ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 8
della  legge  6 marzo  2001, n. 60 (Disposizioni in materia di difesa
d'ufficio),  promosso,  nell'ambito  di  un  procedimento penale, dal
Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze
con  ordinanza  emessa  il  10 aprile  2001,  iscritta  al n. 507 del
registro  ordinanze  2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 26, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 13 febbraio 2002 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale  di  Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97,
101,   111  e  112  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  degli  artt. 1,  2,  3  e 8 della legge 6 marzo 2001,
n. 60 (Disposizioni in materia di difesa d'ufficio);
        che il rimettente premette in fatto:
          di   essere   investito   della  decisione  concernente  la
convalida  di  un  sequestro  probatorio  operato  d'iniziativa della
polizia  giudiziaria nei confronti di un indagato e di dover pertanto
provvedere  alla nomina di un difensore di ufficio, anche ai fini del
deposito   del   verbale   dell'atto   eseguito   e   della  notifica
dell'informazione di garanzia all'indagato, che, successivamente alla
promulgazione  della  legge n. 60 del 2001, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2001, in data 4 aprile 2001 il Consiglio
dell'Ordine  degli  avvocati  di  Firenze  aveva fatto pervenire agli
uffici  giudiziari  una delibera con la quale, dopo aver affermato di
non  aver  ancora potuto realizzare l'ufficio centralizzato destinato
alla  individuazione  dei  difensori d'ufficio, disponeva che, in via
transitoria,  mantenessero  efficacia  gli  elenchi  dei difensori di
ufficio redatti ai sensi del previgente art. 29 delle disposizioni di
attuazione del codice di procedura penale;
        che  il  rimettente rileva di non poter procedere alla nomina
di un difensore d'ufficio, in quanto la nuova normativa gli impone di
attivare la procedura prevista dagli artt. 1, 2 e 8 della legge n. 60
del  2001,  contattando  l'apposito ufficio istituito presso l'Ordine
forense  onde  conoscere  il  nominativo  del  difensore d'ufficio da
nominare,  ma  di  fatto  tale  adempimento  gli risulta precluso non
avendo il Consiglio dell'Ordine dato concreta attuazione alla legge;
        che, d'altro canto, non gli sarebbe possibile, come suggerito
dallo stesso Consiglio dell'Ordine, individuare in via transitoria il
difensore d'ufficio tramite gli elenchi redatti ai sensi dell'art. 29
disp.  att.  cod. proc. pen. nel testo precedente alla modifica, "non
risultando tale previsione espressamente prevista dalla legge ed anzi
risultando  implicitamente  del tutto incompatibile con essa e con la
ratio che ha ispirato la nuova regolamentazione";
        che  ad  avviso  del  rimettente  la  nuova disposizione mira
infatti a rafforzare il diritto di difesa, "togliendo la possibilita'
al  pubblico  ministero  -  in  quanto  controparte - di essere lui a
scegliere da chi debba essere assistito l'indagato";
        che,  pertanto, alla luce della nuova disciplina la nomina di
un  difensore di ufficio al posto di un altro non darebbe luogo a una
mera  irregolarita',  ma  alla  piu' grave sanzione della nullita' ex
art. 178, lettera c), cod. proc. pen;
        che,  per  quanto  riguarda  la  legittimazione  a  sollevare
questioni di costituzionalita', il rimettente afferma di conoscere la
contraria   giurisprudenza  della  Corte,  secondo  cui  il  pubblico
ministero  non  e' titolare di un potere decisorio, e non puo' quindi
sostituirsi  all'autorita' giurisdizionale competente, ma ritiene che
nel  caso  in  esame  il  pubblico ministero agisca non come parte in
senso  stretto,  bensi'  come  "organo  di  controllo  e garanzia del
rispetto   della   legge   nella  potenziale  controversia  tra  P.G.
procedente  d'iniziativa  e  cittadino che ha subito il sequestro", e
sia  titolare  di  "un  potere decisorio che si deve estrinsecare nel
provvedere o non provvedere alla convalida del sequestro";
        che  ad  avviso del rimettente la nuova normativa si porrebbe
in contrasto:
          con   l'art. 3   Cost.,   per  la  evidente  disparita'  di
trattamento  tra  il pubblico ministero e il difensore dell'indagato,
che ben potrebbe "far valere una nullita' a favore del suo assistito,
nullita'   che   [...]   trova   la  sua  origine  non  in  un  vizio
dell'attivita'  del  pubblico  ministero  ed  a questi imputabile, ma
nell'attivita'  di  un  organo  esponenziale  e rappresentativo dello
stesso  difensore"  con  gli  artt. 97  e  112 Cost., perche' sarebbe
pregiudicata   la  stessa  possibilita'  del  pubblico  ministero  di
esercitare  l'azione penale "in modo valido ed esente da qualsivoglia
nullita'";
          con   l'art. 101   Cost.,  in  quanto  tale  "garanzia"  e'
estensibile  anche  al  pubblico  ministero, che sarebbe soggetto non
solo alla legge, ma anche a decisioni di organi diversi;
          con l'art. 111 Cost., per la violazione del principio della
parita'  delle  parti,  che  deriverebbe  dalla mancata attuazione da
parte  dell'Ordine  degli  Avvocati del sistema delineato dalla legge
n. 60 del 2001;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
del  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che,  alla  luce  della consolidata giurisprudenza
costituzionale, la questione sia dichiarata inammissibile per carenza
di legittimazione da parte dell'organo che ha sollevato la questione:
il pubblico ministero non sarebbe dotato di "potere decisorio" ne' in
relazione  alla convalida del sequestro, trattandosi di provvedimento
ricorribile  in sede di riesame, ne' in relazione al provvedimento di
designazione  del difensore d'ufficio, adempimento invero doveroso al
fine di garantire il diritto di difesa, ma di competenza della stessa
polizia  giudiziaria  nella  fase  antecedente  alla assunzione della
direzione delle indagini da parte del pubblico ministero.
    Considerato  che  il  rimettente  -  Sostituto  Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Firenze - nell'atto di procedere, a
norma  dell'art. 355  cod. proc. pen., alla convalida di un sequestro
probatorio   disposto   d'iniziativa  dalla  polizia  giudiziaria  ex
art. 354,  comma 2, dello stesso codice, ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 3,  97,  101,  111 e 112 Cost., questione di legittimita'
costituzionale  degli  artt. 1,  2,  3  e 8 della legge 6 marzo 2001,
n. 60,  nella  parte  in  cui non consentono al pubblico ministero di
nominare  un  difensore  d'ufficio  all'indagato nei cui confronti e'
stato eseguito il sequestro, stante la mancata attuazione della nuova
disciplina da parte del Consiglio dell'Ordine degli avvocati;
        che  il  rimettente  rivendica  la  propria  legittimazione a
sollevare  la  questione  di costituzionalita', in quanto nel caso di
specie,  essendo chiamato ad agire non come parte, ma come "organo di
controllo  e  di  garanzia"  nella  "potenziale  controversia" tra la
polizia giudiziaria e il destinatario del sequestro, sarebbe titolare
di  "un  potere  decisorio"  che  si estrinsecherebbe nel disporre la
convalida   del   sequestro,   ovvero   la  restituzione  delle  cose
sequestrate;
        che  preliminarmente  si  deve accertare se il rimettente sia
legittimato   a   sollevare,   ai   sensi   dell'art. 1  della  legge
costituzionale  9 febbraio  1948,  n. 1,  e  dell'art. 23 della legge
11 marzo 1953, n. 87, questione di legittimita' costituzionale;
        che,  secondo la giurisprudenza di questa Corte, la questione
puo'  essere  sollevata  nel  corso  di  un  giudizio  caratterizzato
dall'"esercizio  di  funzioni giudicanti per l'obiettiva applicazione
della  legge"  ad opera di soggetti "posti in posizione super partes"
(sentenze n. 376 del 2001 e n. 387 del 1996);
        che  quindi,  ove  il  rimettente  non  rivesta  la  qualita'
soggettiva  di  giudice,  la  legittimazione a sollevare questioni di
costituzionalita'  dipende  dall'esercizio  di  un'attivita'  di tipo
giurisdizionale   o   comunque   assistita,   in   quanto   destinata
all'applicazione  obiettiva  del  diritto  nel  caso  concreto, dalle
garanzie  del  contraddittorio  e  della imparzialita', tipiche della
giurisdizione (sentenza n. 387 del 1996);
        che,   a  prescindere  dalla  qualificazione  soggettiva  del
rimettente, nel caso di specie non e' dato ravvisare, con riferimento
all'attivita'  di  convalida  del  sequestro  probatorio da parte del
pubblico  ministero,  alcuna  delle  caratteristiche  della  funzione
giudicante,  posto  che  tale  provvedimento,  come  precisato  dalla
giurisprudenza  di legittimita' e da questa stessa Corte (v. sentenza
n. 151   del   1993),   si  atteggia  quale  ratifica  dell'esercizio
provvisorio  da  parte  della  polizia  giudiziaria di un potere che,
essendo  proprio  del pubblico ministero, ha la medesima funzione del
decreto  di sequestro da lui disposto direttamente; tanto e' vero che
il  decreto  che dispone il sequestro e la convalida sono soggetti al
medesimo controllo del tribunale del riesame;
        che  peraltro l'applicazione delle norme di cui il rimettente
eccepisce l'illegittimita' costituzionale, relative alle modalita' di
individuazione  e  di  nomina  del  difensore d'ufficio, non comporta
all'evidenza  poteri  in  capo  al  pubblico ministero assimilabili a
quelli   che   abilitano   l'autorita'  giurisdizionale  a  sollevare
questioni di legittimita' costituzionale;
        che    la   questione   deve   pertanto   essere   dichiarata
manifestamente   inammissibile  per  difetto  di  legittimazione  del
pubblico ministero a sollevarla.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n.87,  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.