ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  ammissibilita'  del  conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  sorto a seguito della delibera della Camera dei
deputati  del  18 dicembre  2002  relativa  alla insindacabilita', ai
sensi  dell'art. 68,  primo comma, della Costituzione, delle opinioni
espresse  dall'onorevole  Benito  Paolone  nei  confronti di Vincenzo
Bianco,   promosso   dal   Tribunale   di  Catania,  in  composizione
monocratica (4ª sezione penale), con ricorso depositato il 28 gennaio
2003 ed iscritto al n. 235 del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 4 giugno 2003 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.
    Ritenuto che il Tribunale di Catania, in composizione monocratica
(4ª sezione penale), con ricorso depositato il 28 gennaio 2003 presso
la cancelleria di questa Corte, ha promosso conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato  nei confronti della Camera dei deputati in
riferimento  alla  deliberazione  dell'Assemblea  in data 18 dicembre
2002, in base alla quale talune affermazioni pronunciate dal deputato
Benito  Paolone  nei confronti di Vincenzo Bianco, per le quali pende
dinanzi al medesimo giudice procedimento penale per il delitto di cui
all'art. 595  del  codice  penale,  concernono  opinioni espresse dal
deputato  nell'esercizio  delle  sue  funzioni  di  parlamentare, con
conseguente insindacabilita' a norma dell'art. 68, primo comma, della
Costituzione;
        che  il  giudice  ricorrente  espone,  in punto di fatto, che
l'on.  Paolone veniva tratto a giudizio, con decreto di citazione del
29 ottobre  2001,  per  rispondere  del  delitto  di  diffamazione  -
aggravata  dall'aver commesso il fatto contro un pubblico ufficiale a
causa  dell'adempimento  delle  proprie  funzioni ed attribuendo allo
stesso  fatti  determinati - per aver offeso l'onore e la reputazione
di  Vincenzo Bianco, nella qualita' di Sindaco del Comune di Catania,
proferendo   al  suo  indirizzo  talune  espressioni  (analiticamente
riportate nell'atto introduttivo del presente giudizio per conflitto)
nel  corso  di  un comizio elettorale tenutosi nella piazza Cavour di
Catania  nell'ambito  della  campagna  elettorale  svoltasi, in epoca
anteriore e prossima al 30 novembre 1997, per la elezione del sindaco
di  detto  comune  «e  piu' precisamente nel corso di una discussione
afferente  temi attinenti alla gestione amministrativa della citta' e
alle scelte urbanistiche»;
        che  nel  ricorso  si  evidenzia  ancora  che,  nel corso del
giudizio   penale   instauratosi,  il  Presidente  della  Camera  dei
deputati,   in   data  24 dicembre  2002,  trasmetteva  al  tribunale
procedente   la   deliberazione   assunta   dall'Assemblea   in  data
18 dicembre  2002,  la  quale,  in  conformita'  alla richiesta della
Giunta  per  le  autorizzazioni,  dichiarava che le affermazioni rese
dall'on. Paolone  nei  confronti  del  Bianco  erano  da  considerare
espresse   nell'esercizio   delle  proprie  funzioni  di  membro  del
Parlamento  ai  sensi dell'art. 68 della Costituzione ed a seguito di
cio'   la  parte  civile  costituitasi  chiedeva  che  fosse  appunto
sollevato  conflitto  di  attribuzione nei confronti della Camera dei
deputati avverso la menzionata deliberazione;
        che,  tanto  premesso,  il  ricorrente  sostiene che, «per le
modalita'  del  fatto,  per  il  contesto  politico delle espressioni
pronunciate, per la campagna elettorale in atto», deve essere escluso
qualsiasi  collegamento  funzionale  tra  le  espressioni pronunciate
dall'on. Paolone  e  la  sua «attivita' parlamentare vera e propria»,
non  potendosi  ascrivere  al novero degli atti tipici della funzione
parlamentare «quelle attivita' che, se pur in senso lato connesse con
l'esercizio   delle  funzioni  parlamentari,  ne  risultano  tuttavia
estranee  poiche'  concernenti  attivita'  extra  parlamentare svolta
all'interno  dei  partiti  (manifestazioni  di  pensiero  espresse in
comizi,   cortei,   trasmissioni   radio   televisive  o  durante  lo
svolgimento di scioperi)»;
        che,  pertanto, ad avviso del giudice ricorrente, nel caso di
specie   il   solo   collegamento   astrattamente   ipotizzabile  tra
espressioni  pronunciate  ed esercizio della funzione parlamentare e'
quello   di  carattere  «soggettivo»,  per  il  fatto  che  le  prime
provengono   «da   una   persona  fisica  che  e'  anche  membro  del
Parlamento»;
        che,  argomenta  ancora  il tribunale, neppure la circostanza
per  cui,  a seguito della vicenda in questione, l'on. Paolone ebbe a
richiedere,  in  sede  parlamentare,  una  serie di atti di sindacato
ispettivo  proprio  su  pretese  illegittimita'  dell'amministrazione
comunale  di  Catania,  consentirebbe  di  qualificare  - sia pure in
ragione  della  «identita' di argomenti tra le opinioni incriminate e
quelle  riportate  in sede parlamentare» - come svolta nell'esercizio
delle  funzioni proprie del membro del Parlamento qualsiasi attivita'
posta  in  essere  da  quest'ultimo  «e  in  qualunque  sede tale sua
qualita' sia rilevante»;
        che,  in conclusione, il ricorrente sostiene «che le opinioni
siano  state espresse nel corso di un comizio elettorale e percio' al
di  fuori  dell'esercizio  delle  funzioni  parlamentari»,  chiedendo
dunque,  in  assenza  dei presupposti per l'applicazione dell'art. 68
della Costituzione, l'annullamento della delibera di insindacabilita'
della Camera dei deputati.
    Considerato  che,  in  questa fase, la corte e' chiamata, a norma
dell'articolo 37,  terzo  e  quarto comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,   a  delibare  esclusivamente  l'ammissibilita'  del  ricorso,
valutando,  senza  contraddittorio  tra  le  parti,  se  sussistono i
requisiti  soggettivo e oggettivo di un conflitto di attribuzione tra
poteri dello Stato;
        che,   sotto   il  profilo  soggettivo,  va  riconosciuta  la
legittimazione  del  Tribunale  di  Catania a sollevare conflitto, in
quanto   organo   giurisdizionale,   in   posizione  di  indipendenza
costituzionalmente     garantita,     competente     a     dichiarare
definitivamente, per il procedimento di cui e' investito, la volonta'
del potere cui appartiene;
        che,  parimenti,  deve  essere riconosciuta la legittimazione
della  Camera  dei  deputati  ad essere parte del presente conflitto,
quale  organo  competente  a dichiarare in modo definitivo la propria
volonta'  in  ordine  all'applicabilita'  dell'art. 68,  primo comma,
della Costituzione;
        che,  per  quanto  attiene  al  profilo oggettivo, il giudice
ricorrente  lamenta  la  lesione della propria sfera di attribuzione,
costituzionalmente  garantita, in conseguenza dell'adozione, da parte
della   Camera   dei  deputati,  della  menzionata  deliberazione  di
insindacabilita';
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di un conflitto, la cui
risoluzione    spetta   alla   competenza   della   corte,   restando
impregiudicata ogni ulteriore decisione definitiva (a contraddittorio
integro), anche in ordine all'ammissibilita' del ricorso.