ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 64, comma 2,
e  49  del  decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull'ordinamento  del  lavoro  alle  dipendenze delle amministrazioni
dello   Stato),  promosso  con  ordinanza  del  30 ottobre  2001  dal
Tribunale  di  Treviso sui ricorsi riuniti proposti da Ubaldo Lubelli
ed  altri  contro  il  Ministero  dei  trasporti e della navigazione,
iscritta  al  n. 107  del  registro ordinanze 2002 e pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica,  n. 12,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2002.
    Visti  gli  atti di intervento della Unionquadri e del Presidente
del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 15 gennaio 2003 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che, con ordinanza del 30 ottobre 2001, il Tribunale di
Treviso,   sezione   lavoro,   ha   sollevato,  in  riferimento  agli
articoli 24  e  39  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  del  combinato disposto degli articoli 64, comma 2, e
49  del  decreto  legislativo  30 marzo  2001, n. 165 (Norme generali
sull'ordinamento  del  lavoro  alle  dipendenze delle amministrazioni
dello  Stato),  nella  parte  in cui stabilisce che, quando insorgono
controversie   interpretative   di  contratti  collettivi,  l'accordo
sull'interpretazione  autentica della clausola intervenuto tra l'Aran
e  le organizzazioni sindacali stipulanti sia vincolante per le parti
del giudizio e per il giudice;
        che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale e' stata
sollevata  nel corso di una controversia di lavoro promossa da alcuni
dipendenti  del ministero dei trasporti e della navigazione ed avente
ad  oggetto l'accertamento e la dichiarazione del diritto ad ottenere
«la  qualifica  di  «quadro»  in  forza  della legge n. 190 del 1985,
previa disapplicazione o dichiarazione di nullita' e/o illegittimita'
del  C.C.N.L.  di  settore nella parte in cui disciplinava in termini
difformi dalla legge le categorie di inquadramento del personale»;
        che  il  tribunale,  con ordinanza 10 novembre 2000, riteneva
che  per la risoluzione della controversia fosse necessario risolvere
in  via  pregiudiziale,  ai  sensi dell'art. 64 del d.lgs. n. 165 del
2001,   «la  questione  concernente  la  validita'  dell'art. 13  del
C.C.N.L. sopramenzionato la' dove, non ottemperando a quanto disposto
dalla  legge  n. 190/1985,  non  istituiva la categoria dei quadri in
relazione alle figure professionali di rilevante responsabilita» ed a
tale  scopo  «sospendeva  il  giudizio  e  disponeva la comunicazione
dell'ordinanza,   del   ricorso   introduttivo  e  della  memoria  di
costituzione all'Aran»;
        che,  precisa  il  giudice  a  quo,  l'Aran  -  espletate  le
procedure  di cui al secondo comma dell'art. 64 del d.lgs. n. 165 del
2001   -   ha   trasmesso   il  testo  dell'accordo,  «denominato  di
interpretazione  autentica,  raggiunto  con  le  parti firmatarie del
C.C.N.L.», nel quale «si ribadiva la piena validita' dell'art. 13 del
C.C.N.L.  16 febbraio  1999  «Comparto Ministeri», che non prevede la
categoria  di  «quadro»  nel  sistema  classificatorio  del personale
dipendente  dei  Ministeri,  ritenendo  che  la  disciplina  speciale
prevista  nel  pubblico  impiego per i dipendenti che in posizione di
elevata   responsabilita'   svolgono   compiti  di  direzione  o  che
comportano  l'iscrizione  ad  albi  oppure  tecnico  scientifici e di
ricerca,  consente  alle  parti  di  non  procedere  alla  automatica
trasposizione della legge n. 190 del 1985 nel sistema classificatorio
pubblico»;
        che,   secondo   il   giudice   rimettente,  il  terzo  comma
dell'art. 64  del  d.lgs. n. 165 del 2001 dispone che solo in caso di
mancato accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica della
clausola  controversa, il giudice decida con sentenza sulla questione
relativa  alla validita', efficacia o interpretazione della clausola,
mentre,  se  l'accordo  sia  raggiunto,  come e' accaduto nel caso di
specie,   il  secondo  comma  dell'art. 64,  citato,  stabilisce  che
all'accordo, «si applicano le disposizioni dell'art. 49»;
        che,  ad  avviso  del  giudice  a quo - anche alla luce della
formulazione  della  norma  contenuta  nell'art. 49 del citato d.lgs.
n. 165  del  2001,  rispetto all'originaria versione dell'art. 53 del
decreto  legislativo  3 febbraio  1993, n. 29 - il combinato disposto
degli  articoli 49  e  dell'art. 64,  comma 2,  del d.lgs. n. 165 del
2001,  non  lascerebbe  «spazio  a  dubbi sul fatto che il cosiddetto
accordo di interpretazione autentica della clausola controversa abbia
illimitata  efficacia  retroattiva  e sia vincolante per le parti del
processo  in  corso  e  per  il  giudice»,  anche  in  considerazione
dell'abrogazione,  ad  opera  dell'art. 43, comma 1, del d.lgs. n. 80
del  1998, dell'art. 53, comma 2, del d.lgs. n. 29 del 1993, il quale
stabiliva,  invece,  che l'accordo di interpretazione autentica della
clausola   contrattuale  avrebbe  avuto  effetto  sulle  controversie
individuali  aventi  ad  oggetto  le  materie  regolate  dall'accordo
medesimo solo «con il consenso delle parti interessate»;
        che,  secondo  l'ordinanza  di rimessione, il giudice sarebbe
«privato  del potere di dar conto alle parti del processo dell'esatto
significato  della  clausola  controversa in applicazione dei criteri
interpretativi legali» e gli sarebbe sottratto il potere «di misurare
con  i  principi  fondamentali  dell'ordinamento  la validita' di una
previsione  contrattuale  e di stabilire l'eventuale presenza di vizi
anche gravi», in violazione altresi' dell'art. 24 della Costituzione,
poiche'  -  in  contrasto con il principio secondo cui «tutti possono
agire  in  giudizio  per  la  tutela  dei propri diritti ed interessi
legittimi»  -  non  resterebbe  «al giudice e alle parti della causa,
secondo  quanto  previsto  dal  legislatore,  che prendere atto della
volonta'  collettiva»  in  tale  modo attribuendo alle organizzazioni
sindacali  il  «potere  di  disporre  dei diritti gia' sorti a favore
delle  parti  di  un  rapporto  di  lavoro»  ed  impedendo alle parti
medesime di farli «valere in un processo»;
        che,  ad avviso del tribunale, il generalizzato trasferimento
in  capo al  sindacato  del  potere ablativo di situazioni soggettive
individuali  farebbe  «compiere  un  rilevante  salto  di qualita' al
processo   di   istituzionalizzazione  del  sindacato»,  e  le  norme
impugnate  realizzerebbero «un congegno di rappresentanza ex lege dei
lavoratori  pubblici da parte dei sindacati firmatari dei contratti»,
in  contrasto  con  l'art. 39  della  Costituzione  e  la  previsione
costituzionale   circa   la   validita'  «erga  omnes  dei  contratti
collettivi»;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   chiedendo   che   la   questione  sollevata  sia  dichiarata
inammissibile o comunque infondata;
        che,   secondo   la   difesa   erariale,   la   ricostruzione
interpretativa  operata  dal  giudice rimettente sarebbe inesatta, in
quanto  le  norme  censurate  attribuirebbero  all'eventuale «accordo
delle  parti  collettive» l'effetto di sostituire ex tunc la clausola
contrattuale oggetto della questione controversa;
        che  si  e'  costituita  nel presente giudizio l'Unionquadri,
parte  nel  giudizio principale, con memoria depositata il 7 novembre
2002.
    Considerato      che,      preliminarmente,     va     dichiarata
l'inammissibilita'   della   costituzione  dell'Unionquadri,  perche'
avvenuta fuori termine;
        che  il  rimettente dubita, in riferimento agli articoli 24 e
39   della  Costituzione,  del  combinato  disposto  degli  artt. 64,
comma 2,  e  49  del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nella
parte   in   cui   stabilisce   che,  quando  insorgono  controversie
interpretative      di      contratti      collettivi,      l'accordo
sull'interpretazione  autentica della clausola intervenuto tra l'Aran
e  le organizzazioni sindacali stipulanti sia vincolante per le parti
del giudizio;
        che,  ad  avviso  del rimettente, a rendere vincolante per le
parti  e  per  il  giudice  l'accordo  interpretativo  sulla clausola
controversa  sarebbe  il  combinato  disposto  degli  artt. 49  e 64,
comma 2,  del  d.lgs. n. 165 del 2001, nel testo risultante a seguito
della  sopravvenuta  abrogazione, ad opera dell'art. 43, comma 1, del
d.lgs.  31 marzo  1998,  n. 80,  del  secondo  comma dell'art. 53 del
d.lgs.  n. 29 del 1993, il quale stabiliva, invece, che «l'accordo di
interpretazione autentica del contratto ha effetto sulle controversie
individuali  aventi  ad  oggetto  le  materie  regolate  dall'accordo
medesimo con il consenso delle parti interessate»;
        che,  peraltro, nella fattispecie in esame, il rimettente non
ha  considerato  che  la clausola del contratto collettivo, all'esito
della  procedura  pregiudiziale, non risulta che sia stata modificata
nel  suo  originario significato precettivo, cosicche' e' da ritenere
che  l'ambito  della  cognizione  del  giudice  sia rimasto invariato
rispetto alla disciplina esistente al momento della domanda;
        che,  pertanto,  la questione e' manifestamente inammissibile
per difetto di rilevanza.
    Visti  gli  artt.26,  secondo  comma,  della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.