ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 176, commi 19 e
22,  del  decreto  legislativo  30 aprile  1992, n. 285 (Nuovo codice
della  strada),  come  modificato  dall'art. 20, comma 2, del decreto
legislativo  30 dicembre  1999,  n. 507  (Depenalizzazione  dei reati
minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell'art. 1 della
legge  25 giugno 1999, n. 205) e degli artt. 214, commi 1 e 6, e 216,
comma  6,  del  decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285,  come
modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre
1999,  n. 507,  promossi  con ordinanze emesse il 6 febbraio 2001 dal
Giudice  di  pace di Roma sul ricorso proposto da Vinaccia Ferdinando
contro la Prefettura di Roma e il 1 marzo 2001 dal Giudice di pace di
Como  nel  procedimento civile vertente tra NOOR-ZUID TRANS BVBA e il
Ministero  dell'interno,  iscritte  ai  nn. 705  e  708  del registro
ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 38, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 maggio 2002 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che il Giudice di pace di Roma, con ordinanza emessa il
6 febbraio    2001,    ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale,  in  riferimento  agli  artt. 3,  25, 27, 41, 42 e 76
della   Costituzione,  dell'art. 176,  commi  19  e  22  del  decreto
legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come
modificato dall'art. 20, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre
1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema
sanzionatorio  ai  sensi  dell'art. 1  della  legge  25 giugno  1999,
n. 205),  nella  parte  in  cui  prevede  il fermo amministrativo del
veicolo con il quale e' stata commessa la violazione anche quando sia
di proprieta' di terzi incolpevoli;
        che  il rimettente e' investito di un giudizio di opposizione
promosso  dal  proprietario  di  un veicolo adibito a trasporto merci
avverso   il  provvedimento  di  fermo  amministrativo  del  suddetto
veicolo,  con  il  quale  era  stata  commessa  da  un altro soggetto
conducente  violazione  del  codice  della  strada  per inversione di
marcia in ambito autostradale;
        che  le  disposizioni  censurate  prevedono  per  il suddetto
comportamento   l'applicazione   di   una   sanzione   amministrativa
pecuniaria,  nonche'  la  sanzione accessoria della sospensione della
patente  di  guida  per  un  periodo da sei a ventiquattro mesi e del
fermo amministrativo del veicolo per un periodo di tre mesi;
        che,  secondo  il  giudice  a  quo,  la  previsione del fermo
amministrativo  del  veicolo  anche  quando esso sia di proprieta' di
terzi  incolpevoli sarebbe anzitutto in contrasto con l'art. 76 della
Costituzione  per  eccesso  di  delega,  in quanto dagli artt. 1 e 5,
lettere  a)  e  d),  della  legge  25 giugno  1999, n. 205 (Delega al
Governo  per  la  depenalizzazione  dei  reati  minori e modifiche al
sistema   penale  e  tributario)  sarebbe  agevole  rilevare  che  il
legislatore  delegante abbia incentrato la sua attenzione sull'autore
degli   illeciti,   inasprendo  tra  l'altro  l'entita'  delle  somme
richieste  per  gli  illeciti commessi, per cui l'art. 20 del decreto
legislativo  30 dicembre  1999, n. 507, introducendo all'art. 176 del
codice della strada la previsione della sanzione accessoria del fermo
amministrativo  del  veicolo  per tre mesi, anche quando tale veicolo
non  sia di proprieta' dell'autore dell'illecito ma di terzi, avrebbe
disatteso l'intendimento del legislatore delegante;
        che,  secondo  il  giudice  rimettente,  la  previsione della
sanzione  accessoria  del  fermo  amministrativo  del veicolo che non
appartenga  all'autore della violazione sarebbe altresi' lesiva della
liberta'  di  iniziativa  economica  e  del diritto di proprieta' del
terzo non trasgressore, nonche' del canone della ragionevolezza della
misura  sanzionatoria,  non  potendosi  ritenere  il proprietario del
mezzo  corresponsabile  dell'illecito, specie quando l'affidamento di
esso sia stato effettuato con tutte le cautele del caso;
        che,  secondo  il giudice a quo, le norme censurate sarebbero
altresi'  in  contrasto  con  gli  artt. 25, comma 2, 27, comma 1, in
relazione  all'art. 3  della  Costituzione,  in  quanto  la  prevista
sanzione  accessoria  troverebbe  applicazione  nei  confronti  di un
soggetto che non e' destinatario di sanzione amministrativa diretta;
        che  peraltro  il  rimettente  ritiene  che,  almeno  per  la
sanzione  accessoria,  verrebbe  messa sullo stesso piano la condotta
del  proprietario  che  affida  incautamente  macchine agricole ad un
soggetto  non munito di patente (artt. 116 e 124, comma 4, del codice
della  strada)  e la condotta di chi affida a terzi un veicolo con la
previa  verifica  dell'assenza  di  elementi ostativi all'affidamento
stesso,  essendo  in entrambi i casi previsto il fermo amministrativo
del veicolo per tre mesi;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per l'infondatezza della questione;
        che,   secondo  la  difesa  erariale,  la  questione  sarebbe
manifestamente  infondata, anzitutto per il fatto che questa Corte si
e'  gia'  pronunciata  sulla  legittimita' costituzionale delle norme
censurate,  rigettando  questioni  sollevate  sulla  base di analoghe
argomentazioni (ordinanza n. 58 del 1999; sentenza n. 373 del 1996);
        che,  inoltre,  secondo  l'Avvocatura,  non  spetterebbe alla
Corte  rimodulare le scelte punitive del legislatore ne' stabilire la
quantificazione  delle  sanzioni (ordinanza n. 297 del 1998; sentenza
n. 313  del  1995),  rientrando nella piu' ampia discrezionalita' del
legislatore   la  determinazione  delle  condotte  punibili  e  delle
relative sanzioni;
        che,  infine,  secondo  la  difesa  erariale,  la  tutela dei
diritti  del terzo sarebbe sufficientemente garantita, in un corretto
bilanciamento  con  gli interessi generali perseguiti dal legislatore
ed in linea con il principio delineato dall'art. 6 della legge n. 689
del  1981,  dalla  previsione,  contenuta nell'art. 214, comma 1-bis,
dello  stesso  codice  della  strada  e  introdotta  con  il  decreto
legislativo  n. 507 del 1999, per cui l'applicabilita' della sanzione
accessoria  del fermo amministrativo e' esclusa se la circolazione e'
avvenuta  contro  la  volonta' del proprietario del veicolo ovvero di
chi ne abbia la legittima disponibilita';
        che  il  Giudice  di  pace di Como, con ordinanza emessa il 1
marzo  2001,  ha  sollevato questione di legittimita' costituzionale:
dell'art. 216,  comma  6,  del  decreto  legislativo  30 aprile 1992,
n. 285  (Nuovo  codice  della  strada), come modificato dall'art. 19,
comma   3,   del   decreto   legislativo   30 dicembre  1999,  n. 507
(Depenalizzazione   dei   reati   minori   e   riforma   del  sistema
sanzionatorio  ai  sensi  dell'art. 1  della  legge  25 giugno  1999,
n. 205),  "nella  parte  in  cui  alla  violazione  della guida senza
patente   fa  conseguire  anche  la  sanzione  accessoria  del  fermo
amministrativo  del  veicolo  di tre mesi", in riferimento all'art. 3
della  Costituzione;  dell'art. 214, comma 1, del decreto legislativo
n. 285  del  1992,  "nella parte in cui non prevede che l'autoveicolo
sia  di  proprieta' del trasgressore", in relazione all'art. 13 della
Costituzione;   dell'art. 214,   comma   6,   del   medesimo  decreto
legislativo,  "nella  parte  in  cui  prevede  che,  quando contro il
provvedimento   di   fermo   amministrativo  del  veicolo  sia  stata
presentata opposizione ai sensi dell'art. 205 del medesimo codice, la
restituzione   non  possa  avvenire  se  non  dopo  il  provvedimento
dell'autorita'  giudiziaria  che  rigetta il ricorso", in riferimento
agli artt. 3 e 24 Cost;
        che  il  suddetto giudice e' investito dell'esame del ricorso
presentato  dalla proprietaria di un veicolo avverso il provvedimento
di  fermo  amministrativo  del proprio automezzo, guidato da un terzo
sprovvisto  di  patente  perche'  precedentemente  ritiratagli  dalla
Polizia Stradale;
        che  il  giudice  a quo dubita, anzitutto, della legittimita'
costituzionale  della previsione contenuta nell'art. 216 comma 6, del
codice  della  strada,  per  cui  alla violazione relativa alla guida
senza  patente  consegue  anche  la  sanzione  accessoria  del  fermo
amministrativo,  deducendo l'illogicita' della stessa in raffronto al
trattamento  sanzionatorio  meno afflittivo previsto dall'art.128 del
medesimo  codice per chi guidi senza essersi sottoposto agli esami di
idoneita' o sia stato dichiarato temporaneamente inidoneo;
        che   il   rimettente  eccepisce  pure  l'incostituzionalita'
dell'art. 214,  comma  1,  del  codice  della  strada,  in  quanto la
sanzione accessoria del fermo amministrativo opera anche nell'ipotesi
in  cui  il  veicolo  sia di proprieta' di un terzo non trasgressore,
rappresentando   una   pesante   restrizione   della   liberta'   del
proprietario  e  del  suo  diritto  di attendere ai propri bisogni di
lavoro,  di  spostamento  o  quant'altro,  in violazione dell'art. 13
della Costituzione;
        che  il  giudice  a quo censura, infine, l'art. 214, comma 6,
del  codice  della  strada, in quanto, con riferimento all'ipotesi in
cui  sia  stata  presentata  opposizione  ai  sensi dell'art. 205 del
medesimo  codice,  la  previsione per cui la restituzione del veicolo
non  possa  avvenire  se  non  dopo  il  provvedimento dell'autorita'
giudiziaria  che  rigetta  il ricorso determinerebbe la lesione degli
artt. 3  e  24  della  Costituzione,  essendo  gravemente compromessa
l'azione  a difesa dei propri diritti e interessi da una disposizione
punitiva che rappresenta un grave deterrente all'azione stessa;
        che,  peraltro, la possibile interpretazione che vede inibito
al  giudice  il  potere  di  disporre,  nelle  more  del giudizio, la
sospensione  del  provvedimento  di fermo amministrativo del veicolo,
appare  al rimettente gravemente lesiva anche perche' il procedimento
ordinario  non potrebbe attivarsi prima di sessanta giorni, stante la
norma  di  cui all'art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, come
novellato  dall'art. 99  del decreto legislativo n. 507 del 1999, che
richiama l'art. 113, comma 2, del codice di procedura civile;
        che,  secondo il giudice a quo, la decisione sull'opposizione
interverrebbe,  quindi, posteriormente alla cessazione del periodo di
tre  mesi  di  fermo amministrativo disposto dall'art. 216 del codice
della strada;
        che anche in questo giudizio e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, concludendo per la manifesta infondatezza delle
questioni prospettate dal Giudice di pace di Como;
        che  in  relazione  alla  asserita  particolare afflittivita'
dell'art. 216,  comma  6, del codice della strada, la difesa erariale
rileva  che  le  sanzioni  previste  non sono sproporzionate a fronte
della  condotta  particolarmente  grave  di  chi circola abusivamente
durante il periodo in cui il documento di circolazione e' ritirato;
        che,  secondo  l'Avvocatura,  la  suddetta  questione sarebbe
comunque  da  ritenersi  inammissibile,  in  quanto  gia'  dichiarata
manifestamente infondata da questa Corte (ordinanza n. 246 del 1998);
        che,  in  riferimento  alla mancata previsione nell'art. 214,
comma  1,  del  codice  della  strada,  della  applicazione del fermo
amministrativo  del  veicolo  solo  se  esso  sia  di  proprieta' del
trasgressore,  la  difesa erariale osserva che la responsabilita' del
proprietario di un veicolo per le violazioni commesse da chi si trovi
alla  guida  costituisce,  nel  sistema delle sanzioni amministrative
previste  per  le  violazioni  delle norme relative alla circolazione
stradale,  un  principio  di  ordine  generale  che nel caso di fermo
amministrativo  trova conferma nell'art. 214, comma 1-bis, del codice
della  strada  che  prevede  la immediata restituzione del mezzo solo
quando  risulti  evidente  che  la circolazione e' avvenuta contro la
volonta'  del  proprietario  del  veicolo  ovvero  di chi ne abbia la
legittima disponibilita';
        che, peraltro, il riferimento all'art. 13 della Costituzione,
operato   dal   giudice  a  quo,  non  sarebbe  secondo  l'Avvocatura
pertinente,  in  quanto  riguarda la liberta' personale e puo' essere
invocato  per provvedimenti riguardanti la persona fisica e non, come
nella fattispecie, le cose;
        che,  quanto  alla censura relativa all'art. 214, comma 6, la
difesa  erariale  ritiene  non  pertinente il riferimento all'art. 24
della Costituzione, in quanto la norma impugnata non elude il diritto
di  difendersi e di agire in giudizio, essendo inoltre ingiustificato
il  timore  che  la  restituzione  del veicolo (nel caso di manifesta
infondatezza   dell'accertamento)  non  possa  avvenire  prima  della
pronuncia  del  giudice,  che  non  potrebbe  essere  adito  prima di
sessanta giorni dall'accertamento della violazione;
        che  la  difesa erariale richiama l'interpretazione di questa
Corte (sentenze n. 255 e n. 311 del 1994; ordinanza n. 315 e sentenza
n. 437   del  1995),  per  cui  il  previo  esperimento  del  ricorso
amministrativo     e'     facoltativo,    l'interessato    potendosi,
indipendentemente  da  esso,  rivolgersi  al giudice, il quale potra'
sospendere l'esecuzione;
        che  comunque, come sottolineato dalla Avvocatura, l'art. 205
del  codice  della  strada rimanda all'art. 22 della legge n. 689 del
1981,   il  cui  comma  6  prevede  che  l'opposizione  non  sospende
l'esecuzione  del  provvedimento,  salvo  che il giudice, concorrendo
gravi motivi, disponga diversamente con ordinanza non impugnabile.
    Considerato  che  le due ordinanze di rimessione, pur riguardando
diverse norme del codice della strada, hanno tutte ad oggetto profili
attinenti  alla  sanzione  accessoria  del  fermo  amministrativo del
veicolo,  onde  i  relativi  giudizi  possono essere riuniti e decisi
congiuntamente;
        che, come gia' affermato da questa Corte (ordinanza n. 33 del
2001),  la  responsabilita'  del  proprietario  di  un veicolo per le
violazioni  commesse  da  chi  si  trovi  alla guida costituisce, nel
sistema  delle  sanzioni  amministrative  previste  per le violazioni
delle  norme  relative  alla  circolazione  stradale, un principio di
ordine  generale  che,  nel  caso  del  fermo  amministrativo,  trova
conferma  nell'art. 214, comma 1-bis cod. strada, per cui solo quando
risulti  evidente  che la circolazione del veicolo e' avvenuta contro
la  volonta'  del  proprietario il mezzo deve essere immediatamente a
questi restituito;
        che   la   tutela   dei   diritti   del   terzo  e'  pertanto
sufficientemente  garantita,  in  un  corretto  bilanciamento con gli
interessi  generali  perseguiti  dal  legislatore  ed in linea con il
principio  delineato  dall'art. 6  della legge n. 689 del 1981, dalla
previsione, contenuta nell'art. 214, comma 1-bis, dello stesso codice
della  strada, per cui l'applicabilita' della sanzione accessoria del
fermo amministrativo e' esclusa se la circolazione e' avvenuta contro
la  volonta'  del  proprietario del veicolo ovvero di chi ne abbia la
legittima disponibilita';
        che   il   legislatore  delegato,  nell'introdurre  il  fermo
amministrativo  del  veicolo anche quando sia di proprieta' di terzi,
ha  quindi  provveduto  senza  discostarsi dal sistema generale delle
sanzioni  accessorie del codice della strada e dai principi e criteri
direttivi fissati dalla legge di delega 25 giugno 1999, n. 205;
        che,  pertanto,  e'  manifestamente  infondata  la  questione
sollevata  dal  Giudice di pace di Roma con riferimento all'art. 176,
commi  19 e 22, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice  della  strada),  come  modificato  dall'art. 20, comma 2, del
decreto  legislativo  30 dicembre  1999, n. 507 (Depenalizzazione dei
reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell'art. 1
della  legge  25 giugno  1999, n. 205), nella parte in cui prevede il
fermo  amministrativo  del  veicolo con il quale e' stata commessa la
violazione anche quando sia di proprieta' di terzi incolpevoli;
        che, analogamente, deve ritenersi manifestamente infondata la
questione  sollevata  dal  Giudice  di  pace  di Como con riferimento
all'art. 214,  comma  1,  del codice della strada "nella parte in cui
non prevede che l'autoveicolo sia di proprieta' del trasgressore";
        che,  come  questa Corte ha costantemente affermato (sentenze
n. 217  del 1996 e n. 313 del 1995, ordinanze n. 190 del 1997 e n. 33
del  2001), l'individuazione delle condotte punibili e delle relative
sanzioni,  siano  esse  penali  o  amministrative, rientra nella piu'
ampia   discrezionalita'   legislativa,   non  spettando  alla  Corte
rimodulare le scelte punitive del legislatore ne' stabilire la misura
delle sanzioni;
        che, su queste basi, deve ritenersi manifestamente infondata,
come  d'altra  parte  gia'  dichiarato da questa Corte sia pure prima
della   modifica   introdotta  dall'art. 19,  comma  3,  del  decreto
legislativo  n. 507  del  1999,  la  questione relativa all'art. 216,
comma  6,  del  codice della strada, che prevede per il caso di guida
senza  patente anche la sanzione accessoria del fermo amministrativo,
prospettata dal Giudice di pace di Como deducendo l'illogicita' della
stessa  in  raffronto  al  trattamento  sanzionatorio meno afflittivo
previsto  dall'art. 128  del  medesimo  codice  per  chi  guidi senza
essersi  sottoposto  agli  esami  di idoneita' o sia stato dichiarato
temporaneamente inidoneo;
        che,  infine,  la  questione sollevata dal Giudice di pace di
Como  con riferimento all'art. 214, comma 6, del codice della strada,
e' manifestamente infondata in quanto la regola per cui l'opposizione
non sospende l'esecuzione del provvedimento e' derogabile dal giudice
che,   concorrendo  gravi  motivi,  puo'  disporre  diversamente  con
ordinanza  inoppugnabile,  come  previsto  dall'art. 22  della  legge
24 novembre 1981, n. 689;
        che quindi le questioni sollevate dai Giudici di pace di Roma
e di Como sono manifestamente infondate sotto ogni profilo.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.