ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e
4  della  legge  della Regione Sardegna 1 luglio 2002, n. 10, recante
"Adempimenti  conseguenti  alla  istituzione di nuove province, norme
sugli   amministratori   locali  e  modifiche  alla  legge  regionale
2 gennaio  1997,  n. 4",  promosso  con  ricorso  del  Presidente del
Consiglio  dei ministri notificato il 5 settembre 2002, depositato in
cancelleria  il  12  successivo  ed  iscritto  al  n. 54 del registro
ricorsi 2002.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Sardegna;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  28 gennaio  2003  il  giudice
relatore Valerio Onida;
    Uditi  l'avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e  gli  avvocati  Graziano  Campus e Sergio
Panunzio per la Regione Sardegna.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  ricorso  notificato  il  5 settembre  e  depositato  il
successivo 12 settembre 2002 il Presidente del Consiglio dei ministri
ha  sollevato questione di legittimita' costituzionale degli articoli
1,  2, 3 e 4 della legge della Regione Sardegna 1 luglio 2002, n. 10,
recante  "Adempimenti conseguenti alla istituzione di nuove province,
norme  sugli  amministratori  locali e modifiche alla legge regionale
2 gennaio  1997,  n. 4",  con particolare riguardo all'art. 1, con il
quale,  a  seguito  dell'istituzione,  in forza della legge regionale
12 luglio  2001, n. 9, delle nuove province di Carbonia-Iglesias, del
Medio  Campidano,  dell'Ogliastra  e  di Olbia-Tempio, si dispone che
l'elezione   degli   organi   delle   nuove   province   abbia  luogo
nell'ordinario  turno  di elezioni amministrative dell'anno 2003, con
conseguente  scadenza  di  diritto  del  mandato  degli  organi delle
province  preesistenti  di  Cagliari,  Nuoro, Oristano e Sassari (sul
territorio  delle  quali la istituzione delle nuove province incide),
organi al cui rinnovo si procede nella stessa data.
    Ad  avviso  del  ricorrente,  benche'  alla  Regione Sardegna sia
attribuita dall'art. 3 dello statuto speciale di autonomia competenza
legislativa  primaria  nella  materia  dell'"ordinamento  degli  enti
locali  e  relative  circoscrizioni",  e  benche'  "rientri nelle sue
competenze  l'istituzione  di  nuove  province  nel  territorio  cfr.
sentenza  della  Corte costituzionale n. 230 del 2001 e art. 43 dello
statuto", tale competenza legislativa deve tuttavia essere esercitata
nei  limiti  derivanti dall'armonia con le norme della Costituzione e
con  i  principi  dell'ordinamento  giuridico  della  Repubblica.  Le
disposizioni   censurate,   in   particolare   l'art. 1,   comma   2,
eccederebbero  la  competenza della Regione, in quanto la riforma del
titolo  V  della  parte seconda della Costituzione recata dalla legge
cost.  n. 3 del 2001, nel nuovo testo dell'art. 117, comma 2, lettera
p, attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la materia della
"legislazione  elettorale,  organi di governo e funzioni fondamentali
di  comuni,  Province  e  Citta'  metropolitane". La disciplina della
materia  elettorale degli enti locali, inoltre, sarebbe organicamente
contenuta  nella  normativa  statale  vigente  (legge  8 marzo  1951,
n. 122; legge 7 giugno 1991, n. 182; legge 25 marzo 1993, n. 81), che
conferisce  al  Ministero dell'interno la potesta' di fissare la data
per  lo  svolgimento  delle  elezioni  dei  nuovi consigli comunali e
provinciali,  comunicandola  immediatamente  ai  prefetti,  affinche'
provvedano  alla  convocazione  dei  comizi,  nonche' nel testo unico
sull'ordinamento  degli enti locali approvato con il d.lgs. 18 agosto
2000,  n. 267,  il  quale,  agli artt. 141 e seguenti, disciplina, in
modo analitico e uniforme per tutto il territorio regionale (rectius:
nazionale),  lo  scioglimento  dei  consigli  comunali e provinciali,
prevedendo competenze, tempi, procedure.
    2. - Si  e' costituita in giudizio la Regione Sardegna, chiedendo
che la questione sia dichiarata infondata.
    Osserva  in via preliminare la Regione che, se per far coincidere
cronologicamente  le  elezioni per le vecchie e per le nuove Province
istituite  con  legge  regionale nel 2001 si fosse attesa la scadenza
naturale   del   mandato   degli  organi  delle  prime,  la  concreta
attivazione  degli  organi delle seconde sarebbe stata rimandata fino
all'anno 2005. La scelta operata con la legge impugnata, di tenere la
consultazione   elettorale   per  gli  organi  delle  nuove  Province
"nell'ordinario  turno  di  elezioni  amministrative dell'anno 2003",
anticipando  alla  medesima  data  la scadenza degli organi di quelle
preesistenti,  in  modo da permetterne il rinnovo contestualmente con
l'elezione  per  le  prime,  troverebbe  la sua giustificazione nella
ritenuta  inopportunita'  di far attendere tre anni i cittadini delle
neoistituite   Province   prima   di   poter  votare  per  consentire
l'insediamento  degli organi elettivi. La contestualita' del rinnovo,
poi,  sarebbe  vincolata,  essendo  state disegnate le circoscrizioni
delle  nuove  Province  scorporando  porzioni di territorio da ognuna
delle quattro Province gia' esistenti, in quanto, altrimenti, la sola
elezione degli organi delle nuove Province avrebbe avuto come effetto
una doppia rappresentanza degli elettori quivi residenti.
    Quanto  al  merito  della censura, la Regione ritiene palesemente
infondata  la  tesi della difesa erariale secondo cui le disposizioni
denunciate,  concernenti  la  durata  degli  organi  provinciali, non
rientrerebbero nella competenza legislativa esclusiva attribuita alla
Regione  dall'art. 3, comma 1, lettera b, dello statuto in materia di
"ordinamento  degli  enti locali e delle relative circoscrizioni", ma
inciderebbero nella materia della "legislazione elettorale" riservata
in  via esclusiva allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera p,
della Costituzione. Ad avviso della Regione, infatti, in quest'ultima
materia  rientrano  sicuramente  le  modalita'  di  svolgimento delle
consultazioni, e quindi il sistema elettorale, la presentazione delle
liste,   l'attribuzione   dei   seggi  ai  gruppi  di  candidati,  la
determinazione  della cifra elettorale, la proclamazione degli eletti
e   cosi'  via,  ma  non  norme  legislative  regionali  come  quelle
impugnate, le quali, oltre a stabilire l'anticipazione della scadenza
degli  organi per le vecchie Province, onde consentire lo svolgimento
contestuale  delle  consultazioni  elettorali sia per esse che per le
nuove(art. 1,  comma  2),  prevedono la nomina, da parte della Giunta
regionale, di un commissario per curare gli adempimenti connessi alla
istituzione   della  nuova  Provincia  (art. 2);  affidano  al  detto
commissario  il  compito  di  individuare  le  sedi provvisorie degli
organi  e  degli uffici della nuova Provincia (art. 3); attribuiscono
ai   consigli   provinciali  il  potere  di  determinare,  con  norme
statutarie, i capoluoghi delle nuove Province (art. 4).
    D'altronde,  osserva la Regione Sardegna, che la disciplina della
durata degli organi elettivi provinciali non possa considerarsi parte
della   materia  elettorale  trova  conferma,  indiretta  ma  palese,
nell'art. 38  del  d.lgs.  18 agosto  2000, n. 267, recante il "testo
unico  delle  leggi  sull'ordinamento  degli  enti  locali", il quale
prevede che la "durata in carica" dei consigli comunali e provinciali
e'  regolata  dallo  stesso  testo  unico, il cui titolo si riferisce
esplicitamente  ed  esclusivamente alla disciplina dell'"ordinamento"
degli  enti  locali:  materia  certamente  attribuita alla competenza
legislativa regionale dall'art. 3, lettera b, dello statuto.
    Quanto   all'altro   argomento  posto  dalla  difesa  erariale  a
fondamento  della questione, e cioe' il fatto che la disciplina della
materia  elettorale degli enti locali sarebbe organicamente contenuta
nella  normativa  statale  vigente,  ad  avviso  della  Regione  esso
incorrerebbe in un doppio equivoco. Da una parte, infatti, verrebbero
cosi'  ritenute  "espressione"  della materia elettorale le norme che
conferiscono  al  Ministro  dell'interno il potere di fissare la data
per   lo   svolgimento   delle   elezioni  dei  consigli  comunali  e
provinciali,  o che attribuiscono ai prefetti il compito di convocare
i  comizi,  o  che  disciplinano  i casi di scioglimento dei consigli
comunali  e  provinciali:  norme  queste  palesemente  estranee  alla
materia  elettorale,  ed  attinenti  piuttosto  alla disciplina della
durata  degli  organi  elettivi  -  e  quindi  all'"ordinamento"  dei
medesimi - o alla materia dei controlli. Dall'altra, si finirebbe per
ritenere  che,  esistendo gia' in tali ambiti una disciplina statale,
ed  applicandosi  essa  anche  nel territorio della Regione Sardegna,
quest'ultima  non  possa  provvedere  direttamente  a  regolare,  con
normativa  propria, quei medesimi ambiti. Al contrario, se la Regione
non   ha   esercitato   la  propria  competenza  legislativa  fondata
sull'art. 3,   lettera  b,  dello  statuto,  consentendo  cosi'  alla
disciplina   statale   di   spiegare  effetti  anche  sul  territorio
regionale,   cio'   sarebbe  avvenuto  solo  in  forza  del  disposto
dell'art. 57   dello   statuto,   secondo  il  quale  "nelle  materie
attribuite  alla  competenza  della  Regione,  fino  a quando non sia
diversamente  disposto  con  leggi  regionali,  si applicano le leggi
dello Stato". Sicche', ad avviso della Regione, la circostanza che la
disciplina  statale  della materia da ultimo quella del d.lgs. n. 267
del  2000  sia  tuttora  applicata  nella  Regione  non  incide sulla
possibilita'   che   questa  possa  esercitare  la  propria  potesta'
legislativa,  modificando o derogando alla legge dello Stato, come e'
accaduto nella specie.
    D'altra parte, e' lo stesso testo unico del 2000 sull'ordinamento
degli   enti   locali  appena  menzionato  che,  all'art. 1,  esclude
l'applicazione  alle Regioni a statuto speciale delle disposizioni da
esso  dettate  "se  incompatibili  con le attribuzioni previste dagli
statuti  e  dalle  relative  norme  di attuazione". Cio', ad esempio,
sarebbe  gia'  avvenuto  nella materia considerata con l'approvazione
della  legge regionale 29 dicembre 1998, n. 38, che dispose il rinvio
di  un  anno delle elezioni dei consigli comunali e provinciali della
Sardegna   -   modificando  la  normale  durata  di  tali  organi  -,
consultazioni  elettorali  previste "per una domenica compresa tra il
15 aprile  e il 15 giugno 1999" in base alla legge statale n. 182 del
1991.  In  quell'occasione,  la  legge  regionale  non  sarebbe stata
oggetto di alcuna impugnazione da parte del Governo.
    Rileva  ancora la Regione in via meramente subordinata che, anche
qualora  si  volesse  ascrivere  la  normativa impugnata alla materia
elettorale,   l'infondatezza   della  questione  sollevata  nondimeno
discenderebbe dalla titolarita', in capo alla Regione, della potesta'
legislativa  esclusiva  in materia di ordinamento degli enti locali e
delle relative circoscrizioni, materia nella quale dovrebbe ritenersi
compresa  anche  la  disciplina  delle modalita' di svolgimento delle
consultazioni elettorali.
    Conclusioni  non  diverse,  infine,  possono  trarsi,  secondo la
Regione  Sardegna,  dal  nuovo  testo  dell'art. 117,  secondo comma,
lettera  p, della Costituzione, invocato dal ricorrente per sostenere
la  spettanza  della  competenza legislativa esclusiva dello Stato in
materia  di  "legislazione  elettorale,  organi di governo e funzioni
fondamentali  di  comuni,  Province  e  Citta'  metropolitane".  Tale
disposizione   costituzionale   andrebbe   infatti   interpretata  in
coordinazione  con  l'art. 10  della  legge costituzionale 18 ottobre
2001,  n. 3,  che  ha  approvato le modifiche al titolo V della parte
seconda  della  Costituzione,  articolo  a  tenore  del  quale  "fino
all'adeguamento   dei   rispettivi  statuti,  le  disposizioni  della
presente  legge  costituzionale  si  applicano  anche  alle regioni a
statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano per le
parti  in  cui  prevedono  forme  di  autonomia piu' ampie rispetto a
quelle  gia'  attribuite". Pertanto, essendo la Regione Sardegna gia'
titolare  di  una competenza - quella in materia di ordinamento degli
enti  locali  e delle relative circoscrizioni - comprendente anche la
disciplina   elettorale   degli  enti  locali,  la  nuova  competenza
esclusiva attribuita allo Stato non potrebbe in alcun modo esplicarsi
anche  nei  confronti di essa Regione senza ridurne e ridimensionarne
l'autonomia legislativa conferita dallo statuto.

                       Considerato in diritto

    1. - Il   Governo   ha   sollevato   questione   di  legittimita'
costituzionale,   per   eccesso  dalla  competenza  regionale,  degli
articoli  1,  2,  3 e 4 della legge regionale della Sardegna 1 luglio
2002,  n. 10  (Adempimenti  conseguenti  alla  istituzione  di  nuove
province,  norme  sugli  amministratori locali e modifiche alla legge
regionale 2 gennaio 1997, n. 4).
    L'art. 1  della  legge  impugnata,  al  comma  1,  stabilisce  la
delimitazione  delle  nuove  Province istituite dalla legge regionale
12 luglio  2001,  n. 9;  al  comma  2  prevede che "le elezioni degli
organi  delle  nuove  province  hanno  luogo  nell'ordinario turno di
elezioni  amministrative  dell'anno  2003",  e  che "conseguentemente
scade  di diritto il mandato degli organi delle province preesistenti
di  Cagliari,  Nuoro, Oristano e Sassari e si procede al loro rinnovo
nella stessa data".
    Gli  artt. 2,  3  e  4  recano  integrazioni alla legge regionale
2 gennaio  1997,  n. 4 (Riassetto generale delle province e procedure
ordinarie  per  l'istituzione  di  nuove  province e la modificazione
delle  circoscrizioni provinciali). In particolare, essi prevedono la
nomina   di   un   commissario  per  gli  adempimenti  connessi  alla
istituzione  di  nuove  Province  fino  all'insediamento degli organi
elettivi  (art. 2);  la individuazione ad opera del commissario delle
sedi  provvisorie  degli  organi  e degli uffici delle nuove Province
(art. 3);  le  modalita' di determinazione dei capoluoghi delle nuove
Province (art. 3).
    Il  Governo  ricorrente,  pur riconoscendo che la Regione gode di
competenza  legislativa  primaria  -  da  esplicare  pero' nei limiti
derivanti   dall'armonia   con  la  Costituzione  e  con  i  principi
dell'ordinamento   giuridico   della   Repubblica   -  nella  materia
dell'"ordinamento  degli enti locali e delle relative circoscrizioni"
(art. 3,  lettera  b,  dello  statuto  speciale), e che rientra nelle
competenze   della  stessa  l'istituzione  di  nuove  Province,  come
statuito da questa Corte con la sentenza n. 230 del 2001, afferma che
le  disposizioni  impugnate  eccedono la competenza della Regione, in
quanto l'art. 117, secondo comma, lettera p, della Costituzione, come
modificato   dalla   legge   costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3,
attribuisce  alla legislazione esclusiva dello Stato la materia della
"legislazione  elettorale,  organi di governo e funzioni fondamentali
di   comuni,  Province  e  Citta'  metropolitane";  e  in  quanto  la
disciplina  della  "materia  elettorale  degli  enti  locali" sarebbe
organicamente   contenuta   nella   normativa  statale  vigente,  che
conferisce al Ministero dell'interno il potere di fissare la data per
lo  svolgimento  delle elezioni dei consigli comunali e provinciali e
disciplina,  in  modo  analitico  e  uniforme per tutto il territorio
nazionale,  lo  scioglimento dei consigli ad opera di organi statali,
prevedendo competenze, tempi e procedure.
    2. - La questione concernente l'art. 1, limitatamente al comma 2,
della legge impugnata e' fondata nei termini di seguito precisati.
    2.1. - Non  rileva,  in  questa  materia, la norma - invocata dal
Governo  ricorrente  - dell'art. 117, secondo comma, lettera p, della
Costituzione,  che definisce fra l'altro la "legislazione elettorale"
relativa  alle  Province come oggetto di legislazione esclusiva dello
Stato.  Infatti  le  disposizioni del nuovo titolo V, parte II, della
Costituzione,  di cui alla legge costituzionale n. 3 del 2001, non si
applicano alle Regioni ad autonomia speciale, se non per "le parti in
cui  prevedono  forme  di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia'
attribuite"  (art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e in proposito
cfr.  ordinanza  n. 377  del  2002,  sentenze  nn. 408, 533 e 536 del
2002).
    Nel  caso  specifico dell'ordinamento degli enti locali, il nuovo
testo  dell'art. 117  non  fa  che  ripercorrere,  in forme nuove, le
tracce  del  sistema  costituzionale  preesistente,  in  cui  le sole
Regioni  a  statuto  speciale  godevano  gia' (in particolare dopo la
riforma  degli  statuti  recata  dalla legge cost. 23 settembre 1993,
n. 2) di una competenza primaria in materia di ordinamento degli enti
locali  del  proprio territorio, mentre le Regioni ordinarie ne erano
prive. Tale competenza, attribuita alle Regioni differenziate, non e'
intaccata  dalla  riforma del titolo V, parte II, della Costituzione,
ma sopravvive, quanto meno, nello stesso ambito e negli stessi limiti
definiti dagli statuti.
    Ancor  meno  puo'  valere  come argomento il fatto che esista una
legislazione  statale  uniforme  in tema di elezioni provinciali e di
scioglimento  dei  consigli provinciali. La competenza primaria della
Regione, nei limiti ad essa propri, si puo' infatti esplicare anche e
proprio  sostituendo,  limitatamente  al proprio territorio, le norme
statali con norme regionali.
    2.2. - Non  puo'  accogliersi  nemmeno una prospettazione secondo
cui  la  legislazione  elettorale  sarebbe  di  per se' estranea alla
materia dell'ordinamento degli enti locali.
    La  configurazione  degli  organi di governo degli enti locali, i
rapporti  fra  gli stessi, le modalita' di formazione degli organi, e
quindi  anche  le modalita' di elezione degli organi rappresentativi,
la  loro  durata  in  carica, i casi di scioglimento anticipato, sono
aspetti  di  questa  materia:  anche  se, come e' evidente, diversi e
diversamente  intensi  possono  essere  i  vincoli per il legislatore
regionale   derivanti   dall'esigenza   di   rispettare   i  principi
costituzionali  e  dell'ordinamento  giuridico,  quando  l'intervento
legislativo tocca i delicati meccanismi della democrazia locale;
        che,  in ogni caso, anche l'elezione degli organi di comuni e
Province  rientri nell'ambito della competenza in tema di ordinamento
degli   enti   locali  e'  confermato  non  solo  dalla  legislazione
regionale,  in  particolare della Regione Siciliana che da piu' tempo
esercita  tale  competenza,  e  dalle  norme  di  attuazione di altri
statuti  (cfr.  l'art. 7  del  d.lgs.  2 gennaio  1997, n. 9, recante
"Norme   di   attuazione   dello  statuto  speciale  per  la  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  in materia di ordinamento degli enti locali e
delle  relative circoscrizioni", che espressamente stabilisce che "la
regione  disciplina  il  procedimento  di elezione negli enti locali,
esercitandone tutte le funzioni, compresa la fissazione e l'indizione
dei  comizi  elettorali"),  ma  anche  dalla giurisprudenza di questa
Corte: gia' la sentenza n. 105 del 1957 ha espressamente riconosciuto
che  la  disciplina  elettorale rientra nelle locuzioni "regime degli
enti  locali"  e  "ordinamento degli enti locali" che identificano la
competenza in materia della Regione Siciliana; e, piu' di recente, la
sentenza  n. 84  del  1997 ha assunto come presupposto l'appartenenza
della   disciplina   delle   elezioni  comunali  e  provinciali  alla
competenza  regionale  della  Sicilia in materia di ordinamento degli
enti locali.
    3. - Il  quesito  sulla  legittimita'  costituzionale della norma
regionale impugnata va dunque esaminato alla sola luce dei limiti che
l'art. 3  dello  statuto speciale pone all'esercizio della competenza
legislativa  primaria,  ed essenzialmente del limite dell'armonia con
la  Costituzione  e  con  i principi dell'ordinamento giuridico della
Repubblica.
    Tra  i  principi  che si ricavano dalla stessa Costituzione vi e'
certamente  quello  per cui la durata in carica degli organi elettivi
locali,  fissata dalla legge, non e' liberamente disponibile da parte
della Regione nei casi concreti. Vi e' un diritto degli enti elettivi
e  dei loro rappresentanti eletti al compimento del mandato conferito
nelle  elezioni,  come  aspetto  essenziale  della  stessa  struttura
rappresentativa  degli  enti,  che coinvolge anche i rispettivi corpi
elettorali. Un'abbreviazione di tale mandato puo' bensi' verificarsi,
nei  casi previsti dalla legge, per l'impossibilita' di funzionamento
degli  organi o per il venir meno dei presupposti di "governabilita'"
che  la  legge  stabilisce  (cfr. ad es. gli artt. 53 e 141, comma 1,
lettere  b  e  c,  del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli
enti  locali  approvato con il d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), ovvero
in  ipotesi di gravi violazioni o di gravi situazioni di pericolo per
la sicurezza pubblica che la legge sanzioni con lo scioglimento delle
assemblee  (cfr.  ad es. l'art. 141, comma 1, lettera a, e l'art. 143
del citato testo unico).
    Tuttavia,  le  ipotesi  eccezionali  di abbreviazione del mandato
elettivo debbono essere preventivamente stabilite in via generale dal
legislatore.  Tra di esse non e' escluso che possa ricorrere anche il
sopravvenire     di     modifiche     territoriali    che    incidano
significativamente  sulla  componente  personale dell'ente, su cui si
basa  l'elezione:  come, ad esempio, prevede per il caso degli organi
comunali l'art. 8, quarto comma, lettera a del d.P.R. 16 maggio 1960,
n. 570    (non    compreso    nell'abrogazione    espressa   disposta
dall'art. 274,  comma  1, lettera e del testo unico n. 267 del 2000),
secondo  cui  si  procede  alla  rinnovazione integrale del consiglio
comunale  quando,  per  effetto di una modificazione territoriale, si
sia  verificata  una variazione di almeno un quarto della popolazione
del  comune.  Ma,  ancora  una  volta,  una siffatta ipotesi dovrebbe
essere   prevista   e  disciplinata  in  via  generale  dalla  legge,
ovviamente sulla base di presupposti non irragionevoli.
    In   ogni   caso,   non  puo'  essere  una  legge  provvedimento,
disancorata   da  presupposti  prestabiliti  in  via  legislativa,  a
disporre della durata degli organi eletti.
    Proprio  questa, invece, e' la portata della norma qui impugnata.
Essa,  nel  prevedere  che si proceda all'elezione degli organi delle
nuove  Province,  stabilisce  altresi' che decadano di diritto quelli
delle  Province  preesistenti,  nel  logico presupposto che non possa
darsi  una doppia contemporanea rappresentanza, nell'ambito di organi
elettivi   preesistenti   e   di  organi  di  nuova  elezione,  delle
popolazioni dei territori oggetto della variazione territoriale.
    Tuttavia,  tale  previsione  di  abbreviazione  del mandato degli
organi  delle  Province  preesistenti  (eletti  solo tre anni fa) non
trova  supporto  in  alcuna  disciplina  a  carattere generale che la
contempli  e  ne  precisi i presupposti. Infatti la Regione Sardegna,
che  pure  dal  1993  e'  titolare  della competenza primaria sancita
dall'art. 3,  lettera  b, dello statuto, non ha mai proceduto a darsi
una  legislazione  organica  sull'ordinamento degli enti locali (solo
alcuni   specifici  aspetti  di  tale  ordinamento  sono  oggetto  di
disciplina  nella legge regionale n. 4 del 1997, e negli articoli 6 e
seguenti,  qui  non impugnati, della legge regionale n. 10 del 2002),
ne'  comunque  ha  provveduto  a  disciplinare  in generale i casi di
scioglimento   anticipato  dei  consigli  degli  enti.  Resta  dunque
applicabile,  anche  ai  sensi dell'art. 57 dello statuto (secondo il
quale "nelle materie attribuite alla competenza della Regione, fino a
quando   non  sia  diversamente  disposto  con  leggi  regionali,  si
applicano le leggi dello Stato"), la normativa statale. Tanto e' vero
che  lo  stesso art. 1, comma 2, della legge regionale impugnata, nel
prevedere  le  elezioni  degli  organi delle Province, fa riferimento
all'"ordinario  turno di elezioni amministrative dell'anno 2003", che
non  puo'  essere altro, nel silenzio della legislazione provinciale,
che  il  "turno  annuale  ordinario" previsto dall'art. 1 della legge
statale  7 giugno  1991,  n. 182,  e successive modificazioni, il cui
svolgimento  avviene  nella  data  fissata  dal Ministro dell'interno
(art. 3  della  stessa  legge,  come modificato da ultimo dall'art. 4
della legge 23 febbraio 1995, n. 43).
    Ora,  nella  legislazione statale sulle Province l'ipotesi di una
abbreviazione  del  mandato  degli  organi  provinciali  a seguito di
variazioni  territoriali  non e' contemplata (l'art. 8, quarto comma,
lettera  a,  del  d.P.R. n. 570 del 1960 si riferisce infatti ai soli
consigli  comunali):  gli  unici casi di scioglimento anticipato sono
quelli  previsti  dai  citati  articoli 53, 141 e 143 del testo unico
approvato  con  il  d.lgs.  n. 267  del  2000. Tant'e' che in tutti i
provvedimenti legislativi con cui sono state istituite nuove Province
fuori  del  territorio  delle  Regioni  speciali, e in particolare in
occasione  della  istituzione di otto nuove Province attuata ai sensi
dell'art. 63 della legge 8 giugno 1990, n. 142, si e' invariabilmente
previsto   che   l'elezione  dei  nuovi  consigli  avesse  luogo  nel
successivo  turno  generale  delle  consultazioni amministrative (pur
mancando,  all'epoca,  ancora  un  triennio  a tale data), cioe' alla
scadenza  naturale  dei  consigli  preesistenti,  salva  l'ipotesi di
scioglimento  anticipato  di  questi  ultimi  per  altra  causa (cfr.
l'art. 3,  comma  2,  dei  decreti legislativi 6 marzo 1992, nn. 248,
249, 250, 251, 252, 253, 254, e del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 277; e,
nello  stesso  senso,  cfr. gia' l'art. 2 della legge 16 luglio 1974,
n. 306, recante l'istituzione della Provincia di Oristano).
    La  norma  impugnata,  intervenendo solo sull'elezione, in questa
unica  occasione,  degli  organi  delle  nuove  Province  e di quelle
preesistenti  -  dunque  con  la tecnica della legge provvedimento -,
dispone  invece che tale elezione avvenga anticipando "di diritto" il
termine  del  mandato degli organi gia' eletti: con cio' ponendosi in
contraddizione  con  i  principi che si sono sopra delineati circa le
garanzie  costituzionali del mandato degli organi elettivi locali, ed
eccedendo  pertanto  dai  limiti  della  competenza  regionale di cui
all'art. 3, lettera b, dello statuto speciale.
    4. - E'   invece   inammissibile   la   questione   con  riguardo
all'art. 1, comma 1, e agli articoli 2, 3 e 4 della legge impugnata.
    Quanto  all'art. 1, la censura del Governo e' in realta' limitata
al disposto del comma 2, ove si prevede l'elezione degli organi delle
Province,  e  non  investe  l'oggetto  del  comma  1,  relativo  alla
delimitazione dei confini delle nuove e delle preesistenti Province.
    Quanto  agli articoli 2, 3 e 4, il Governo assume nel ricorso che
essi siano "conseguenti" o "correlati" all'art. 1, ma in realta' essi
hanno ad oggetto previsioni circa la nomina dei commissari incaricati
di  curare  gli  adempimenti  connessi  alla  istituzione delle nuove
Province  fino  all'insediamento  degli  organi elettivi, alla scelta
delle   sedi   provvisorie  degli  organi  e  degli  uffici,  e  alla
determinazione  dei  capoluoghi  delle nuove Province: previsioni che
non  sono in rapporto con la statuizione contenuta nell'art. 1, comma
2, circa il tempo dell'elezione degli organi provinciali.
    Poiche'  il  ricorrente  non adduce alcun altro motivo a sostegno
della   questione   di   legittimita'   concernente   tali  ulteriori
disposizioni  della  legge  impugnata,  essa  deve  essere dichiarata
inammissibile.