ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 438 del codice
di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale,
con  ordinanza  emessa  il 27 febbraio 2001 dal Tribunale di Saluzzo,
iscritta  al  n. 659  del  registro ordinanze 2001 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 36,  1a serie  speciale,
dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 aprile 2002 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che il Tribunale di Saluzzo ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 3,  97,  101  e  111  della  Costituzione,  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 438  del  codice di procedura
penale,  "nella  parte  in  cui  non  prevede il diritto del pubblico
ministero di intervenire sulla richiesta di rito abbreviato formulata
dall'imputato   esprimendo  consenso  o  dissenso  motivato,  nonche'
effettuando  autonoma  richiesta  di integrazione probatoria, e nella
parte  in  cui  non  prevede  autonomo potere del giudice di decidere
sulla ammissibilita' della richiesta";
        che il rimettente premette che, a seguito di una richiesta di
rito  abbreviato  avanzata  dall'imputato,  il  pubblico ministero ha
eccepito  la  illegittimita'  costituzionale dell'art. 438 cod. proc.
pen., per contrasto con gli artt. 101 e 111 Cost;
        che  il  giudice  a  quo, nel condividere le osservazioni del
pubblico  ministero,  sostiene  che  le modifiche alla disciplina del
giudizio abbreviato, introdotte dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479,
hanno  reso  l'istituto  non  piu'  conforme  ai richiamati parametri
costituzionali;
        che,  ad  avviso del rimettente, il mancato riconoscimento in
capo  al  pubblico  ministero  della  possibilita' di interloquire in
merito  alla  richiesta  dell'imputato  di  giudizio abbreviato, e la
mancata  previsione  sia della possibilita' di chiedere una eventuale
integrazione  probatoria, sia di proporre appello avverso la sentenza
di  condanna  -  al  di la' della limitata ipotesi della modifica del
titolo  del reato - sarebbero in contrasto con l'art. 111 Cost. e, in
particolare,  con  il  principio che ogni processo deve svolgersi nel
contraddittorio  delle parti e in condizioni di parita' davanti ad un
giudice terzo e imparziale;
        che  la  disciplina  del  rito  abbreviato violerebbe inoltre
l'art. 101  Cost. perche', trasformando il diritto dell'imputato alla
scelta  del  rito  in un "diritto soggettivo assoluto a conseguire in
via  automatica  il  beneficio della riduzione di pena" renderebbe il
giudice "soggetto alla volonta' di una sola parte processuale";
        che la attribuzione agli imputati di vantaggi significativi e
del  tutto  ingiustificati violerebbe il principio di imparzialita' e
di  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,  in  quanto la
riduzione  della  pena  anche  nelle  ipotesi  in cui il giudice deve
procedere  ad  "una  lunga  e  dispendiosa  attivita'  d'integrazione
probatoria" contraddice la ratio del rito speciale, consistente nella
abbreviazione  dei  tempi  processuali  per  il  mancato  svolgimento
dell'istruttoria dibattimentale;
        che  il  rimettente ritiene infine violato l'art. 3 Cost. per
la  equiparazione  di situazioni del tutto diverse riguardanti, da un
lato,  gli  imputati che chiedono il giudizio abbreviato ex art. 438,
comma  1,  cod. proc. pen. e che in tal modo consentono una effettiva
riduzione  dei  tempi  processuali  e,  dall'altro, gli imputati che,
richiedendo  una  attivita' di integrazione probatoria, ne provocano,
sostanzialmente, la dilatazione;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, richiamando la sentenza n. 115 del 2001, con la quale analoghe
questioni sono state dichiarate non fondate.
    Considerato  che  con  sentenza  n. 115  del  2001  la  Corte  ha
dichiarato   non   fondate  le  medesime  questioni  di  legittimita'
costituzionale   dell'art. 438   cod.   proc.   pen.,   sollevate  in
riferimento  agli  stessi  parametri  e  sulla base di argomentazioni
sostanzialmente    analoghe   a   quelle   prospettate   dall'attuale
rimettente;
        che,  successivamente, con ordinanza n. 425 del 2001 la Corte
ha   dichiarato   manifestamente  infondate  identiche  questioni  di
legittimita'  costituzionale  sollevate,  in  riferimento agli stessi
parametri, dal medesimo Tribunale;
        che  altre analoghe questioni di legittimita' costituzionale,
sollevate  dal  giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale di
Saluzzo, sono state dichiarate manifestamente infondate con ordinanza
n. 427 del 2001;
        che,    non    essendovi   motivi   per   discostarsi   dalle
considerazioni  svolte e dalle conclusioni raggiunte nelle menzionate
decisioni, le questioni vanno dichiarate manifestamente infondate.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.