ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 1, del
d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul
processo  penale  a  carico  di  imputati minorenni), come modificato
dall'art. 22  della  legge  1  marzo 2001, n. 63 (Modifiche al codice
penale  e  al  codice  di procedura penale in materia di formazione e
valutazione  della  prova in attuazione della legge costituzionale di
riforma  dell'art. 111  della Costituzione), promossi, nell'ambito di
diversi  procedimenti  penali, con ordinanze dei Giudici dell'udienza
preliminare  del  Tribunale  per  i  minorenni  di  Palermo  in  data
24 aprile 2001, di Salerno in data 23 aprile 2001, di Palermo in data
25 maggio   2001,   di   Reggio   Calabria  in  data  6 giugno  2001,
rispettivamente  iscritte  ai  nn. 556,  565,  756 e 787 del registro
ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 32, 39 e 40, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 marzo 2002 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ordinanza del 24 aprile 2001 (r.o. n. 556 del 2001) il
giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale per i minorenni di
Palermo  ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 3, 10, 104 e 111,
quarto   comma,   della   Costituzione,   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 32,  comma 1, del d.P.R. 22 settembre 1988,
n. 448  (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico
di  imputati  minorenni),  come modificato dall'art. 22 della legge 1
marzo  2001,  n. 63  (Modifiche  al  codice  penale  e  al  codice di
procedura  penale  in materia di formazione e valutazione della prova
in  attuazione  della  legge  costituzionale di riforma dell'art. 111
della  Costituzione),  "nella parte in cui non prevede che in caso di
contumacia   o   irreperibilita'   dell'imputato  il  giudice  possa,
nell'interesse preminente dello stesso, comunque emettere sentenza di
proscioglimento  ex  art. 425  cod.  proc.  pen. ovvero  sentenza  di
proscioglimento   per   concessione  del  perdono  giudiziale  o  per
irrilevanza del fatto".
    Il  giudice  a  quo  premette:  che  procede  nei confronti di un
imputato,  minorenne  all'epoca  dei  fatti,  per  il  reato di furto
aggravato  ai  sensi  dell'art. 61, numero 2, cod. pen; che il reato,
commesso  nel  1997,  e'  divenuto  procedibile a querela per effetto
dell'art. 12  della  legge  25 giugno  1999,  n. 205; che non risulta
proposta  querela  e  che  pertanto  dovrebbe  emettersi  sentenza di
improcedibilita'  ex  art. 425  cod. proc. pen., ma tale pronuncia e'
impedita dalla contumacia dell'imputato.
    Per effetto delle modifiche recate dall'art. 22 della legge n. 63
del  2001,  l'art. 32  del d.P.R. n. 448 del 1988 prevede infatti, al
comma  1,  che  nell'udienza  preliminare,  prima  dell'inizio  della
discussione,  il giudice debba chiedere all'imputato se consente alla
definizione  del  processo  in  quella  stessa  fase  -  salvo che il
consenso  sia  stato  validamente prestato in precedenza - e, quindi,
possa pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti
dall'art. 425   cod.  proc.  pen.,  o  per  concessione  del  perdono
giudiziale  o  per irrilevanza del fatto, solo se il consenso risulti
prestato.
    Con la conseguenza che, allorche' l'imputato sia contumace - come
nel giudizio a quo - ovvero sia legittimamente assente o irreperibile
e  non  presti  percio' il consenso alla definizione del processo, il
giudice dell'udienza preliminare non puo' in alcun caso prosciogliere
il minore.
    Ad   avviso   del  rimettente,  l'impossibilita'  di  pronunciare
sentenza  di  non  luogo  a  procedere  nel  preminente  ed obiettivo
interesse  del  minore,  in  assenza  del  suo  consenso,  violerebbe
l'art. 10   Cost.,   ponendosi   in   contrasto  con  l'art. 3  della
convenzione   sui   diritti  del  fanciullo,  fatta  a  New  York  il
20 novembre  1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge
27 maggio 1991, n. 176, secondo cui in tutte le decisioni relative ai
fanciulli deve essere ritenuto preminente l'interesse del minore. Non
si  puo'  infatti  dubitare  -  prosegue  il  giudice a quo - che sia
interesse  preminente  del  minore  evitare  la  sottoposizione  a un
dibattimento  affatto  inutile,  tanto piu' che le esigenze difensive
dell'imputato   minorenne   sono   comunque   garantite  dalla  ampia
possibilita'  riconosciutagli,  a  seguito della sentenza della Corte
costituzionale  n. 77 del 1993, di proporre opposizione alle sentenze
di    proscioglimento    che   presuppongono   un   accertamento   di
responsabilita'.
    La   norma   censurata   violerebbe  inoltre:  l'art. 104  Cost.,
esautorando  "di fatto l'autonomia della funzione giurisdizionale del
giudice  minorile";  l'art. 3  Cost.,  per  l'illogica  disparita' di
trattamento  degli  imputati minorenni rispetto ai maggiorenni, per i
quali  il giudice dell'udienza preliminare ben puo' emettere sentenza
di non luogo a procedere ex art. 425 cod. proc. pen. senza necessita'
di  alcun consenso; l'art. 111, quarto comma, Cost., dal momento che,
in  relazione  ai  casi  in cui l'imputato eserciti il suo diritto di
rimanere  contumace  o  sia  irreperibile, non prevede "le ipotesi di
"impossibilita'  di  natura oggettiva o di provata condotta illecita"
che  rendono  possibile  la  formazione  della  prova  in  assenza di
contraddittorio".
    2.   -   Analoghe   questioni   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 32,  comma  1,  del d.P.R. n. 448 del 1988, come modificato
dall'art. 22  della  legge  n. 63 del 2001, sono state sollevate: con
ordinanza  del  23 aprile  2001  (r.o.  n. 565  del 2001) dal giudice
dell'udienza  preliminare  del  Tribunale per i minorenni di Salerno;
con  ordinanza  del  25 maggio  2001  (r.o. n. 756 del 2001) da altro
giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale per i minorenni di
Palermo;  con  ordinanza del 6 giugno 2001 (r.o. n. 787 del 2001) dal
Giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale per i minorenni di
Reggio Calabria.
    Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni
di  Salerno,  che  procede  nei  confronti di un minorenne straniero,
irreperibile,  per  il reato di tentato furto monoaggravato, divenuto
improcedibile  per  difetto  di  querela,  ritiene  che la disciplina
secondo  cui  il  proscioglimento del minorenne e' subordinato al suo
consenso  violi  l'art. 3 Cost., per irragionevolezza e disparita' di
trattamento  rispetto agli imputati adulti, sulla base di censure del
tutto  simili  a  quelle  svolte,  anche  con  riferimento agli altri
parametri,  dal  giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i
minorenni di Palermo.
    Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni
di  Palermo,  nell'ordinanza  iscritta  al  n. 756  del r.o. del 2001
dubita  della  legittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 1, del
d.P.R. n. 448 del 1988:
        nella  parte  in  cui  prevede  che  il  giudice dell'udienza
preliminare  possa  "emettere sentenza di proscioglimento ex art. 425
c.p.p.  solo  dopo  avere  acquisito  il  consenso dell'imputato alla
definizione    del   procedimento   dell'udienza   preliminare",   in
riferimento agli artt. 3, 10, 101 Cost.
        nella  parte  in  cui non prevede che il giudice dell'udienza
preliminare   possa   "emettere   sentenza   di  proscioglimento  per
concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto quando
risulta  preminente l'interesse del minore anche senza l'acquisizione
del   consenso   dell'imputato   alla  definizione  del  procedimento
all'udienza preliminare", in riferimento agli artt. 10 e 101 Cost.,
        e  "nella  parte  in  cui  non  prevede  che il giudice possa
emettere  sentenza  di proscioglimento ex art. 425 c.p.p., ovvero per
concessione  del  perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto, nei
confronti    dell'imputato   contumace,   ovvero   irreperibile   per
"l'impossibilita'  di  natura oggettiva ad acquisire il consenso alla
definizione del procedimento all'udienza preliminare", in riferimento
all'art. 111 Cost.
    In  fatto,  e quanto alla rilevanza, il rimettente premette che i
reati  per  i  quali e' stato chiesto il rinvio a giudizio sono tutti
procedibili  a  querela e che, pur essendo state acquisite in udienza
preliminare  la  remissione  della  querela  a suo tempo presentata e
l'accettazione  della  remissione  ad  opera  dell'imputato, non puo'
pronunciare  sentenza  di proscioglimento per essere il reato estinto
per  remissione  di querela, a causa della contumacia dell'imputato e
della conseguente mancata prestazione del consenso.
    Nel  merito,  il  rimettente  svolge  censure  analoghe  a quelle
prospettate  nella ordinanza n. 556 del 2001, riferendo tuttavia alla
violazione  dell'art. 101  Cost. gli argomenti spesi nella precedente
ordinanza  in  relazione  all'art. 104 Cost. ed estendendo le censure
concernenti   l'irragionevolezza   della   disciplina   censurata  al
raffronto  con la perdurante possibilita' di emettere, anche senza il
consenso  dell'imputato,  sentenza di proscioglimento per irrilevanza
del fatto nel corso delle indagini preliminari, ex art. 27, commi 1 e
2, del d.P.R. n. 448 del 1988.
    Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni
di  Reggio Calabria ritiene che l'art. 32 del d.P.R. n. 448 del 1988,
"nella parte in cui prevede che il consenso dell'imputato costituisce
un presupposto indefettibile per la definizione del processo a carico
di minorenni nella fase dell'udienza preliminare", violi gli artt. 3,
primo  comma,  24,  secondo  comma, 31, secondo comma, e 111, secondo
comma, Cost.
    Ad  avviso del rimettente la questione, prospettata dal difensore
dell'imputata   che,  a  conclusione  della  discussione  in  udienza
preliminare, aveva chiesto il proscioglimento della sua assistita nel
merito  o,  in  subordine, per irrilevanza del fatto, e' rilevante in
quanto l'imputata, contumace, non ha, neppure in precedenza, prestato
il  consenso  per la definizione del processo nella fase dell'udienza
preliminare:   in   tale   situazione   la   disposizione   censurata
precluderebbe   ogni   possibilita'   di   pronunciare   sentenza  di
proscioglimento  con  una  delle  formule  indicate dal difensore nel
procedimento a quo.
    Nel  merito,  il  rimettente  rileva  che  la  rigida  disciplina
introdotta  dalla  legge  n. 63  del  2001 nell'art. 32, comma 1, del
d.P.R. n. 448 del 1988 comporta che, ove l'imputato non presti il suo
consenso  (perche'  contumace  o  assente),  il  giudice dell'udienza
preliminare  non  puo'  emettere  sentenza  di proscioglimento e deve
disporre  il  rinvio a giudizio del minore anche quando ricorrano gli
estremi  per  una  pronuncia  liberatoria  nel merito o per motivi di
rito.  La  scelta  di  garantire comunque il pieno contraddittorio si
risolve  quindi  nel  "paradosso  [...]  di  provocare  la dialettica
dibattimentale   anche  nelle  ipotesi  in  cui  l'imputato  potrebbe
ottenere - come nel caso in argomento - una formula (sicuramente piu'
favorevole) di proscioglimento".
    La disciplina censurata sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 24,
31 e 111, secondo comma, Cost., in quanto:
        si  pone,  irragionevolmente,  "a  detrimento delle finalita'
deflative"  dell'udienza  preliminare, nonche', "piu' in generale, di
quelle  educative  (vedasi  l'art. 1  del  d.P.R.  22 settembre  1988
n. 448)  perseguite  dal processo penale minorile", privilegiando "la
tutela   delle  mere  strategie  tecnico-difensive  individuali  (che
potrebbero  appieno  esplicarsi  nella successiva fase processuale) a
discapito della possibilita' di un'immediata fuoriuscita dal circuito
penale";
        prevede,  per le ipotesi di proscioglimento di cui al comma 1
dell'art. 32 del d.P.R. n. 448 del 1988, la necessita' di un consenso
che  con  assoluta  incongruenza  non e' invece richiesto nel caso di
condanna   alla   pena  pecuniaria  o  a  una  sanzione  sostitutiva,
disciplinato  dal  comma  2  del medesimo articolo che, in apparenza,
pare richiedere la sola richiesta del pubblico ministero;
        determina  una  disparita'  di  trattamento  legata all'eta',
ingiustificata  e  irragionevole  rispetto  agli  adulti, che possono
essere prosciolti ex art. 425 cod. proc. pen. a prescindere dal fatto
che abbiano prestato il loro consenso;
        rende  inapplicabile  al  processo  minorile  l'art. 129 cod.
proc.  pen., che consentirebbe di eludere il rigoroso limite previsto
dall'art. 32,  comma  1,  del  d.P.R.  n. 448  del  1988 quando venga
riconosciuta la sussistenza di determinate cause di non punibilita';
        e'  in contrasto con l'art. 27, comma 4, del medesimo d.P.R.,
che  parrebbe  invece  attribuire  al giudice, nel corso dell'udienza
preliminare, il potere di pronunciare anche d'ufficio, e quindi senza
il  preventivo  consenso  dell'imputato,  sentenza  di  non  luogo  a
procedere  per  irrilevanza  del fatto, e' in palese contrasto con il
principio  della  ragionevole  durata del processo, che nelle ipotesi
prospettate di mancata acquisizione del consenso avrebbe uno sviluppo
dibattimentale affatto superfluo.
    3.  -  Nei  giudizi  relativi  alle  questioni  sollevate  con le
ordinanze  iscritte  ai  numeri  556,  756 e 787 del r.o. del 2001 e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che  le
questioni siano dichiarate inammissibili o comunque infondate.

                       Considerato in diritto

    1.  - Con quattro ordinanze sostanzialmente analoghe, sia pure in
riferimento  a  parametri  costituzionali  non  sempre coincidenti, i
giudici   rimettenti   dubitano   della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 32,   comma   1,   del  d.P.R.  22 settembre  1988,  n. 448
(Approvazione  delle  disposizioni  sul  processo  penale a carico di
imputati minorenni), come modificato dall'art. 22 della legge 1 marzo
2001,  n. 63  (Modifiche  al  codice  penale e al codice di procedura
penale  in  materia  di  formazione  e  valutazione  della  prova  in
attuazione  della legge costituzionale di riforma dell'art. 111 della
Costituzione),  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il  giudice
dell'udienza  preliminare,  in  caso  di contumacia o irreperibilita'
dell'imputato,  possa  emettere  sentenza di non luogo a procedere ex
art. 425  del  codice di procedura penale, ovvero per concessione del
perdono  giudiziale o per irrilevanza del fatto, anche in assenza del
consenso  dell'imputato  alla  definizione  del processo nell'udienza
preliminare.
    Le  questioni  sono  sollevate  nell'ambito  di  procedimenti nei
confronti di imputati per i quali ad avviso dei rimettenti sussistono
gli  estremi  di  una  sentenza  ex  art. 425  cod.  proc.  pen.,  in
particolare,  di  sentenza  di  non  luogo a procedere per difetto di
querela (r.o. n. 556 del 2001 e n. 565 del 2001), per essere il reato
estinto  per  remissione  di  querela  (r.o. n. 756 del 2001), o, nel
merito, con formula pienamente liberatoria (r.o. n. 787 del 2001).
    Risultano  pertanto  prive  di  rilevanza le censure circa la non
adottabilita'  di  sentenze  di non luogo a procedere per concessione
del  perdono  giudiziale  o  per  irrilevanza  del  fatto,  in quanto
prospettate  in  via  ipotetica  (r.o. nn. 556, 565 e 756 del 2001) o
meramente subordinata (r.o. n. 787 del 2001).
    Sotto  un  primo  aspetto, la disciplina censurata si porrebbe in
contrasto:   con   l'art. 3  Cost.  a  cagione  della  ingiustificata
disparita'   di  trattamento  degli  imputati  minorenni  rispetto  a
quelli maggiorenni,  per i quali non e' richiesto analogo consenso ai
fini  della  definizione  del  processo  nell'udienza  preliminare, e
dell'intrinseca  irragionevolezza di una disposizione che preclude la
rapida  fuoruscita dal processo del minore sol perche' e' contumace o
irreperibile; con gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto irragionevolmente
impone  il  rinvio  a  giudizio  dell'imputato  minorenne contumace o
irreperibile che potrebbe invece essere prosciolto nel merito, mentre
il  consenso  non  e'  richiesto,  a  norma  del comma 2 del medesimo
art. 32,  ai  fini  della  pronuncia  di  sentenza di condanna a pena
pecuniaria o sanzione sostitutiva.
    Sotto  un  diverso  profilo,  la  disciplina censurata violerebbe
l'art. 10   Cost.,   perche'   irragionevolmente   preclude  di  dare
applicazione  al  principio  di  cui all'art. 3 della convenzione sui
diritti  del  fanciullo,  fatta  a  New  York  il  20 novembre  1989,
ratificata  e  resa  esecutiva in Italia con la legge 27 maggio 1991,
n. 176,  secondo cui in tutte le decisioni relative ai fanciulli deve
essere ritenuto preminente l'interesse del minore, nel caso di specie
quello  di  evitare di essere sottoposto ad un dibattimento del tutto
inutile,  nonche'  l'art. 31  Cost.,  in  quanto vanifica le esigenze
deflative  dell'udienza preliminare minorile e le finalita' educative
del  processo  nei  confronti dei minorenni, privilegiando "strategie
tecnico-difensive individuali [...] a discapito della possibilita' di
una rapida fuoruscita dal circuito penale".
    Vengono  evocati  anche  gli  artt. 101  e  104  Cost., in quanto
l'imposizione  del  consenso  quale condizione per la pronuncia della
sentenza   di   non   luogo   a   procedere   violerebbe  i  principi
dell'esclusiva    soggezione   del   giudice   alla   legge,   ovvero
dell'autonomia delle funzioni giurisdizionali.
    Infine,  viene  richiamato  l'art. 111  Cost.,  sotto  il duplice
profilo  del  contrasto con il principio della ragionevole durata del
processo  (secondo  comma),  in  quanto  la  mancata acquisizione del
consenso  comporterebbe  uno  sviluppo  dibattimentale  assolutamente
superfluo,  e  della omessa previsione, tra le ipotesi di deroga alla
formazione  della  prova  in  contraddittorio  per "impossibilita' di
natura oggettiva" (quarto comma), del caso in cui l'imputato eserciti
il diritto di rimanere contumace ovvero sia irreperibile.
    Poiche'   tutte  le  ordinanze  hanno  per  oggetto  la  medesima
questione, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi.
    2. - La questione, nei limiti precisati, e' fondata.
    3.  -  Anche  prima delle modifiche introdotte dall'art. 22 della
legge  n. 63 del 2001, l'art. 32 del d.P.R. n. 448 del 1988 era stato
oggetto  di  reiterati  interventi  legislativi  e  di  questa Corte,
direttamente    collegati   ai   peculiari   connotati   dell'udienza
preliminare  nel  processo minorile, caratterizzata dai piu' incisivi
poteri riconosciuti al giudice ai fini della definizione del processo
in   tale  fase.  In  particolare,  a  differenza  che  nel  processo
ordinario,   nell'udienza  preliminare  minorile  il  giudice  ha  la
possibilita'  di  emettere  sentenza  di  non  luogo  a procedere per
concessione  del  perdono  giudiziale o per irrilevanza del fatto, di
disporre  la  sospensione  del  processo  con  messa  alla prova e di
dichiarare,  in esito al periodo di prova, l'estinzione del reato, di
pronunciare ex art. 32, comma 3, su richiesta del pubblico ministero,
sentenza di condanna quando ritiene applicabile una pena pecuniaria o
una  sanzione sostitutiva, avverso la quale l'imputato o il difensore
munito  di  procura  speciale puo' proporre opposizione, chiedendo il
giudizio dinanzi al tribunale.
    Su  questo  tessuto  caratterizzato  da  un'ampia sfera di poteri
decisori,  che abilitano il giudice dell'udienza preliminare minorile
a  svolgere  vere  e proprie funzioni di giudizio (v. sentenze n. 290
del  1998  e  n. 311  del  1997)  altrimenti riservate al giudice del
dibattimento, e' intervenuta la sentenza n. 77 del 1993, con la quale
questa Corte ha esteso l'opposizione, prevista dall'art. 32, comma 3,
in  caso  di  sentenza  di  condanna  a  pena pecuniaria o a sanzione
sostitutiva,  alle ipotesi in cui la responsabilita' dell'imputato e'
necessariamente  presupposta  (concessione  del  perdono giudiziale),
ovvero  e' "logicamente postulata" (sentenza di non luogo a procedere
per difetto di imputabilita).
    Alla  stregua  di tale decisione, nei confronti delle sentenze di
non   luogo   a   procedere  che  presuppongono  un  accertamento  di
responsabilita' pronunciate a norma dell'art. 32, comma 1, l'imputato
puo'  dunque  proporre opposizione, con l'effetto che nel giudizio di
opposizione  il tribunale per i minorenni deve provvedere a revocare,
a norma dell'art. 32-bis comma 4, le predette sentenze.
    La  disciplina  dell'udienza  preliminare  minorile  e' stata poi
modificata dalla legge n. 63 del 2001, che ha introdotto nell'art. 32
la   disposizione   censurata,   che  rende  necessario  il  consenso
dell'imputato perche' il processo possa essere definito in tale fase.
Il  consenso  diviene  cosi'  condizione per la pronuncia di tutte le
sentenze  di  non luogo a procedere previste dall'art. 425 cod. proc.
pen., ovvero per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza
del fatto.
    4. - Con la menzionata sentenza n. 77 del 1993 questa Corte aveva
operato  un  bilanciamento  tra  l'esigenza  di una rapida fuoruscita
dell'imputato  minorenne  dal  circuito  processuale,  espressa dalla
vasta   sfera   dei   poteri   decisionali  riconosciuti  al  giudice
dell'udienza   preliminare  minorile  ai  fini  di  evitare  la  fase
dibattimentale,  e  quella  di  garantire  al minore le piu' complete
opportunita'  difensive  connesse  alla  formazione  della  prova nel
contraddittorio  tra  le  parti  in  dibattimento  anche  in  caso di
pronuncia  di  sentenza  di  non  luogo a procedere che presuppone un
accertamento di responsabilita'.
    Il  delicato  equilibrio  tra  queste  opposte  esigenze e' stato
alterato  dalle  modifiche  introdotte  nell'art. 32,  comma 1, dalla
legge  n. 63  del 2001: il potere riconosciuto all'imputato minorenne
di   non   consentire   alla   definizione  anticipata  del  processo
nell'udienza  preliminare  comporta  che  il giudice, ove il consenso
venga  negato, o non venga prestato perche' l'imputato e' contumace o
irreperibile,  debba  emettere  decreto che dispone il giudizio anche
nel  caso  in  cui avrebbe altrimenti pronunciato una sentenza di non
luogo  a  procedere  nel merito con formula ampiamente liberatoria o,
comunque, tale da non postulare alcun accertamento di responsabilita'
dell'imputato   (ad   esempio,  per  difetto  di  una  condizione  di
procedibilita' o per remissione di querela).
    Ne emerge una disciplina intrinsecamente priva di ragionevolezza,
che   vanifica   le   finalita'  deflative  che  ispirano  l'impianto
dell'udienza preliminare minorile, precludendo la possibilita' di una
immediata   definizione   del   processo  e  imponendo  uno  sviluppo
dibattimentale  assolutamente superfluo, non funzionale all'esercizio
del  diritto  di  difesa,  posto  che,  tra  l'altro,  l'imputato non
potrebbe   comunque   ottenere   in   dibattimento   una  formula  di
proscioglimento piu' vantaggiosa.
    I  profili  di contrasto con l'art. 3 Cost. debbono evidentemente
essere apprezzati con riferimento all'art. 31, secondo comma, Cost. e
agli  indirizzi espressi dalla convenzione sui diritti del fanciullo,
nei  quali  trova  fondamento  la tutela del preminente interesse del
minore  ad  una  rapida uscita dal processo (v., ex plurimis sentenze
n. 433 del 1997, n. 250 del 1991 e ordinanza n. 103 del 1997), sempre
che,  ovviamente,  tale  finalita'  non  comporti il sacrificio delle
garanzie defensionali.
    5.  -  Va  pertanto dichiarata, in riferimento agli artt. 3 e 31,
secondo  comma,  Cost., l'illegittimita' costituzionale dell'art. 32,
comma 1, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, nella parte in cui, in
mancanza   di   consenso   dell'imputato,   preclude  al  giudice  di
pronunciare  sentenza  di  non luogo a procedere che - come nei casi,
oggetto dei giudizi a quibus di difetto o di remissione della querela
ovvero   di   sussistenza   delle  condizioni  per  una  sentenza  di
proscioglimento   ampiamente   liberatoria   -   non   presuppone  un
accertamento di responsabilita'.
    Rimangono   cosi'   assorbite  le  censure  riferite  agli  altri
parametri costituzionali evocati dai rimettenti.