ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 9, n. 2, della
legge  28  marzo  2001, n. 149, recte: art. 9, comma 2, della legge 4
maggio  1983, n. 184, nel testo introdotto dall'art. 9 della legge 28
marzo  2001,  n. 149  (Modifiche  alla  legge  4 maggio 1983, n. 184,
recante  "Disciplina  dell'adozione  e  dell'affidamento  di minori",
nonche'  al  titolo VIII del libro primo del codice civile), promosso
con  ordinanza emessa il 19 giugno 2001 dal Tribunale per i minorenni
di   Torino,  iscritta  al  n. 893  del  registro  ordinanze  2001  e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, 1a serie
speciale, dell'anno 2001.
    Udito  nella  camera  di  consiglio dell'8 maggio 2002 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  per  i  minorenni  di  Torino,  con
ordinanza  emessa  il  19  giugno  2001,  ha  sollevato  questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 9, n. 2, della legge 28 marzo
2001,  n. 149,  recte:  art. 9,  comma  2, della legge 4 maggio 1983,
n. 184,  nel  testo introdotto dall'art. 9 della legge 28 marzo 2001,
n. 149   (Modifiche   alla  legge  4  maggio  1983,  n. 184,  recante
"Disciplina  dell'adozione  e dell'affidamento di minori", nonche' al
titolo  VIII  del  libro primo del codice civile), nella parte in cui
non  prevede  il  potere  del  Tribunale  per i minorenni di disporre
d'ufficio  l'apertura  della procedura di adottabilita' nei confronti
di un minorenne;
        che   la  mancata  previsione  di  un  potere  di  iniziativa
d'ufficio   del  Tribunale  per  i  minorenni,  organo  collegiale  a
composizione  mista,  e  l'esclusiva  attribuzione  di tale potere al
pubblico  ministero,  organo  monocratico,  violerebbe, ad avviso del
giudice  a  quo,  gli  artt. 2,  3, 30, 31, secondo comma, e 32 della
Costituzione;
        che,    in   particolare,   sarebbe   leso   l'art. 2   della
Costituzione,  in  quanto  la  previsione  dell'esclusivo  potere  di
iniziativa   del   pubblico   ministero   non   offre   garanzie   di
inviolabilita'  dei  diritti  del  minore  ma  anzi  costituisce  uno
sbarramento   privo   di   giustificazione   all'accertamento   delle
violazioni dei diritti del minore;
        che  il contrasto con l'art. 3 della Costituzione deriverebbe
dalla  considerazione  che  nelle  situazioni  di  grave  pregiudizio
permane  il  potere  di  intervento  d'ufficio  del  tribunale  per i
minorenni,   ai   sensi   dell'art. 333  del  codice  civile,  mentre
l'apertura  della  procedura  di  adottabilita'  e'  condizionata  al
ricorso  del  pubblico  ministero,  il quale, oltre ad offrire minori
garanzie in quanto organo monocratico, impedisce, qualora non intenda
esercitare  il  potere  di  iniziativa,  una approfondita valutazione
collegiale circa la sussistenza dello stato di abbandono;
        che,  con  riferimento  all'art. 30  della  Costituzione,  il
Tribunale  rimettente afferma che in caso di condotta pregiudizievole
dei  genitori,  la  tutela  del  minore  e'  rimessa  non  gia'  alla
valutazione collegiale di giudici specializzati, bensi' all'esercizio
del potere di iniziativa del pubblico ministero;
        che   la   violazione   dell'art. 31,  secondo  comma,  della
Costituzione,  deriverebbe dalla constatazione che la gratuita' delle
procedure,  la  celerita'  dei  tempi  per  il  compimento  di atti e
l'impegno  anche  economico  degli  enti  territoriali  rappresentano
misure  dirette a favorire l'attuazione degli strumenti di protezione
del  minore,  mentre il condizionamento dell'avvio della procedura di
adottabilita'   all'iniziativa  del  pubblico  ministero  sarebbe  in
contrasto con la indicata direzione e con la protezione del minore;
        che,  infine,  sussisterebbe  una  lesione  del  diritto alla
salute,    intesa    nella    piu'    ampia    accezione    di   bene
"psichico-affettivo",  che  potrebbe  essere compromesso qualora alla
condotta  pregiudizievole  di  abbandono  da  parte  dei genitori non
facesse seguito l'iniziativa del pubblico ministero.
    Considerato  che  l'art. 1,  comma 1, del decreto-legge 24 aprile
2001,  n. 150  (il  quale non e' nemmeno menzionato nell'ordinanza di
rimessione,  benche'  anteriore  di  quasi due mesi alla pronuncia di
questa)  ha disposto che in via transitoria e fino alla emanazione di
una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per
la dichiarazione dello stato di adottabilita' disciplinati dal titolo
II,  capo  II,  della  legge  4  maggio  1983,  n. 184,  e successive
modifiche,   ai  predetti  procedimenti  e  ai  relativi  giudizi  di
opposizione  continuano  ad  applicarsi  le  disposizioni processuali
vigenti  anteriormente  alla  data  di  entrata in vigore del decreto
medesimo;
        che    tale    decreto-legge   e'   stato   convertito,   con
modificazioni, nella legge 23 giugno 2001, n. 240, con la quale si e'
confermata  l'applicabilita'  in  via  transitoria  delle  previgenti
disposizioni processuali fino al 30 giugno 2002;
        che  pertanto  fino  alla  predetta  data  del 30 giugno 2002
continuano  ad applicarsi le disposizioni processuali contenute nella
legge  n. 184  del 1983, tra le quali quella prevista dal terzo comma
dell'art. 9,   che   consente   l'accertamento  della  situazione  di
abbandono anche d'ufficio dal giudice;
        che,   quindi,   la   sollevata   questione  di  legittimita'
costituzionale  e' del tutto priva di rilevanza, in quanto il giudice
a quo non puo' ancora applicare la norma impugnata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.