ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 38, quarto
comma,  del  d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in
materia  di  accertamento delle imposte sui redditi), come modificato
dall'art. 1  della  legge  30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per
ampliare   le  basi  imponibili,  per  razionalizzare,  facilitare  e
potenziare   l'attivita'   di   accertamento;   disposizioni  per  la
rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili delle imprese, nonche'
per  riformare  il  contenzioso  e  per  la definizione agevolata dei
rapporti  tributari  pendenti;  delega al Presidente della Repubblica
per  la  concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei
centri  di  assistenza  fiscale  e  del  conto fiscale), promosso con
ordinanza  emessa  il  23 marzo  2000  dalla  Commissione  tributaria
regionale  di  Milano  sul  ricorso proposto da Guidorzi Ugo ed altra
contro  l'Ufficio  Imposte dirette di Mantova, iscritta al n. 146 del
registro  ordinanze  2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 10, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 13 febbraio 2002 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso da due coniugi ed
avente  ad  oggetto  la  declaratoria  di  illegittimita'  di  taluni
accertamenti   in  rettifica  effettuati  con  metodo  sintetico,  la
Commissione   tributaria  regionale  di  Milano,  con  ordinanza  del
23 marzo  2000, pervenuta alla Cancelleria della Corte costituzionale
il  9 febbraio 2001, ha sollevato, in riferimento agli artt. 23, 70 e
76  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 38,  quarto  comma,  del  d.P.R.  29 settembre 1973, n. 600
(Disposizioni  comuni  in  materia  di accertamento delle imposte sui
redditi),  come  modificato dall'art. 1 della legge 30 dicembre 1991,
n. 413   (Disposizioni   per   ampliare   le   basi  imponibili,  per
razionalizzare,  facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento;
disposizioni  per  la  rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili
delle  imprese,  nonche'  per  riformare  il  contenzioso  e  per  la
definizione  agevolata  dei  rapporti  tributari  pendenti; delega al
Presidente  della Repubblica per la concessione di amnistia per reati
tributari;  istituzioni  dei centri di assistenza fiscale e del conto
fiscale),   nella   parte   in  cui  "nello  stabilire  le  modalita'
dell'accertamento   sintetico,  non  fissa  precisi  criteri  (metodi
statistici,  valori  base,  abbattimenti, spese, etc.) di rilevazione
del   reddito,   o maggior  reddito,  dagli  elementi  indicativi  di
capacita'  contributiva,  dei quali il Ministro debba tener conto" in
occasione della emissione del decreto previsto dalla norma impugnata;
        che,  secondo  la  Commissione rimettente, la norma censurata
solo  apparentemente  si  riferirebbe a modalita' di accertamento del
reddito,   mentre   in   effetti   regolerebbe   l'oggetto   di  tale
accertamento, lasciando al Ministro ampia discrezionalita' sul punto;
        che,  in  tal  modo,  la  norma  verrebbe  ad incidere "sulla
materia   imponibile   e,   quindi,   su   quell'elemento  essenziale
dell'imposta  che  e'  il  suo  oggetto", violando il principio della
riserva  di  legge  -  ritenuta  dal  rimettente  assoluta  -  di cui
all'art. 23 Cost;
        che la norma sarebbe altresi' in contrasto con gli artt. 70 e
76  della  Costituzione  che  fisserebbero  per  i  singoli Ministri,
"quando  sono  delegati ad emanare norme aventi valore sostanziale di
legge",  gli  stessi  limiti,  di  oggetto, di criteri direttivi e di
tempo,  stabiliti  per  il Governo "quando ottiene delega legislativa
dal Parlamento";
        che  la  questione  sarebbe  rilevante per la definizione del
giudizio  a  quo  "in  quanto  la dichiarazione d'incostituzionalita'
della  norma  di  che  trattasi  provocherebbe  l'illegittimita'  dei
decreti  ministeriali  10 settembre  e  19 novembre  1992, in base ai
quali e' stato effettuato l'accertamento sintetico in contestazione";
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato,  che  ha  concluso  per  la declaratoria di infondatezza della
questione,  rilevando,  quanto  all'affermato contrasto con l'art. 23
della  Costituzione,  la  valenza  meramente probatoria del metodo di
accertamento  induttivo, tale da non incidere ne' sul presupposto del
tributo  ne' sulla base imponibile ed evidenziando, altresi', come il
potere   del   Ministro,   essendo  circoscritto  da  precisi  limiti
desumibili  dalla norma censurata e dall'art. 2 del d.P.R. n. 600 del
1973,  non  possa  ritenersi  lesivo  degli  articoli  70  e 76 della
Costituzione;
    Considerato  che la Commissione tributaria regionale di Milano ha
sollevato,  in riferimento agli artt. 23, 70 e 76 della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 38, quarto comma,
del  d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia
di   accertamento   delle   imposte  sui  redditi),  come  modificato
dall'art. 1  delle  legge  30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per
ampliare   le  basi  imponibili,  per  razionalizzare,  facilitare  e
potenziare   l'attivita'   di   accertamento;   disposizioni  per  la
rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili delle imprese, nonche'
per  riformare  il  contenzioso  e  per  la definizione agevolata dei
rapporti  tributari  pendenti;  delega al Presidente della Repubblica
per  la  concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei
centri  di  assistenza  fiscale e del conto fiscale), "nella parte in
cui,  nello  stabilire  le modalita' dell'accertamento sintetico, non
fissa  precisi criteri (metodi statistici, valori base, abbattimenti,
spese,  etc.)  di  rilevazione  del reddito, o maggior reddito, dagli
elementi  indicativi di capacita' contributiva, dei quali il Ministro
debba  tener conto" in occasione della emissione del decreto previsto
dalla norma impugnata;
        che la norma impugnata e' stata modificata, in data anteriore
all'ordinanza   di  rimessione,  dall'art. 1,  lettera  q)  del  d.l.
31 maggio  1994,  n. 330  (Semplificazione  di talune disposizioni in
materia  tributaria),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge
27 luglio  1994, n. 473 (Conversione in legge, con modificazioni, del
d.l.  31 maggio  1994,  n. 330,  recante  semplificazione  di  talune
disposizioni in materia tributaria);
        che,   qualora  la  norma  censurata  sia  stata  abrogata  o
modificata   anteriormente  alla  proposizione  della  questione,  il
giudice  rimettente  ha  l'onere, secondo la giurisprudenza di questa
Corte,  di  specificare  in  modo  rigoroso i motivi della perdurante
rilevanza  della  questione  (cfr., fra le molte, le ordinanze n. 590
del 2000, n. 456 del 2000 e n. 216 del 2000);
        che,  nel presente caso, siffatto onere non e' stato assolto,
non  facendo il rimettente neppure menzione dell'intervenuta modifica
normativa;
        che,   pertanto,   la   questione   deve   essere  dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.