IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 21247/00 proposto da Giancarlo Castiglione e Maria Santoro rappresentati e difesi dagli avv.ti Mario Sanino e Ruggero Dipace ed elettivamente domiciliato presso lo studio Sanino in Roma, viale Parioli n. 180; e sul ricorso n. 814/2001 proposto dai dottori Anna Maria Giorgione Imposimato, Renzo Liberati, Filippo Verso e Luciano Molini rappresentati e difesi dagli avv.ti Stefano Vinti e Carlo Greco ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Roma via Emilia n. 88; Contro la Corte dei conti il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, la Presidenza del Consiglio, dei ministri - in persona dei rispettivi rappresentanti pro tempore - in giudizio rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la stessa domiciliati in Roma via dei Portoghesi 12; Nei confronti, (ric. n. 21247/2000) dei consiglieri Gian Giorgio Paleologo, Michele Umberto Francese, Giovanni Rossi, Franco Turina e Carlo Granatiero; Nei confronti (ric. n. 814/2001) Carlo Granatiero e Alberto Giacomini; Per l'annullamento (ricc. nn. 21247/2000 e 814/2001) del provvedimento della Corte dei conti 4 ottobre 2000 n. 58/C/CP con il quale veniva indetta la procedura concorsuale per la copertura di alcuni posti di funzione ed in particolare quelli di consigliere delegato degli uffici di controllo sui ministeri; del provvedimento in data 10 novembre 2000 n. 65 con il quale venivano designati i magistrati delegati da preporre agli uffici di controllo nei ministeri; della deliberazione della Corte dei conti in data 16 giugno 2000 recante disposizioni per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti; della delibera del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti n. 553 del 2-3 ottobre 2000; di ogni altro atto connesso, presupposto, preparatorio, connesso e conseguenziale; E' altresi' per l'annullamento (ric. 814/2001) del provvedimento n. 76/C/CP del 20 novembre 2000 e della successiva deliberazione 715/CP/2000 del 20 dicembre 2000 con cui la dott.ssa Giorgione e' stata assegnata dal 1 gennaio 2001 e per un periodo non inferiore a due anni, alla sezione centrale di controllo di legittimita' su atti - ufficio di controllo sui ministeri economico-finanziari; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Corte di conti, del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti e della Presidenza del Consiglio dei ministri; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 23 gennaio 2002, relatore il consigliere Alberto Novarese - l'avv. M. Sanino, C. Greco e l'avv. dello Stato P. Gentili; F a t t o e D i r i t t o I ricorrenti - magistrati della Corte dei conti, alcuni con funzioni di consigliere delegato, al controllo sugli atti delle amministrazioni centrali dello Stato - con i due gravami in esame hanno impugnato i provvedimenti con i quali la Corte dei conti, in applicazione dell'art. 3, comma 2, del d.lgs. 30 luglio 1999 n. 286 di attuazione della delega contenuta nell'art. 11 della legge 15 marzo 1997 n. 59, ha provveduto alla riorganizzazione della funzione del controllo che ha portato ad una riduzione dei posti di consigliere delegato ed ha adottato i provvedimenti concorsuali per la copertura dei posti. In particolare la Corte dei conti con deliberazione del Consiglio di Presidenza 16 giugno 2000 ha approvato il regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo e in tale contesto ha stabilito (art. 4) che il controllo di legittimita' sugli atti del Governo e delle amministrazioni centrali dello Stato e' esercitato da magistrati assegnati dal Consiglio di Presidenza ai seguenti uffici: ufficio di controllo sui Ministeri istituzionali (Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministeri dell'interno, della giustizia, della difesa, degli affari esteri); ufficio di controllo sui ministeri economico finanziari (finanze e tesoro, nonche' sugli atti relativi al trattamento di quiescenza del personale civile e militare); ufficio di controllo sui ministeri delle attivita' produttive (industria, commercio con l'estero, comunicazioni e politiche agricole); ufficio di controllo sui ministeri delle infrastrutture e assetto del territorio (lavori pubblici, trasporto e ambiente); ufficio di controllo sui Ministeri dei servizi alla persona e dei beni culturali (sanita', lavoro, universita', pubblica istruzione e beni culturali). Tale struttura organizzativa, a cui corrisponde - logicamente e in base ai successivi atti della Corte - un posto di consigliere delegato per ogni Ufficio, viene a sostituirsi a quella che discendeva dagli artt. 17 e 22 del r.d. 12 luglio 1934 n. 1214 (testo unico delle leggi sulla Corte dei conti) in base ai quali "i decreti (...) qualunque sia il Ministero da cui emanano e qualunque ne sia l'oggetto, sono presentati alla Corte perche', esercitato il controllo di legittimita', vi si apponga il visto e ne sia fatta registrazione. (...)." "Al controllo degli atti di ogni singolo Ministero, e' delegata un consigliere coadiuvato da primi referendari o referendari preposti agli uffici costituiti da un congruo numero di funzionari ed impiegati. Un presidente di sezione ne coordina l'azione. (...) ". Avverso i provvedimenti impugnati i ricorrenti - che lamentano una illegittima riduzione della loro attuale posizione funzionale (in quanto attualmente svolgevano funzioni di consigliere delegato al controllo di un Ministero) o delle future prospettive (per la riduzione dei relativi posti) - hanno dedotto censure concernenti la violazione della normativa e dei principi generali sui controlli di legittimita' svolti dalla Corte dei conti e la violazione dei principi a cui deve conformarsi l'esercizio del potere di organizzazione e preposizione dei magistrati agli uffici. I ricorrenti hanno sollevato, altresi', questione di costituzionalita' dell'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1999, per profili riconducibili all'eccesso di delega. In ambedue i ricorsi si sono costituiti la Corte dei conti, il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti e la Presidenza del Consiglio dei ministri per resistere. Il gravame e' andato in decisione all'udienza del 23 gennaio 2002. Con sentenza parziale il collegio - riuniti i due ricorsi - ha respinto il primo gruppo di censure. Assume, quindi, rilevanza la indicata questione di costituzionalita' che se fondata determinerebbe l'illegittimita' derivata dei provvedimenti impugnati. Secondo il collegio la questione sollevata dai ricorrenti non e' manifestamente infondata e va, pertanto, sottoposta alla verifica della Corte costituzionale. Con il d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 il legislatore - in attuazione della delega conferita dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992 n. 421 - ha previsto l'istituzione nelle amministrazioni pubbliche di servizi di controllo interno, o nuclei di valutazione, con il compito di verificare, mediante valutazioni comparative dei costi e dei rendimenti, la realizzazione degli obiettivi, la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialita' e il buon andamento dell'azione amministrativa. La disciplina dei controlli esterni svolti dalla Corte dei conti, il cui nucleo fondamentale risaliva al citato r.d. n. 1214 del 1934 e alla legge n. 259 del 1958, e' stata innovata dalla legge 14 gennaio 1994 n. 20 nell'ottica della riduzione dell'area del controllo preventivo di legittimita' sugli atti e dell'introduzione del controllo successivo sulla gestione. L'art. 4 della citata legge ha conferito alla Corte autonomia organizzativa e finanziaria disponendo che "la Corte dei conti delibera con regolamento le norme concernenti l'organizzazione, il funzionamento, la struttura dei bilanci e la gestione delle spese". La legge 15 marzo 1997 n. 59, all'art. 11, comma 1, lett. c) ha, poi, delegato il Governo a emanare uno o piu' decreti legislativi diretti a riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attivita' svolta dalle pubbliche amministrazioni. In esecuzione della citata disposizione il Governo ha emanato il d.lgs. n. 286 del 1999 il quale, oltre a recare una nuova disciplina dei controlli interni, all'art. 3, commi 1 e 2, ha stabilito rispettivamente che "e' abrogato l'art. 8 della legge 21 marzo 1958 n. 259" e che "al fine anche di adeguare l'organizzazione delle strutture di controllo della Corte dei conti al sistema dei controlli interni disciplinato dalle disposizioni del presente decreto, il numero, la composizione e la sede degli organi della Corte dei conti adibiti a compiti di controllo preventivo su atti o successivo su pubbliche gestioni e degli organi di supporto sono determinati dalla Corte stessa, anche in deroga a previgenti disposizioni di legge, fermo restando, per le assunzioni di personale, quanto previsto dall'art. 39, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, nell'esercizio dei poteri di autonomia finanziaria, organizzativa e contabile ad essa conferiti dall'art. 4 della legge 14 gennaio 1994 n. 29". Sul primo comma di tale articolo che aveva soppresso la facolta' della Corte dei conti di formulare in qualsiasi momento rilievi ai ministri vigilanti su atti e vicende concernenti la gestione degli enti pubblici sottoposti al controllo in base alla legge n. 259 del 1958 - e' intervenuta di recente la Corte costituzionale che lo ha espunto sul rilievo sostanziale che "nulla nella legge (...) consente di ritenere che la delega ch'essa dispone comprenda la riforma della disciplina dei controlli sugli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria". "Dove la legge determina l'oggetto della delega (art. 11, primo comma, lett. c) si tratta di forme di controllo attinenti alle "amministrazioni pubbliche" e in questa formula non puo' certamente ritenersi compresa la categoria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria (...). L'estraneita' della materia del controllo sugli enti (...) risulta confermata dai principi e dai criteri direttivi, previsti in materia dell'art. 17 stessa legge. Dopo aver stabilito - per quanto qui interessa - che il governo si atterra' ai principi desumibili dall'art. 3, comma 6 - legge n. 20 del 1994 cioe' alla legge e a una disposizione della legge che si riferiscono esclusivamente al controllo sulle amministrazioni, nelle lettere successive a), f) prevede l'emanazione di una serie di disposizioni rivolte a potenziare l'informazione e il controllo interno di gestione; a istituire forme di valutazione dei risultati, con la possibilita' di interventi sanzionatori; a predisporre indicatori relativi all'efficienza e al buon andamento; a collegare l'esito della valutazione all'allocazione delle risorse; a costituire una banca-dati presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; a predisporre forme di indennizzo a favore dei soggetti interessati, in caso di inadempimento, o di ritardo nelle prestazioni dovute: tutte previsioni che, all'evidenza, non possono che riguardare le "amministrazioni" in senso proprio e che risulterebbero incongrue se riferite indifferenziatamente alla categoria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, enti che non fanno di per se' parte della pubblica amministrazione e costituiscono un genus che comprende le piu' svariate tipologie". Sembra, peraltro, al collegio che a tali disposizioni non solo sia estraneo ogni riferimento ai controlli sugli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, ma anche ogni riferimento ai controlli esterni, cioe' ai controlli svolti dalla Corte dei conti sulle amministrazioni pubbliche, essendo tali disposizioni dirette unicamente a riformare la disciplina dei controlli interni gia' prevista dall'art. 20 del d.lgs. n. 29 del 1993. Un esplicito riferimento all'art. 20 del d.lgs. n. 29 del 1993 e' contenuto nella relazione al disegno di legge che prevedeva all'art. 11 lett. c) "la previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati". Nessun riferimento ad un ampliamento della previsione nel senso di affidare al Governo anche la possibilita' di intervenire sui controlli esterni svolti dalla Corte dei conti e sulla organizzazione di quest'ultima e' dato rinvenire nei successivi lavori preparatori ne' e' desumibile dalle modifiche che il testo ha subito nel corso dell'iter parlamentare ("riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attivita' svolta dalle amministrazioni pubbliche") fino alla definizione del testo finale ("riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attivita' svolta dalle amministrazioni pubbliche"). Anche i principi e i criteri direttivi per l'esercizio della delega, ai sensi dell'art. 76 Cost. contenuti nel successivo art. 17, si riferiscono ai controlli interni delle amministrazioni e non ai controlli esterni della Corte sugli atti e sulla gestione di queste ultime, dimostrando che la riforma di detti controlli era del tutto estranea al contenuto della delega. Al riguardo il richiamo, contenuto nell'art. 12, ai principi desumibili dall'art. 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994 n. 20, sembra dettato al fine di coordinare i controlli interni con quelli svolti dalla Corte dei conti e non viceversa, e comunque un tale riferimento sarebbe sicuramente incongruo e inadeguato all'intendimento di attribuire al Governo il potere di innovare alla normativa primaria in materia di controlli della Corte dei conti e della relativa organizzazione. Non sembra al collegio, quindi, che spettasse al Governo adottare l'art. 3, comma 2, del d.lgs. 30 luglio 1999 n. 286, e conferire alla Corte dei conti un potere regolamentare concernente il "numero, la composizione e la sede degli organi della Corte dei conti adibiti a compiti di controllo preventivo su atti o successivo su pubbliche amministrazioni" "anche in deroga a previgenti disposizioni di legge", al fine di definire e ampliare il potere di organizzazione di cui la Corte dispone ai sensi dell'art. 4 della legge n. 20 del 1994. In conclusione, nei sensi sopra indicati, va sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1999 per contrasto con l'art. 76 della Costituzione. Va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 21 della legge 11 marzo 1953 n. 87, per la pronuncia sella legittimita' costituzionale della suindicata norma.