ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 46 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 27 gennaio 2000 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Marcello Spaccarelli e Emilio Ponticiello, iscritta al n. 300 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, 1a serie speciale, dell'anno 2001. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 16 gennaio 2002 il giudice relatore Franco Bile. Ritenuto che il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa il 27 gennaio 2000, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 46 del codice di procedura civile, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non consente l'impugnazione mediante istanza di regolamento di competenza delle sentenze del giudice di pace; che la questione di legittimita' costituzionale e' stata sollevata nel corso di una causa civile di valore superiore a due milioni di lire, in grado di appello, in cui era impugnata la sentenza d'incompetenza territoriale emessa dal giudice di pace di Roma; che il giudice rimettente - partendo dall'interpretazione data all'art. 46 cod. proc. civ. dalla Corte di cassazione, nel senso dell'inammissibilita' dell'istanza di regolamento di competenza avverso le sentenze del giudice di pace in tema di competenza (o di sospensione del processo), e tenendo conto che il testo vigente dell'art. 353 cod. proc. civ. non prevede, in caso di riforma della sentenza di primo grado declinatoria della competenza, il ritorno della causa al primo giudice - dubita della legittimita' costituzionale del sistema che ne risulta, per violazione dei principi di uguaglianza, di ragionevolezza e del diritto di difesa in giudizio, sotto vari profili; che in particolare, secondo il rimettente, la dichiarazione di incompetenza del giudice di pace comporterebbe la devoluzione al giudice di appello, in unico grado, della cognizione sul merito e quindi l'attribuzione alla vicenda di un solo grado di giurisdizione di merito, con conseguente pregiudizio del diritto di difesa; che inoltre il provvedimento del giudice di pace che dichiari la sospensione del processo sarebbe assolutamente insindacabile, con irragionevole differenza rispetto alla disciplina dello stesso provvedimento emesso da altri giudici, impugnabile con istanza di regolamento di competenza, senza che rilevi la possibilita', addotta dalla giurisprudenza, di far valere l'illegittimita' della sospensione con la sentenza che definisce il giudizio, perche' intanto sarebbe divenuto irrimediabilmente privo di tutela il diritto della parte alla non sospensione; che il ritorno al primo giudice ha invece luogo ove la sentenza del giudice di pace, se inappellabile in quanto pronunciata secondo equita', sia soggetta a ricorso per cassazione, con conseguente irragionevole anomalia; che infine, ove venga affermata dal giudice di pace la competenza per materia o per valore del tribunale, si verificherebbe la sovrapposizione, davanti a quest'ultimo, di una controversia in grado di appello contro la sentenza del giudice di pace e di altra controversia in primo grado a seguito di riassunzione, con possibilita' di decisioni difformi; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, rilevando che la questione e' gia' stata dichiarata manifestamente infondata con l'ordinanza n. 585 del 2000. Considerato che con l'ordinanza n. 585 del 2000 questa Corte ha dichiarato manifestamente infondata identica questione di legittimita' costituzionale, rilevando che la disciplina risultante dal combinato disposto degli artt. 46 e 353 del codice di procedura civile non e' irrazionale ne' in contrasto con gli invocati principi costituzionali, per la presenza di rimedio avverso le sentenze del giudice di pace di valore superiore a due milioni, declinatorie della competenza; che - non essendo state prospettate ragioni idonee a giustificare una diversa decisione ne deriva la manifesta infondatezza della odierna questione. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.