ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  ammissibilita'  di  conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  sorto  a seguito della delibera del 18 febbraio
1999  della  Camera dei deputati relativa alla insindacabilita' delle
opinioni  espresse  dal  deputato  Tiziana  Parenti nei confronti del
dott.  Piercamillo Davigo promosso dal Tribunale di Torino, sezione I
penale,  con  ricorso  depositato  il  18 gennaio 2002 ed iscritto al
n. 207 del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 29 gennaio 2003 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che  il Tribunale di Torino, sezione I penale, con atto
pervenuto alla cancelleria della Corte, a mezzo del servizio postale,
in  data  18 gennaio 2002, ha sollevato conflitto di attribuzione nei
confronti  della  Camera  dei deputati in relazione alla delibera, da
quest'ultima  adottata  nella  seduta del 18 febbraio 1999 (documento
IV-quater   n. 57),   con   la  quale  e'  stato  dichiarato  che  il
procedimento  penale  a  carico  del  deputato Tiziana Parenti per il
reato  di  cui  agli  artt. 595  del  codice penale, e 13 della legge
8 febbraio  1948,  n. 47,  per  le dichiarazioni asseritamente lesive
della  reputazione  di  Piercamillo  Davigo,  magistrato,  riguardano
opinioni  espresse dal deputato nell'esercizio delle sue funzioni, ai
sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che,  secondo  il  Tribunale  di Torino, benche' questa Corte
abbia  dichiarato  improcedibile  il conflitto sollevato in relazione
alla  delibera  sopra  richiamata,  in  quanto il ricorso, unitamente
all'ordinanza   che   lo  aveva  dichiarato  ammissibile,  era  stato
depositato  oltre  il  termine  stabilito  dall'art. 26, terzo comma,
delle   norme   integrative   per   i   giudizi  davanti  alla  Corte
costituzionale   (sentenza   n. 122   del   2001),  la  pronunzia  di
improcedibilita'  non  impedirebbe la riproposizione del conflitto di
attribuzione,  poiche'  sussisterebbe l'interesse a proporre un nuovo
ricorso;
        che,   a   suo   avviso,   la  Camera  dei  deputati  avrebbe
illegittimamente  esercitato il proprio potere affermando l'esistenza
di  un  collegamento  tra  le dichiarazioni rese dal deputato Tiziana
Parenti  e l'esercizio della funzione parlamentare, poiche' la stessa
relazione  della Giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio
ammette la «assenza di un collegamento specifico con atti e documenti
parlamentari»,    cosicche'    la    delibera    in   esame   avrebbe
«arbitrariamente inciso sulle attribuzioni del potere giudiziario».
    Considerato  che  in  questa  fase  la Corte e' chiamata, a norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in
quanto  esiste  «la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti
alla sua competenza»;
        che, in linea preliminare, occorre osservare che il Tribunale
di  Torino,  con  il ricorso in esame, ripropone, in riferimento alla
delibera della Camera dei deputati del 18 febbraio 1999, il conflitto
di  attribuzione  dichiarato improcedibile con la sentenza n. 122 del
2001, in quanto il ricorso e l'ordinanza di ammissibilita' (ordinanza
n. 399  del  1999),  benche'  notificati tempestivamente, erano stati
depositati presso la cancelleria di questa Corte successivamente alla
scadenza  del  termine  di venti giorni stabilito dall'art. 26, terzo
comma,  delle  norme  integrative  per  i  giudizi davanti alla Corte
costituzionale;
        che questa Corte, con la recente sentenza n. 116 del 2003, ha
affermato  che  la legge 11 marzo 1953, n. 87 ha conferito alla Corte
costituzionale, in sede di ammissibilita' del conflitto, un potere di
conformazione  del  giudizio, che si esprime attraverso la fissazione
di regole che, tra l'altro, stabiliscono «inderogabilmente soggetti e
termini per lo svolgimento del processo»;
        che  tali  regole per la loro natura conformativa non possono
essere  eluse  neppure invocando la mancata previsione legislativa di
termini di decadenza, dal momento che, in relazione alle finalita' ed
alla  particolarita'  dell'oggetto  del conflitto di attribuzione tra
poteri,  sussiste  «l'esigenza  costituzionale  che  il giudizio, una
volta  instaurato,  sia  concluso  in  termini certi non rimessi alle
parti  confliggenti»,  essendo  necessario ristabilire sollecitamente
«certezza  e  definitivita'  di  rapporti»  essenziali  ai fini di un
regolare  svolgimento  delle funzioni costituzionali (sentenza n. 116
del 2003);
        che,  pertanto, sulla scorta delle argomentazioni gia' svolte
da  questa  Corte  e  che qui si ribadiscono, poiche' il conflitto in
esame  e'  stato  gia'  dichiarato  improcedibile  per tardivita' del
deposito  degli  atti deve ritenersi preclusa la sua riproponibilita'
e, conseguentemente, lo stesso deve essere dichiarato inammissibile.