ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2 del decreto
del  Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione
dell'imposta  comunale  sull'incremento di valore degli immobili), 4,
comma  17  [recte:  4,  comma  1,  lettera  a),  n. 17)], della legge
23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e
la  revisione  delle  discipline  in  materia di sanita', di pubblico
impiego,  di  previdenza  e  di finanza territoriale), 17 del decreto
legislativo  30 dicembre  1992,  n. 504 (Riordino della finanza degli
enti  territoriali,  a  norma  dell'articolo 4 della legge 23 ottobre
1992,  n. 421), e 11, comma 3, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79
(Misure   urgenti   per  il  riequilibrio  della  finanza  pubblica),
convertito  in  legge  28 maggio 1997, n. 140, promosso con ordinanza
emessa  il  1  febbraio  2000,  depositata il 14 febbraio 2000, dalla
Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano  sui ricorsi riuniti
proposti  da  Carla Brugola ed altri contro l'Ufficio del registro di
Milano,  iscritta  al n. 302 del registro ordinanze 2000 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 24, 1a serie speciale,
dell'anno 2000.
    Visti  l'atto  di costituzione di Ercole Brugola ed altri nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 13 febbraio 2002 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza del 1 febbraio 2000, depositata il
14 febbraio  2000, la Commissione tributaria provinciale di Milano ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3  e  53 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 2 del decreto
del  Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione
dell'imposta  comunale  sull'incremento di valore degli immobili), 4,
comma  17  [recte:  4,  comma  1,  lettera  a),  n. 17)], della legge
23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e
la  revisione  delle  discipline  in  materia di sanita', di pubblico
impiego,  di  previdenza  e  di finanza territoriale), 17 del decreto
legislativo  30 dicembre  1992,  n. 504 (Riordino della finanza degli
enti  territoriali,  a  norma  dell'articolo 4 della legge 23 ottobre
1992,  n. 421), e 11, comma 3, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79
(Misure   urgenti   per  il  riequilibrio  della  finanza  pubblica),
convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140;
        che  ad  avviso  del  rimettente  - il quale espone di essere
chiamato  a  pronunciarsi  sull'impugnativa di avvisi di liquidazione
emessi  dall'Ufficio  del  registro  di  Milano - le norme denunciate
contrasterebbero  con  gli  indicati  parametri  costituzionali nella
parte  in  cui  dispongono  che l'imposta comunale sull'incremento di
valore  degli  immobili  (I.N.V.I.M.), benche' soppressa e sostituita
dall'imposta  comunale  sugli  immobili  (I.C.I.)  a  decorrere dal 1
gennaio  1993,  continui  tuttavia  ad  essere  dovuta  -  ai  sensi,
specificamente, dell'art. 17, comma 7, del decreto legislativo n. 504
del 1992 - "nel caso in cui il presupposto di applicazione di essa si
verifica  dal  1  gennaio  1993  fino al 1 gennaio 2003 limitatamente
all'incremento di valore maturato fino al 31 dicembre 1992";
        che   si  realizzerebbe,  in  tal  modo,  una  ingiustificata
disparita'  di  trattamento tra coloro che, avendo acquistato un bene
immobile prima del 1 gennaio 1993, lo vendano dopo tale data ma prima
del  1  gennaio  2003  e  coloro  che  lo  vendano  successivamente a
quest'ultima  data,  in  quanto solamente i primi sarebbero tenuti al
pagamento  dell'I.N.V.I.M.,  sia pure limitatamente all'incremento di
valore  verificatosi sino al 31 dicembre 1992, in aggiunta all'I.C.I.
dovuta per il periodo di possesso successivo alla data suddetta;
        che   l'incostituzionalita'   della  disciplina  risulterebbe
ulteriormente  accentuata  -  ad  avviso ancora del giudice a quo - a
seguito  dell'istituzione,  con l'art. 11, comma 3, del decreto-legge
28 marzo  1997,  n. 79,  per i soli trasferimenti per causa di morte,
della  imposta  sostitutiva  di  quella  comunale  sull'incremento di
valore  degli  immobili,  la  quale  colpisce  con  l'aliquota  fissa
dell'uno  per cento, nelle successioni aperte fino al 1 gennaio 2003,
gli immobili acquistati dal de cuius prima del 31 dicembre 1992;
        che,  secondo  il  rimettente,  il  legislatore, avendo a suo
tempo  disposto  che  l'I.N.V.I.M. fosse applicata in occasione tanto
dei  trasferimenti  inter  vivos  quanto  di quelli mortis causa, non
avrebbe  potuto  successivamente  prevedere  - pena la violazione del
principio  di eguaglianza - un diverso trattamento per le due ipotesi
in  relazione  al  periodo  di  regime  prorogato,  tanto piu' ove si
consideri  che l'I.N.V.I.M. e' imposta progressiva a scaglioni mentre
l'imposta sostitutiva e' proporzionale;
        che la normativa denunciata sarebbe, infine, in contrasto con
i  parametri  evocati  anche  sotto  il  profilo  della irragionevole
sovrapposizione  di imposta locale ed imposta erariale nel periodo di
regime prorogato;
        che  si  sono  costituiti  in  giudizio Ercole, Igino, Carla,
Stefania  e  Maria  Brugola,  ricorrenti  nel giudizio a quo, i quali
hanno  concluso  per  l'accoglimento  della questione di legittimita'
costituzionale;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  concludendo,  in  via  principale,  per  la  declaratoria  di
inammissibilita'  della  questione, per totale carenza di motivazione
in  punto  di  rilevanza,  non  risultando dall'ordinanza quale delle
norme  impugnate  -  aventi  ambiti  diversi, anche temporalmente, di
operativita'  -  debba  essere  effettivamente  applicata nel caso di
specie;
        che,  in  via  subordinata,  nel  merito, l'Avvocatura chiede
dichiararsi l'infondatezza della questione stessa;
        che  l'individuazione  della  data  del  1 gennaio 2003 quale
termine finale del regime di protratta applicabilita' dell'I.N.V.I.M.
costituirebbe - secondo la stessa Avvocatura - espressione di una non
irragionevole   valutazione   discrezionale   del   legislatore,  non
censurabile in sede di scrutinio di legittimita' costituzionale;
        che    la   prospettata   disparita'   di   trattamento   non
sussisterebbe, d'altro canto, nemmeno con riferimento alla disciplina
di cui al decreto-legge n. 79 del 1997, che all'art. 11 ha introdotto
-  dalla  data  di entrata in vigore del decreto stesso - una imposta
sostitutiva  dell'I.N.V.I.M.  per le successioni concernenti immobili
posseduti  dal  de cuius alla data del 31 dicembre 1992, in quanto la
diversita'  delle  situazioni poste a confronto - trasferimenti inter
vivos  e  successioni  mortis causa - renderebbe non irragionevole la
scelta  discrezionale del legislatore di differenziare il trattamento
fiscale del trasferimento immobiliare nelle due ipotesi;
        che   nessuna   lesione   dell'art. 53   Cost.,   determinata
dall'asserita  sovrapposizione  di tributo erariale e tributo locale,
si  verificherebbe,  infine,  con  riguardo al periodo di coesistenza
dell'I.C.I.  e  dell'I.N.V.I.M.,  considerati  sia  il  carattere non
"confiscatorio"   del  prelievo  complessivo  sia  la  diversita'  di
presupposti  tra  i  due  tributi  sia,  infine,  la  circostanza che
l'incremento  di  valore  tassabile  ai  fini  I.N.V.I.M., nel regime
prorogato, e' solamente quello verificatosi sino al 31 dicembre 1992.
    Considerato che la questione sollevata dal rimettente riguarda la
legittimita'  costituzionale  del  regime di protratta applicabilita'
dell'I.N.V.I.M., limitatamente all'incremento di valore maturato sino
al  31 dicembre  1992, nel caso in cui il presupposto di applicazione
dell'imposta  si  verifichi dal 1 gennaio 1993 sino al 1 gennaio 2003
(termine  successivamente  anticipato  al 1 gennaio 2002 dall'art. 8,
comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448);
        che   il   giudice  rimettente  afferma  in  modo  del  tutto
apodittico  e  immotivato la rilevanza della questione nel giudizio a
quo;
        che  siffatto difetto di motivazione non puo' certo ritenersi
superato  dalle indicazioni fornite dalle parti private nella memoria
di  costituzione,  essendo  di esclusiva competenza del rimettente la
valutazione in ordine alla rilevanza della questione;
        che,  d'altra  parte,  non e' possibile desumere la rilevanza
della  questione  dalla  descrizione  della  fattispecie  dedotta  in
giudizio  che  il  rimettente  effettua  solo  genericamente  e senza
neppure  indicare  a  quale  imposta  si  riferiscano  gli  avvisi di
liquidazione impugnati dai ricorrenti;
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
innanzi alla Corte costituzionale.