ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 2,
2,  3  e  4  della  legge della Regione Piemonte 3 gennaio 1997, n. 4
(Regolamentazione  dell'esercizio dell'attivita' libero-professionale
dei  medici  veterinari  dipendenti  dal servizio sanitario nazionale
(SSN),  promossi  con  due  ordinanze  emesse  il  10 maggio 2000 dal
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Piemonte,  rispettivamente
iscritte  ai  nn. 522  e 523 del registro ordinanze 2000 e pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 40, 1a serie speciale,
dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di L. B. ed altri, di G. Z. e
della Regione Piemonte;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 30 gennaio 2002 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte,
nel   corso   di   due  giudizi  aventi  rispettivamente  ad  oggetto
l'annullamento della nota con cui l'Azienda sanitaria regionale n. 16
di Mondovi' ha chiesto ad alcuni medici veterinari da essa dipendenti
informazioni   sulla  loro  attivita'  libero-professionale,  nonche'
dell'atto  con cui l'Azienda sanitaria regionale del Piemonte n. 8 di
Chieri  ha  intimato  ad  un medico veterinario da essa dipendente la
chiusura del suo ambulatorio privato, con due ordinanze del 10 maggio
2000,  depositate il successivo 26 maggio 2000, di contenuto in larga
misura   coincidente,   ha   sollevato   questione   di  legittimita'
costituzionale: nel primo giudizio, degli articoli 1, comma 2, 2, 3 e
4   della   legge   della   Regione  Piemonte  3 gennaio  1997,  n. 4
(Regolamentazione  dell'esercizio dell'attivita' libero-professionale
dei  medici  veterinari  dipendenti  dal servizio sanitario nazionale
(SSN)  e,  nel  secondo  giudizio, dell'art. 2 della stessa legge, in
riferimento agli articoli 3, 4, 35, 117 e 120 della Costituzione;
        che, secondo i rimettenti, le norme impugnate disciplinano la
libera  professione  dei  medici  veterinari  del  Servizio sanitario
nazionale  (SSN)  con  modalita'  tali  da  impedirne sostanzialmente
l'esercizio,  in  violazione  del  principio  di  ragionevolezza, del
diritto  costituzionale  al  lavoro,  dei principi della legislazione
statale  che  regolano  la  materia  e  del  diritto dei cittadini di
esercitare   la   loro  professione  in  ogni  parte  del  territorio
nazionale;
        che,  a  loro  avviso,  l'art. 2  della  legge, stabilendo il
divieto   di  svolgere,  nel  territorio  dell'azienda  sanitaria  di
appartenenza,  la  libera  professione  relativamente  agli  "animali
d'affezione",  violerebbe  gli articoli 4 e 35 della Costituzione, in
quanto realizza "un grave affievolimento delle facolta' professionali
del   veterinario   senza  raccordarsi  funzionalmente  a  specifiche
esigenze   della  struttura  sanitaria  pubblica",  sovrapponendo  il
criterio   territoriale  a  quello  della  potenziale  situazione  di
conflitto,  il  quale richiederebbe di "procedere alla individuazione
in concreto delle situazioni pregiudizievoli per i fini istituzionali
del Servizio sanitario nazionale";
        che  l'art. 3 della legge regionale, prevedendo il divieto di
svolgere  attivita' libero-professionale in riferimento agli "animali
da    reddito",   salvo   il   caso   di   "carenza   di   veterinari
libero-professionisti",  determinerebbe  una sostanziale soppressione
della facolta' di esercitare la libera professione, in mancanza di un
"ponderato  collegamento  con  le  esigenze  del  servizio  sanitario
pubblico",   ed  identico  risultato  sarebbe  realizzato  anche  dal
successivo  art. 4,  il quale estende la disciplina degli artt. 2 e 3
all'attivita' veterinaria avente ad oggetto il "cavallo sportivo";
        che,  secondo  i  rimettenti,  l'art. 1, comma 2, della legge
regionale  in  oggetto  sarebbe viziato a causa della sua connessione
con la disciplina stabilita dai precedenti artt. 2 e 3;
        che   le   norme   impugnate,   ad   avviso   del   Tribunale
amministrativo  regionale,  si  porrebbero  altresi' in contrasto con
l'art. 3  della  Costituzione,  in  quanto,  benche'  riconoscano  il
diritto   a   svolgere  attivita'  libero-professionale,  recano  una
disciplina  che  sostanzialmente  lo  vanifica,  stabilendo  altresi'
l'art. 2   della  legge  regionale  un  limite  territoriale  al  suo
esercizio che recherebbe vulnus all'art. 120 della Costituzione;
        che,  infine,  secondo  i  giudici  a  quibus  tutte le norme
censurate  violerebbero  l'art. 117  della  Costituzione,  poiche' si
porrebbero  in  contrasto con i principi fondamentali stabiliti nella
materia  dalla legislazione statale, la quale prevederebbe il diritto
dei  medici veterinari a svolgere attivita' libero-professionale, che
risulterebbe  invece  compromessa dalla legge regionale, senza che le
limitazioni  siano giustificate da "alcun ragionevole raccordo con le
esigenze della struttura pubblica";
        che  in  entrambi  i  giudizi  si  e'  costituita  la Regione
Piemonte, in persona del Presidente della Giunta regionale, convenuta
in  entrambi  i  processi  principali,  chiedendo che le questioni di
costituzionalita'   siano   dichiarate   inammissibili   e   comunque
infondate;
        che,  a  suo  avviso,  le  disposizioni  impugnate  mirano  a
garantire la funzionalita' del servizio e non violerebbero i principi
stabiliti   dalla  legislazione  dello  Stato  che,  per  ragioni  di
interesse  pubblico,  ha  limitato la facolta' dei dirigenti sanitari
del SSN di esercitare attivita' libero-professionale;
        che,  secondo  la  Regione  Piemonte,  i limiti all'esercizio
dell'attivita'  libero-professionale  stabiliti dalle norme censurate
sarebbero ragionevolmente ispirati dall'intento di tutelare interessi
di  rango costituzionale e di garantire la funzionalita' del servizio
pubblico sanitario;
        che  nei predetti giudizi si sono costituiti i ricorrenti nei
processi  principali,  i  quali,  con  argomentazioni sostanzialmente
coincidenti, hanno chiesto l'accoglimento delle questioni, sostenendo
che   la   legge  regionale  non  sarebbe  giustificata  da  "ragioni
direttamente   connesse   alla  primaria  esigenza  di  garantire  un
efficiente servizio sanitario pubblico";
        che,  a  loro avviso, le disposizioni impugnate si porrebbero
in  contrasto  con  i  "principi  fondamentali  in  materia, quali si
desumono  dalla legislazione statale" e violerebbero l'art. 117 della
Costituzione  anche  nel  testo modificato dalla legge costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3, in quanto "non sembra sostanzialmente mutata
la disciplina dei limiti della potesta' legislativa" regionale.
    Considerato   che   i   giudizi  hanno  ad  oggetto  le  medesime
disposizioni   di   legge   in   riferimento  agli  stessi  parametri
costituzionali   e,   quindi,   vanno   riuniti   per  essere  decisi
congiuntamente;
        che  le  norme  regionali  impugnate sono state censurate dal
Tribunale  amministrativo  regionale del Piemonte in riferimento agli
artt. 3, 4, 35, 117 e 120 della Costituzione;
        che,  successivamente ad entrambe le ordinanze di rimessione,
e'  entrata  in  vigore la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche  al  Titolo V della parte seconda della Costituzione), che
tra  l'altro, agli art. 3 e 6, ha sostituito il testo degli artt. 117
e 120 della Costituzione;
        che la sopravvenuta modificazione di due delle norme invocate
come  parametro  di  giudizio,  impone  la restituzione degli atti ai
giudici rimettenti, affinche' essi riesaminino, sotto ogni profilo, i
termini  della  questione  alla  luce  dell'intervenuto mutamento del
quadro  normativo  (ordinanze  n. 9 del 2002, n. 416 del 2001, n. 397
del 2001).