IL GIUDICE DI PACE

    Letti gli atti;

                             R i l e v a

    Con  ordinanza  9 marzo 2000 ha rimesso alla Corte costituzionale
gli   atti   del   presente   procedimento  per  la  decisione  sulla
legittimita'  costituzionale  dell'art. 6 legge n. 392/1978 sollevata
dall'attrice  con  riferimento  all'art.  3 della Costituzione, nella
parte  in  cui  non prevede che, in caso di separazione personale, il
convivente   more  uxorio  succeda  nel  contratto  di  locazione  al
conduttore di un immobile ad uso abitativo anche in mancanza di prole
comune, cosi' testualmente motivando:
        "atteso che l'attrice De Simone ha convissuto more uxorio con
il  convenuto  Cirimbilla nell'appartamento per cui e' causa, sito in
Roma,  via  della  Mendola  212,  villino  17,  int. 2, di proprieta'
dell'INPGI, condotto in locazione da esso Cirimbilla;
        che   successivamente   i   predetti   si   sono  separati  e
nell'appartamento de quo e' rimasta la De Simone;
        che  ora  il  Cirimbilla intende riottenere la disponibilita'
del detto immobile, facendo valere i propri diritti di conduttore;
        che  la  De  Simone  ha  agito  per far dichiarare la propria
successione  ex  art. 6  legge n. 392/1978 nel rapporto locatizio tra
l'INPGI  ed il menzionato Cirimbilla, ma allo stato la successione e'
esclusa non essendovi prole tra i due;
        che  la  medesima  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  della  norma  sopra  citata,  in relazione all'art. 3
Cost.,   come  modificata  dalla  sentenza  n. 559/1989  della  Corte
costituzionale, nella parte in cui non prevede che il convivente more
uxorio succeda anche in mancanza di prole comune;
        che tale questione non appare manifestamente infondata, avuto
riguardo  alla posizione del convivente che, nella coscienza sociale,
puo'  ormai  essere equiparato a quella di coniuge, anche in mancanza
di figli comuni;
        che la questione cosi' proposta e' rilevante, poiche' in caso
di  pronuncia favorevole la De Simone subentrerebbe nella titolarita'
del  rapporto  locatizio  de  quo e non sarebbe obbligata al rilascio
quale occupante senza titolo.
    Con ordinanza 15 marzo 2002 la Corte costituzionale ha dichiarato
"manifestamente inammissibile" la questione affermando testualmente:
        che   "la  carente  e  generica  descrizione  della  concreta
fattispecie  non  consente  di  verificare la effettiva rilevanza nel
giudizio   a   quo   della   sollevata   questione   di  legittimita'
costituzionale;
        che nell'ordinanza di rimessione si afferma che il conduttore
intende  riottenere  la  disponibilita'  dell'immobile  mentre  la ex
convivente   del  medesimo  chiede  che  sia  dichiarata  la  propria
successione nel rapporto di locazione;
        che  il giudice a quo non specifica quale sia il rapporto tra
le  due  domande  ne' precisa le ragioni su cui si basa la domanda di
successione  nel contratto di locazione, non essendo, in particolare,
chiarito  se  a  sostegno  dell'anzidetta  domanda di successione sia
stata  dedotta  la mera cessazione della convivenza ovvero un accordo
delle parti al momento della cessazione della convivenza stessa;
        che   il  rimettente  non  precisa  nemmeno  se  il  rilascio
dell'immobile,  cui,  come afferma, sarebbe obbligata l'attrice quale
occupante senza titolo, sia stato richiesto nello stesso giudizio dal
conduttore piuttosto che dal locatore, non consentendo in tal modo di
comprendere  se vi sia un rapporto di pregiudizialita' tra la domanda
in  relazione  alla  quale  prospettato  il  dubbio  di  legittimita'
costituzionale e le altre domande eventualmente proposte nel medesimo
giudizio".
    Per  la  piena  intelligenza della situazione di fatto dedotta in
giudizio,  ai  fini  della necessaria riproposizione della suindicata
questione di legittimita' costituzionale va percio' evidenziato che:
        1)  la ricorrente De Simone Annarita ha coltivato per 14 anni
una  relazione  con Cirimbilla Giovanni, iniziando a convivere con il
medesimo  nel maggio 1978 presso l'appartamento dove essa gia' viveva
insieme con i propri due figli;
        2)  nel novembre 1989, dopo una parentesi durante la quale il
Cirimbilla, pur continuando nella detta relazione, trascorreva alcune
notti  della  settimana  in  altra  abitazione  con la propria figlia
diciottenne,   i   predetti   si  sono  trasferiti  nel  piu'  grande
appartamento  per  cui  e' causa, sito in Roma, via della Mendola 212
(villino  17,  int.  2,  scala  unica, piano rialzato), di proprieta'
dell'INPGI,  preso in locazione dal Cirimbilla proprio per andarvi ad
abitare con la De Simone ed i figli di entrambi;
        3)  quell'appartamento  e' stato ristrutturato dai predetti e
le   relative   spese  sono  state  sostenute  per  meta'  (circa  L.
20.000.000)   dalla  De  Simone,  che  nel  frattempo  aveva  venduto
l'immobile dove in precedenza abitava;
        4)  da  quella  abitazione il Cirimbilla si e' allontanato in
data  20 gennaio 1992 andando a vivere altrove con una nuova compagna
e  da  allora il canone di locazione all'INPGI (per l'appartamento de
quo) e' stato corrisposto con denaro proprio dalla De Simone, rimasta
ivi;
        5) del relativo contratto di locazione con l'INPGI e' rimasto
pero'  titolare  il  Cirimbilla,  ostando  alla  successione della De
Simone  il  disposto  dell'art. 6  legge n. 392/1978 che, malgrado la
modifica  ad  esso  apportata  dalla sentenza n. 404/1988 della Corte
costituzionale, consente detta successione tra conviventi more uxorio
solo  se vi siano figli comuni (e nella specie figli comuni non ve ne
sono);
        6)  con  lettera  15  febbraio 1995 il Cirimbilla, tramite il
proprio  legale, ha posto alla De Simone il problema della "gestione"
dell'immobile   sopra   indicato,   facendole  intendere  di  volerne
riacquistare  la disponibilita' per utilizzarlo personalmente, previo
allontanamento di essa De Simone;
        7)  ad eventuali iniziative del Cirimbilla la De Simone nulla
avrebbe  potuto  ne'  potrebbe seriamente opporre perche', come si e'
visto,  quegli  risulta  ancora  conduttore  ed a lui, pertanto, essa
potrebbe essere costretta a restituire l'immobile;
        8)  introducendo  il  presente  giudizio  -  nel  quale si e'
costituito il solo INPGI, mentre il Cirimbilla e' rimasto contumace -
la   De  Simone  ha  quindi  chiesto  che  venga  dichiarata  la  sua
successione  nel  contratto di locazione stipulato dal Cirimbilla con
l'INPGI,  per effetto della separazione di essi conviventi nel 1992 e
dello  allontanamento  del  Cirimbilla con con relativa permanenza di
essa De Simone nell'immobile de quo;
        9)  quale  mezzo  al fine, ha anche sollevato la questione di
legittimita'  costituzionale  della  norma (art. 6 legge cit.) che ha
impedito  ed  impedisce  tuttora  la  successione  di  cui sopra e la
declaratoria di questo giudice in tal senso;
        10)   l'interesse   ad   agire   della  medesima  si  ravvisa
agevolmente  nella  situazione  in  se'  (di mera detenzione senza un
titolo giuridico che la giustifichi e nel contempo garantisca essa De
Simone da avverse domande di rilascio), ma anche, piu' concretamente,
nella  menzionata  lettera del legale del Cirimbilla e, adesso, nella
domanda  formulata  dall'INPGI che, evocato nel presente giudizio, ha
chiesto  in riconvenzionale che essa De Simone sia dichiarata appunto
detentrice  dell'immobile  de  quo  senza  titolo  e conseguentemente
condannata al rilascio dello stesso;
        11) per la chiesta declaratoria di successione della predetta
nel  rapporto  locatizio con l'INPGI si rende per altro necessaria la
valutazione  favorevole  ad  opera  della  Corte costituzionale della
anzidetta questione di legittimita' dell'art. 6 legge n. 392/1978;
        12)  invero,  come  gia'  accennato, allo stato attuale della
legislazione,  la  domanda della De Simone dovrebbe essere rigettata,
poiche'  giusto  l'art. 6  legge  n. 392/1978  deve escludersi che al
conduttore  di un immobile ad uso abitativo succeda la sua convivente
more  uxorio se (come nella specie) non vi sono figli comuni; mentre,
nell'ipotesi  in  cui  fosse  accolta  la  questione  di legittimita'
costituzionale sollevata dalla predetta (nell'ipotesi cioe' che fosse
riconosciuto  alla  convivente  del  conduttore il menzionato diritto
alla  successione  nel  rapporto locatizio anche in mancanza di prole
comune), la domanda in parola dovrebbe essere accolta. In conseguenza
di  cio',  la  De  Simone  assumerebbe  la  veste  di conduttrice nei
confronti  dell'INPGI  per  cui  detto  istituto  non  potrebbe  piu'
considerarla  occupante  abusiva e nemmeno l'ex convivente Cirimbilla
potrebbe piu' vantare sull'immobile il diritto personale di godimento
tuttora  risultante  dal  contratto  di  locazione  che,  allo stato,
consente  anche  a  lui  di  pretendere da essa De Simone il rilascio
dell'immobile.  Il  presente giudizio non puo' quindi essere definito
indipendentemente  dalla  risoluzione della questione di legittimita'
costituzionale  qui  proposta.  Da  qui  la rilevanza della questione
stessa  ai  fini  del  decidere  (cui  consegue  la ammissibilita' in
principio di essa);
        13) la questione non sembra manifestamente infondata a questo
giudice,  che  all'uopo  richiama  in  questa sede quanto evidenziato
nella  precedente  ordinanza di rimessione, cioe' che nella coscienza
sociale la posizione dei conviventi more uxorio e' ormai equiparata a
quella   dei  coniugi,  anche  in  mancanza  di  figli  comuni.  Cio'
specialmente  quando,  come  nella  specie,  la  convivenza stessa si
protragga  (o  si  sia  protratta)  per molti anni; da qui l'esigenza
socialmente   avvertita,   anche   in   relazione  alla  fondamentale
importanza  del  bene-abitazione,  di consentire alla gia' convivente
more   uxorio,   in   caso   di  cessazione  della  convivenza  e  di
allontanamento   del   conduttore,   di  subentrare  a  costui  nella
titolarita'  del rapporto locatizio (come al coniuge nella ipotesi di
separazione  di  fatto).  Si  tratta  in  sostanza  di riconoscere il
diritto  di  abitazione  alla  (o  al)  convivente rimasto nella casa
comune.  La  norma  attuale  sembra  pertanto  ledere il principio di
eguaglianza  di  cui  all'art. 3 della Costituzione, sia con riguardo
alla  posizione  del coniuge, sia con riguardo a quella della (o del)
gia' convivente con prole comune.
        14) quanto ai rapporti tra la domanda del Cirimbilla e quella
della  De  Simone (nonche' quella dell'INPGI), vanno riassuntivamente
puntualizzati,   giusta   la   suindicata   ordinanza   della   Corte
costituzionale, come segue:
          a)  il  Cirimbilla  ha  chiesto la riconsegna dell'immobile
alla  ex  convivente soltanto in sede stragiudiziale e nella presente
causa non si e' nemmeno costituito;
          b) la De Simone - per premunirsi verso eventuali iniziative
giudiziarie  del  predetto  -  ha  proposto  avanti  a questo giudice
formale   domanda   di   accertamento  del  suo  preteso  diritto  di
successione  all'ex convivente nel rapporto locatizio de quo (diritto
per  altro  condizionato, come si e' visto, alla pronuncia favorevole
della Corte costituzionale sulla questione di legittimita' come sopra
sollevata);
          c)  l'INPGI,  evocato anch'esso in questo giudizio dalla De
Simone,  ha spiegato domanda riconvenzionale nei confronti di costei,
chiedendo  che essa sia dichiarata occupante senza titolo e come tale
condannata al rilascio.
    Con   la   suindicata   ordinanza   la  Corte  costituzionale  ha
rappresentato altresi' la necessita' di chiarire "se a sostegno della
anzidetta domanda di successione sia stata dedotta la mera cessazione
della  convivenza  ovvero  un  accordo  delle  parti al momento della
cessazione della convivenza stessa".
    Nel  silenzio  degli atti al riguardo possono soccorrere soltanto
le presunzioni.
    Orbene,  giusta il non contrastato assunto dell'attrice, e' stato
il  Cirimbilla  ad  allontanarsi,  trasferendosi altrove per andare a
convivere  con  un'altra  compagna  e  lasciando essa De Simone nella
detenzione   dell'immobile:   non  risulta  che  essa  attrice  abbia
estromesso dall'immobile l'allora convivente con violenza o minaccia,
mentre  risulta  che la sua permanenza nell'immobile si e' protratta,
indisturbata,  per ben 3 (tre) anni, periodo durante il quale essa ha
pagato  i  canoni  con  denaro  proprio,  prima  che il Cirimbilla le
inviasse la lettera sub 6.
    Puo'  quindi ragionevolmente presumersi che, al momento in cui la
convivenza e' cessata, le parti si siano accordate perche' l'immobile
restasse  alla  De  Simone  con  ogni correlativo vantaggio ed onere;
quanto  meno,  deve  ritenersi il consenso tacito del Cirimbilla, non
risultando  alcuna sua riserva sul punto, quando di sua iniziativa ha
abbandonato quell'appartamento trasferendosi altrove.
    Verosimilmente   il   predetto   nel   lasciare  l'attrice  nella
detenzione   dell'appartamento,   invece  di  pretendere  che  se  ne
allontanasse, ha tenuto conto anche del fatto che essa, per convivere
con  lui  insieme  con  i  rispettivi figli in modo da dar vita ad un
nucleo  familiare  di  fatto, aveva abbandonato la propria precedente
abitazione  sostenendo  anche  notevoli spese per la ristrutturazione
dell'immobile.
    Il comportamento del medesimo appare univoco e concludente, tanto
da non lasciare dubbi in proposito.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  de qua va quindi
riproposta,  dopo aver come sopra integrato l'ordinanza di rimessione
nel senso indicato dalla Corte costituzionale.
    Non osta alla riproposizione da parte di questo stesso giudice il
disposto  dell'art. 24,  secondo  comma,  legge  n. 87/1953,  poiche'
palesemente   la   suindicata   ordinanza   con  la  quale  la  Corte
costituzionale  ha  dichiarato  la  inammissibilita'  della questione
anzidetta  non  ha natura decisoria, avendo solo ritenuto lacunosa la
ordinanza  di  rimessione (sul punto specifico la Corte ha gia' avuto
modo di pronunciarsi con sentenze nn. 451/1989, 189/2001).