ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 11, commi 1,
primo  ed  ultimo periodo, 2, 3, 4, 7, 10 e 14, ultimo periodo, della
legge  28 dicembre  2001,  n. 448 (Disposizioni per la formazione del
bilancio  annuale  e  pluriennale dello Stato), dell'art. 7, comma 1,
lettera   aa),   punto   2,   della   legge  1° agosto  2002,  n. 166
(Disposizioni  in  materia  di  infrastrutture  e  trasporti) e degli
artt. 4,  comma 1, lettera g), e 10, comma 3, lettera e), del decreto
legislativo  17 maggio 1999, n. 153 (Disciplina civilistica e fiscale
degli  enti  conferenti  di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto
legislativo  20 novembre  1990,  n. 356,  e  disciplina fiscale delle
operazioni  di  ristrutturazione  bancaria,  a  norma dell'articolo 1
della   legge  23 dicembre  1998,  n. 461),  promossi  dal  Tribunale
amministrativo  regionale  del Lazio con 10 ordinanze dell'8 febbraio
2003,  rispettivamente  iscritte ai nn. 119, 120, 121, 122, 123, 124,
125,  126,  127  e 128 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 10,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2003.
    Visti  gli  atti di costituzione della Compagnia di San Paolo, di
Ristuccia  Sergio, dell'ADUSBEF, della Fondazione Monte dei Paschi di
Siena,  della Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, della Fondazione
Cassa  di  Risparmio  di Udine e Pordenone, della Fondazione Cassa di
Risparmio  di Venezia, della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia
e  Pescia,  dell'Ente Cassa di Risparmio di Firenze, della Fondazione
Cassa di Risparmio di Reggio Emilia Pietro Manodori, della Fondazione
Cassa di Risparmio in Bologna, della Fondazione Cassa di Risparmio di
La  Spezia, della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, della
Fondazione  Cassa  di Risparmio di Spoleto, della Fondazione Cassa di
Risparmio  di  Orvieto e della Associazione fra le Casse di Risparmio
Italiane   (ACRI)  ed  altre  nonche'  gli  atti  di  intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 3 giugno 2003 il giudice relatore
Annibale Marini;
    Uditi  gli  avvocati  Angelo  Clarizia  e  Antonio Carullo per la
Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, Angelo Benessia, Natalino Irti
e Mario Sanino per la Compagnia di San Paolo, Sergio Ristuccia per se
medesimo,  Massimo  Cerniglia  per l'ADUSBEF, Pietro Rescigno e Luisa
Torchia  per  la  Fondazione  Monte  dei  Paschi  di Siena, Francesco
Carbonetti  per  la Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia e per la
Fondazione   Cassa   di  Risparmio  di  Pistoia  e  Pescia,  Giuseppe
Morbidelli   per  l'Ente  Cassa  di  Risparmio  di  Firenze,  per  la
Fondazione  Cassa  di Risparmio di Reggio Emilia Pietro Manodori, per
la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e per la Fondazione Cassa
di  Risparmio di La Spezia, Giovanni Gabrielli, Andrea Guarino, Paolo
Vitucci, Giuseppe Morbidelli, Pietro Schlesinger e Beniamino Caravita
di  Toritto  per  l'Associazione  fra  le Casse di Risparmio Italiane
(ACRI)  e gli avvocati dello Stato Franco Favara e Giacomo Aiello per
il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Il  Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con nove
ordinanze  di  contenuto  in  parte  analogo, depositate l'8 febbraio
2003,  ha  sollevato diverse questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 11  della  legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per
la  formazione  del  bilancio  annuale  e  pluriennale dello Stato) e
dell'art. 7,  comma 1,  lettera  aa),  punto 2, della legge 1° agosto
2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti).
    Otto  dei  giudizi  a  quibus  hanno  ad  oggetto  la  domanda di
annullamento   del   decreto   ministeriale   2 agosto  2002,  n. 217
(Regolamento   ai   sensi  dell'articolo 11,  comma 14,  della  legge
28 dicembre  2001,  n. 448, in materia di disciplina delle fondazioni
bancarie), e della nota prot. n. 14572 inviata il 23 ottobre 2002 dal
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  (Documento programmatico
previsionale),  mentre  uno  ha ad oggetto la domanda di annullamento
della  circolare  28 marzo  2002  del  Direttore Generale del Tesoro,
recante «Ordinaria amministrazione».
    Le  questioni  sollevate  dal Tribunale amministrativo rimettente
possono essere cosi' sinteticamente enunciate.
        A) Una prima questione di legittimita' costituzionale, comune
a  tutte  le  ordinanze  di  rimessione, riguarda l'art. 11, commi 1,
primo  periodo,  2  e  3,  della  legge  n. 448  del 2001 e l'art. 7,
comma 1,  lettera  aa),  punto  2,  della  legge n. 166 del 2002 (che
modifica  l'art. 37-bis  della  legge  11 febbraio  1994, n. 109), in
riferimento  agli  artt. 2, 3, 18, 41, 117 e 118, quarto comma, della
Costituzione.
    I  commi 1 e 2 del citato art. 11, modificando l'art. 1, comma 1,
del   decreto   legislativo   17 maggio   1999,   n. 153  (Disciplina
civilistica  e  fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo 11,
comma 1,   del   decreto  legislativo  20 novembre  1990,  n. 356,  e
disciplina  fiscale  delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a
norma   dell'articolo 1   della   legge  23 dicembre  1998,  n. 461),
contengono una elencazione di «settori ammessi», suddivisi in quattro
categorie,  ed  introducono una nuova nozione di «settori rilevanti»,
consistenti  in quelli scelti - tra gli ammessi - ogni tre anni dalle
singole  fondazioni  in  numero non superiore a tre. Il comma 3 dello
stesso   art. 11,   sostituendo   l'art. 2,   comma 2,   del  decreto
legislativo n. 153 del 1999, prevede che le fondazioni indirizzino la
loro attivita' esclusivamente nei «settori ammessi» e operino, in via
prevalente,  nei «settori rilevanti». L'art. 7 della legge n. 166 del
2002, modificando l'art. 37-bis della legge n. 109 del 1994, aggiunge
ai  «settori  ammessi» individuati dall'art. 11, comma 1, della legge
n. 448  del  2001,  quello  costituito  dalla realizzazione di lavori
pubblici o di pubblica utilita'.
    Ritiene il rimettente che le modifiche cosi' apportate al decreto
legislativo  n. 153  del  1999  siano  incompatibili  con  la «piena»
autonomia,  statutaria  e  gestionale,  riconosciuta  alle fondazioni
bancarie dall'art. 2, comma 1, del medesimo decreto legislativo; cio'
in   quanto,  da  un  lato,  precludono  alle  stesse  fondazioni  la
possibilita'  di  operare  anche in settori di attivita', liberamente
scelti,  diversi  da  quelli  indicati  dal  legislatore, dall'altro,
impongono  ad  esse  di  individuare  i settori rilevanti, tra quelli
indicati  dal  legislatore,  in  numero  non superiore a tre, pur non
ravvisandosi   alcun   interesse   collettivo  che  giustifichi  tale
limitazione numerica. Se a cio' si aggiunge l'obbligo, imposto ancora
alle  fondazioni bancarie dal comma 3, di assicurare «singolarmente e
nel loro insieme, l'equilibrata destinazione delle risorse» e di dare
preferenza  «ai  settori  a maggiore rilevanza sociale», risulterebbe
chiaro  - ad avviso ancora del rimettente - l'intento del legislatore
di creare un'interdipendenza fra i soggetti in parola e di attribuire
ad  essi  una  funzione  servente dell'organizzazione pubblica, tanto
piu'  che  alcuni dei settori ammessi - e segnatamente la prevenzione
della criminalita' e sicurezza pubblica, l'edilizia popolare locale e
la  sicurezza  alimentare  e agricoltura di qualita' - rientrerebbero
nell'ambito dei compiti tipicamente appartenenti ai pubblici poteri.
    Le  norme  impugnate  si  porrebbero,  in  tal modo, in contrasto
innanzitutto  con  l'art. 3  Cost.,  sotto  il profilo del difetto di
ragionevolezza,  sia  per  la  loro  incompatibilita' con la norma di
principio   contenuta   nel   citato  art. 2,  comma 1,  del  decreto
legislativo  n. 153  del  1999, sia per lo stravolgimento che da esse
deriverebbe   alla   stessa   nozione   ed   al   nucleo   essenziale
dell'autonomia  privata.  Sarebbero,  sotto altro aspetto, lesive del
diritto  di  associazione dei cittadini e dei diritti dell'uomo nelle
formazioni    sociali   ammesse   dall'ordinamento,   rispettivamente
garantiti  dagli  artt. 18  e 2 Cost., nonche' dell'autonomia privata
tutelata dall'art. 41 della Costituzione.
    Le  medesime  norme contrasterebbero, poi, con l'art. 118, quarto
comma,  Cost.,  comportando  una  pervasivita'  dei  pubblici  poteri
incompatibile  con  il  principio  di  sussidiarieta' sancito da tale
norma,  nonche'  con  l'art. 117  Cost., in quanto alcuni dei settori
indicati   dall'art. 11,   comma 1,   della  legge  n. 448  del  2001
rientrerebbero  tra  le  materie  assegnate alla potesta' legislativa
concorrente o esclusiva delle Regioni.
        B) Una  seconda questione - sollevata nei giudizi iscritti ai
nn. 119,  123,  124,  125,  126  e  127 del registro ordinanze 2003 -
riguarda  l'art. 11,  comma 1,  ultimo  periodo,  della  citata legge
n. 448   del   2001,   in  riferimento  agli  artt. 70  e  117  della
Costituzione.
    La  norma  impugnata  attribuisce  all'Autorita'  di vigilanza il
potere  di modificare i settori ammessi con regolamento da emanare ai
sensi  dell'art. 17,  comma 3,  della  legge  23 agosto  1988, n. 400
(Disciplina  dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza
del Consiglio dei ministri).
    Ritiene il rimettente che tale previsione contrasti con l'art. 70
Cost.   -   che  riserva  al  Parlamento  l'attivita'  legislativa  -
comportando  una  delegificazione  ad  opera  di una fonte secondaria
diversa  dai regolamenti cosiddetti di delegificazione, espressamente
contemplati  dall'art. 17,  comma 2,  della  legge  n. 400  del 1988.
L'attribuzione  di  un  siffatto  potere  regolamentare all'autorita'
ministeriale  potrebbe,  d'altro  canto, porsi in contrasto anche con
l'art. 117  Cost. per le medesime ragioni esaminate con riguardo alla
questione di legittimita' costituzionale esaminata sub A).
        C) Con le ordinanze iscritte ai nn. 120, 121, 122, 125, 126 e
127  del  registro  ordinanze  2003 viene sollevata, sotto un duplice
profilo,  in  riferimento  agli  artt. 2,  3,  18, 22, 41, 117 e 118,
quarto   comma,   Cost.,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 11,  comma 4,  della legge n. 448 del 2001, che sostituisce
l'art. 4,  comma 1,  lettera c),  del  decreto legislativo n. 153 del
1999.
    La  norma impugnata contrasterebbe, innanzitutto, con gli evocati
parametri  costituzionali  -  ancora  una volta per la non consentita
compressione   dell'autonomia,   statutaria   e   gestionale,   delle
fondazioni  bancarie  - nella parte in cui prevede, per le fondazioni
cosiddette    istituzionali,    una    «prevalente»   rappresentanza,
nell'ambito  dell'organo di indirizzo, degli enti diversi dallo Stato
di cui all'art. 114 Cost., essendo evidente - secondo il rimettente -
come  tale  previsione  sia  suscettibile  di  influenzare in maniera
decisiva l'operativita' della fondazione.
    L'ultimo    periodo    della   medesima   norma,   esonerando   i
rappresentanti  dei suddetti enti dalla regola ivi dettata in tema di
conflitto  di  interessi,  violerebbe poi l'art. 3 Cost. sia sotto il
profilo  della  intrinseca irrazionalita' della disposizione, sia per
l'ingiustificata   disparita'  di  trattamento  rispetto  agli  altri
componenti dell'organo collegiale.
        D) Con  le ordinanze iscritte ai nn. 120, 121, 124, 125 e 127
del  registro  ordinanze  2003  viene  sollevata, in riferimento agli
artt. 2,  18  e  22  Cost.,  questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 11, comma 7, della legge n. 448 del 2001, che ha sostituito
il comma 3 dell'art. 4 del decreto legislativo n. 153 del 1999.
    Il rimettente da' preliminarmente atto che il comma 3 dell'art. 4
del   decreto   legislativo  n. 153  del  1999  e'  stato  nuovamente
sostituito    dall'art. 80,   comma 20,   lettera a),   della   legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato),  ma  la  questione resterebbe
ciononostante  rilevante  in  quanto la disposizione legislativa, poi
abrogata,  e'  stata  comunque  trasfusa  nella  norma  regolamentare
impugnata nei giudizi a quibus.
    Le  censure  riguardano  la  norma  impugnata  nella parte in cui
stabilisce   un   regime  di  incompatibilita'  tra  le  funzioni  di
indirizzo,   amministrazione,   direzione   o   controllo  presso  le
fondazioni  e  le  analoghe  funzioni svolte non solo presso la banca
conferitaria  -  il  che, ad avviso del rimettente, sarebbe del tutto
ragionevole  -  ma  anche  presso altre societa' operanti nel settore
bancario, finanziario o assicurativo.
    Ritiene, infatti, il Tribunale amministrativo, da un lato, che la
finalita'  perseguita  dalla  cosiddetta  riforma  Ciampi  fosse solo
quella  di  recidere  i  legami tra la fondazione bancaria e la banca
conferitaria,    cosicche'    l'ampliamento    delle    ipotesi    di
incompatibilita'  risulterebbe  privo di giustificazione; dall'altro,
che l'intento di evitare interferenze pregiudizievoli avrebbe potuto,
comunque, essere perseguito applicando le ordinarie regole in tema di
conflitto di interessi.
    La  disposizione  censurata si porrebbe, quindi, in contrasto con
gli  artt. 2  e 22 Cost., per l'asserita eccessiva compressione della
capacita'  delle persone, nonche' con l'art. 18 Cost., per la lesione
che  apporterebbe  all'autonomia  delle persone giuridiche private di
cui si tratta.
        E) Con  le ordinanze iscritte ai nn. 121, 124, 125, 126 e 127
del  registro  ordinanze  2003  viene  sollevata, in riferimento agli
artt. 2,  3,  18 e 41 Cost., questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 11,  comma 10, della legge n. 448 del 2001, che aggiunge il
comma 5-bis all'art. 6 del decreto legislativo n. 153 del 1999.
    Dispone   la   norma   impugnata,  in  relazione  ai  divieti  di
partecipazioni  di  controllo  di  cui  all'art. 6 del citato decreto
legislativo  n. 153 del 1999, che «una societa' bancaria o capogruppo
bancario  si  considera controllata da una fondazione anche quando il
controllo  e'  riconducibile,  direttamente  o indirettamente, a piu'
fondazioni, in qualunque modo o comunque sia esso determinato».
    La   disposizione   sarebbe   -   ad   avviso  del  rimettente  -
irragionevole  e  lesiva  dell'autonomia, statutaria e gestionale, di
persone  giuridiche  di diritto privato, in quanto farebbe discendere
l'applicazione  degli anzidetti divieti dalla sussistenza di una mera
situazione  di fatto, determinata dalla appartenenza al settore delle
fondazioni  bancarie,  anche  a prescindere dalla prova di un accordo
fra  i soggetti coinvolti e dalla verifica della intrinseca idoneita'
del  mezzo  utilizzato  per  il  raggiungimento  dello  scopo  che il
legislatore intende scongiurare.
        F) L'ultima  questione  di  legittimita' costituzionale viene
sollevata,  in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 41, 117 e 118, quarto
comma, Cost., nelle ordinanze iscritte ai nn. 120, 121, 122, 123, 124
e  127  del  registro ordinanze 2003, riguardo all'art. 11, comma 14,
ultimo  periodo,  della legge n. 448 del 2001, che, in relazione alla
fase  di adeguamento degli statuti delle fondazioni alle disposizioni
contenute  nel  nuovo  testo  legislativo,  prevede,  tra l'altro, la
decadenza  degli  organi  delle  fondazioni  in  carica  alla data di
entrata  in vigore del regolamento attuativo ed il divieto, fino alla
loro   ricostituzione,   di   compiere   atti  eccedenti  l'ordinaria
amministrazione.
    Secondo  il  rimettente l'illegittimita' di tale norma sarebbe in
buona   sostanza  consequenziale  alla  asserita  incostituzionalita'
dell'assetto delineato dall'intero art. 11.
    1.1. - Si  sono  costituite  nei  diversi  giudizi,  con distinte
memorie,  le seguenti parti private: la Fondazione Cassa di Risparmio
di  Venezia  (Reg. ord. n. 120 del 2003), la Compagnia di San Paolo e
l'avv.  Sergio  Ristuccia,  nella  qualita'  di  membro del Consiglio
generale  della  Compagnia  di San Paolo (Reg. ord. n. 121 del 2003),
l'Associazione  fra le Casse di Risparmio Italiane (ACRI), unitamente
a  numero 62 fondazioni, e l'Ente Cassa di Risparmio di Firenze (Reg.
ord. n. 122 del 2003), la Fondazione Cassa di Risparmio di Roma (Reg.
ord.  nn. 122  e  125  del  2003),  l'ADUSBEF - Associazione utenti e
consumatori  (Reg.  ord.  n. 123  del  2003), la Fondazione Monte dei
Paschi  di  Siena  (Reg. ord. n. 124 del 2003), l'Associazione fra le
Casse di Risparmio Italiane (ACRI), unitamente a numero 78 fondazioni
(Reg.  ord.  n. 127  del  2003), tutte concludendo per l'accoglimento
delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate nei relativi
giudizi  dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sulla base
di  argomentazioni,  diffusamente  sviluppate, volte principalmente a
dimostrare  l'incompatibilita'  della  disciplina  denunciata  con la
ormai acquisita natura privatistica delle fondazioni bancarie.
    Quali   ulteriori   profili   di   irragionevolezza  delle  norme
denunciate,  oltre  a  quelli gia' prospettati dal rimettente, alcune
delle parti costituite evidenziano la mancata distinzione - quanto al
regime  delle  incompatibilita'  personali  -  tra  le fondazioni che
ancora  mantengono  il  possesso di partecipazioni di controllo nella
banca  conferitaria  e  le  fondazioni  che tali partecipazioni hanno
dismesso, nonche' la considerazione che un regime di incompatibilita'
quale  quello  delineato dalle norme impugnate di fatto precluderebbe
alle  stesse  fondazioni  di  avvalersi  dell'apporto di personalita'
dotate  di  specifica qualificazione professionale, proprio in quanto
appartenenti al mondo bancario o finanziario.
    La sola Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia sollecita in via
principale,  relativamente  al  comma 14 dell'art. 11 della legge 448
del 2001, una pronuncia interpretativa mediante la quale si chiarisca
che  la  decadenza  degli  organi  attuali  delle fondazioni consegue
soltanto   alla  concreta  necessita'  di  apportare  modifiche  allo
statuto, in tema di composizione degli organi.
    1.2. - E'  intervenuto  in  tutti  i  giudizi  il  Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale   dello   Stato,   concludendo   per   la   declaratoria  di
inammissibilita' o infondatezza delle questioni.
    Preliminarmente,  l'Avvocatura  eccepisce  la inammissibilita' di
tutte  le  questioni,  per  il difetto di legittimazione attiva delle
fondazioni  e dell'ACRI rispetto alle controversie introdotte dinanzi
al  giudice  amministrativo; legittimazione che il rimettente avrebbe
apoditticamente affermato senza adeguata motivazione.
    Ancora   in   via   preliminare,   la   parte   pubblica   deduce
l'inammissibilita',   per   difetto  di  rilevanza,  della  questione
riguardante  l'art. 11,  comma 1,  ultimo periodo, della legge n. 448
del  2001 - secondo cui i «settori ammessi» possono essere modificati
dall'Autorita'   di   vigilanza  con  regolamento  emanato  ai  sensi
dell'art. 17,  comma 3,  della  legge  n. 400  del 1988 - non essendo
sinora   intervenuta   alcuna  modifica  regolamentare  dei  suddetti
settori.
    Ulteriore   eccezione   di   inammissibilita',   per  difetto  di
rilevanza,   viene   sollevata   riguardo   alla  questione  relativa
all'art. 11,  comma 7,  della  legge  n. 448 del 2001, trattandosi di
norma  completamente  sostituita  dall'art. 80, comma 20, lettera a),
della legge n. 289 del 2002.
    Del  pari  inammissibile  sarebbe,  poi,  la  questione  relativa
all'art. 11,  comma 10, della legge n. 448 del 2001 in quanto fondata
su  un erroneo presupposto interpretativo: la norma - diversamente da
quanto  il  rimettente  assume  -  non  disporrebbe,  infatti, alcuna
presunzione   di   controllo,  ma  presupporrebbe  che  il  controllo
congiunto da parte di piu' fondazioni sia in concreto accertato.
    Anche  la  questione riguardante l'art. 11, comma 14, della legge
n. 448   del   2001   sarebbe,  infine,  inammissibile  per  l'omessa
prospettazione    di    specifiche    ragioni    di    illegittimita'
costituzionale.
    Nel  merito,  l'Avvocatura  muove  dalla  premessa  che la natura
pubblicistica  delle Casse di risparmio e dei Monti di Pieta' sarebbe
stata,  in  passato, pacifica e che solo con la legge n. 461 del 1998
il  legislatore  avrebbe,  per  la  prima  volta,  attribuito loro la
personalita'  giuridica  di  diritto  privato. Nessuna preclusione di
carattere    costituzionale    sussisterebbe,    pertanto,   ad   una
riconsiderazione,  da  parte  dello  stesso  legislatore,  del regime
giuridico  delle  fondazioni  bancarie, il cui patrimonio non sarebbe
del  resto  riconducibile  ad  un «fondatore» privato, ma deriverebbe
esclusivamente,   a   seguito   di   trasformazione,  da  quello  dei
preesistenti enti pubblici.
    Da   tali   considerazioni   discenderebbe  l'infondatezza  delle
questioni  sollevate,  in  quanto  basate  tutte  su una petizione di
principio:  che,  cioe',  l'art. 2,  comma 1, del decreto legislativo
n. 153  del  1999  -  attributivo  della piena autonomia gestionale e
statutaria  delle  fondazioni bancarie - sia norma «piu' forte» delle
disposizioni  legislative  sopravvenute,  sottoposte  allo  scrutinio
della   Corte,   con   le   quali   il   legislatore  ha,  nella  sua
discrezionalita',  individuato  un  nuovo  punto  di  equilibrio  tra
autonomia  delle  fondazioni  ed esigenze di responsabilizzazione nei
confronti delle collettivita' locali di appartenenza.
    Quanto  ai  singoli  parametri  costituzionali  evocati,  osserva
innanzitutto  l'Avvocatura  che  l'art. 118,  quarto comma, Cost. non
pone   un  limite  preclusivo  ai  legislatori  ordinari,  statale  e
regionali,  ma  si  limita  ad  indicare  loro  un orientamento, «con
linguaggio  a ridotta cogenza», cosicche' in nessun caso il parametro
in questione potrebbe essere utilizzato ai fini della declaratoria di
illegittimita'   invocata   dal  rimettente.  Lo  scopo  della  norma
costituzionale,   d'altro  canto,  non  sarebbe  certo  -  ad  avviso
dell'Avvocatura  -  quello  di  introdurre  un  ulteriore  ordine  di
autonomie,  costituzionalmente garantito, «in aggiunta alle autonomie
governate dalla sovranita' popolare ed alle autonomie dei privati».
    Del  pari,  non pertinente sarebbe il riferimento al parametro di
cui all'art. 18 della Costituzione.
    Il  diritto  di associazione sarebbe, infatti, del tutto estraneo
alla  materia  controversa,  sia  perche'  la garanzia costituzionale
offerta   dal   citato   art. 18   non  parrebbe  estendersi  fino  a
ricomprendere  il  diritto  di  costituire fondazioni o altre persone
giuridiche, sia perche', in ogni caso, le odierne fondazioni bancarie
sono state costituite dalla legge e non da cittadini-fondatori.
    Le  fondazioni cosiddette di origine associativa, attualmente, si
caratterizzerebbero del resto solo per la presenza dell'assemblea dei
soci,  senza  altre  differenze  sostanziali rispetto alle fondazioni
cosiddette  istituzionali,  prevalendo  in entrambi i casi l'elemento
istituzionale  e  cioe'  la  presenza  di  un  fondo  di  dotazione a
composizione non associativa.
    Assume,  poi,  l'Avvocatura l'estraneita' dell'art. 41 Cost. alla
materia  di  cui  si  tratta,  in  quanto  il  parametro  evocato non
tutelerebbe   qualsiasi   manifestazione  di  autonomia  privata,  ma
soltanto  l'iniziativa economica e cioe' l'attivita' imprenditoriale,
per   definizione   non  riferibile  alle  fondazioni,  espressamente
qualificate dalla legge come enti non commerciali.
    Frutto di equivoco sarebbe, altresi', il riferimento al parametro
di cui all'art. 117 della Costituzione.
    Le   disposizioni   censurate  riguardano  infatti  -  ad  avviso
dell'Avvocatura  - il regime delle fondazioni e non la disciplina dei
settori   nei  quali  esse  possono  operare,  che  e'  evidentemente
lasciata,   nelle  materie  di  loro  competenza,  alle  Regioni.  La
disciplina  delle  fondazioni  si  collocherebbe, dunque, nell'ambito
dell'ordinamento   civile,  attribuito  alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera l), della
Costituzione.
    Dovrebbe,  d'altra  parte,  senz'altro  escludersi  che  le norme
denunciate  rientrino  nella materia delle «casse di risparmio, casse
rurali, aziende di credito a carattere regionale», compresa, ai sensi
dell'art. 117,   terzo  comma,  Cost.,  tra  quelle  di  legislazione
concorrente.  Cio'  sia  perche'  le  fondazioni  bancarie  sarebbero
entita'   ormai   nettamente   separate   dalle  casse  di  risparmio
conferitarie, sia perche' le aziende di credito, di cui le fondazioni
sono divenute socie, avrebbero ormai tutte dimensione ultraregionale.
    Non  pertinente  alla  materia  sarebbe anche il parametro di cui
all'art. 22  Cost., evocato relativamente ai commi 4, ultimo periodo,
e  7  dell'art. 11  della  legge n. 448 del 2001. E cio' in quanto le
norme   impugnate   -   ad   avviso   ancora  dell'Avvocatura  -  non
riguarderebbero  la capacita' delle persone ed in ogni caso le regole
che  le  norme  medesime  dettano  al  fine di prevenire conflitti di
interesse   non   sarebbero   all'evidenza   determinate  da  «motivi
politici».
    Quanto,  infine,  al  parametro  di cui all'art. 3 Cost., evocato
sotto  il  profilo  della ragionevolezza, l'Avvocatura sottolinea che
l'art. 2,  comma 1,  del decreto legislativo n. 153 del 1999 - che il
rimettente  di  fatto  eleva al rango di norma di principio, rispetto
alla  quale  andrebbe valutata la coerenza delle norme censurate - va
letto  unitamente  all'art. 5 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63
(Disposizioni   finanziarie   e   fiscali   urgenti   in  materia  di
riscossione,  razionalizzazione  del  sistema di formazione del costo
dei  prodotti  farmaceutici,  adempimenti  ed adeguamenti comunitari,
cartolarizzazioni,  valorizzazione  del  patrimonio  e  finanziamento
delle  infrastrutture), come modificato dalla legge di conversione 15
giugno 2002, n. 112, che tra l'altro prevede che «le norme del codice
civile si applicano alle fondazioni bancarie solo in via residuale ed
in  quanto  compatibili».  Ed  alla  luce  di  tale  disposizione  il
prospettato    difetto   di   ragionevolezza   perderebbe   qualsiasi
consistenza.
    2. - Il  medesimo  Tribunale amministrativo, con altra ordinanza,
anch'essa  depositata  l'8 febbraio 2003 (Reg. ord. n. 128 del 2003),
ha  nuovamente  sollevato  - a seguito dell'ordinanza di questa Corte
n. 432  del  2002,  di  restituzione  atti  per jus superveniens - la
questione  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 4, comma 1,
lettera g), e 10, comma 3, lettera e), del decreto legislativo n. 153
del  1999,  in  riferimento  agli  artt. 2,  3,  18,  41  e  76 della
Costituzione.
    Il  giudice  rimettente - dinanzi al quale e' proposta domanda di
annullamento  dell'Atto  di  indirizzo  del  Ministro del tesoro, del
bilancio  e  della  programmazione economica del 22 maggio 2001 e dei
successivi  atti  applicativi -  ripercorrendo  l'iter  argomentativo
seguito  nella  precedente ordinanza di rimessione, ribadisce che gli
atti  impugnati sono stati emessi dal Ministro nell'ambito dei poteri
attribuitigli   dall'ordinamento,   in   particolare  dagli  artt. 4,
comma 1,   lettera g),   e   10,  comma 3,  lettera e),  del  decreto
legislativo  n. 153 del 1999, ma ritiene che tali norme si pongano in
contrasto con i parametri costituzionali evocati.
    Il   giudice   a   quo  muove,  anche  in  tal  caso,  dall'esame
dell'art. 2,  lettera l), della legge delega 23 dicembre 1998, n. 461
(Delega  al  Governo  per  il riordino della disciplina civilistica e
fiscale  degli  enti conferenti, di cui all'articolo 11, comma 1, del
decreto  legislativo  20 novembre  1990,  n. 356,  e della disciplina
fiscale  delle  operazioni di ristrutturazione bancaria), secondo cui
le fondazioni bancarie, con l'approvazione delle modifiche statutarie
necessarie  per  l'adeguamento alle disposizioni dettate dai previsti
decreti  legislativi, «diventano persone giuridiche private con piena
autonomia  statutaria  e  gestionale»  ed assume che la ratio di tale
disposizione  sia quella di «privilegiare l'appartenenza, quanto meno
morale,  del  patrimonio accumulato nel corso di decenni dalle banche
pubbliche  alla  collettivita'  dei  depositanti  risparmiatori e dei
beneficiari del credito».
    Osserva,  poi,  il  rimettente  che  lo stesso art. 2 della legge
n. 461  del  1998  fissa  i  principi  e  criteri  direttivi  cui  il
legislatore  delegato  deve  attenersi  nel  disciplinare  gli scopi,
l'organizzazione  interna  e  le  forme di controllo sulle fondazioni
bancarie,  con  il risultato di prevedere un regime peculiare, che si
discosta  da  quello  codicistico  ed  e'  percio' «speciale», ma non
quanto  alla  natura  di  tali  soggetti - quasi fossero una sorta di
tertium  genus tra le persone giuridiche pubbliche e quelle private -
ma semplicemente quanto alla disciplina cui essi sono sottoposti.
    Tale  prospettiva non sarebbe cambiata - ad avviso del rimettente
-  neppure  con  il  sopravvenuto  art. 5 del decreto-legge 15 aprile
2002,   n. 63,   come   modificato   dalla  legge  di  conversione 15
giugno 2002,  n. 112, che anzi, dal punto di vista testuale, conferma
la   natura   privatistica  del  regime  delle  fondazioni  bancarie,
definendo  tale  regime  come «speciale rispetto a quello delle altre
fondazioni» solamente quanto alla disciplina prevista dalla normativa
vigente in ragione delle finalita' assegnate a dette fondazioni.
    La  ratio  della  norma  sarebbe  stata  del resto solo quella di
chiarire   -   in  relazione  alla  decisione  della  Commissione  CE
dell'11 dicembre 2001, con la quale era stata giudicata incompatibile
con la disciplina comunitaria la previsione, di cui alla legge n. 461
del  1998  ed  al  decreto  legislativo n. 153 del 1999, di un regime
fiscale agevolato per le ristrutturazioni e per le fusioni tra banche
-  che l'analogo regime introdotto per le fondazioni bancarie non era
suscettibile  di  produrre  effetti turbativi del mercato non essendo
tali fondazioni destinate a svolgere attivita' di impresa.
    Positivamente   concluso,  in  tali  termini,  il  riesame  della
rilevanza  della  questione cui era stato chiamato dalla ordinanza di
questa  Corte  n. 432  del  2002,  il  rimettente ribadisce che, alla
stregua  del  panorama  normativo esaminato, «il riconoscimento della
"piena  autonomia  statutaria e gestionale" delle fondazioni bancarie
assume  il valore di un principio guida sia per l'interpretazione che
per  la  valutazione di legittimita', sub specie della compatibilita'
con  esso,  delle  disposizioni successivamente enunciate dal decreto
legislativo  n. 153  del  1999,  pur dopo le modificazioni introdotte
dall'art. 11 della legge n. 448 del 2001».
    Fatta  tale premessa, osserva che l'art. 2 della legge n. 461 del
1998  assegna la materia della composizione degli organi, delle cause
di  incompatibilita'  e  dei  requisiti di onorabilita' all'esclusiva
disciplina   statutaria,   con   l'unica   eccezione   specificamente
contemplata alla lettera h).
    Il  decreto  legislativo  n. 153 del 1999 riafferma solennemente,
all'art. 2,  la  piena  autonomia statutaria delle fondazioni, ma nel
successivo   art. 3   (recte:  art. 4,  lettera g),  nell'elencare  i
principi  ai  quali  gli  statuti  devono  conformarsi  nel  definire
l'assetto  organizzativo  delle  fondazioni,  quanto  ai requisiti di
onorabilita'  ed  alle  ipotesi di incompatibilita', pur riproducendo
sostanzialmente  la dizione contenuta nella legge di delega, aggiunge
l'inciso  «nel  rispetto  degli  indirizzi  generali fissati ai sensi
dell'articolo 10, comma 3, lettera e)».
    Proprio  in tale previsione si sostanzierebbe, secondo il giudice
a  quo,  la  violazione dell'art. 76 Cost. per contrasto con l'art. 2
della legge delega.
    Siffatto  potere  di  indirizzo  non  troverebbe,  infatti, alcun
riscontro  nelle norme della legge delega ne' potrebbe ricavarsi, per
implicito,   dai   compiti   di   controllo  riservati  all'Autorita'
amministrativa,  in  quanto  i  poteri  dell'Autorita'  di vigilanza,
espressamente e tassativamente elencati all'art. 2, lettera i), della
legge  delega,  sono  comunque  preordinati a verificare «il rispetto
della  legge  e  dello  statuto,  la  sana  e  prudente  gestione, la
redditivita'  del  patrimonio  e  l'effettiva  tutela degli interessi
contemplati  negli  statuti»; cosicche' gli unici parametri normativi
cui  l'Autorita'  puo'  fare  riferimento  nell'eseguire il riscontro
affidatole  dall'ordinamento  sarebbero,  appunto,  costituiti  dalla
legge  e  dallo  statuto,  con  implicita  esclusione  del  potere di
introdurre, con proprio atto, ulteriori prescrizioni vincolanti per i
soggetti    sottoposti   al   controllo,   operanti   su   un   piano
dichiaratamente privatistico.
    Una indiretta conferma di tali conclusioni verrebbe dall'art. 11,
comma 14,  della  successiva  legge  28 dicembre  2001,  n. 448,  che
attribuisce   all'Autorita'   di   vigilanza  il  potere  di  emanare
disposizioni  attuative  delle - sole - norme introdotte dallo stesso
articolo,  cosi' implicitamente escludendo l'esistenza di un generale
potere normativo della stessa Autorita'.
    Ma,  anche  a prescindere da tale argomento, sarebbe in ogni caso
sufficiente  rilevare  -  secondo il giudice a quo - che il potere di
controllo  di  per se' non comporta, quale corollario, l'attribuzione
anche   di   un   potere   di   indirizzo,  trattandosi  di  concetti
ontologicamente diversi.
    L'evidente  discrasia tra il riconoscimento della piena autonomia
statutaria  delle  fondazioni,  contenuto nella legge di delega, e la
configurazione  del  potere di indirizzo di cui alle norme impugnate,
oltre    a   rappresentare   una   violazione   dell'art. 76   Cost.,
costituirebbe,    sotto    altro   aspetto,   elemento   di   interna
contraddizione    della   disciplina   delle   fondazioni   bancarie,
censurabile  in  riferimento  al  canone  di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 della Costituzione.
    Ulteriori  profili  di  illegittimita'  costituzionale sarebbero,
poi,  rinvenibili - ad avviso sempre del rimettente - in relazione ai
parametri di cui agli artt. 2, 18 e 41 della Costituzione.
    L'introduzione  di  un  tale  condizionamento  esterno  di natura
autoritativa  si  porrebbe,  infatti,  in  contrasto  con  la  tutela
dell'autonomia  privata,  che  l'art. 41  Cost. garantisce prevedendo
forme   di   controllo   e   coordinamento   a   soli  fini  sociali.
Risulterebbero,  inoltre, lesi gli artt. 2 e 18 Cost. che tutelano il
diritto  di  associazione  dei cittadini ed i diritti dell'uomo nelle
formazioni sociali ammesse dall'ordinamento.
    2.1. - Si  sono  costituite  in  giudizio,  con distinte ed ampie
memorie,  la  Fondazione  Cassa  di  Risparmio di Roma, la Fondazione
Cassa  di  Risparmio  di  Udine  e  Pordenone, la Fondazione Cassa di
Risparmio  di  Pistoia  e Pescia, la Fondazione Cassa di Risparmio di
Venezia, l'Ente Cassa di Risparmio di Firenze, la Fondazione Cassa di
Risparmio  di  La  Spezia, la Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio
Emilia  Pietro Manodori, la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna,
la  Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, la Fondazione Cassa
di  Risparmio di Orvieto, la Fondazione Cassa di Risparmio di Spoleto
e   l'Associazione   fra  le  Casse  di  Risparmio  Italiane  (ACRI),
quest'ultima unitamente ad altre 41 fondazioni, tutte concludendo per
la   declaratoria   di   illegittimita'  costituzionale  delle  norme
impugnate.
    Si insiste in particolare, negli atti di costituzione, anche alla
stregua   di   argomenti   di   carattere   storico,   sulla   natura
ontologicamente  privatistica delle fondazioni bancarie, in specie di
quelle di origine associativa, che si assume non smentita dalla norma
interpretativa  recata  dalla  legge  n. 112  del  2002,  ed  a  tale
proposito  vengono  richiamati tanto il parere del Consiglio di Stato
n. 1354/2002,   reso   sullo   schema   del   regolamento   ai  sensi
dell'art. 11,  comma 14,  della  legge  n. 448  del  2001,  quanto la
relazione accompagnatoria al disegno di legge delega del 1998.
    Sostengono,  in  buona  sostanza,  le  parti private che la legge
delega  avrebbe  attribuito  all'autorita'  governativa  un potere di
vigilanza  e  non  anche  di indirizzo e che, in ogni caso, il potere
dell'autorita'  governativa  non  potrebbe  giammai  esplicarsi al di
fuori  dei limiti consentiti dal suddetto carattere privatistico, pur
speciale, delle fondazioni bancarie.
    2.2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   concludendo   per  la  declaratoria  di  inammissibilita'  o
infondatezza della questione.
    La  questione  concernente  l'art. 4,  comma 1,  lettera g),  del
decreto   legislativo   n. 153   del   1999   sarebbe   -  ad  avviso
dell'Avvocatura  - inammissibile in quanto detta disposizione sarebbe
stata  confermata  ed  integrata  dall'art. 11,  comma 6, della legge
n. 448  del 2001, non impugnato dal rimettente ne' con l'ordinanza di
cui si tratta, ne' con le altre di cui si e' gia' riferito.
    Nel  merito, la questione sarebbe comunque infondata alla stregua
delle  considerazioni  svolte  nelle  memorie  depositate negli altri
giudizi.
    3. - Nell'imminenza dell'udienza pubblica tanto le numerose parti
private quanto l'Avvocatura dello Stato hanno depositato, nei diversi
giudizi,  ampie  memorie  illustrative  insistendo,  con  dovizia  di
argomentazioni, nelle conclusioni gia' assunte.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con nove
ordinanze  depositate,  in altrettanti giudizi, l'8 febbraio 2003, ha
sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 22, 41, 70, 117 e 118,
quarto  comma,  della  Costituzione  e sotto i profili analiticamente
esposti    in    narrativa,   diverse   questioni   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 11  della  legge  28 dicembre  2001, n. 448
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato),  e  dell'art. 7,  comma 1, lettera aa), punto 2, della
legge   1° agosto   2002,   n. 166   (Disposizioni   in   materia  di
infrastrutture e trasporti).
    Le norme impugnate modificano, in piu' punti, la disciplina delle
fondazioni di origine bancaria (comunemente, anche se impropriamente,
denominate  fondazioni  bancarie)  dettata  dal  decreto  legislativo
17 maggio  1999,  n. 153 (Disciplina civilistica e fiscale degli enti
conferenti  di  cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo
20 novembre  1990,  n. 356,  e disciplina fiscale delle operazioni di
ristrutturazione   bancaria,  a  norma  dell'articolo 1  della  legge
23 dicembre  1998, n. 461), in particolare quanto alla individuazione
dei  «settori  ammessi»,  alla  nuova nozione di «settori rilevanti»,
alla   composizione   dell'organo   di  indirizzo,  al  regime  delle
incompatibilita',   alla   disciplina   della  ipotesi  di  controllo
congiunto di societa' bancaria o capogruppo bancario da parte di piu'
fondazioni,   alla  decadenza  degli  attuali  organi  gestori  delle
fondazioni  e,  fino  alla  ricostituzione  dei  nuovi  organi,  alla
limitazione    dell'attivita'   delle   fondazioni   alla   ordinaria
amministrazione.
    Il   medesimo  Tribunale  amministrativo,  con  altra  ordinanza,
depositata  sempre  l'8 febbraio  2003,  ha  inoltre  riproposto  - a
seguito  di  una  nuova  positiva  valutazione  della  rilevanza - in
riferimento  agli  artt. 2,  3,  18,  41  e  76  Cost.,  questione di
legittimita' costituzionale degli artt. 4, comma 1, lettera g), e 10,
comma 3,  lettera e),  del  decreto  legislativo n. 153 del 1999, che
attribuiscono  all'Autorita' di vigilanza sulle cosiddette fondazioni
bancarie  il  potere  di  emanare  «atti  di  indirizzo  di carattere
generale», aventi efficacia precettiva.
    2. - I  giudizi, avendo ad oggetto questioni identiche o analoghe
o,  comunque, attinenti alla stessa materia, vanno riuniti per essere
unitariamente decisi.
    3. - Deve,    preliminarmente,    respingersi    l'eccezione   di
inammissibilita'  sollevata,  in  termini  generali,  dall'Avvocatura
dello  Stato  sotto  il  profilo  dell'assenza  -  nelle ordinanze di
rimessione  -  di qualsivoglia motivazione sulla legittimazione delle
fondazioni,   dell'ACRI   e   dell'ADUSBEF  a  ricorrere  al  giudice
amministrativo.
    Contrariamente  a  quanto  affermato  dalla  difesa  della  parte
pubblica,   una  motivazione,  pur  sintetica,  della  legittimazione
(attiva)  dei  menzionati  soggetti  e'  contenuta nelle ordinanze di
rimessione, nelle quali si afferma che l'atto impugnato nei giudizi a
quibus  risulta astrattamente lesivo degli interessi delle fondazioni
e,  al  tempo  stesso,  degli  interessi dell'ACRI e dell'ADUSBEF, in
quanto  enti  esponenziali,  rispettivamente,  delle fondazioni e dei
consumatori  ed  utenti  fruitori  dell'attivita' istituzionale delle
fondazioni.
    E  tanto  basta per escludere che questa Corte possa pervenire ad
una   declaratoria   di  inammissibilita'  sovrapponendo  il  proprio
giudizio  a  quello  del  giudice  del  merito, «rimanendo ovviamente
impregiudicata  ogni ulteriore valutazione, da compiersi nel giudizio
a  quo, riguardo all'esattezza delle conclusioni cui il rimettente e'
pervenuto sul punto» (sentenza n. 156 del 2001).
    4. - Va  premesso  che  questa Corte (con sentenza, in pari data,
n. 300) si e' gia' pronunciata, ripercorsa l'origine delle fondazioni
di  origine bancaria, sulla loro natura giuridica di soggetti privati
appartenenti   all'ordinamento   civile   (art. 117,  comma  secondo,
lettera l), della Costituzione).
    Passando  all'esame  delle  singole  questioni,  deve dichiararsi
l'infondatezza  di  quelle  relative  agli  artt. 11,  comma 1, primo
periodo, della legge n. 448 del 2001 e 7, comma 1, lettera aa), punto
2, della legge n. 166 del 2002, che ha modificato l'art. 37-bis della
legge  11 febbraio  1994,  n. 109  (Legge quadro in materia di lavori
pubblici),  sollevate  in  riferimento agli artt. 2, 3, 18, 41, 117 e
118, quarto comma, della Costituzione.
    Le norme impugnate, modificando il decreto legislativo n. 153 del
1999,  contengono,  la  prima, una elencazione dei «settori ammessi»,
suddivisi  in  quattro  categorie, la seconda, l'individuazione di un
ulteriore  «settore  ammesso»,  costituito  dalla  «realizzazione  di
lavori pubblici o di pubblica utilita».
    Al  riguardo deve rilevarsi che le singole previsioni legislative
dei  settori ammessi sono, sostanzialmente, riproduttive, per la loro
ampiezza  e  varieta',  di  tutte  le  possibili  attivita' proprie e
caratteristiche  delle  fondazioni  e non possono, quindi, sotto tale
aspetto,  ritenersi  lesive della autonomia, gestionale e statutaria,
di  tali  enti,  i  quali,  come  del resto ogni persona giuridica di
diritto  privato,  devono essere caratterizzati da «uno scopo» che ne
impronta l'attivita' (v. artt. 16 e 27 del codice civile).
    Per le ragioni appena esposte, e' altresi' infondato il dubbio di
costituzionalita'  sollevato  in  relazione  agli  artt. 2 e 18 della
Costituzione.
    Del  pari  infondata, alla stregua delle medesime considerazioni,
e'  l'evocazione del parametro di cui all'art. 41 della Costituzione.
Infatti,  anche  a  voler  ritenere  la norma costituzionale invocata
comprensiva di quegli enti, come le fondazioni, per definizione privi
di  scopo  di  lucro  (v.  art. 2  del decreto legislativo n. 153 del
1999),  e'  sufficiente osservare che le disposizioni censurate - che
attengono,   per   quanto  si  e'  gia'  osservato,  alla  necessaria
individuazione  dello  «scopo»  della persona giuridica - non sono in
alcun  modo  limitative  della  liberta'  di autodeterminazione delle
stesse fondazioni, nel concreto svolgimento della loro attivita'.
    Quanto  alle  altre  censure  di incostituzionalita', e' evidente
che,  al  di  la' delle parole usate dal legislatore, deve, comunque,
escludersi  il  riconoscimento  alle fondazioni di pubbliche funzioni
(cfr. la gia' citata sentenza n. 300 del 2003).
    Con  la conseguente necessita' di una interpretazione adeguatrice
delle locuzioni descrittive di determinati settori quali, ad esempio,
quello  della «prevenzione della criminalita' e sicurezza pubblica» o
quello   della  «sicurezza  alimentare  e  agricoltura  di  qualita»,
locuzioni,  tutte,  che  possono  e  devono essere interpretate in un
senso  logicamente  compatibile  con  il  carattere non pubblicistico
della  attivita'  delle fondazioni e, quindi, come riferentisi solo a
quelle    attivita',   socialmente   rilevanti,   diverse,   pur   se
complementari e integrative, da quelle demandate ai pubblici poteri.
    Resta,  in  tal  modo,  superato  il  dubbio  di  violazione  del
principio  di sussidiarieta' di cui all'art. 118, quarto comma, Cost.
che,  anzi,  risulta  del  tutto compatibile, oltre che con la natura
privata  delle  fondazioni,  con  il  riconoscimento  che  le  stesse
svolgono compiti di interesse generale.
    Le   disposizioni  censurate  riguardano,  poi,  solo  il  regime
giuridico  delle fondazioni e non la disciplina dei settori nei quali
esse  operano  concretamente,  che  e'  evidentemente lasciata, nelle
materie di loro competenza, alle Regioni.
    Sicche',  deve  escludersi  che,  cosi'  interpretate,  le  norme
impugnate  possano comportare una qualsivoglia lesione della potesta'
legislativa,  concorrente  o  esclusiva,  delle  Regioni  e,  quindi,
dell'art. 117  della  Costituzione  (cfr., ancora, la sentenza n. 300
del 2003).
    5. - Passando  all'esame  della  questione riguardante l'art. 11,
comma 1,  ultimo  periodo della legge n. 448 del 2001 - secondo cui i
«settori   ammessi»   possono  essere  modificati  dall'Autorita'  di
vigilanza  con regolamento da emanare ai sensi dell'art. 17, comma 3,
della  legge  23 agosto  1988,  n. 400  (Disciplina dell'attivita' di
Governo  e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri) -
va,  anzitutto,  respinta  l'eccezione,  avanzata dall'Avvocatura, di
inammissibilita' per difetto di rilevanza.
    Se  e'  pacifico,  infatti,  che  -  come  precisato  dalla parte
pubblica  -  non  e' sinora intervenuta alcuna modifica regolamentare
dei  suddetti  settori,  non  appare,  neppure,  contestabile  che la
disposizione  impugnata  incida  su  un  aspetto  qualificante  della
disciplina  e  possa,  quindi,  risultare lesiva dell'interesse delle
fondazioni e, in quanto tale, rilevante nei giudizi a quibus.
    Nel merito, la questione e' fondata.
    La  norma  impugnata,  accordando  all'Autorita' di vigilanza, il
potere   di  modificare,  con  regolamento,  la  legge  in  qualsiasi
direzione,  per di piu' senza indicazione di criteri, compatibili con
la   natura   privata  delle  fondazioni  e  con  la  loro  autonomia
statutaria,  idonei  a  circoscriverne  la  discrezionalita', viola i
parametri costituzionali evocati dal rimettente.
    6. - L'art. 11 della legge n. 448 del 2001, oltre alla previsione
dei  «settori  ammessi»,  contiene,  al  comma 2,  una modifica della
nozione  di  «settori  rilevanti»,  consistenti  in  quelli - tra gli
ammessi - scelti ogni tre anni dalle singole fondazioni in numero non
superiore a tre.
    Anche  siffatta  disposizione  risulterebbe, sempre ad avviso del
giudice rimettente, lesiva degli stessi parametri evocati a proposito
dei  «settori  ammessi»,  a causa, si afferma, dell'inesistenza di un
interesse  generale  che  possa  in  qualche  modo  giustificare tale
limitazione numerica.
    La censura e' infondata.
    La  ragione  giustificativa  della  norma, diversamente da quanto
ritiene   il   giudice  a  quo,  e'  quella  di  evitare  l'eccessiva
dispersione dell'attivita' delle fondazioni e, quindi, il rischio che
gli  ingenti  mezzi  finanziari  di  cui  le  stesse dispongono siano
utilizzati  secondo  sollecitazioni contingenti, indipendentemente da
una qualsivoglia programmazione pluriennale.
    Ove,  poi,  si  consideri  che  la  concreta  scelta dei «settori
rilevanti»  non  e'  effettuata autoritativamente, ma e' rimessa alla
libera  determinazione  delle  fondazioni  e  si tenga, altresi', nel
debito   conto   la   possibilita'   per   le  stesse -  riconosciuta
indirettamente   dal   successivo  comma 2  dell'art. 2  del  decreto
legislativo n. 153 del 1999, a tenore del quale le fondazioni operano
nei  «settori  rilevanti»  «in  via  [solo] prevalente» - di svolgere
attivita'  anche  in  settori  diversi  da  quelli  «rilevanti», puo'
escludersi,  indipendentemente  da  un  esame  analitico  dei singoli
parametri    evocati    dal    rimettente,    qualsiasi   menomazione
dell'autonomia statutaria e gestionale delle fondazioni incompatibile
con la loro natura di persone giuridiche private.
    7. - Per  le considerazioni esposte va dichiarata infondata anche
la questione relativa al comma 3 dell' art. 11 della legge n. 448 del
2001, sia nella parte in cui dispone che le fondazioni indirizzano la
propria  attivita'  esclusivamente nei «settori ammessi» e operano in
via  prevalente  nei  «settori rilevanti», sia nella parte in cui, in
coerenza  con  la  natura delle fondazioni risultante dall'art. 2 del
decreto   legislativo  n. 153  del  1999,  introduce  quale  criterio
preferenziale nella scelta dei settori quello della rilevanza sociale
dei settori stessi.
    Una   lettura  della  norma  costituzionalmente  adeguata  porta,
altresi',   ad  escludere  la  fondatezza  della  questione  riferita
all'inciso  secondo cui le fondazioni assicurano «singolarmente e nel
loro insieme l'equilibrata destinazione delle risorse».
    Se  ci  si  fermasse al tenore letterale, potrebbe effettivamente
sorgere  il  dubbio che la disposizione impugnata sia destinata, come
opina  il rimettente, a «creare una interdipendenza fra i soggetti in
parola  (e  cioe'  le  fondazioni), convogliando e coordinando in una
prospettiva  unitaria le potenzialita' espresse da ciascuno di essi».
Con  evidente  ed  illegittimo  pregiudizio dell'autonomia gestionale
(oltre  che  statutaria)  delle  fondazioni, in quanto risulterebbero
vincolate,  nella  loro  azione, ad un disegno unitario incompatibile
con la loro soggettivita' essenzialmente individuale.
    Questa  Corte  ritiene,  tuttavia,  che  la  norma  impugnata sia
suscettibile  di  una  diversa  lettura e che, pertanto, nella specie
debba  farsi  applicazione  del  principio piu' volte enunciato dalla
giurisprudenza costituzionale secondo cui «le leggi non si dichiarano
costituzionalmente    illegittime    perche'   e'   possibile   darne
interpretazioni   incostituzionali  (e  qualche  giudice  ritenga  di
darne),    ma    perche'   e'   impossibile   darne   interpretazioni
costituzionali» (ex multis, sentenza n. 356 del 1996).
    La  disposizione,  oggetto del dubbio di costituzionalita', deve,
infatti,  essere  correttamente  interpretata nei termini di una mera
indicazione  di  carattere generale, priva, in quanto tale, di valore
vincolante, rivolta alle fondazioni senza comportare alcuna impropria
ed  illegittima eterodeterminazione riguardo all'uso delle risorse di
cui dispongono tali enti.
    La  destinazione  ed  il  concreto  impiego  dei  rilevanti mezzi
finanziari  di  pertinenza  delle  fondazioni devono restare affidati
alla  autodeterminazione  delle  stesse,  salva anche a tal proposito
l'ammissibilita'  di forme di coordinamento compatibili con la natura
di persone private delle fondazioni.
    8. - La  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 11,
comma 4,  della  legge  n. 448  del  2001,  che sostituisce l'art. 4,
comma 1,  lettera c),  del  decreto  legislativo  n. 153 del 1999, e'
fondata.
    Va   premesso  che  secondo  il  rimettente  la  norma  precitata
risulterebbe  lesiva  degli  artt. 2,  3,  18,  41, 117 e 118, quarto
comma,  Cost.,  per  la  non  consentita  compressione dell'autonomia
statutaria  e  gestionale  delle  fondazioni,  nella parte in cui, al
primo  periodo,  prevede, per le fondazioni cosiddette istituzionali,
una  prevalente rappresentanza, nell'ambito dell'organo di indirizzo,
degli   enti   diversi   dallo   Stato  di  cui  all'art. 114  Cost.,
«pubblicizzando»,  in  tal  modo,  l'attivita'  delle  fondazioni  e,
quindi, influenzandone in maniera decisiva l'operativita'.
    Ora,  prescindendo da una disamina dei singoli parametri evocati,
puo'  affermarsi come, nonostante la varia tipologia delle fondazioni
di   origine   bancaria,   sia  storicamente  indiscutibile  un  loro
collegamento  con  le  realta' locali, quale riflesso del radicamento
territoriale  degli  enti  bancari  e delle casse di risparmio da cui
traggono origine.
    Sicche', puo' dirsi che una significativa presenza nell'organo di
indirizzo  di  soggetti  espressi dagli enti territoriali, secondo le
determinazioni dei diversi statuti, risponda di per se' ad una scelta
non  irragionevole  del  legislatore  non censurabile sul piano della
legittimita' costituzionale.
    A  diversa  ed  opposta  conclusione  si  deve, invece, pervenire
quando,   come  dispone  la  norma  impugnata,  la  prevalenza  della
composizione  dell'organo  di  indirizzo  e'  riservata  ai soli enti
territoriali.
    A  tal  proposito,  infatti, la censura di irragionevolezza della
norma   risulta   fondata,   in   quanto   non   puo'   non  apparire
contraddittorio   limitare   la   ipotizzata   presenza   degli  enti
rappresentativi  delle  diverse realta' locali agli enti territoriali
senza  ricomprendervi  quelle  diverse  realta'  locali,  pubbliche e
private,  radicate  sul  territorio  ed  espressive,  per  tradizione
storica,  connessa  anche  all'origine  delle  singole fondazioni, di
interessi   meritevoli   di  essere  «rappresentati»  nell'organo  di
indirizzo.
    Una precisazione e', a questo punto, necessaria e riguarda l'uso,
all'evidenza  atecnico,  del  termine «rappresentanza», adoperato dal
legislatore  (anche  nel  decreto  legislativo  n. 153  del 1999) per
indicare  il  rapporto  che intercorre tra gli enti, riguardati dalla
norma,   ed  i  soggetti  dagli  stessi  designati  quali  componenti
dell'organo di indirizzo.
    Quel che si radica in capo a tali enti, e', infatti, un potere di
designazione  dei  componenti dell'organo di indirizzo, potere che si
esaurisce  con  il  suo esercizio e che non comporta alcun vincolo di
mandato  a  carico  dei soggetti nominati, i quali agiscono, e devono
agire,  in  assoluta  e  totale  indipendenza  dall'ente  che  li  ha
nominati.
    Con  la conseguenza che, anche sotto tale aspetto, viene superato
il rischio, paventato dal rimettente, di trasformare le fondazioni in
enti collaterali e serventi, o strumentali, di quelli territoriali.
    Conclusivamente,     la    norma    impugnata    va    dichiarata
incostituzionale  nella  parte in cui prevede nell'ambito dell'organo
di  indirizzo una prevalente e qualificata rappresentanza degli enti,
diversi  dallo  Stato,  di  cui all'art. 114 Cost., anziche' di enti,
pubblici o privati, comunque espressivi delle realta' locali.
    Con assorbimento di ogni altro profilo di censura.
    9. - Deve, invece, affermarsi l'infondatezza, nei sensi di cui in
motivazione,  della  questione avente ad oggetto l'ultimo periodo del
comma 4  dell'art. 11  della  legge  n. 448  del  2001, che detta una
regola non del tutto chiara in tema di conflitto di interessi, regola
che   si  tratta,  pertanto,  di  intendere  in  modo  conforme  alla
Costituzione.
    La   norma,  al  di  la'  delle  sue  espressioni  letterali,  va
interpretata  -  in  ossequio al canone di ragionevolezza - nel senso
che  le fondazioni non possono svolgere la loro attivita' a vantaggio
diretto  dei  componenti degli organi delle fondazioni, ne' di coloro
che   li  hanno  nominati,  a  garanzia  dell'imparzialita'  e  della
correttezza dell'azione delle fondazioni stesse.
    Mentre   devono   ritenersi   consentiti   gli  interventi  delle
fondazioni   intesi   a   soddisfare  quegli  interessi,  generali  o
collettivi,   espressi   dagli   enti  ai  quali  e'  statutariamente
attribuito  il  potere  di  designare  i  componenti  dell'organo  di
indirizzo.
    Se  tale  e'  la portata della norma, e' evidente la sua generale
riferibilita'  a  tutti  i  soggetti  designanti  e  designati  nella
composizione  dell'organo  di indirizzo, interpretandosi la locuzione
«salvo  quanto  previsto  al periodo precedente» nel senso, del tutto
generico,  confermativo  della  vigenza  della  (disciplina contenuta
nella)  prima parte della norma che, come si e' visto, fa riferimento
alla  composizione  dell'organo  di  indirizzo,  anziche' in quello -
ipotizzato  dal rimettente - limitativo della sfera di applicabilita'
della successiva disciplina in tema di conflitto di interessi.
    Intesa  in  tal  modo,  la  norma  si  sottrae  alle  censure  di
incostituzionalita' mosse dallo stesso giudice rimettente.
    10. - Con  le  ordinanze iscritte ai nn. 120, 121, 124, 125 e 127
del   registro   ordinanze   2003,   viene   sollevata  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 7, della legge n. 448
del   2001,   che   ha  sostituito  l'art. 4,  comma 3,  del  decreto
legislativo n. 153 del 1999.
    Va in proposito respinta l'eccezione di inammissibilita' avanzata
dall'Avvocatura  dello  Stato sotto il profilo che la norma impugnata
sarebbe  stata completamente sostituita dall'art. 80, comma 20, della
legge  27 dicembre  2002,  n. 289 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato), e che, pertanto, farebbe
difetto, nella specie, la rilevanza della questione.
    In  contrario,  e'  possibile  osservare  che,  come del resto e'
emerso  nel corso della pubblica udienza, la sostituzione della norma
impugnata  non  ha  impedito  la  produzione  medio  tempore dei suoi
effetti   e   non  comporta,  quindi,  l'eccepita  irrilevanza  della
questione nei giudizi a quibus.
    Nel  merito,  la  questione  e'  infondata  nei  sensi di seguito
specificati.
    Le  censure  investono  la  norma  impugnata  per  la  estrema ed
irragionevole  latitudine  del  regime  di  incompatibilita' che essa
fisserebbe tra le funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione o
controllo presso le fondazioni e le analoghe funzioni svolte non solo
presso  la  societa'  bancaria conferitaria, ma anche, genericamente,
presso  altre  societa'  operanti nel settore bancario, finanziario o
assicurativo.
    Cio' che verrebbe, del tutto ingiustificatamente, a comprimere la
capacita'  delle  persone  di  cui  si  tratta  ed a ledere, al tempo
stesso, la liberta' delle fondazioni di stabilire la composizione dei
propri  organi.  Con  conseguente  violazione  degli artt. 2, 18 e 22
della Costituzione.
    E'  possibile,  tuttavia,  osservare  che  anche  tale  norma  e'
suscettibile   di  una  lettura  diversa,  conforme  a  Costituzione,
incentrata sulla ratio perseguita dal legislatore.
    In  proposito,  non  puo'  dubitarsi che lo scopo esclusivo della
norma  sia quello di recidere i legami tra la banca conferitaria e le
fondazioni.
    Ed  e' evidente che una finalita' siffatta sarebbe vanificata ove
l'incompatibilita'   fosse   limitata  alla  sola  societa'  bancaria
conferitaria   senza  ricomprendere  quelle  societa',  operanti  nel
settore   bancario,   finanziario  o  assicurativo,  in  rapporto  di
partecipazione azionaria o di controllo con la banca conferitaria.
    S'intende,  allora,  come  il  riferimento  alle  «altre societa'
operanti  nel  settore  bancario,  finanziario  e assicurativo» debba
essere  inteso  nel  senso,  restrittivo, di societa' in (necessario)
rapporto  di  partecipazione  azionaria  o  di controllo con la banca
conferitaria.
    Va,  dunque,  attribuito  alla  norma impugnata un significato in
linea  con  quanto dispone sul punto l'art. 20 della successiva legge
n. 289  del 2002 che, pur non qualificato come tale, puo' valere come
criterio interpretativo della disciplina previgente.
    Restano,  in  tal  modo,  superati  i  dubbi di costituzionalita'
prospettati  dal  giudice rimettente e fondati su una interpretazione
puramente letterale del dettato normativo.
    11. - Con  le  ordinanze iscritte ai nn. 121, 124, 125, 126 e 127
del  registro  ordinanze  2003  viene  sollevata, in riferimento agli
artt. 2,  3,  18 e 41 Cost., questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 11, comma 10, della legge n. 448 del 2001 che disciplina il
fenomeno  del  controllo, da parte di una fondazione, di una societa'
bancaria  o  di  un  gruppo  bancario,  disponendo  che «una societa'
bancaria  o  capogruppo  bancario  si  considera  controllata  da una
fondazione anche quando il controllo e' riconducibile, direttamente o
indirettamente,  a  piu' fondazioni, in qualunque modo o comunque sia
esso determinato».
    La  norma  viene  censurata  in quanto, ad avviso del rimettente,
sancirebbe una irragionevole presunzione di controllo nel caso in cui
la  somma  delle  partecipazioni bancarie di piu' fondazioni sia pari
alla  quota  di  controllo, a prescindere dall'effettiva esistenza di
accordi o di patti di sindacato tra le stesse fondazioni.
    Va,  in  primo  luogo,  disattesa l'eccezione di inammissibilita'
della questione in quanto basata, secondo l'Avvocatura, su un erroneo
presupposto interpretativo, essendo quest'ultimo un profilo attinente
al  merito,  e  quindi alla fondatezza o all'infondatezza, e non gia'
all'ammissibilita' della questione.
    Passando,   quindi,   all'esame   del  merito,  la  questione  va
dichiarata infondata nei termini appresso specificati.
    Mentre  e'  evidente  l'inconferenza,  nel  profilo in esame, dei
parametri  di  cui agli artt. 2, 18 e 41 Cost., quel che si tratta di
accertare  e'  l'asserita  irragionevolezza della norma e, quindi, la
violazione, sotto tale aspetto, dell'art. 3 della Costituzione.
    Va,  in proposito, esclusa, contrariamente a quanto sostenuto dal
rimettente,   la   configurazione  di  una  presunzione  assoluta  di
controllo,  limitandosi la norma impugnata ad estendere la nozione di
controllo,  ai  fini di cui all'art. 6 del decreto legislativo n. 153
del   1999,   anche   all'ipotesi   in   cui   esso  sia  esercitato,
congiuntamente,  da  una  pluralita' di fondazioni che siano comunque
tra loro legate da appositi accordi finalizzati al controllo bancario
e che devono essere, in quanto tali, oggetto di specifica prova.
    S'intende,  allora,  come presupposto della norma sia l'esistenza
di  un  effettivo  controllo  congiunto  da parte di piu' fondazioni.
Senza,   ripetesi,   che  possa  dedursi  dal  semplice  possesso  di
partecipazioni  nella  stessa  azienda  bancaria  da  parte  di  piu'
fondazioni  la  ricorrenza  in  capo a  queste ultime di un controllo
congiunto,  occorrendo  fare,  invece,  riferimento  alla  nozione di
controllo accolta dall'ordinamento vigente.
    Sicche', puo' dirsi che la portata della norma sia solo quella di
ricomprendere  nella  nozione  di controllo l'esistenza di accordi di
sindacato tra piu' fondazioni.
    12. - La  disciplina contenuta nel comma 14 del piu' volte citato
art. 11  della  legge  n. 448 del 2001 viene, infine, censurata nella
parte  in cui prevede, all'ultimo periodo, la decadenza degli attuali
organi  delle  fondazioni  che  devono  adeguare  i loro statuti alle
disposizioni    del   richiamato   articolo   e,   fino   alla   loro
ricostituzione,  la possibilita' per quelli in prorogatio di svolgere
esclusivamente attivita' di ordinaria amministrazione.
    La questione e' ritenuta inammissibile dall'Avvocatura per omessa
prospettazione di specifiche ragioni di incostituzionalita'.
    L'eccezione   va  disattesa  in  quanto  l'ordinanza  si  limita,
correttamente,  ad  affermare  che «la definizione della questione di
costituzionalita'  e'  strettamente  legata  alla soluzione di quelle
precedentemente formulate» ed in particolare di quelle riguardanti la
composizione degli organi di indirizzo richiamando, per mere esigenze
di  sintesi  espositiva,  i  rilievi  svolti  sulla costituzionalita'
dell'assetto  complessivo  delle  fondazioni delineato dalla legge de
qua e, quindi, anche i parametri su cui siffatti rilievi si fondano.
    Passando, quindi, al merito della questione se ne deve, tuttavia,
dichiarare l'infondatezza nei termini che seguono.
    La   norma   impugnata,  come  lo  stesso  rimettente  del  resto
riconosce,  costituisce il non irragionevole riflesso delle eventuali
modifiche statutarie relative, appunto, alla composizione dell'organo
di indirizzo.
    S'intende, allora, come il presupposto della norma sia costituito
dalla  necessita'  di  operare  le  ipotizzate  modifiche  statutarie
relative  alla  composizione  degli  organi  delle fondazioni e come,
pertanto,  la  decadenza censurata non sia riferibile alle fondazioni
cosiddette  associative,  nelle  quali resta in ogni caso immutata la
composizione dell'organo di indirizzo, ed a quelle istituzionali, per
le  quali  l'attuale  composizione degli organi risulti conforme alla
nuova disciplina introdotta dall'art. 11, comma 4, della legge n. 448
del 2001, nella formulazione datane dalla presente sentenza.
    Per  le altre fondazioni, nelle quali fosse necessario introdurre
una  nuova  composizione dell'organo di indirizzo, la decadenza degli
attuali  organi  non  appare,  come  si  e' detto, costituzionalmente
censurabile, essendo la conseguenza non irragionevole delle modifiche
che   dovessero  intervenire  nella  struttura  delle  fondazioni  in
ossequio alla legge in esame, cosi' come non appare incostituzionale,
trattandosi  di  un  profilo  rientrante  nella  discrezionalita' del
legislatore,  la  limitazione, disposta dalla stessa norma, fino alla
ricostituzione  degli  organi,  della attivita' delle fondazioni alla
ordinaria amministrazione.
    13. - L'ultima    questione   di   legittimita'   costituzionale,
sollevata  con  l'ordinanza iscritta al n. 128 del registro ordinanze
2003,  e'  quella riguardante gli artt. 4, comma 1, lettera g), e 10,
comma 3,  lettera e),  del  decreto  legislativo  n. 153 del 1999, in
riferimento agli artt. 2, 3, 18, 41 e 76 della Costituzione.
    Va  preliminarmente  disattesa  l'eccezione  di  inammissibilita'
della  questione  relativamente  all'art. 4, comma 1, lettera g), del
decreto  legislativo n. 153 del 1999 avanzata dall'Avvocatura in base
all'assunto  che  detta  disposizione  sarebbe  stata  confermata  ed
integrata  dall'art. 11,  comma 6,  della  legge n. 448 del 2001, non
impugnato dal rimettente ne' con l'ordinanza di cui si tratta ne' con
le altre.
    In  contrario,  puo'  rilevarsi  come  del tutto correttamente il
rimettente abbia impugnato l'art. 4, comma 1, lettera g), del decreto
legislativo  n. 153  del  1999, che permane in vigore con la modifica
apportata  dal  comma 6  dell'art. 11  della  legge  n. 448 del 2001,
senza,  peraltro, che la modifica stessa incida, in alcun modo, sulla
questione di costituzionalita'.
    Risulta,  infatti,  inequivocamente, dall'ordinanza di rimessione
che  la censura del rimettente investe esclusivamente la legittimita'
del   potere   di   indirizzo   riconosciuto  dalla  norma  impugnata
all'Autorita'  di  vigilanza  ed e' evidente l'assoluta irrilevanza a
tale  riguardo  della  modifica  apportata alla norma impugnata dalla
legge n. 448 del 2001.
    Nel merito la questione e' fondata.
    In  proposito,  occorre  muovere  dall'assunto che l'art. 2 della
legge  delega  23 dicembre  1998,  n. 461  (Delega  al Governo per il
riordino   della   disciplina   civilistica   e  fiscale  degli  enti
conferenti,  di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo
20 novembre 1990, n. 356, e della disciplina fiscale delle operazioni
di  ristrutturazione  bancaria),  assegna  la  materia delle cause di
incompatibilita'  e  dei requisiti di onorabilita' degli organi delle
fondazioni   alla   disciplina   statutaria   con  l'unica  eccezione
contemplata alla lettera h).
    L'art. 4, comma 1, lettera g), del decreto legislativo n. 153 del
1999,   nell'elencare   i   principi  ai  quali  gli  statuti  devono
conformarsi  nel  definire  l'assetto organizzativo delle fondazioni,
pur riproducendo sostanzialmente, quanto ai requisiti di onorabilita'
e  alle ipotesi di incompatibilita', la dizione contenuta nella legge
delega,  aggiunge  l'inciso  «nel  rispetto  degli indirizzi generali
fissati  ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera e)» violando, in
tal  modo,  l'art. 2  della  legge  delega e, quindi, l'art. 76 della
Costituzione.
    In  proposito,  e'  sufficiente  considerare  che  il  potere  di
indirizzo  e' essenzialmente diverso da quello di controllo di cui e'
titolare  l'Autorita'  di  vigilanza,  essendo  il  primo  un  potere
conformativo dell'attivita' delle fondazioni, il secondo un potere di
verifica   della  corrispondenza  di  tale  attivita'  a  determinati
parametri preventivamente fissati.
    S'intende,  allora, come una interpretazione per quanto estensiva
della  delega  non  possa  arrivare  a  ricomprendere  nei compiti di
controllo riservati alla Autorita' amministrativa e diretti, ai sensi
dell'art. 2,   lettera i),   della  legge  delega,  a  verificare  il
«rispetto  della  legge e dello statuto, la sana e prudente gestione,
la  redditivita'  del patrimonio e l'effettiva tutela degli interessi
contemplati  negli  statuti»,  quei,  diversi  e ulteriori, poteri di
indirizzo  cui  fanno riferimento le norme impugnate e che, ripetesi,
non trovano alcuna base giustificativa nella legge di delega.
    Del  resto,  come osservato dal rimettente, lo stesso legislatore
del 2001, attribuendo all'Autorita' di vigilanza il potere di emanare
disposizioni  attuative  delle  norme  introdotte  dall'art. 11 della
legge 448 del 2001, ha, sia pure indirettamente, escluso la esistenza
di un generale potere di indirizzo della medesima Autorita'.
    Le    due    norme    impugnate   vanno,   pertanto,   dichiarate
costituzionalmente  illegittime  per  violazione  dell'art. 76  Cost.
restando  assorbito  in  tale pronuncia ogni altro profilo di censura
sollevato dal rimettente.