ha pronunciato la seguente:

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 438, 441 e
442  del  codice  di  procedura  penale,  promosso, nell'ambito di un
procedimento  penale, dal Tribunale di Napoli con ordinanza emessa il
9 maggio  2001,  iscritta  al  n. 560  del  registro ordinanze 2001 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, 1a serie
speciale, dell'anno 2001.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 16 gennaio 2002 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Il Tribunale di Napoli, investito del giudizio a seguito di
decreto  che  ha disposto il giudizio immediato a norma dell'art. 456
del  codice  di  procedura  penale, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3   e   24   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  degli  artt. 438,  441  e 442 del codice di procedura
penale,  "nella  parte  in  cui  non  prevedono  che  il  giudice del
dibattimento  possa applicare, all'esito del giudizio, la diminuzione
di  pena  prevista dall'art. 442 c.p.p., ove ritenga ingiustificata o
comunque  erronea  la  decisione  con  cui il giudice per le indagini
preliminari  abbia  rigettato  la  richiesta  di giudizio abbreviato,
subordinata  ad  integrazione  probatoria  necessaria  ai  fini della
decisione,  ritenendola non necessaria ovvero non conciliabile con le
finalita' di economia processuale proprie del rito alternativo".
    Il Tribunale premette:
        che  l'imputato, nel termine previsto dall'art. 458, comma 5,
cod.  proc.  pen.,  aveva formulato richiesta di giudizio abbreviato,
subordinata,  a  norma  dell'art. 438, comma 5, cod. proc. pen., alla
assunzione  della  testimonianza delle persone offese dal reato circa
l'avvenuto risarcimento del danno;
        che  il  giudice  per  le indagini preliminari aveva respinto
l'istanza, ritenendo che "la richiesta di integrazione probatoria non
fosse necessaria" ai fini della decisione;
        che  nel  corso  degli  atti  introduttivi del dibattimento i
difensori  dell'imputato  chiedevano  l'applicazione,  all'esito  del
giudizio,  della  riduzione di pena prevista dall'art. 442 cod. proc.
pen., ritenendo ingiustificato il rigetto da parte del giudice per le
indagini preliminari della richiesta di giudizio abbreviato;
        che,  contrariamente  a  quanto  ritenuto  dal giudice per le
indagini  preliminari, "l'integrazione probatoria richiesta aveva una
propria   rilevanza   ai   fini   della  decisione,  incidendo  sulla
valutazione che il giudice avrebbe dovuto svolgere sulla personalita'
dell'imputato, in relazione all'entita' della pena da infliggere, ove
ne avesse riconosciuta la responsabilita'".
    2.  -  Cio' premesso in ordine alla rilevanza della questione, il
rimettente osserva che, vigente la disciplina del giudizio abbreviato
precedente  alla  riforma  introdotta  dalla  legge 16 dicembre 1999,
n. 479,  la Corte costituzionale con la sentenza n. 23 del 1992 aveva
dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  del  combinato disposto
degli  artt. 438,  439,  440  e  442  cod.  proc. pen., nonche' degli
artt. 458,  commi 1 e 2, e 464, comma 1, cod. proc. pen., nella parte
in  cui  non  prevedevano  che, in caso di rigetto della richiesta di
giudizio  abbreviato, il giudice, in esito al dibattimento, ritenendo
che  il  processo  poteva  essere  definito allo stato degli atti dal
giudice per le indagini preliminari, avesse il potere di applicare la
riduzione di pena prevista dall'art. 442, comma 2, cod. proc. pen.
    Pur riconoscendo che l'attuale disciplina del giudizio abbreviato
e'  stata  profondamente  modificata  dalla legge n. 479 del 1999, il
rimettente    ritiene    che   siano   tuttora   presenti   vizi   di
costituzionalita'  analoghi  a  quelli  che  avevano indotto la Corte
costituzionale a intervenire con la sentenza n. 23 del 1992.
    Nel  caso  di  richiesta  di  giudizio abbreviato condizionata, a
norma  dell'art. 438,  comma  5,  cod.  proc.  pen.,  ad integrazione
probatoria,  la valutazione che il giudice e' tenuto a compiere sulla
necessita'   della   prova  ai  fini  della  decisione  e  sulla  sua
compatibilita'  con  le  finalita' di economia processuale e' infatti
sottratta - esattamente come lo era prima dell'intervento della Corte
il  giudizio  sulla  non  decidibilita'  allo  stato  degli  atti - a
qualsiasi  verifica da parte del giudice del dibattimento, nonostante
dall'ammissione   al  rito  abbreviato  derivi  la  possibilita'  per
l'imputato di fruire di una consistente riduzione di pena.
    La  mancata  previsione  del  potere  del  giudice  di  applicare
all'esito  del  dibattimento  la  diminuzione  di  un  terzo di pena,
qualora  ritenga  ingiustificato  il  rigetto della richiesta di rito
abbreviato  subordinata  ad  integrazione  probatoria,  si esporrebbe
quindi  alla  medesime  censure di incostituzionalita' per violazione
degli  artt. 3 e 24 Cost. allora prospettate dal rimettente e accolte
dalla   Corte,  in  quanto  limita  irragionevolmente  nell'ulteriore
svolgimento del processo il diritto di difesa dell'imputato in ordine
alla concreta determinazione della sanzione.
    Pur  riconoscendo la sostanziale analogia, sotto il profilo della
totale  assenza  di un sindacato sulla valutazione dei presupposti di
ammissibilita'  del  rito,  tra  la  disciplina  precedente  e quella
introdotta  dalla legge n. 479 del 1999, il rimettente ritiene di non
poter  pervenire  in  via  interpretativa  ad  applicare  i  principi
enunciati  nella menzionata sentenza della Corte, non solo perche' la
struttura del rito in esame e' ora radicalmente mutata, "ma anche per
la  necessita' di sottoporre alla verifica del Giudice delle leggi la
correttezza,  sotto  il  profilo  dei  principi costituzionali che si
assumono  violati,  della  ritenuta  equiparazione  tra  i poteri del
giudice  per  le  indagini  preliminari previsti dall'art. 438, comma
quinto, come novellato e quelli che spettavano allo stesso giudice ai
sensi dell'art. 440, comma primo, c.p.p., ormai abrogato".

                       Considerato in diritto

    1. - La questione di costituzionalita' degli artt. 438, 441 e 442
cod.  proc.  pen. investe,  sotto  i profili della irragionevolezza e
della lesione del diritto di difesa, la disciplina che non prevede il
potere   del   giudice  del  dibattimento  di  sindacare  il  rigetto
ingiustificato da parte del giudice per le indagini preliminari della
richiesta  dell'imputato  di  giudizio  abbreviato  subordinata a una
integrazione probatoria.
    Nella  specie  l'imputato, a seguito di notificazione del decreto
di giudizio immediato, aveva richiesto il giudizio abbreviato a norma
dell'art. 458  cod.  proc. pen., subordinandolo alla assunzione delle
testimonianze  delle  persone  offese,  che,  in  tesi, gli avrebbero
permesso  di  provare il risarcimento del danno derivante dal reato e
di ottenere quindi il riconoscimento della conseguente attenuante.
    Il  giudice  per  le  indagini  preliminari  aveva  rigettato  la
richiesta,  ritenendo  l'integrazione  probatoria non necessaria, con
una  motivazione  considerata  dal rimettente del tutto incongrua, in
quanto  a  suo avviso la prova richiesta "aveva una propria rilevanza
ai  fini  della decisione, incidendo sulla valutazione che il giudice
avrebbe   dovuto   svolgere   sulla  personalita'  dell'imputato,  in
relazione  all'entita'  della  pena  da  infliggere,  ove  ne  avesse
riconosciuta la responsabilita'".
    2.  -  Il rimettente sollecita un intervento additivo della Corte
sulla  falsariga del modulo procedimentale individuato dalla sentenza
n. 23  del  1992:  dovrebbe essere attribuito al giudice, in esito al
dibattimento, il potere di valutare se la prova a suo tempo richiesta
dall'imputato era necessaria e, in caso positivo, di applicare, nella
eventualita' di condanna, la riduzione di pena ex art. 442 cod. proc.
pen.
    Con  la  sentenza  n. 23  del  1992 (che a sua volta ricalcava la
soluzione  delineata nelle precedenti sentenze n. 66 del 1990, n. 183
del  1990  e  n. 81  del  1991,  relative  a  situazioni  nelle quali
l'accesso  dell'imputato  al  giudizio  abbreviato  era  impedito dal
dissenso,   ingiustificato,   del   pubblico  ministero),  era  stata
dichiarata  illegittima  la mancata previsione del potere del giudice
di  sindacare, in esito al dibattimento, il rigetto ingiustificato da
parte  del  giudice  per  le  indagini preliminari della richiesta di
giudizio abbreviato.
    La  sentenza  era  intervenuta  su  un  contesto normativo in cui
presupposti   per   l'introduzione   del   rito  erano  la  richiesta
dell'imputato  e  il  consenso del pubblico ministero, formulato alla
stregua  di  una  prognosi  di  sufficienza  e  di  adeguatezza degli
elementi  di  prova raccolti nel corso delle indagini preliminari; la
disciplina  allora  vigente  prevedeva  inoltre,  quale condizione di
ammissibilita',  una valutazione positiva del giudice per le indagini
preliminari  in ordine alla possibilita' di definire il processo allo
stato degli atti.
    La  Corte,  prendendo  atto  che  sia la mancanza di consenso del
pubblico  ministero,  sia  la valutazione negativa del giudice per le
indagini  preliminari  circa la definibilita' del processo allo stato
degli  atti  precludevano  l'instaurazione  del  rito, aveva pertanto
riconosciuto  al  giudice,  in  esito  al  dibattimento, il potere di
sindacare  tale  valutazione, al fine di applicare la riduzione della
pena.
    A  seguito  delle  innovazioni  introdotte dalla legge n. 479 del
1999,  il  giudizio  abbreviato  non si fonda piu' sul consenso delle
parti,   ma   viene   instaurato  sulla  base  della  mera  richiesta
dell'imputato;  inoltre,  al  giudice dell'udienza preliminare e' ora
attribuito  il  potere  di  assumere,  anche  d'ufficio, gli elementi
necessari  ai  fini  della decisione. Abbandonato quindi il parametro
della  definibilita'  allo  stato  degli  atti,  una  valutazione  di
ammissibilita'  e' prevista soltanto nell'ipotesi in cui la richiesta
di   giudizio   abbreviato   sia   subordinata  ad  una  integrazione
probatoria;   valutazione   i   cui   presupposti   sono  individuati
dall'art. 438,  comma 5, cod. proc. pen. nella necessita' di assumere
la  prova  ai  fini della decisione e nella sua compatibilita' con le
finalita'  di  economia  processuale proprie del procedimento, tenuto
conto degli atti gia' acquisiti e utilizzabili.
    3. - Malgrado le profonde modifiche apportate alla disciplina del
giudizio   abbreviato,  con  particolare  riferimento  ai  meccanismi
introduttivi,  e  pur  essendo  venute  meno le condizioni impeditive
all'instaurazione   del  rito  basate  sulla  non  definibilita'  del
processo allo stato degli atti, il rimettente ripropone acriticamente
la  medesima soluzione a suo tempo indicata da questa Corte, cioe' il
potere di applicare, in esito al dibattimento, la diminuzione di pena
prevista dall'art. 442 cod. proc. pen.
    Nel  formulare tale richiesta il giudice a quo non tiene peraltro
conto  che ai fini dell'ammissibilita' del giudizio abbreviato non si
richiede  piu' quella valutazione circa la definibilita' del processo
allo  stato  degli  atti  che  la Corte aveva ritenuto potesse essere
sindacata  solo  in  esito  al  dibattimento. Il giudice dell'udienza
preliminare   e'   ora  chiamato  a  verificare  solo  la  necessita'
dell'integrazione  probatoria  ai  fini  della  decisione  e  la  sua
compatibilita'  con  le finalita' di economia processuale proprie del
procedimento,  compiendo una valutazione alla stregua di un parametro
molto  piu'  circoscritto,  il  cui  eventuale  riesame non deve piu'
necessariamente essere collocato in esito al dibattimento.
    4.  - La questione deve pertanto essere dichiarata inammissibile,
atteso   che,   al   fine   di   superare  i  denunciati  profili  di
incostituzionalita',  il rimettente prospetta una soluzione incongrua
rispetto alla nuova disciplina del giudizio abbreviato.