ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 1, e
5,  comma 3,  della  legge  della Regione Veneto 9 agosto 2002, n. 18
(Disposizioni in materia di gestione dei tributi regionali), promosso
con  ricorso  del  Presidente  del Consiglio dei ministri, notificato
l'11 ottobre  2002,  depositato  in  cancelleria  il 19 successivo ed
iscritto al n. 75 del registro ricorsi 2002.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;
    Udito   nell'udienza   pubblica  dell'8 aprile  2003  il  giudice
relatore Annibale Marini;
    Uditi  l'avvocato  dello Stato Giancarlo Mando' per il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri e gli avvocati Mario Bertolissi e Luigi
Manzi per la Regione Veneto.

                          Ritenuto in fatto

    1.   -   Con  ricorso  ritualmente  notificato  e  depositato  il
Presidente  del  Consiglio  dei ministri ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 3,  119, secondo comma, e 117, secondo comma, lettera l),
della  Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale degli
artt. 2,  comma 1,  e  5,  comma 3,  della legge della Regione Veneto
9 agosto 2002, n. 18 (Disposizioni in materia di gestione dei tributi
regionali).
    L'art. 2,   comma 1,   della  legge  regionale  n. 18  del  2002,
disponendo   il   «rinvio»   al  31 dicembre  2003  del  termine  del
31 dicembre    2002,   previsto   per   il   recupero   delle   tasse
automobilistiche   regionali   dovute   per  l'anno 1999,  violerebbe
l'art. 119,  secondo comma, Cost., in quanto si porrebbe in contrasto
con  il  principio  fondamentale  del  sistema  tributario, enunciato
nell'art. 3  della legge statale 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni
in  materia  di  statuto dei diritti del contribuente), secondo cui i
termini  di  prescrizione e decadenza per gli accertamenti di imposta
non possono essere prorogati.
    La  medesima  norma  sarebbe,  sotto  altro aspetto, lesiva della
potesta'  legislativa  esclusiva dello Stato, prevista dall'art. 117,
secondo   comma,   lettera l),   della   Costituzione  nella  materia
dell'ordinamento  civile, comprensiva della disciplina delle cause di
estinzione dei diritti per prescrizione o decadenza.
    L'art. 5  della  stessa  legge, dopo aver dichiarato, al comma 1,
non  piu'  applicabile,  a  decorrere dalla data di entrata in vigore
della legge, la tassa di concessione per la ricerca e la raccolta dei
tartufi,  dichiara  estinti,  al  comma 3,  i  crediti  relativi alla
medesima  tassa ed alle connesse sanzioni, ancora dovuti alla data di
cui sopra.
    Quest'ultima  disposizione,  ad  avviso  dell'Avvocatura, sarebbe
lesiva dei principi di eguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3
Cost.,   in  quanto  attribuirebbe  un  ingiustificato  beneficio  ai
contribuenti che non abbiano tempestivamente adempiuto l'obbligazione
tributaria.
    La  medesima  norma  si  porrebbe,  altresi',  in  contrasto  con
l'art. 119,  secondo  comma,  Cost.,  in  quanto  non  rispettosa dei
principi  fondamentali  risultanti,  in  materia,  dalla legislazione
statale,  ed  in  particolare  di  quello della «necessarieta' per la
Regione di provvedere alla "realizzazione" dei crediti corrispondenti
al  tributo  alla  stessa  attribuito  e  dalla stessa istituito, nei
confronti  di tutti i contribuenti obbligati per legge al verificarsi
del relativo presupposto».
    2. - La  Regione Veneto si e' costituita in giudizio, concludendo
per il rigetto del ricorso.
    La  Regione  resistente  muove  dalla  premessa che l'ordinamento
delineato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche
al   titolo  V  della  parte  seconda  della  Costituzione),  insieme
all'attribuzione  allo Stato della potesta' legislativa esclusiva per
la  disciplina  dei  soli  tributi erariali (art. 117, secondo comma,
lettera e),  ed  alle  regioni  per  quanto  riguarda tutti gli altri
tributi  regionali e locali (art. 117, quarto comma), debba portare a
riconoscere  che  le  regioni  sono  dotate di una potesta' normativa
d'imposizione primaria e non secondaria.
    L'art. 119,  secondo  comma,  Cost.,  nel  disporre  che gli enti
locali e le regioni stabiliscono e applicano i tributi propri secondo
i  principi  di  coordinamento  della  finanza pubblica e del sistema
tributario,  opererebbe  un  implicito  richiamo  all'art. 117, terzo
comma,  che  ricomprende  il  coordinamento tra le materie oggetto di
legislazione  concorrente,  nelle  quali  allo  Stato  spetta solo la
determinazione  dei  principi  fondamentali.  Fermo  restando  che in
assenza  di una legge quadro sul coordinamento del sistema tributario
le   regioni   potrebbero  legiferare,  ricavando  i  principi  dalla
disciplina vigente, come del resto affermato dalla stessa Corte nella
sua prima giurisprudenza sul punto (sentenza n. 282 del 2002).
    Sulla   base   di   tali   premesse,   le   norme   impugnate  si
sottrarrebbero, dunque, alle censure di illegittimita' costituzionale
avanzate dal Presidente del Consiglio dei ministri.
    Quanto  al  differimento  dei termini per il recupero delle tasse
automobilistiche  (art. 2,  comma 1), assume, infatti, la Regione che
il  principio  di  cui all'art. 3 della legge n. 212 del 2000 sarebbe
derogabile  e  privo  di  valore  assoluto  e che la disposta proroga
sarebbe  giustificata  dal  fine  di  evitare  il rischio di emettere
cartelle  di  pagamento  errate,  a  causa  della  inidoneita'  della
documentazione  in  possesso  della  Regione stessa ad assicurare una
corretta azione di recupero.
    Circa  l'estinzione  dei crediti relativi alla soppressa tassa di
concessione  per  la  ricerca  e  la raccolta dei tartufi, osserva la
medesima Regione che la disposizione denunciata, comunque riguardante
un   tributo   economicamente   insignificante,   troverebbe  la  sua
giustificazione  nella  onerosita'  della  riscossione a fronte della
esiguita'  del  gettito  e che, d'altro canto, l'impugnativa proposta
dal  Governo  sembrerebbe  voler  escludere  l'esistenza di qualsiasi
spazio di autonomia in capo alla regione.
    3. - Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica,  entrambe  le  parti
hanno  depositato  memorie  illustrative a sostegno delle conclusioni
rispettivamente assunte.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale, in via principale, degli
artt. 2,  comma 1,  e  5,  comma 3,  della legge della Regione Veneto
9 agosto 2002, n. 18 (Disposizioni in materia di gestione dei tributi
regionali),   in   riferimento  agli  artt. 3,  117,  secondo  comma,
lettera l), e 119, secondo comma, della Costituzione.
    Ad  avviso  del  ricorrente,  entrambe  le norme si porrebbero in
contrasto  con  i  principi fondamentali del sistema tributario posti
dalla   legislazione  statale.  L'art. 2,  comma 1  -  relativo  alla
disciplina  della prescrizione del potere di accertamento della tassa
automobilistica  -  violerebbe,  inoltre,  la  competenza legislativa
esclusiva   dello   Stato   prevista  dall'art. 117,  secondo  comma,
lettera l),  nella  materia dell'ordinamento civile, mentre l'art. 5,
comma 3,  dichiarando  estinti  i  crediti,  esistenti  alla  data di
entrata in vigore della legge, relativi alla tassa di concessione per
la  ricerca e la raccolta dei tartufi, sarebbe lesivo dei principi di
eguaglianza  e  ragionevolezza  di cui all'art. 3 Cost., in quanto si
risolverebbe   nell'attribuzione  di  un  indebito  ed  irragionevole
vantaggio  a  favore  dei  contribuenti  inadempienti  all'obbligo di
pagamento del tributo.
    2. - La questione relativa all'art. 2, comma 1, della legge della
Regione Veneto n. 18 del 2002 e' fondata.
    Riguardo  alla  natura del tributo di cui si tratta, va ricordato
che la tassa automobilistica, disciplinata dal decreto del Presidente
della  Repubblica  5 febbraio  1953,  n. 39  (Testo unico delle leggi
sulle  tasse  automobilistiche), e successive modificazioni, e' stata
«attribuita»   per   intero   alle   regioni   a   statuto  ordinario
dall'art. 23,  comma 1,  del  decreto  legislativo  30 dicembre 1992,
n. 504  (Riordino  della  finanza  degli  enti  territoriali, a norma
dell'articolo 4  della  legge  23 ottobre  1992,  n. 421),  assumendo
contestualmente  la  denominazione di tassa automobilistica regionale
(mantenuta   nonostante  l'intervenuto  mutamento  della  sua  natura
giuridica),   e  che  l'art. 17,  comma 10,  della  successiva  legge
27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza
pubblica),  ha  altresi'  demandato  alle  regioni  «la  riscossione,
l'accertamento,   il   recupero,  i  rimborsi,  l'applicazione  delle
sanzioni  ed  il  contenzioso  amministrativo relativo» alla suddetta
tassa.
    Lo  stesso  art. 17  della  legge  n. 449  del 1997 determina, al
comma 16,  il  criterio di tassazione degli autoveicoli a motore - in
base  alla  potenza  effettiva  anziche', come in passato, ai cavalli
fiscali   -   e   stabilisce,   ai  fini  dell'applicazione  di  tale
disposizione,  che le nuove tariffe delle tasse automobilistiche sono
fissate  «con  decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il
Ministro  dei  trasporti  e  della  navigazione,  [...]  per tutte le
regioni,  comprese  quelle  a  statuto  speciale,  in uguale misura»,
confermando,  a decorrere dall'anno 1999, il potere - attribuito alle
regioni  dall'art. 24,  comma 1,  del  decreto legislativo n. 504 del
1992  -  di determinare con propria legge gli importi della tassa per
gli  anni  successivi, «nella misura compresa tra il 90 ed il 110 per
cento degli stessi importi vigenti nell'anno precedente».
    In   definitiva,  alle  regioni  a  statuto  ordinario  e'  stato
attribuito dal legislatore statale il gettito della tassa, unitamente
all'attivita'  amministrativa  connessa alla sua riscossione, nonche'
un   limitato   potere  di  variazione  dell'importo  originariamente
stabilito   con   decreto  ministeriale,  restando  invece  ferma  la
disciplina  statale  per  ogni  altro aspetto sostanziale della tassa
stessa.
    La  tassa automobilistica non puo', dunque, allo stato, ritenersi
«tributo   proprio  della  regione»,  nel  senso  in  cui  oggi  tale
espressione e' adoperata dall'art. 119, secondo comma, Cost., essendo
indubbio  il  riferimento  della norma costituzionale ai soli tributi
istituiti  dalle regioni con propria legge, nel rispetto dei principi
del coordinamento con il sistema tributario statale.
    Ne  discende  che  la  disciplina sostanziale dell'imposta non e'
divenuta  -  come la stessa Avvocatura sembra erroneamente ritenere -
oggetto  di  legislazione  concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo
comma,   della  Costituzione,  ma  rientra  tuttora  nella  esclusiva
competenza dello Stato in materia di tributi erariali, secondo quanto
previsto dall'art. 117, secondo comma, lettera e).
    La  norma  impugnata,  modificando  la disciplina dei termini per
l'accertamento  del tributo, in senso oltretutto lesivo del legittimo
affidamento   dei   cittadini   nel  rapporto  con  l'amministrazione
finanziaria,  viola  tale esclusiva competenza statale e va, percio',
dichiarata costituzionalmente illegittima.
    3. - Non  e'  invece  fondata  la  questione relativa all'art. 5,
comma 3, della medesima legge regionale n. 18 del 2002.
    Va  premesso  che  la  tassa di concessione di cui si tratta deve
considerarsi  «tributo  proprio  della  regione»  -  nel  senso sopra
chiarito - essendo stata istituita dall'art. 12, comma 1, della legge
regionale   28   giugno 1988,   n. 30   (Disciplina  della  raccolta,
coltivazione    e   commercializzazione   dei   tartufi),   in   base
all'autorizzazione  contenuta  nell'art. 17  della  legge 16 dicembre
1985, n. 752 (Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e
commercio  dei  tartufi  freschi  o conservati destinati al consumo).
Nell'esercizio  della  propria  competenza legislativa la Regione ha,
poi, abolito il tributo in considerazione - come si ricava dai lavori
preparatori  -  «dell'esiguita'  dell'introito derivante (dal tributo
stesso) rapportato ai costi di gestione amministrativa».
    Risulta,  ancora,  dai  lavori  preparatori  che  la disposizione
censurata  - finalizzata a «risolvere definitivamente» il contenzioso
relativo  al  tributo  -  trova  la  sua giustificazione in identiche
ragioni  di  antieconomicita'  della  riscossione,  rafforzate da una
previsione  sostanzialmente non favorevole riguardo all'esito di quel
contenzioso  insorto  «tra  amministrazione  e  contribuenti anche in
relazione  all'interpretazione  dell'art. 51  della  legge  regionale
9 febbraio  2001, n. 5», che aveva ricollegato l'obbligo di pagamento
della tassa annuale alla effettiva raccolta dei tartufi piuttosto che
alla mera titolarita' della relativa concessione.
    Se  tale  e',  dunque,  la  ratio  della norma impugnata, nessuna
lesione  puo'  derivarne all'art. 3 Cost., ne' sotto il profilo della
ragionevolezza, essendo certo non manifestamente irragionevole che la
regione   rinunci   a   coltivare   un   contenzioso  per  la  stessa
economicamente   dannoso   e  comunque  dagli  esiti  prevedibilmente
sfavorevoli  all'ente  impositore, ne' sotto il profilo del principio
di  eguaglianza,  non potendo considerarsi omogenee le situazioni dei
contribuenti  che  abbiano  spontaneamente  riconosciuto  l'esistenza
dell'obbligo  tributario  rispetto  a  quelle di coloro che invece lo
abbiano contestato, sulla base di una norma che sembra porre a carico
dell'ente  concedente  un  onere  probatorio  particolarmente gravoso
(quale e' quello di dimostrare l'effettivo svolgimento, nell'anno, di
attivita' di ricerca e raccolta di tartufi).
    Deve  infine  escludersi  che  risulti  in  concreto  violato  un
principio generale del sistema tributario, quale sarebbe - secondo la
prospettazione  del  ricorrente  -  quello della irrinunciabilita' al
credito  tributario. Il senso della norma impugnata, per quanto si e'
sin  qui  osservato,  non  e'  infatti  quello  di  una generalizzata
rinuncia a crediti gia' maturati, dovendo, invece, ritenersi limitato
alla  cessazione,  per  le  ragioni gia' viste, di un contenzioso, in
atto  o  potenziale,  relativo  ad  un tributo ormai soppresso, salvi
restando  gli  effetti non solo dei pagamenti gia' eseguiti, ma anche
di eventuali accertamenti divenuti definitivi in quanto non opposti.