ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 65 del decreto
legislativo   18 agosto   2000,   n. 267  (Testo  unico  delle  leggi
sull'ordinamento   degli  enti  locali)  e  dell'art. 4  della  legge
23 aprile  1981,  n. 154  (Norme  in  materia  di  ineleggibilita' ed
incompatibilita'  alle cariche di consigliere regionale, provinciale,
comunale  e  circoscrizionale  e in materia di incompatibilita' degli
addetti  al Servizio sanitario nazionale), promosso con ordinanza del
15 novembre  2001  dal  Tribunale  di  Roma,  iscritta  al n. 460 del
registro  ordinanze  del  2002  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 42, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di Astorre Bruno, di Gasbarra
Enrico,  della  Regione Lazio e del comune di Roma, nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 aprile 2003 il giudice
relatore Valerio Onida.
    Ritenuto  che nel corso di un giudizio promosso dal primo dei non
eletti per sentire dichiarare la decadenza per incompatibilita' dalla
carica  di  un  consigliere  della  Regione  Lazio, candidatosi nella
stessa  lista  elettorale  del  ricorrente, in quanto successivamente
nominato  vice  Sindaco del comune di Roma, il Tribunale di Roma, con
ordinanza   del   15 novembre  2001,  pervenuta  a  questa  Corte  il
30 settembre  2002,  ha sollevato, in riferimento agli articoli 5, 76
(quest'ultimo  deducibile,  anche  se  solo in maniera implicita, dal
contesto  della motivazione), 122 e 123 della Costituzione, questione
di  legittimita'  costituzionale dell'art. 65 del decreto legislativo
18 agosto  2000,  n. 267  (Testo  unico  delle leggi sull'ordinamento
degli  enti locali), e dell'art. 4 della legge 23 aprile 1981, n. 154
(Norme in materia di ineleggibilita' ed incompatibilita' alle cariche
di  consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e
in  materia  di  incompatibilita' degli addetti al Servizio sanitario
nazionale);
        che  il  remittente,  esposto  lo  svolgimento  del  processo
dinanzi  a  lui  pendente,  ritiene l'art. 65 del decreto legislativo
n. 267   del   2000,   la'   dove   disciplina   le   situazioni   di
incompatibilita'   ed   ineleggibilita'  dei  consiglieri  regionali,
costituzionalmente  illegittimo,  sia  per  invasione  della sfera di
autonomia riservata alle Regioni dall'art. 122 della Costituzione (il
quale,   nel   testo   risultante   dalle   modificazioni  introdotte
dall'art. 2   della  legge  costituzionale  22 novembre  1999,  n. 1,
attribuisce   alla   legge   regionale,   nei   limiti  dei  principi
fondamentali  stabiliti con legge della Repubblica, la disciplina del
sistema   di   elezione   e   dei   casi   di  ineleggibilita'  e  di
incompatibilita'  dei consiglieri regionali), sia per superamento dei
limiti  della  delega  legislativa conferita al Governo con l'art. 31
della  legge 3 agosto 1999, n. 265, il quale conferiva esclusivamente
il  potere  di  regolamentare l'ordinamento ed il funzionamento degli
enti locali;
        che  anche  l'art. 4  della  legge n. 154 del 1981 violerebbe
l'art. 122  della  Costituzione, stante «la riserva di legge a favore
delle Regioni nella materia de qua»;
        che  nel giudizio dinanzi alla Corte si sono costituiti Bruno
Astorre,  ricorrente  nel giudizio a quo, nonche' Enrico Gasbarra, il
comune  di  Roma  e  la  Regione  Lazio, parti convenute nel giudizio
medesimo, ed e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri;
        che  la  difesa  di  Bruno  Astorre  ha  concluso  perche' la
questione  di legittimita' costituzionale sia dichiarata, nel merito,
manifestamente infondata: osservato che la carica di vice Sindaco del
comune sarebbe da porsi sullo stesso piano degli assessori componenti
la  Giunta,  di  cui  il  vice  Sindaco fa parte, e dunque sarebbe da
ritenersi  anch'essa  incompatibile  con  la  carica  di  consigliere
regionale, nella memoria si rileva che, in materia di ineleggibilita'
e incompatibilita' dei consiglieri regionali, i principi fondamentali
di  cui  all'art. 122  della Costituzione sono quelli del testo unico
approvato  con  il  d.lgs. n. 267 del 2000; sicche' «l'emananda legge
regionale  della  Regione  Lazio  in  tema di incompatibilita' - se e
quando  sara'  emanata - potra' dire tutto cio' che vorra' per quanto
riguarda  la  Regione,  ma  non  potra'  certo  impedire che i comuni
debbano  rifiutare  nel  seno del loro organo di gestione chi ricopra
anche  la  carica  di consigliere regionale». Le Regioni, si osserva,
«non  possono  statuire che per loro stesse, e certamente non possono
andare   a   sindacare   il  merito  di  una  materia  -  appunto  la
incompatibilita' per i componenti la giunta comunale - che e' rimessa
alla legislazione statale»;
        che,  nel  ribadire tali conclusioni nella memoria depositata
in  prossimita'  della camera di consiglio, la difesa dell'Astorre ha
tuttavia fatto presente che il Gasbarra, nel candidarsi alle elezioni
per  la Provincia di Roma, previste per la fine di maggio 2003, si e'
dimesso  dalla carica di consigliere regionale, con conseguente venir
meno della rilevanza della questione sollevata;
        che  la difesa di Enrico Gasbarra ha chiesto che la questione
di legittimita' costituzionale sia accolta, in particolare osservando
che  l'art. 65  del  d.lgs. n. 267 del 2000 sarebbe incostituzionale,
perche'  la legislazione statale che continua a dettare la disciplina
di una materia riservata alla competenza della Regione si porrebbe in
contrasto  con  l'art. 122  della Costituzione (anche alla luce della
modifica  del  Titolo V della Parte II della Costituzione conseguente
alla   legge   costituzionale   18 ottobre   2001,   n. 3);   e   che
l'incostituzionalita'  dell'art. 65  del  d.lgs.  n. 267 del 2000 non
determinerebbe  la  reviviscenza  dell'art. 4  della legge n. 154 del
1981,  non  essendo  configurabile una rinnovata vigenza di una norma
ormai abrogata e contrastante con una norma di rango costituzionale;
        che la Regione Lazio ha chiesto nell'atto di costituzione che
la   questione  sia  accolta,  mentre  nella  memoria  depositata  in
prossimita' della camera di consiglio ha rilevato che la disposizione
contenuta  nell'art. 4  della legge n. 154 del 1981 non indica tra le
cause  di  incompatibilita'  la  carica di vice Sindaco, sicche' tale
disposizione  non potrebbe trovare applicazione nel caso di specie, e
la  relativa  questione  sarebbe inammissibile per irrilevanza; e che
del pari inammissibile sarebbe la questione riguardante l'art. 65 del
d.lgs.  n. 267  del  2000,  in  quanto non applicabile ai consiglieri
regionali;
        che   il   comune   di  Roma  ha  concluso  nel  senso  della
restituzione   degli   atti  al  giudice  remittente  per  una  nuova
valutazione  della rilevanza della questione nonche' per una «diversa
interpretazione   che   deve   darsi  -  alla  luce  dell'ordinamento
costituzionale  -  delle  norme»  denunciate,  e,  in  subordine, per
l'accoglimento  della  questione:  la  ratio  della  previsione della
incompatibilita'  fra  le  cariche di consigliere regionale e di vice
Sindaco o assessore comunale risiederebbe nel potenziale conflitto di
interessi  tra  le  due  cariche  medesime,  ma nel nuovo ordinamento
costituzionale  tale  conflitto  di  interessi  dovrebbe  escludersi,
essendo  irragionevole  una  normativa  che,  in  contrasto col nuovo
assetto dei poteri autonomi di comuni, Province, Citta' metropolitane
e   -   soprattutto   -   Regioni,   impedisse   in  radice,  con  la
incompatibilita',  una  forma  di  partecipazione  di  amministratori
comunali all'esercizio delle potesta' regionali;
        che   nel  proprio  atto  di  intervento  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  concluso  per  il  rigetto dei dubbi di
legittimita'  costituzionale,  sul  rilievo che il novellato art. 122
della  Costituzione  non precluderebbe l'applicazione della normativa
statale  vigente  la'  dove la Regione non abbia ancora esercitato la
propria   potesta'   legislativa;  e  perche'  non  sussisterebbe  il
denunciato  vizio  di  eccesso  di  delega  riguardante l'art. 65 del
d.lgs.   n. 267   del   2000,   dato  che  la  norma  si  riferirebbe
esclusivamente all'ordinamento degli enti locali.
    Considerato  che  le  sopravvenute  dimissioni di Enrico Gasbarra
dalla carica di consigliere regionale - a prescindere dalla idoneita'
delle stesse a rimuovere la denunciata situazione di incompatibilita'
-  non  impongono la restituzione degli atti al Tribunale remittente,
giacche'  il  giudizio  di  legittimita'  costituzionale,  una  volta
iniziato  in seguito ad ordinanza di rinvio del giudice a quo, non e'
suscettibile  di  essere  influenzato  da successive vicende di fatto
concernenti  il  rapporto  dedotto nel processo che lo ha occasionato
(cfr. ordinanza n. 383 del 2002);
        che  questa  Corte  ha  gia' esaminato identiche questioni di
legittimita'   costituzionale,  sollevate  dal  medesimo  remittente,
dichiarando,   con   l'ordinanza   n. 383  del  2002,  manifestamente
inammissibile   per   irrilevanza  la  questione  avente  ad  oggetto
l'art. 65  del  decreto  legislativo n. 267 del 2000 e manifestamente
infondata quella concernente l'art. 4 della legge n. 154 del 1981;
        che,  infatti, con riguardo alla prima questione, la Corte ha
osservato  che  la  norma del testo unico sull'ordinamento degli enti
locali  si  riferisce alle cause ostative alla carica di Sindaco o di
assessore di un comune compreso nel territorio della Regione, nonche'
di  presidente della Provincia o di assessore provinciale, mentre nel
giudizio  a  quo si controverte di una causa di incompatibilita' alla
carica  di  consigliere  regionale,  ipotesi  che  continua ad essere
disciplinata dall'art. 4 della legge n. 154 del 1981, considerato che
l'art. 274, comma 1, lettera l), del citato testo unico, nel disporre
l'abrogazione  di  quest'ultima  legge,  fa  espressamente  salve «le
disposizioni ivi previste per i consiglieri regionali»;
        che,  in riferimento al dubbio di legittimita' costituzionale
avente  ad oggetto l'art. 4 della legge n. 154 del 1981, nel quale il
remittente  ritiene  non implausibilmente contemplata anche la carica
di  vice Sindaco, la citata ordinanza n. 383 del 2002 ha rilevato che
il  nuovo  testo  dell'art. 122  della  Costituzione, come sostituito
dalla  legge  costituzionale n. 1 del 1999 - che riserva alla Regione
la    competenza    legislativa   in   materia,   tra   l'altro,   di
incompatibilita'  dei  consiglieri  regionali  (con  il  rispetto dei
limiti   dei   principi   fondamentali   stabiliti  con  legge  della
Repubblica)  -  da'  luogo  solo  a  nuove  e diverse possibilita' di
intervento legislativo della Regione, senza che pero' venga meno, nel
frattempo,  in  forza del principio di continuita', l'efficacia della
normativa  statale  preesistente conforme al quadro costituzionale in
vigore all'epoca della sua emanazione;
        che, non essendo stati prospettati profili od argomenti nuovi
rispetto a quelli gia' scrutinati dalla Corte, le questioni sollevate
devono    essere    dichiarate,    rispettivamente,    manifestamente
inammissibile e manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.