ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 392, comma
1-bis,  del  codice di procedura penale, nonche' dell'art. 398, comma
5-bis, dello stesso codice, promosso con ordinanza in data 9 novembre
2001  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale di
Firenze,  iscritta al n. 113 del registro ordinanze 2002 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 12, 1a serie speciale,
dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 9 ottobre 2002 il giudice
relatore Valerio Onida.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Nel   corso   di   un   procedimento   penale  a  carico  di
un'insegnante  di  scuola materna per abuso dei mezzi di correzione o
di  disciplina  (art. 571  del codice penale) e per lesioni personali
aggravate  (artt. 582,  585,  576  del  codice  penale,  in relazione
all'art. 61,  numeri  2 e 11, dello stesso codice), il giudice per le
indagini  preliminari  del  Tribunale  di  Firenze  -  richiesto  dal
pubblico    ministero   di   procedere   con   incidente   probatorio
all'assunzione, con modalita' protette, della testimonianza di alcuni
bambini  coinvolti  come  parti  offese  nei delitti ipotizzati - con
ordinanza  in  data  9 novembre  2001,  pervenuta  a  questa Corte il
19 febbraio  2002,  ha  sollevato, in riferimento agli articoli 2 e 3
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 392,  comma  1-bis,  del  codice di procedura penale, nella
parte  in  cui  non  prevede  che  si  possa  procedere con incidente
probatorio  all'assunzione  della  testimonianza di un minore di anni
sedici  -  anche  al  di  fuori  delle ipotesi previste dal comma 1 -
qualora si proceda per delitti diversi da quelli ivi indicati, sempre
che  il  teste  sia  anche  la  persona  offesa  dal  reato;  nonche'
dell'art. 398,  comma  5-bis, dello stesso codice, nella parte in cui
non  prevede che si possa assumere la testimonianza di persona minore
di   anni  sedici  con  modalita'  "protette"  e  mediante  mezzi  di
riproduzione fonografica o audiovisiva qualora si proceda per delitti
diversi  da  quelli  ivi  indicati,  sempre che il teste sia anche la
persona offesa dal reato.
    L'art. 392,  comma  1-bis cod. proc. pen. detta un'eccezione alla
regola  dell'assunzione  in  dibattimento delle prove che non abbiano
carattere  di non rinviabilita', consentendo il ricorso all'incidente
probatorio   quando   si   debba   procedere   all'assunzione   della
testimonianza  di  un  minore  infrasedicenne  in  procedimenti per i
delitti  sessuali  di  cui  alle  leggi  15 febbraio  1996,  n. 66, e
3 agosto  1998, n. 269. L'art. 398, comma 5-bis, dello stesso codice,
a sua volta, prevede che, nel caso di indagini riguardanti i medesimi
reati,  ove  tra le persone interessate all'assunzione della prova vi
siano  minori  di  anni  sedici,  il  giudice, quando le esigenze del
minore  lo  rendano  necessario  o  opportuno,  stabilisce  modalita'
particolari   per   procedere   all'incidente  probatorio,  potendosi
svolgere   l'udienza  anche  in  luoghi  diversi  dal  tribunale  con
l'ausilio  di  strutture  specializzate di assistenza o, in mancanza,
presso l'abitazione del minore.
    Ad avviso del remittente, le norme denunciate contrasterebbero in
primo   luogo   con   il   principio  di  eguaglianza  (art. 3  della
Costituzione),  che  impone  di  trattare allo stesso modo situazioni
identiche  o  sostanzialmente  assimilabili,  tali dovendosi ritenere
tutte  le  ipotesi  in  cui  si procede per reati in danno di persone
minori  di  eta',  a  prescindere  dal  tipo  di reato ipotizzato: in
quanto, la' dove la vittima e' un minore (o addirittura un bambino di
pochissimi  anni,  come nel caso di specie), sussisterebbero tutte le
condizioni  che  hanno  indotto  il  legislatore  a varare la recente
legislazione    protettiva,   la   quale   tuttavia   sarebbe   stata
irragionevolmente  limitata  alla sfera dei reati sessuali o a sfondo
sessuale.
    Queste  condizioni  risiederebbero nella inevitabile "difficolta'
di  approccio  con  questo  specialissimo  tipo  di testimoni e parti
offese":  di  qui  la  necessita'  di  documentare l'atto istruttorio
attraverso  la  videoregistrazione  con  telecamere nascoste, la sola
modalita'  che,  ad avviso del remittente, permette di apprezzare, in
sede  di  valutazione  della prova, qualsiasi sfumatura, non solo del
linguaggio,  ma  anche dell'atteggiamento complessivo del bambino; e,
prima  ancora,  di  assumere  la  testimonianza  all'interno  di  una
struttura specializzata.
    Premesso  che il testimone minore di eta' che sia parte offesa e'
particolarmente  vulnerabile  ed  e'  spinto a cercare di "rimuovere"
psicologicamente  l'accaduto, il giudice a quo osserva che le recenti
modifiche  normative  di  cui  alle leggi n. 66 del 1996 e n. 269 del
1998  sono state varate per tutelare, non solo la dignita', il pudore
e  la  personalita'  del  teste  parte  offesa minorenne, ma anche la
genuinita'   della   prova.   Attraverso  il  meccanismo  processuale
dell'incidente  probatorio  svincolato  da  situazioni  oggettive  di
irripetibilita'  della  prova,  e'  stata  introdotta,  infatti, come
regola  generale,  la  possibilita'  di  assumere la testimonianza di
persona  minore  di  anni  sedici  nella  prima fase del procedimento
penale  e  quindi  nell'immediatezza  del  fatto,  ossia prima che il
minore  abbia  potuto  attuare  il  naturale  processo  di "rimozione
psicologica";  e  siccome l'atto istruttorio raccolto dal giudice per
le indagini preliminari con incidente probatorio conserva l'efficacia
di   prova  piena  anche  nella  successiva  fase  del  processo,  e'
salvaguardata   l'esigenza  di  non  dover  ripetere  piu'  volte  la
testimonianza,  evitando  alla  vittima il disagio di dover tornare a
"rivivere" il proprio passato doloroso.
    Orbene, a parere del giudice per le indagini preliminari, nessuna
seria  considerazione  logica  spiegherebbe  il motivo per cui queste
fondamentali  innovazioni  processuali  siano  state  dal legislatore
introdotte  solo in relazione ai procedimenti per i reati di cui agli
articoli   600-bis,   600-ter,   600-quinquies,   609-bis,   609-ter,
609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, anziche' in
ordine  a qualsivoglia delitto nel quale sia parte offesa una persona
minore di eta', tanto piu' che molti dei delitti esclusi dal campo di
applicazione  della  norma  ben  possono, in concreto, rivelarsi piu'
gravi  per  la  vittima  rispetto  ad  uno  qualsiasi dei reati sopra
indicati.
    Il contrasto degli articoli 392, comma 1-bis, e 398, comma 5-bis,
cod.  proc.  pen. con  l'art. 2  della Costituzione, sotto il profilo
della  tutela  dei  diritti  inviolabili  dell'uomo,  e' motivato dal
giudice a quo sulla base di un duplice rilievo.
    Il  processo  penale  deve essere governato da regole in grado di
tutelare  la  personalita'  degli  individui,  siano  essi imputati o
testimoni,  e  deve  quindi  svolgersi  in modo tale da garantire che
siano  il  piu'  possibile  salvaguardate la dignita', il pudore e la
riservatezza   di  costoro:  ma  cio'  non  avverrebbe  allorche'  il
testimone  minorenne,  non  potendosi esperire l'incidente probatorio
con modalita' protette, sia esposto alla pubblicita' del dibattimento
e  sia  quindi esaminato (sebbene, eventualmente, con l'ausilio di un
esperto  di  psicologia  infantile)  alla presenza di piu' persone. A
tale  riguardo il remittente osserva che l'art. 498, comma 4-ter, del
codice  di  rito  consente di esperire l'esame del minore vittima del
reato  mediante  l'uso  di  vetro  specchio  unitamente  ad  impianto
citofonico  solo  nel  caso  in  cui  si  proceda per uno dei delitti
sessuali o a sfondo sessuale.
    Inoltre,  prosegue il giudice a quo, l'impossibilita' di escutere
la  parte  offesa  minorenne  mediante  incidente probatorio (ossia a
breve  distanza  di  tempo dai fatti ed una sola volta, ancorche' nel
pieno  rispetto  del  diritto di difesa dell'indagato e del principio
del  contraddittorio  processuale),  impone  a quest'ultima l'inutile
sacrificio  di  ripetere di nuovo il proprio racconto, per di piu' in
un  momento in cui, generalmente, e' gia' in atto o si e' addirittura
ormai  concluso  il  naturale  processo  di rimozione psicologica del
danno;  e  questa  situazione  contrasterebbe  con  il  principio del
rispetto e della tutela della personalita' dell'individuo.
    A  sostegno dei dubbi di legittimita' costituzionale prospettati,
il  giudice  per  le indagini preliminari ricorda la decisione CE del
15 marzo  2001,  n. 220  (Posizione  della  vittima  nel procedimento
penale),  la  quale, nell'enunciare una serie di principi generali in
materia,  ai  quali  tutti gli Stati membri della Comunita' si devono
conformare   adottando   le   opportune   disposizioni   legislative,
regolamentari ed amministrative, prevede in particolare la necessita'
di  un trattamento processuale specifico, che prescinde dal titolo di
reato   per   cui   si   procede,  per  le  "vittime  particolarmente
vulnerabili"   (art. 2,   comma  2);  indica  l'esigenza  di  evitare
successive  ripetizioni  dell'esame  testimoniale  della parte offesa
(art. 3);  sancisce che "ove sia necessario proteggere le vittime, in
particolare   le  piu'  vulnerabili,  dalle  conseguenze  della  loro
deposizione  in  udienza  pubblica,  ciascuno Stato membro garantisce
alla  vittima  la  facolta',  in base a una decisione del giudice, di
rendere testimonianza in condizioni che consentano di conseguire tale
obiettivo  e  che  siano  compatibili con i principi fondamentali del
proprio   ordinamento"  (art. 8,  ultimo  comma).  Al  riguardo,  pur
ritenendo  configurabile  un  conflitto  tra le norme denunciate ed i
principi  generali  sanciti dalla decisione comunitaria in materia di
trattamento  della  vittima  nel  procedimento  penale, il remittente
esclude  di  poterlo  risolvere  disapplicando  la  normativa interna
incompatibile,   essendo  la  decisione  quadro  priva  di  efficacia
diretta.
    Le  sollevate  questioni di legittimita' costituzionale sarebbero
quindi  rilevanti.  Le  norme  denunciate  non consentirebbero di dar
corso,  nel  caso  di  specie, all'incidente probatorio con modalita'
protette    se    non    attraverso   la   richiesta   pronuncia   di
incostituzionalita': difatti i reati per cui si procede non rientrano
tra  quelli indicati nell'art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen., ne'
sussisterebbero  le  particolari  condizioni di irripetibilita' della
prova  previste  dal comma 1, lettere a e b, dello stesso art. 392. E
tuttavia   l'incidente   probatorio   con  modalita'  protette  viene
considerato  dal remittente estremamente opportuno nel caso concreto:
sia  per  la  vulnerabilita'  dei  numerosi  testimoni e parti offese
minorenni, sia per la gravita' dei reati in contestazione.
    2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente
del  Consiglio  dei ministri, concludendo per la non fondatezza delle
questioni.
    Osserva   l'Avvocatura   che   le  norme  denunciate  si  pongono
all'incrocio  di  due  diverse  esigenze:  da un lato, l'accertamento
processuale   della  verita',  che  si  realizza  principalmente  con
l'assunzione  della  prova  nella  fase  dibattimentale  e  nel pieno
contraddittorio  tra  le  parti; dall'altro, la tutela del minore, la
quale  postula  che  la  prova  venga assunta tenendo conto delle sue
particolari caratteristiche.
    Nel  bilanciamento  di  questi valori, il legislatore ha ritenuto
che  per limitare la prima esigenza non sia sufficiente il solo fatto
che  l'assunzione  della  testimonianza  riguardi  un  minore,  ma ha
richiesto  anche  che  il  reato  in  accertamento  attenti  alla sua
sessualita'.
    La  scelta  del  legislatore  sarebbe,  ad  avviso  della  difesa
erariale,  ragionevole.  Ne'  sarebbe  direttamente  influente  sulla
questione  la  circostanza  che alcuni reati, come quelli di abuso di
mezzi di correzione o di lesioni personali gravissime, possano essere
in  concreto  ben  piu' gravi di quelli concernenti la sessualita': e
cio' sia perche' "se si dovesse estendere la disciplina derogatoria a
tutti  i  reati  in danno di minori infrasedicenni, vi rientrerebbero
non  solo  reati  piu' gravi, ma anche meno gravi di quelli attinenti
alla  sessualita'",  sia perche' il criterio della gravita' del reato
in  accertamento potrebbe, come per gli adulti, "agire indirettamente
sull'assunzione  della  prova  e  trovare  un  rimedio  nel  disposto
dell'art. 392,  comma  1,  lettera  b,  cod. proc. pen., che consente
l'incidente probatorio quando vi e' fondato motivo di ritenere che la
persona  sia  esposta  a  violenza o minaccia affinche' non deponga o
deponga il falso".
    Ne'  meritevole  di maggior considerazione sarebbe il rilievo, di
cui e' cenno nell'ordinanza di rimessione, del possibile danno per il
minore  ove  la  deposizione,  con  efficacia  di  prova piena, venga
assunta solo nel dibattimento, ossia a notevole distanza di tempo dal
fatto  di  reato ed in pubblica udienza. Difatti, che il dibattimento
avvenga a notevole distanza di tempo e' circostanza che dipende dalle
singole  esperienze  giudiziarie,  e  non  potrebbe  giustificare uno
sbilanciamento  generale del sistema normativo invertendo il rapporto
fra  eccezione  (incidente  probatorio)  e  regola (dibattimento). In
dibattimento,  del  resto,  vi  sarebbero regole capaci di assicurare
alle  vittime  particolarmente vulnerabili un trattamento processuale
specifico:   l'art. 472   cod.   proc.   pen. prevede  che  l'udienza
dibattimentale  possa svolgersi a porte chiuse; l'art. 498 cod. proc.
pen.,  d'altra  parte, dispone che l'esame del minorenne sia condotto
dal presidente avvalendosi eventualmente dell'ausilio di un familiare
del  minore o di un esperto in psicologia infantile: se poi una parte
lo  richiede  ovvero  se il presidente lo ritiene necessario, possono
applicarsi  proprio  le  modalita'  di cui all'art. 398, comma 5-bis,
cod. proc. pen.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  giudice  per  le  indagini  preliminari del Tribunale di
Firenze   solleva   questione   di  legittimita'  costituzionale,  in
riferimento   agli   articoli   2   e   3   della  Costituzione,  sia
dell'art. 392,  comma  1-bis,  del  codice di procedura penale, nella
parte  in  cui  non  prevede  che  si  possa  procedere con incidente
probatorio  all'assunzione della testimonianza di un minore di sedici
anni  anche  al  di  fuori  delle  ipotesi  previste dal comma 1, per
delitti  diversi da quelli ivi indicati, nel caso in cui il testimone
sia  anche parte offesa; sia dell'art. 398, comma 5-bis, dello stesso
codice,  nella  parte  in  cui non prevede che l'incidente probatorio
avente  ad oggetto la testimonianza di un minore di sedici anni possa
avvenire  con  le  particolari modalita' ivi previste anche quando si
procede  per  ipotesi  di reato diverse da quelle ivi indicate, ed il
testimone sia anche parte offesa dal reato.
    In  sostanza  il  remittente, il quale procede per reati di abuso
dei  mezzi  di correzione o di disciplina e di lesioni personali, che
sarebbero  stati  commessi a danno di minori di sedici anni, vorrebbe
estendere  ai  procedimenti  per  qualsiasi  reato  le  previsioni  -
introdotte  nel  codice  di  procedura penale dalle leggi 15 febbraio
1996,  n. 66,  e  3 agosto  1998,  n. 269,  per  le  ipotesi di reati
sessuali  -  secondo  cui  il pubblico ministero o l'indagato possono
chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della
testimonianza  di  persona  minore  di sedici anni, anche al di fuori
delle  ipotesi  nelle  quali  l'incidente  probatorio  e'  ammesso in
generale  (art. 392,  comma 1-bis, cod. proc. pen.), e all'assunzione
della   testimonianza   con   incidente  probatorio  si  procede  con
particolari  modalita'  (art. 398,  comma 5-bis, cod. proc. pen.): la
richiesta  di  estensione  riguarda  pero'  solo  il  caso  in cui la
testimonianza da assumere sia quella della persona offesa dal reato.
    Secondo  il  giudice  a  quo,  le  norme  impugnate  violerebbero
anzitutto l'art. 3 della Costituzione, in quanto le ragioni che hanno
indotto il legislatore ad introdurre tali norme con riguardo ai reati
a  sfondo  sessuale sussisterebbero quale che sia il reato commesso a
danno  di  minori di sedici anni. Tali ragioni consisterebbero, da un
lato,  nella  difficolta' di approccio con questo "specialissimo tipo
di testimoni e parti offese", che richiederebbe particolari modalita'
"protette" di assunzione della testimonianza, quelle appunto previste
dall'art. 398,  comma  5-bis, cod. proc. pen.; dall'altro lato, nella
particolare  "vulnerabilita'"  della  parte  offesa minore, portata a
cercare  di  rimuovere psicologicamente l'accaduto piu' di quanto non
farebbe   un   adulto,  onde  l'assunzione  della  testimonianza  con
incidente   probatorio   sarebbe  necessaria  sia  per  garantire  la
genuinita'  della prova, sia per tutelare la personalita' del minore,
consentendo  a  questi  di  rendere la propria testimonianza una sola
volta per tutte e a breve distanza di tempo dal fatto.
    Analoghe  ragioni  sono  addotte  dal remittente a sostegno della
denunciata violazione dell'art. 2 della Costituzione: solo l'adozione
delle   particolari   modalita'   "protette"   di   assunzione  della
testimonianza,   e  l'esclusione  della  necessita'  di  ripetere  la
testimonianza  in  dibattimento,  per  di  piu' quando il processo di
rimozione  psicologica  del  fatto  sia  gia'  in  atto  o  concluso,
garantirebbero  la  tutela  della  dignita', della riservatezza e del
pudore dei minori, e in generale della loro personalita'.
    2. - La  questione relativa all'art. 392, comma 1-bis, del codice
di  procedura  penale,  denunciato  nella parte in cui non estende la
possibilita'  di far ricorso all'incidente probatorio per assumere la
testimonianza  di  un minore di sedici anni, parte offesa di un reato
diverso da quelli sessuali, non e' fondata.
    Non  lo e', anzitutto, sotto il profilo della asserita violazione
del  principio  di  eguaglianza.  Non  rilevano a questo proposito le
specifiche   difficolta'   enunciate  dal  remittente  riguardo  alla
testimonianza   dei  minori,  che  richiederebbero  il  ricorso  alle
particolari   modalita'  "protette"  di  assunzione  della  medesima,
stabilite dall'art. 398, comma 5-bis, cod. proc. pen. Le modalita' di
assunzione della testimonianza non dipendono infatti, di per se', dal
ricorso  o  meno  all'incidente  probatorio,  essendo  ben  possibili
modalita'  speciali,  idonee  a  proteggere la personalita' del teste
minorenne,  anche  nel  dibattimento.  Del resto e' quello che accade
secondo  la  legislazione  vigente,  in cui talune speciali modalita'
sono previste, indipendentemente dal tipo di reato per cui si procede
(esame  a  porte  chiuse:  art. 472,  comma  4, cod. proc. pen; esame
condotto  dal giudicante, anche con l'ausilio di un familiare o di un
esperto:  art. 498,  comma  4,  cod.  proc.  pen.):  e  cio'  anche a
prescindere    dalla    questione,   ancora   controversa   in   sede
interpretativa, se il comma 4-bis dello stesso art. 498 (che comporta
l'applicabilita' delle modalita' di cui all'art. 398, comma 5-bis) si
applichi, secondo la sua lettera, indipendentemente dal reato per cui
si procede, come anche questa Corte ha ritenuto nella sentenza n. 114
del 2001, ovvero solo per i reati sessuali, cui si riferisce la legge
n. 269 del 1998, che tale comma aggiuntivo ha introdotto.
    Potrebbero   rilevare,   invece,  le  considerazioni  svolte  dal
remittente   circa   le  ragioni  che  stanno  a  base  della  scelta
legislativa  per  l'ampliamento  del ricorso all'incidente probatorio
nel  caso  di  reati  sessuali.  Ma anche da questo punto di vista la
censura  del giudice a quo non e' condivisibile. Non solo o non tanto
perche',   nella  specie,  si  richiede  l'estensione  di  una  norma
speciale,  dettata  per  una specifica categoria di reati (quella che
consente,   nel   caso   di  reati  a  sfondo  sessuale,  il  ricorso
all'incidente  probatorio  per assumere la testimonianza di un minore
di  sedici  anni  -  parte  offesa o semplice testimone - fuori dalle
ipotesi  generalmente  previste),  mentre la norma generale e' quella
per  cui  la  prova  e'  assunta  in dibattimento, salve le eccezioni
espressamente  contemplate;  quanto,  soprattutto,  perche' la scelta
legislativa che sta a base della norma speciale invocata non e' priva
di  giustificazione,  trattandosi  di reati rispetto ai quali si pone
con maggiore  intensita'  ed  evidenza  l'esigenza  di  proteggere la
personalita'   del   minore,   nell'ambito   del  suo  coinvolgimento
processuale,  e  la  genuinita' della prova (cfr. sentenza n. 114 del
2001).
    Non  si  puo'  quindi  dire  che  la  norma  speciale  voluta dal
legislatore   sia   riferita  ad  un  oggetto  non  corrispondente  e
irragionevolmente  piu'  circoscritto  di  quanto  non imponga la sua
ratio  cio' che solo potrebbe condurre a ravvisare una violazione del
principio costituzionale di eguaglianza.
    3. - Quanto   alla   denunciata   violazione   dell'art. 2  della
Costituzione,  l'accoglimento  della  questione presupporrebbe che il
ricorso all'incidente probatorio, per assumere la testimonianza della
parte  offesa  che  sia  un minore infrasedicenne, rappresentasse non
solo  - come e' - una scelta legittima del legislatore, ma una misura
obbligata,  costituzionalmente  necessaria  al  fine  di  tutelare la
personalita' del minore.
    Le  considerazioni  che  il  remittente  svolge a proposito della
opportunita'  di  assumere la testimonianza a breve distanza di tempo
dal  fatto,  e senza necessita' di ripeterla, per di piu' quando gia'
il  minore potrebbe aver messo in atto o addirittura gia' concluso il
naturale  processo  di rimozione psicologica di fatti traumatici, cui
egli  sarebbe portato piu' dell'adulto, non appaiono prive di rilievo
dal  punto  di vista dell'opportunita' legislativa. Ma, appunto, solo
il  legislatore  potrebbe apprezzare tali ragioni: non puo' dirsi che
esse  esprimano  una  necessita'  costituzionale, tale da imporre una
ulteriore  deroga  alle  regole  generali  del processo, informate al
principio  per  cui  le  prove  si  assumono nel dibattimento, mentre
l'incidente probatorio e' strumento eccezionale, previsto solo per le
ipotesi  stabilite  dalla  legge,  in  vista,  principalmente,  della
necessita'  di  assicurare  una  prova che potrebbe essere dispersa o
alterata se si attende il dibattimento.
    La   sola  circostanza  che  il  legislatore  abbia  ritenuto  di
estendere  tale  eccezione  al  caso  in  cui  si  debba  assumere la
testimonianza  di  un  minore  di  sedici anni in un procedimento per
reati  sessuali,  differenziando  le  regole  del rito in vista della
specificita'  di  tali  reati,  non  puo'  valere  a  dimostrare  che
l'eccezione  sia costituzionalmente dovuta indipendentemente dal tipo
di  reato,  sia  pure  solo  ai  fini della testimonianza della parte
offesa.
    Tutela  della  personalita'  del  minore e genuinita' della prova
sono certo interessi costituzionalmente garantiti: non lo e' pero' lo
specifico  strumento,  consistente  nell'anticipazione, con incidente
probatorio, delle testimonianze in questione.
    Si  puo'  aggiungere  che  l'esigenza  di non dover ripetere piu'
volte  la  testimonianza,  per  evitare  il  rinnovo di situazioni di
tensione  e  disagio  psicologico,  non  e' di per se' assicurata dal
ricorso   all'incidente   probatorio,   che,  da  un  lato,  potrebbe
sopravvenire - al pari dell'istruttoria dibattimentale - dopo che nel
corso delle indagini preliminari il minore sia gia' stato sentito, e,
dall'altro   lato,   non   esclude  la  ripetizione  della  prova  in
dibattimento,    posto    che    la    regola    speciale,    sancita
dall'art. 190-bis,  comma  1-bis, del codice di procedura penale (che
in  questa  sede  non  viene  in considerazione), secondo cui l'esame
testimoniale  in  dibattimento  e'  ammesso  solo se riguarda fatti o
circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni,
ovvero  se il giudice o una delle parti lo ritengono necessario sulla
base  di  specifiche  esigenze, e' dettata, testualmente, solo per il
caso in cui si procede per i reati sessuali ivi indicati.
    4. - Una  volta  esclusa  la  fondatezza della questione relativa
all'art. 392,  comma  1-bis, che avrebbe comportato la estensione del
ricorso  all'incidente  probatorio,  ne  discende  la  irrilevanza, e
dunque  la  inammissibilita',  della questione sollevata con riguardo
all'art. 398,  comma  5-bis, che si riferisce alle speciali modalita'
di assunzione della testimonianza nell'incidente probatorio medesimo.
La   questione  sarebbe  infatti  rilevante  solo  se  il  remittente
ritenesse di poter procedere, sulla base della normativa applicabile,
all'assunzione  della  testimonianza  mediante  incidente probatorio,
cio'  che  invece  il remittente stesso nella specie nega, allo stato
della legislazione in vigore.