanto non tutelano sufficientemente e ragionevolmente, in tema di riscossione dei tributi ed accessori, il contribuente vittima di "consulente infedele "; che il remittente premette che il contribuente contesta un accertamento di imposta sul reddito delle persone fisiche, ritenendo di dover pagare solo la minore somma risultante da un atto di accertamento con adesione, non perfezionato perche' il consulente del medesimo contribuente aveva omesso di effettuare i pagamenti devolvendo a proprio profitto gli importi da corrispondere; e chiede, in sede cautelare, la sospensione della riscossione; che, secondo il giudice a quo mancherebbe una norma che in via generale rimetta il contribuente nei termini incolpevolmente scaduti, ed in particolare mantenga la possibilita' di fruire dell'agevolazione conseguente all'accertamento con adesione quando i relativi atti non si siano perfezionati a causa dell'illecito commesso dal professionista: cio' darebbe luogo ad una "irragionevole disparita' di trattamento fra il regime dedicato alle sanzioni ed il regime di riscossione del tributo", che renderebbe non manifestamente infondato il dubbio di legittimita' costituzionale della normativa denunciata; che, quanto alla rilevanza della questione, il remittente afferma che la verifica del fumus boni juris ai fini della richiesta tutela cautelare appare influenzata dal dubbio di legittimita' costituzionale sollevato; che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, osservando che l'art. 1, comma 6-bis della legge n. 423 del 1995 prevede la possibilita' per l'ufficio finanziario di sospendere, fra l'altro nella ipotesi di omesso versamento di tributi dovuto a fatto penalmente illecito, e denunciato, del professionista, la riscossione del tributo, per un biennio, nei confronti del contribuente per il quale sussistano comprovate difficolta' di ordine economico, e che offra idonea garanzia: onde il giudice tributario avrebbe potuto accordare la richiesta sospensione, ovvero, se avesse ritenuto quest'ultima di esclusiva competenza degli uffici, prospettare la questione di legittimita' costituzionale riferendola a piu' puntuale oggetto e ad altri parametri; che pertanto, secondo l'interveniente, la questione sarebbe inammissibile per irrilevanza nella fase cautelare nel giudizio, in quanto preordinata alla decisione sul merito della controversia, nonche' per difetto di individuazione della norma sostanziale relativa alla risoluzione o alla decadenza dai benefici dell'accertamento con adesione; sarebbe, ancora, inammissibile per insufficiente esplicitazione delle ragioni della denuncia; e sarebbe, comunque, manifestamente infondata ove riferita ad una asserita preclusione alla sospensione della riscossione del tributo nella ipotesi di omesso versamento d'imposta per fatto penalmente illecito del terzo. Considerato che le due ordinanze sollevano la medesima questione, onde i giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronunzia; che la censura mossa dal giudice remittente la cui rilevanza nella specie e' dal medesimo, non implausibilmente, collegata alla valutazione del fumus boni juris ad esso demandata ai fini della richiesta tutela cautelare riguarda la mancata estensione dei benefici riconosciuti dall'art. 1, commi 1, 2 e 6-bis della legge n. 423 del 1995 nel caso di omesso versamento di tributi quando la violazione consegua alla condotta illecita, penalmente rilevante, del professionista in dipendenza del mandato professionale (sospensione della riscossione delle somme dovute a titolo di soprattassa e di pena pecuniaria; sospensione per un biennio e successiva rateizzazione del debito relativo al versamento del tributo, nel caso di comprovate difficolta' di ordine economico del contribuente), e dall'art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997 nel caso in cui il pagamento del tributo non sia stato eseguito per fatto denunciato all'autorita' giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi (non assoggettabilita' del contribuente alle sanzioni amministrative previste) alla ipotesi in cui l'omesso versamento a causa del fatto illecito del professionista abbia impedito il perfezionarsi dell'accertamento con adesione, previsto dal d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218; e mira ad ottenere, attraverso la richiesta pronuncia additiva di questa Corte, la rimessione del contribuente in termini per l'effettuazione del pagamento che condiziona il perfezionamento dell'accertamento con adesione, ai sensi dell'art. 9 del medesimo d.lgs. n. 218 del 1997; che, benche' l'ordinanza di remissione ometta la indicazione espressa del parametro, la censura di disparita' di trattamento appare riconducibile all'art. 3 della Costituzione, parametro dunque implicitamente ricavabile dalla motivazione dell'ordinanza medesima; che il beneficio che si vorrebbe far conseguire al contribuente attraverso la richiesta pronuncia di illegittimita' costituzionale si colloca su di un piano diverso dai benefici derivanti dalle norme invocate: non riguarderebbe infatti la sospensione (e poi lo sgravio) del debito per le soprattasse e le pene pecuniarie, e la non applicabilita' delle sanzioni, nonche' la sospensione temporanea e la rateizzazione del debito tributario, destinato pero' a rimanere invariato nel suo ammontare, bensi' inciderebbe sull'ammontare del debito tributario medesimo, che si vorrebbe ridotto o riducibile all'entita' risultante dall'accertamento con adesione, pur quando quest'ultimo non si sia perfezionato per il mancato tempestivo versamento delle somme dovute; che, pertanto, la questione sollevata appare manifestamente infondata per inidoneita' del tertium comparationis invocato e disomogeneita' delle situazioni messe a raffronto; che l'accertamento con adesione e' procedimento, apprestato dal legislatore in base ad una scelta discrezionale, volto a consentire una piu' rapida definizione dei rapporti tributari e la riduzione del contenzioso, e ragionevolmente legato dunque ad adempimenti del contribuente da espletarsi entro termini perentori; onde appartiene alla discrezionalita' del legislatore l'eventuale introduzione di ipotesi di riapertura dei termini per la definizione del rapporto tributario, in casi come quelli evocati dal remittente; che, peraltro, fermo restando l'ammontare del debito tributario come definito in base alle procedure di accertamento previste, e alle eventuali determinazioni di merito del giudice tributario tempestivamente adito, il contribuente, il quale sia vittima della condotta illecita penalmente rilevante del professionista, puo' sempre usufruire, ove ne sussistano le condizioni, dei benefici riconosciuti, per questa ipotesi, dalle norme legislative sopra ricordate, concernenti la sospensione della riscossione delle sanzioni e la non applicabilita' delle medesime, nonche' la sospensione temporanea e la rateizzazione del debito tributario, oltre che della normale tutela cautelare in sede di giudizio tributario promosso avverso l'accertamento: a parte, evidentemente, il diritto nei confronti dell'autore dell'illecito al risarcimento del danno subito. Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.