ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 10, numero 3
(recte:  comma  3),  della  legge della Regione Lombardia 7 settembre
1992,  n. 28  (Norme  sulle  circoscrizioni  comunali), e della legge
della  Regione  Lombardia  23 novembre  2001,  n. 21 (Istituzione del
comune  di  Baranzate in Provincia di Milano), promosso con ordinanza
del  23 aprile  2002  dal  Tribunale  amministrativo  regionale della
Lombardia,   iscritta   al  n. 328  del  registro  ordinanze  2002  e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, 1a serie
speciale, dell'anno 2002.
    Visti   gli   atti   di  costituzione  del  Comitato  "Uniti  per
Baranzate", del comune di Bollate e della Regione Lombardia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  28 gennaio  2003  il  giudice
relatore Valerio Onida;
    Uditi gli avvocati Mario Viviani per il comune di Bollate, Andrea
Manzi  e  Andrea  Soncini  per  il  Comitato "Uniti per Baranzate", e
Nicolo' Zanon per la Regione Lombardia.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Nel  corso  di un giudizio sui ricorsi riuniti del Comune di
Bollate  nonche' di Gianfranco Marino Capitani ed Enrico Confalonieri
per  l'annullamento,  previa sospensione, del decreto del Prefetto di
Milano  in  data  1  febbraio 2002, recante la nomina del commissario
prefettizio presso il neo-istituito Comune di Baranzate, e degli atti
connessi  e  conseguenti, il Tribunale amministrativo regionale della
Lombardia, con ordinanza del 23 aprile 2002, pervenuta a questa Corte
il 18 giugno 2002, ha sollevato, in riferimento all'art. 133, secondo
comma,  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 10,  numero  3  (recte: comma 3), della legge della Regione
Lombardia   7 settembre   1992,  n. 28  (Norme  sulle  circoscrizioni
comunali),  e  dell'intera  legge della Regione Lombardia 23 novembre
2001,  n. 21  (Istituzione  del  Comune  di Baranzate in Provincia di
Milano).
    La  questione  sollevata trae origine dalla vicenda dell'erezione
in comune della frazione di Baranzate mediante distacco dal Comune di
Bollate,  disposta  con  la  legge  della Regione Lombardia n. 21 del
2001,  dopo  un referendum consultivo, indetto ai sensi dell'art. 10,
comma  3,  della legge della Regione Lombardia n. 28 del 1992, in cui
sono  stati  ammessi  al  voto,  non tutti gli elettori del Comune di
Bollate,  ma  unicamente  i  residenti  della frazione intenzionata a
distaccarsi.
    L'art. 133,  secondo  comma, della Costituzione statuisce che "la
regione,  sentite  le  popolazioni  interessate,  puo'  con sue leggi
istituire  nel  proprio  territorio nuovi comuni e modificare le loro
circoscrizioni".  La  Costituzione,  per  l'istituzione  di  un nuovo
comune,   pone  il  principio  della  necessita'  di  una  preventiva
audizione delle "popolazioni interessate".
    Il    tribunale    amministrativo   ritiene   che   il   precetto
costituzionale   debba   essere   interpretato   in  senso  ampio,  e
precisamente nel senso che alla consultazione referendaria prodromica
all'istituzione  di  un  nuovo  comune  debbano  partecipare  tutti i
cittadini del comune da cui avviene il distacco, essendo quest'ultimo
destinato  a  subire  la  contrazione della propria popolazione e del
proprio territorio a favore dell'istituendo nuovo comune.
    Ad  una  tale interpretazione del citato art. 133, secondo comma,
della    Costituzione    sarebbe    pervenuta    la    giurisprudenza
costituzionale.  Il  remittente  invoca  le  sentenze di questa Corte
n. 433  del 1995 e n. 94 del 2000, secondo cui, in linea generale, le
popolazioni  interessate  sono tanto quelle che verrebbero a dar vita
ad  un  nuovo  comune cosi' come quelle che rimarrebbero nella parte,
per  cosi'  dire,  "residua"  del comune di origine: cio', osserva il
Tribunale  amministrativo  regionale,  in quanto, di regola, entrambe
queste  popolazioni  hanno  un  interesse  qualificato  nei  riguardi
dell'evento in oggetto, giacche' in tale evento, da un lato, "ricorre
la   situazione  di  smembramento  (sia  dal  punto  di  vista  della
popolazione  sia  da  quello  del  territorio)  dell'originario unico
comune  e,  d'altro  lato,  ricorre  la  situazione  della  richiesta
erezione  in ente territoriale della frazione comunale e del relativo
aggregato  sociale". Secondo la giurisprudenza costituzionale esiste,
bensi',  una  possibilita'  di  deroga  ad  un siffatto principio, ma
limitata  a casi eccezionali, in cui non puo' dirsi sussista, in capo
all'intera   popolazione   dell'originario   comune,   un   interesse
qualificato al distacco della frazione dal comune medesimo. Tali casi
sono  stati  ricondotti  alle  seguenti  ipotesi: a) che il gruppo il
quale  chiede l'autonomia abbia una sua caratterizzazione distintiva,
tale  da  far  ritenere  questo  gruppo  gia'  esistente  come  fatto
sociologicamente   distinto   e,   comunque,  collegato  con  un'area
eccentrica  rispetto  al  capoluogo; b) che la modificazione proposta
abbia  limitata  entita'  con  riferimento sia al territorio sia alla
popolazione, rispetto al totale.
    Ad  avviso  del  giudice  a  quo,  nel  caso  al  suo  esame  non
ricorrerebbe  alcuna  delle  ipotesi  derogatorie  sopra evidenziate;
avendo  la  regione  stabilito,  con  l'art. 10, comma 3, della legge
regionale  n. 28  del  1992, che la consultazione debba riguardare la
sola   popolazione   della   frazione  direttamente  interessata,  le
disposizioni  di legge regionale impugnate apparirebbero in contrasto
con la norma costituzionale.
    2. - Nel  giudizio  dinanzi  alla  Corte  si  sono  costituiti la
Regione  Lombardia,  il  Comune  di  Bollate e il Comitato "Uniti per
Baranzate".
    2.1. - La  Regione  Lombardia  ha  concluso per la non fondatezza
della   questione.   L'ordinanza   di  rimessione  si  limiterebbe  a
presentare   una   lettura  del  secondo  comma  dell'art. 133  della
Costituzione   basata   su  un'interpretazione  riduttiva  di  quanto
affermato  dalla  Corte  costituzionale, poiche' nella sentenza n. 94
del  2000  e'  stato  escluso  che l'ambito della consultazione debba
necessariamente  e  in  ogni  caso  coincidere con la totalita' della
popolazione dei comuni coinvolti nella variazione.
    In  ogni  caso,  assume  la  Regione  Lombardia,  e' il Consiglio
regionale   che,   al   fine   di  verificare  se  una  consultazione
generalizzata  della  popolazione  sia o meno imposta, deve compiere,
caso  per  caso, la valutazione degli elementi di fatto al momento di
indire  il referendum consultivo. Nella specie il Consiglio regionale
della   Lombardia   avrebbe   svolto   un'attenta  istruttoria  sulle
circostanze  di  fatto  giustificanti  il  distacco  da Bollate della
frazione  di  Baranzate, come emergerebbe, in particolare, dai lavori
preparatori della legge regionale istitutiva di quest'ultimo comune.
    Dalla  sentenza  n. 433  del  1995  di  questa Corte scaturirebbe
l'idea  che  cio'  che  conta non sono le previsioni astratte, ma gli
accertamenti  in  concreto:  indipendentemente  da  cio' che la legge
generale  sul  procedimento stabilisce, cio' che rileva, si sostiene,
e'  se  il  Consiglio  regionale  abbia  valutato a quali parti della
popolazione  estendere la consultazione referendaria. Pertanto, anche
una previsione legislativa astratta improntata ad una interpretazione
restrittiva    del    significato    della   locuzione   "popolazioni
interessate",  nel  senso della consultazione dei soli aventi diritto
al  voto residenti nella parte di territorio che chiede di staccarsi,
non sarebbe in se' incostituzionale. Difatti la Corte, nella sentenza
n. 94   del   2000,   afferma  che  possono  certamente  configurarsi
situazioni   in  cui  l'esistenza  di  un  interesse,  rispetto  alla
variazione,  delle  popolazioni  residenti  in aree diverse da quelle
destinate  al  trasferimento  e'  ragionevolmente da escludersi: "ma,
appunto,  l'esclusione  deve  fondarsi allora - tanto piu' quando sia
sancita   in  astratto,  senza  riguardo  alle  singole  proposte  di
variazione   -  su  elementi  sicuramente  idonei  a  farne  ritenere
insussistente   l'irragionevolezza".   Quindi  ben  potrebbero  darsi
previsioni  astratte  come quelle della legge regionale lombarda che,
pur  non  conformi  alla  regola  generale  ricordata,  risultano non
incostituzionali di fatto, nella loro applicazione in concreto.
    In  conclusione  la  legge  regionale  istitutiva  del  comune di
Baranzate  sarebbe  esente  dal  vizio  di  violazione dell'art. 133,
secondo  comma,  della  Costituzione, perche' avrebbe alle spalle una
valutazione  in concreto delle situazioni che la Corte stessa indico'
nella  sentenza  n. 433  del  1995.  Ma, tenuto conto delle modalita'
concrete    della    sua    applicazione,   alla   dichiarazione   di
incostituzionalita'  potrebbe  sottrarsi  la  stessa  norma regionale
generale  sul  procedimento,  ossia  l'art. 10,  comma 3, della legge
regionale n. 28 del 1992.
    2.2. - Il  Comune di Bollate ha concluso per l'accoglimento della
questione,  riservando  ogni  piu'  ampia  illustrazione a successiva
memoria.
    2.3. - Il  Comitato  "Uniti  per  Baranzate"  ha  chiesto  che la
questione    di    legittimita'    costituzionale    sia   dichiarata
inammissibile,   improcedibile   e   comunque   infondata,  rinviando
anch'esso  a  separata memoria l'esposizione delle ragioni a sostegno
delle rassegnate conclusioni.
    3. - In   prossimita'   dell'udienza   hanno  depositato  memorie
illustrative  la Regione Lombardia, il Comitato "Uniti per Baranzate"
e il Comune di Bollate.
    3.1. - La  Regione Lombardia ribadisce che dall'art. 133, secondo
comma,  della  Costituzione  non  e'  possibile  derivare un concetto
univoco  di "popolazioni interessate" nella ipotesi di istituzione di
nuovi  comuni o di modifica delle circoscrizioni di comuni esistenti,
dovendosi   escludere   che   l'ambito   della   consultazione  debba
necessariamente  ed  in  ogni  caso coincidere con la totalita' della
popolazione dei comuni coinvolti nella variazione.
    Ne  deriva  che  la legge regionale in materia non e' una legge a
contenuto  costituzionalmente  vincolato  quanto  alla individuazione
delle   popolazioni  interessate  a  partecipare  alla  consultazione
referendaria, avendo la Corte riconosciuto, con la sentenza n. 94 del
2000, "uno spazio al legislatore regionale, oltre che, eventualmente,
al  legislatore  statale,  in  sede  di  determinazione  dei principi
fondamentali".
    Secondo  la  difesa  della  Regione  Lombardia,  la revisione del
titolo V della parte seconda della Costituzione avrebbe toccato anche
l'argomento  qui  in  questione,  dato che la materia "circoscrizioni
comunali"   -   ricompresa   nell'elenco  di  materie  di  competenza
legislativa  regionale  concorrente  nel  vecchio testo dell'art. 117
Cost.  -  non  e'  piu'  citata nel nuovo testo dell'art. 117 Cost. e
dovrebbe   percio'   appartenere   alla  legislazione  "residuale"  o
esclusiva   regionale.   Cio'   dovrebbe   eliminare   la  necessaria
interposizione   di   una  legge  statale  -  contenente  i  principi
fondamentali   della  materia  -  tra  la  Costituzione  e  la  legge
regionale,     con     la     conseguenza     che     la     corretta
interpretazione/attuazione del dettato costituzionale potrebbe essere
fatta  direttamente  dalla  legge  regionale,  alla luce dei principi
derivabili dalla giurisprudenza costituzionale.
    In   questa  prospettiva,  ad  avviso  della  Regione  Lombardia,
l'art. 133,  secondo  comma,  Cost.  sarebbe  una norma di principio,
suscettibile   di   essere  riempita  di  contenuti  dal  legislatore
regionale.
    Osserva  la regione che, anche secondo la sentenza n. 94 del 2000
di  questa  Corte,  le  popolazioni residenti nelle aree territoriali
destinate a passare ad un comune diverso da quello di cui attualmente
fanno  parte  hanno,  nel  procedimento  che  conduce alla variazione
territoriale, una posizione particolarmente qualificata, tanto che la
volonta'  da  esse espressa deve in ogni caso avere autonoma evidenza
nel  procedimento, cosi' che il legislatore regionale ne debba tenere
conto  quando  adotta  la  propria  finale determinazione. L'autonoma
evidenza  della  volonta'  di  quegli elettori potrebbe essere bensi'
salvaguardata    da   procedure   che   consentano   di   conteggiare
separatamente il voto di costoro, ma, in tal modo, si rischierebbe di
scivolare   sul   terreno  di  procedure  complesse  e  di  difficile
attuazione,  che  aggraverebbero  i  procedimenti  referendari  e  ne
renderebbero  di ardua lettura e interpretazione i risultati da parte
del   legislatore   regionale.   Mentre   l'obbligatorio   interpello
dell'intera  popolazione  del  comune d'origine rischierebbe di porre
quantitativamente nel nulla la volonta' dei diretti interessati.
    La  questione,  sostiene la regione, andrebbe allora risolta caso
per  caso,  con  attenzione  alle peculiarita' della vicenda concreta
portata all'attenzione del giudice costituzionale.
    Ci  sarebbe una differenza fra la vicenda del distacco di Boville
da  Marino  (caso  che  diede  origine  alla questione risolta con la
sentenza  n. 433  del  1995)  e  la  vicenda  dell'erezione  a Comune
autonomo  di  Baranzate,  per  distacco  da Bollate. Una cosa infatti
sarebbe  l'erezione a comune autonomo di una frazione (non piccola ma
neppure enorme) di un comune che resta comunque piu' grande, come nel
caso  ora all'esame della Corte, altra cosa sarebbe invece l'erezione
a  comune  autonomo  di  una  larghissima  parte del territorio di un
comune  preesistente,  come avvenne nel caso di Marino. In quel caso,
sarebbe  stato assurdo non consultare tutta la popolazione di Marino,
proprio  perche'  Marino,  dopo  la  scissione  di  Boville,  sarebbe
diventato altro da quel che era.
    Proprio  l'attenzione  alle  peculiarita'  del caso di Baranzate,
evidenziata  dai  lavori  preparatori della legge regionale n. 21 del
2001,  dovrebbe  guidare  la  Corte  verso  il  rigetto della odierna
questione  di  legittimita'  costituzionale.  In  particolare,  nella
memoria  si  sostiene  che  il  Consiglio  regionale lombardo avrebbe
attentamente  valutato  sia  la  sentenza  n. 433  del  1995,  sia le
eccezioni  alla  regola  generale da questa fissate, ritenendo che il
referendum  svoltosi si potesse ex post considerare legittimo proprio
in  quanto  tenutosi tra i soli elettori della frazione che domandava
di erigersi a comune autonomo.
    Questa  istruttoria  non  sarebbe  stata  compiuta  dal Tribunale
amministrativo  regionale  della Lombardia. L'ordinanza del giudice a
quo, infatti, si limiterebbe ad affermare che, nel caso in esame, non
risulta  ricorrere  nessuna  delle  ipotesi  derogatorie  rispetto al
principio  della necessaria consultazione di tutta la popolazione del
comune  originario.  Ma  l'affermazione sarebbe apodittica, senza una
parola  di dimostrazione. Tale mancanza finirebbe per determinare una
irrimediabile carenza di motivazione relativamente alla non manifesta
infondatezza    della    questione    sollevata.    Il    dubbio   di
costituzionalita' sarebbe pertanto manifestamente inammissibile.
    In  via  subordinata,  la  regione  chiede  che  la  questione di
costituzionalita'  abbia  un  esito  diverso  con riguardo alla legge
generale  sul  procedimento e a quella provvedimentale istitutiva del
Comune di Baranzate.
    La  questione  relativa alla prima legge potrebbe essere accolta,
ma dovrebbe essere rigettata la questione sollevata sulla seconda.
    Da  una  parte,  potrebbe  essere affermata l'incostituzionalita'
della   previsione   normativa,  generale  e  astratta,  per  cui  al
referendum  consultivo  indetto  per  l'istituzione  del nuovo comune
partecipano soltanto gli elettori della frazione che abbia chiesto di
essere eretta in comune autonomo.
    Ma,  dall'altra parte, questa declaratoria di incostituzionalita'
non  necessariamente  travolgerebbe  anche  la  legge  istitutiva del
Comune  di  Baranzate, atteso che nella specie il Consiglio regionale
lombardo  ha effettivamente verificato di fatto e in concreto - sulla
base  delle condizioni che la Corte ha indicato nella sentenza n. 433
del   1995   -   che  sussisteva  un  interesse  a  partecipare  alla
consultazione  di  quella  sola  parte di popolazione che chiedeva di
erigersi in comune autonomo.
    3.2. - Il Comitato "Uniti per Baranzate" fa proprie le ragioni di
infondatezza   della   questione   di   legittimita'   costituzionale
illustrate dalla Regione Lombardia.
    Il  Comitato  ritiene  inoltre  la questione di costituzionalita'
inammissibile per varie ragioni: per inammissibilita' del ricorso che
ha  dato  avvio  al  giudizio  a  quo,  avverso  l'atto di nomina del
commissario  prefettizio,  per  carenza di interesse e per difetto di
legittimazione  attiva  del Comune di Bollate; perche' l'impugnazione
dell'atto   di  indizione  dei  comizi  elettorali  sarebbe  avvenuta
attraverso   la  non  consentita  proposizione  di  motivi  aggiunti,
modificandosi   in  tal  modo  il  petitum  e  ampliandosi  il  thema
decidendum;  perche'  anche  rispetto  all'impugnativa di tale ultimo
atto il Comune di Bollate sarebbe privo di legittimazione attiva e di
interesse;  perche',  infine,  sarebbe  inammissibile  per carenza di
interesse  e difetto di legittimazione attiva il ricorso proposto dai
cittadini elettori Capitani e Confalonieri.
    Il  difetto di motivazione dell'ordinanza di rimessione su queste
questioni  pregiudiziali  si  tradurrebbe in omessa motivazione sulla
rilevanza della questione di costituzionalita'.
    Altro  motivo  di  inammissibilita' risiederebbe nel fatto che il
giudice  a  quo  non  avrebbe  valutato la non manifesta infondatezza
della  questione,  avendo  omesso ogni necessario riferimento al caso
concreto della legge istitutiva del Comune di Baranzate. Il Tribunale
amministrativo  regionale,  in  particolare,  non  avrebbe  preso  in
considerazione  gli  imprescindibili  elementi  di  fatto geografici,
ambientali,    sociologici    e   storici   che   la   giurisprudenza
costituzionale  indica  ai  fini  dell'estensione  della  nozione  di
popolazioni interessate, ai sensi dell'art. 133, secondo comma, della
Costituzione, e che il Consiglio regionale aveva invece accuratamente
valutato   per  escludere  l'estensione  del  referendum  anche  alla
restante popolazione bollatese.
    Secondo la difesa del Comitato, inoltre, la legge regionale n. 28
del 1992 e la legge regionale n. 21 del 2001 andrebbero scrutinate in
modo  autonomo,  e non potrebbe risolversi la questione in termini di
incostituzionalita'   in   astratto,   quanto   alla   prima,   e  di
illegittimita'   automaticamente   derivata,   quanto  alla  seconda.
Inoltre,  la  questione  di  costituzionalita'  della legge regionale
n. 28   del   1992  sarebbe  rilevante  soltanto  nel  caso  in  cui,
concretamente,  si  fosse  posta  la  necessita'  costituzionale  del
referendum esteso all'intera popolazione del comune originario.
    Avulsa dal caso concreto, la questione di costituzionalita' della
legge generale sarebbe irrilevante; e sarebbe parimenti inammissibile
la   questione   sollevata   con  riferimento  alla  legge  regionale
provvedimentale,  giacche'  il giudizio di non manifesta infondatezza
andava  esperito  e  motivato  in  base  alla situazione specifica di
Baranzate rispetto a Bollate.
    A  dimostrazione  dell'assunto  che  sulla  legge provvedimentale
istitutiva  del  comune  la  dichiarazione di incostituzionalita' non
potrebbe  essere  automatica, la difesa del Comitato ricorda che, nel
caso della sentenza n. 433 del 1995, che ha portato alla pronuncia di
incostituzionalita'  della legge della Regione Lazio sul procedimento
legislativo e della legge regionale istitutiva del comune di Boville,
la  legge  istitutiva  del  comune  di Fiumicino emerse quale ipotesi
derogatoria  all'estensione del referendum all'intera popolazione del
comune  originario,  perfettamente  legittima  ai sensi dell'art. 133
Cost.  Pure  la  legge  istitutiva  di  Fiumicino,  invero, era stata
adottata  sulla base della medesima legge procedimentale del Lazio "a
monte"  della  legge  istitutiva  del  Comune  di Boville, ma non per
questo   era   dato   parlarsi   di  incostituzionalita'  "derivata",
considerato   che   le   condizioni  specifiche  di  Fiumicino  erano
particolari   e   che   la  consultazione  di  parte  limitata  della
popolazione appariva razionale e costituzionalmente giustificata.
    3.3. - Ad avviso del Comune di Bollate, l'art. 10, comma 3, della
legge regionale n. 28 del 1992 viola, di per se', l'art. 133, secondo
comma,  della  Costituzione  perche'  sancisce  in  via  generale  ed
astratta  che  soltanto  le  popolazioni delle frazioni che intendano
erigersi   in   comune  debbano  essere  sentite,  a  prescindere  da
qualsivoglia  indagine  in  ordine  alla  portata ed agli effetti del
distacco e, quindi, al concreto interesse dell'intera popolazione del
comune   che   subisce   il  distacco  medesimo  a  partecipare  alla
consultazione.
    La   legge  regionale  precluderebbe  ogni  diversa  valutazione,
obbligando il Consiglio regionale a limitare la consultazione ai soli
cittadini della frazione.
    In   ogni   caso,  nella  memoria  si  esclude  che  in  concreto
ricorressero  le  condizioni  in  presenza  delle quali soltanto puo'
derogarsi  al principio generale di estensione del referendum a tutto
il  comune  e  non  alla  sola  frazione. L'istituzione del Comune di
Baranzate  significherebbe  infatti,  per  il  comune  di Bollate, la
perdita  di  circa un quarto della propria popolazione, cosi' finendo
con  l'incidere,  in  modo  rilevante,  sulla consistenza demografica
nonche'  sull'organizzazione  e sull'attivita' del Comune di Bollate.
Ne',  d'altra  parte,  sussisterebbe alcuna caratterizzazione sociale
distintiva della frazione di Baranzate rispetto all'intero comune.

                       Considerato in diritto

    1. - Il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia dubita
della   legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  all'art. 133,
secondo comma, della Costituzione, dell'art. 10, comma 3, della legge
regionale  della  Lombardia  7 settembre  1992,  n. 28  (Norme  sulle
circoscrizioni  comunali), nonche' della intera legge regionale della
Lombardia   23 novembre   2001,  n. 21  (Istituzione  del  Comune  di
Baranzate in Provincia di Milano).
    L'art. 10  della legge regionale n. 28 del 1992, nel disciplinare
l'effettuazione del referendum per la consultazione delle popolazioni
interessate  ai fini della istituzione di nuovi comuni e di mutamenti
delle  circoscrizioni  e  delle  denominazioni  comunali, prevede, al
comma 3, che "al referendum indetto per l'istituzione di nuovo comune
o  per  il  mutamento di circoscrizione comunale partecipano soltanto
gli  elettori  della  frazione  che abbia chiesto di essere eretta in
comune  autonomo,  o  di  quella  frazione  o  borgata  o porzione di
territorio che verrebbe trasferita dall'uno all'altro comune".
    Secondo il remittente, tale disposizione sarebbe in contrasto con
l'art. 133, secondo comma, della Costituzione, che impone di sentire,
ai  fini delle modificazioni territoriali dei comuni, le "popolazioni
interessate",  fra  le  quali  dovrebbe ritenersi compresa, alla luce
della  giurisprudenza di questa Corte, anche la popolazione residente
nella  parte  del  territorio  comunale  diversa  da quella su cui si
intende costituire il nuovo comune.
    Il  Tribunale  ricorda che si puo' derogare a questo principio in
casi  eccezionali  in  cui  non sussiste un interesse qualificato, in
relazione alla progettata variazione territoriale, in capo all'intera
popolazione  del comune originario: ma sostiene che nel caso in esame
non  ricorrerebbe nessuna di tali ipotesi, e che, prevedendo la norma
generale di cui all'art. 10, comma 3, della legge regionale n. 28 del
1992,  che la consultazione sia sempre limitata alla sola popolazione
della  frazione che si intende erigere in comune autonomo, tale norma
generale,  nonche'  la  legge  istitutiva  del  Comune  di Baranzate,
apparirebbero in contrasto con il disposto costituzionale.
    2. - Non  possono  accogliersi  le  eccezioni di inammissibilita'
delle  questioni,  che il Comitato "Uniti per Baranzate" ha sollevato
sull'assunto  che  il  Tribunale  remittente  avrebbe omesso di tener
conto   di  eccezioni  di  carenza  di  interesse  e  di  difetto  di
legittimazione  attiva del ricorrente, di inammissibilita' dei motivi
aggiunti,  di  erroneita' del rito seguito, con cio' incorrendo in un
difetto  di  motivazione  della  rilevanza.  Si  tratta,  infatti, di
eccezioni  preliminari  sollevate nel giudizio a quo, inidonee di per
se',  in  presenza di una non implausibile motivazione dell'ordinanza
di  rimessione  in ordine alla rilevanza, e in assenza di ragioni che
rendano  evidente  la  mancanza di rilevanza, a precludere alla Corte
l'esame  del  merito  (cfr.,  ad  esempio,  sentenze n. 79 del 1996 e
n. 195 del 1999).
    3. - Ulteriori eccezioni di inammissibilita' sono state sollevate
sia  dal Comitato "Uniti per Baranzate", sia dalla Regione Lombardia,
sull'assunto  che  dovrebbero  tenersi  distinte  la legge generale e
quella  istitutiva del nuovo comune; che, quanto alla prima, essa non
verrebbe  in considerazione - con conseguente irrilevanza, secondo il
Comitato, della questione - in quanto nella specie sarebbero presenti
le  particolari  condizioni  che  giustificavano  la  limitazione del
referendum  alla  sola  popolazione  della frazione; che, quanto alla
seconda,  il  giudice  a quo avrebbe omesso di motivare adeguatamente
sulla   insussistenza  delle  predette  condizioni,  con  conseguente
difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza.
    Si  tratta  di eccezioni in cui il profilo dell'ammissibilita' e'
strettamente connesso al merito della controversia, e non puo' essere
giudicato  indipendentemente da una valutazione circa il rapporto fra
la  legge  generale  -  e  i  relativi  atti applicativi - e la legge
particolare istitutiva del nuovo comune.
    4. - Il  comune  di  Baranzate  e'  stato istituito dalla Regione
Lombardia   con  la  legge  impugnata,  approvata  dal  Consiglio  il
13 novembre 2001, sulla base di una iniziativa popolare presentata il
21 maggio  1997  (progetto  di  legge n. 349), seguita dai pareri del
comune  di  Bollate  e  della Provincia di Milano (rispettivamente in
data   18 luglio  e  24 luglio  1997,  entrambi  sfavorevoli),  dalla
delibera di indizione del referendum adottata dal Consiglio regionale
il  29 settembre  1998 (delibera n. VI/1010), dallo svolgimento dello
stesso  referendum,  fra i soli elettori della frazione di Baranzate,
in data 21 marzo 1999 (con la partecipazione del 64% degli elettori e
il  voto  favorevole  del 70% dei votanti), da una prima approvazione
della  legge  intervenuta  il  19 gennaio  2000, e dal rinvio di tale
legge   ad   opera   del   Governo   (che  contestava  la  violazione
dell'art. 133,  secondo  comma,  della  Costituzione)  con  atto  del
18 febbraio  2000,  cui il Consiglio in scadenza non diede seguito; a
sua  volta  il Consiglio insediatosi dopo le elezioni della primavera
del  2000,  senza  dar  seguito  al procedimento legislativo svoltosi
nella  precedente  legislatura,  e  sfociato  nel rinvio governativo,
riprese   tuttavia  in  esame  la  proposta  di  iniziativa  popolare
presentata  nel  1997, ma non diede luogo ad un rinnovo integrale del
procedimento,  con nuova indizione di referendum bensi' si limito' ad
approvare la legge oggi qui impugnata.
    L'unica   consultazione   delle   popolazioni   interessate  alla
variazione  territoriale,  intervenuta in vista della istituzione del
nuovo  comune,  e'  dunque  quella  svoltasi  nel 1999 in forza della
deliberazione  29 settembre  1998  del  Consiglio  regionale. Ora, in
quella   deliberazione   l'organo   regionale   non   adotto'  alcuna
determinazione,   ne'  quindi  alcuna  motivazione,  in  ordine  alla
individuazione  delle  "popolazioni  interessate"  da  consultare. Il
Consiglio  si  limito'  a  "dare  atto  che, ai sensi del terzo comma
dell'art. 10   della   l.r.  n. 28/1992,  partecipano  al  referendum
consultivo  gli  elettori  della  frazione  Baranzate  del  Comune di
Bollate"  (punto  3  del  deliberato, cui corrisponde, negli identici
termini, un periodo delle premesse).
    Non  vi  e'  dubbio, dunque, che la norma applicata ai fini della
delimitazione  della popolazione consultata fu quella, e solo quella,
dell'art. 10, comma 3, della legge regionale n. 28 del 1992, la quale
stabilisce che la consultazione debba in ogni caso riguardare la sola
popolazione della frazione che chiede di essere eretta a comune o che
verrebbe  trasferita ad altro comune, sul presupposto che solo questa
sia  la  "popolazione interessata" alla variazione territoriale; ne',
in  quella  sede,  venne  in alcun modo in esame il problema se altre
popolazioni,  in  specie  quella  della  restante parte del Comune di
Bollate, avesse o non avesse un interesse qualificato tale da imporne
la consultazione.
    5. - Quanto  si  e'  osservato  e'  sufficiente per ritenere che,
nella   specie,  la  questione  di  legittimita',  sotto  il  profilo
dell'osservanza  dell'art. 133,  secondo  comma,  della Costituzione,
della  legge  istitutiva  del  nuovo  comune non possa essere risolta
senza valutare, anzitutto, la legittimita' costituzionale della norma
generale contenuta nell'art. 10, comma 3, della legge regionale n. 28
del 1992.
    La  legge  regionale n. 21 del 2001, infatti, e' una tipica legge
provvedimento,  adottata  sulla  base di un procedimento che la legge
generale   disciplina   accuratamente   quanto   alla   fase  che  va
dall'iniziativa  alla  trasmissione  dei  pareri  e dei risultati del
referendum  alla  commissione  consiliare  competente per l'ulteriore
corso  del  provvedimento  legislativo  (cfr.  il  titolo III, "Norme
procedurali",  articoli  8-11, della legge regionale n. 28 del 1992).
La  legge  provvedimento,  che  non innova e tanto meno si sovrappone
alla  legge  generale,  sostituendola  pro  parte, e' attuativa della
scelta   compiuta   con   quest'ultima,  la  quale  dunque  non  puo'
considerarsi estranea al presente giudizio.
    6. - La  questione  concernente  l'art. 10,  comma 3, della legge
regionale n. 28 del 1992 e' fondata.
    Questa Corte ha gia' avuto modo di chiarire che spetta alla legge
regionale   dare   attuazione   all'art. 133,  secondo  comma,  della
Costituzione, individuando le popolazioni interessate alla variazione
territoriale;   che  e'  sempre  costituzionalmente  obbligatoria  la
consultazione  delle  popolazioni  residenti  nei  territori che sono
destinati  a  passare  da  un  comune  preesistente  ad  uno di nuova
istituzione,  ovvero  ad  un altro comune preesistente; che, anzi, la
volonta'  espressa  nel  referendum  da tali popolazioni direttamente
interessate   "deve   in   ogni  caso  avere  autonoma  evidenza  nel
procedimento,  cosi'  che  il  legislatore  regionale ne debba tenere
conto  quando  adotta  la  propria  finale determinazione, componendo
nella  propria  conclusiva  valutazione  discrezionale  gli interessi
sottesi  alle  valutazioni,  eventualmente contrastanti, emersi nella
consultazione"   (onde,   si   puo'   qui  aggiungere,  non  potrebbe
meccanicamente   applicarsi  all'intera  popolazione  del  comune  la
previsione  del quorum strutturale per la validita' del referendum di
cui all'art. 17 della legge regionale della Lombardia 28 aprile 1983,
n. 34,  recante,  tra l'altro, "Nuove norme sul referendum abrogativo
della Regione Lombardia", e i risultati del referendum debbono essere
distintamente  raccolti  e  valutati  con  riguardo  all'ambito della
frazione  di  cui  si  chiede il distacco, e con riguardo al restante
ambito  comunale);  che,  in linea di principio, anche le popolazioni
della   restante   parte  del  comune  che  subisce  la  decurtazione
territoriale possono essere interessate alla variazione, cosi' che il
legislatore  regionale,  nello  stabilire  i  criteri per individuare
l'ambito  della  consultazione,  non  puo'  escludere  tali ulteriori
popolazioni   se   non  sulla  base  di  elementi  idonei  a  fondare
ragionevolmente una valutazione di insussistenza di un loro interesse
qualificato   in   rapporto  alla  variazione  territoriale  proposta
(sentenza n. 94 del 2000; e cfr. anche sentenza n. 433 del 1995).
    La  legge  regionale impugnata adotta invece una regola che porta
ad  escludere  a  priori  dall'ambito  della  consultazione - come e'
avvenuto  nella  specie  - le popolazioni diverse da quelle residenti
nei   territori   oggetto   della  variazione,  indipendentemente  da
qualsiasi  altro  criterio di individuazione dell'interesse e da ogni
valutazione  in concreto circa la sussistenza di tale interesse. Essa
non puo' dunque ritenersi conforme all'art. 133, secondo comma, della
Costituzione.
    7. - Il  Comitato  "Uniti  per  Baranzate" e la Regione Lombardia
sostengono  che  la  legge  istitutiva  del  nuovo  comune  e'  stata
comunque,  in  concreto,  rispettosa delle condizioni che, secondo la
giurisprudenza  di questa Corte, potrebbero consentire di limitare la
consultazione  referendaria  alla sola popolazione della frazione che
chiede  di  erigersi in comune autonomo, vale a dire una preesistente
individualita'  della  comunita'  costituente  la  frazione  stessa e
l'assenza  di  significativi  interessi  coinvolti  nella variazione,
facenti  capo  alla  restante  parte  del  comune  da cui la frazione
intende  distaccarsi.  La  presenza  di tali condizioni sarebbe stata
adeguatamente   apprezzata   dal   Consiglio  regionale  in  sede  di
approvazione   della   legge,   mentre  il  Tribunale  amministrativo
regionale  remittente  l'avrebbe  solo  apoditticamente negata, cosi'
incorrendo   in   un  difetto  di  motivazione  sulla  non  manifesta
infondatezza, che renderebbe inammissibile la questione.
    La  tesi  non  puo'  essere  accolta. Si e' gia' chiarito che, in
occasione  della  indizione del referendum, il Consiglio regionale si
e'   limitato   a  dare  applicazione  alla  norma  generale  vigente
(l'art. 10,   comma   3,  della  legge  regionale  n. 28  del  1992),
prevedendo  la  consultazione  della sola popolazione della frazione,
senza  fare  alcun  apprezzamento  circa  l'esistenza  o  meno  di un
interesse  qualificato  anche in capo alla popolazione della restante
parte del comune, e dunque, coerentemente, senza motivare in merito.
    In  sede  di  approvazione  della  prima  legge, poi rinviata dal
Governo, e in seguito in sede di approvazione della legge attuale, il
problema  e'  stato bensi' evocato, ma senza potere essere oggetto di
specifica   deliberazione   consiliare,  bensi'  nel  contesto  della
discussione  di merito circa l'esistenza delle ragioni giustificative
della richiesta di istituzione del comune, e senza che assumesse, ne'
potesse  assumere,  distinto  rilievo  una scelta del Consiglio circa
l'ambito della consultazione, d'altronde gia' svoltasi da lungo tempo
e  "riutilizzata"  dal  Consiglio  nell'ambito  della nuova procedura
legislativa. Mai, dunque, vi e' stata una determinazione in ordine al
referendum,   nell'ambito  della  quale,  in  particolare,  si  siano
valutate  ragioni  che  potessero portare ad escludere l'esistenza di
interessi, facenti capo alla restante popolazione del comune, tali da
imporre,   in   conformita'   all'art. 133,   secondo   comma,  della
Costituzione  (e  in  difformita' dalla previsione dell'art. 10 della
legge   regionale   n. 28   del   1992),  di  estendere  ad  essa  la
consultazione.
    Le   condizioni  che  possono  giustificare  la  limitazione  del
referendum   alla  sola  popolazione  direttamente  interessata  alla
variazione  territoriale  (cfr.  sentenze n. 433 del 1995 e n. 94 del
2000) debbono essere definite dal legislatore regionale, cosi' che se
ne  possa  apprezzare la ragionevolezza, e comunque la loro esistenza
deve essere verificata in concreto dall'organo regionale che delibera
di  far  luogo  al referendum, con decisione motivata suscettibile di
essere controllata in sede giurisdizionale. Non spetta infatti ne' al
Tribunale   amministrativo,  in  sede  di  sindacato  sugli  atti  di
esecuzione della legge istitutiva del comune, ne' tanto meno a questa
Corte,  in  sede di sindacato sulla legittimita' costituzionale della
stessa  legge  istitutiva,  verificare  in concreto, a posteriori, la
sussistenza  di  quelle  condizioni. Al Tribunale spettera' invece il
controllo giurisdizionale sulla legittimita' delle determinazioni con
cui  quelle  condizioni sono state verificate in concreto dall'organo
regionale,  in  sede  di  determinazione  dell'ambito del referendum;
mentre  a  questa  Corte spetta soltanto la verifica della congruita'
costituzionale   dei  criteri  legislativamente  stabiliti  per  tale
determinazione,   oltre   che   la  verifica  della  conformita'  del
procedimento   legislativo,  sfociato  nella  istituzione  del  nuovo
comune, ai requisiti costituzionalmente previsti.
    8. - Da   quanto   si   e'   ora   osservato  discende  non  solo
l'impossibilita' di accogliere la prospettazione del Comitato e della
Regione  circa  l'asserito  difetto di motivazione dell'ordinanza, ma
altresi', nel merito, la conclusione che la questione di legittimita'
costituzionale  concernente  la  legge  regionale  n. 21  del 2001 e'
fondata.
    Infatti il relativo procedimento legislativo si e' compiuto sulla
base  di  una  consultazione  referendaria che e' stata limitata alla
sola  frazione  di Baranzate, non gia' in forza di una determinazione
motivata del Consiglio regionale, adottata in conformita' a criteri e
a   modalita'  legittimamente  stabiliti  dalla  legge  regionale,  e
sindacabile  sotto  questo profilo in sede giurisdizionale, bensi' in
pedissequa  applicazione  di  una  norma  - l'art. 10, comma 3, della
legge regionale n. 28 del 1992 - che limitava a priori l'ambito della
consultazione,  e  che  per  questo  si  e'  gia' riconosciuto essere
costituzionalmente illegittima.