IL GIUDICE DI PACE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
al n. 20/03 R. G. Mod. A, vertente tra Iallorenzi Pasqualino Antonio,
rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Vincenzo  Pascale, presso il cui
studio,  in Potenza al Viale Marconi n. 175, elettivamente domicilia,
opponente, contro Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro
tempore domiciliato ex lege presso l'Ufficio territoriale del Governo
di  Potenza,  opposto,  avente  ad  oggetto: opposizione a verbale di
infrazione al codice stradale.

                              F a t t o

    Con  ricorso  del  21  agosto 2003, depositato il 22 agosto 2003,
Iallorenzi  Pasqualino  Antonio  chiedeva  a  questa  A.G.  di  voler
dichiarare  l'annullamento del verbale di contestazione di violazione
amministrativa  n. 1811809, elevato il 24 giugno 2003 dai Carabinieri
di Satriano di Lucania, in ordine alla violazione di cui all'art. 94,
comma  3,  del codice della strada (d.lgs. 285/1992), per la sanzione
di  Euro  576,45,  in  quanto  «ometteva di richiedere entro sessanta
giorni  l'aggiornamento  della  carta  di  circolazione  a seguito di
cambiamento di residenza».
    Deduceva  a  sostegno: a) di aver acquistato l'auto oggetto della
contestazione  quando  era  ancora  residente in Satriano di Lucania,
come si evince dall'allegata carta di circolazione provvisoria del 24
marzo  2000;  b) di essersi trasferito in Vietri di Potenza a seguito
del  matrimonio,  come  da  certificato di residenza emesso dal detto
comune,  e  che  tanto risulta dalla carta di circolazione definitiva
consegnatagli in data 10 luglio 2001 (all. in atti).
    Concludeva,  quindi,  eccependo  la  mancanza di fondamento della
contestazione, per l'annullamento dell'opposto verbale.

                            D i r i t t o

    Dall'esame  degli atti e della documentazione allegata, rileva il
giudicante che il ricorso e' stato depositato in cancelleria senza il
versamento  della  «somma  pari alla meta' del massimo edittale della
sanzione inflitta dall'organo accertatore», cosi' come prescritto dal
terzo  comma  dell'art. 204-bis, d.lgs. n. 285/1992 (introdotto dalla
legge  n. 214/2003).  Tale  omissione,  conformemente al disposto del
citato    articolo,   determina   l'inammissibilita'   del   ricorso,
provvedimento  che,  all'esito  del  preliminare  controllo in ordine
all'effettuato versamento, il giudice deve adottare d'ufficio.
    La citata legge, pubblicata in supp. ord. alla Gazzetta Ufficiale
n. 186 del 12 agosto 2003 e' entrata in vigore il giorno successivo a
quello della sua pubblicazione (art. 1, n. 2, della legge). E poiche'
il ricorso e' stato depositato nella cancelleria di questo Ufficio in
data 22 agosto 2003, lo stesso, senza dubbio alcuno, e' soggetto alla
nuova disposizione legislativa.
    Cio'  premesso,  questo  decidente  ravvisa la non conformita' al
dettato  costituzionale  dell'art. 204-bis del d.lgs. 285/1992, cosi'
come  introdotto  dall'art. 1-septies  della  legge  1°  agosto 2003,
n. 214,   ritenendo   sussistenti  i  presupposti  per  sollevare  la
questione   di   legittimita'  costituzionale  dell'art. 204-bis  del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (introdotto dalla legge 1°
agosto  2003,  n. 214),  nella  parte  in cui (comma 3) «all'atto del
deposito   del   ricorso,   il  ricorrente  deve  versare  presso  la
cancelleria  del  giudice  di  pace,  a  pena di inammissibilita' del
ricorso una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione
inflitta  dall'organo accertatore», sottoponendo l'ammissibilita' del
ricorso  al  versamento della detta somma, per i motivi e nei termini
che seguono.

                      Rilevanza della questione

    La   questione   ha   un'indubbia  rilevanza  nella  controversia
all'esame  del  decidente,  dal  momento che il presente giudizio non
puo'   essere   deciso   indipendentemente  dalla  risoluzione  della
questione  di  costituzionalita',  la  quale  costituisce  una vera e
propria questione pregiudiziale.
    Infatti, qualora si ritenesse la conformita' dell'art. 204-bis al
dettato  costituzionale,  il  ricorso  andrebbe senz'altro dichiarato
inammissibile,  mentre,  per  contro,  laddove  si  dovesse  ritenere
l'illegittimita'  costituzionale  del disposto legislativo il ricorso
dovra' essere esaminato nel merito.

                     Non manifesta infondatezza

    1)  Violazione  del  principio  di  uguaglianza  ex  art. 3 della
Costituzione.
    Con  la  novella  introdotta, il legislatore ha creato di fatto e
riservato  sul  piano  processuale (con indubbi risvolti di carattere
socio-economico)  una diversa posizione al ricorrente e alla pubblica
amministrazione,  differenziando il cittadino abbiente da quello meno
abbiente.
    L'introduzione della cauzione nel giudizio di opposizione ai soli
verbali di contravvenzione derivanti da infrazioni al codice stradale
non  ha  eguali  nel  nostro  sistema  giuridico, dal momento che gli
istituti processuali che prevedono la cauzione - quale adempimento di
carattere patrimoniale - sono stati posti dal legislatore in funzione
di  particolari  interessi  pubblici che, nel caso in esame, non solo
non  si  ravvisano,  ma  piuttosto costituiscono una decisa remora ad
iniziare un giudizio.
    La  cauzione  ex  art. 204-bis,  d.lgs  n. 285/1992,  a parere di
questo giudice, lede il diritto fondamentale dell'individuo, tutelato
dall'art. 3  della  Costituzione,  ponendo i soggetti abbienti e meno
abbienti  su  un  piano  di disuguaglianza tra loro dando la facolta'
esclusivamente  al  soggetto  che  sia  in  grado  di pagare di poter
esercitare la tutela dei propri diritti proponendo ricorso al giudice
ordinario.
    La  cosa  assume  carattere  ancora  piu'  pregnante  ove solo si
consideri  che  lo  stesso  legislatore,  al  fine  di  eliminare gli
ostacoli  di  carattere  economico  tra  i cittadini, ha previsto con
l'art. 26,  legge  n. 689/1981, il pagamento rateale della sanzione -
che  puo' essere disposto sia dall'autorita' giudiziaria (nei casi ex
art. 24,  legge  n. 689) che da quella amministrativa - «su richiesta
dell'interessato  che  si  trovi in condizioni economiche disagiate»,
norma,   senza   dubbio  alcuno,  applicabile  a  tutte  le  sanzioni
amministrative  ivi  incluse quelle derivanti da infrazioni al codice
stradale.   Senonche',   con   la   cauzione   ex   art. 204-bis,  le
diseguaglianze economiche tra i cittadini si amplificano, dal momento
che  solo  i cittadini abbienti potranno pagare, da subito, una somma
che,  per di piu', e' addirittura il doppio di quella prevista per il
pagamento in misura ridotta (che permette di chiudere bonariamente la
vertenza).
    Certo,  si  potrebbe sostenere che il soggetto meno abbiente puo'
comunque  presentare  il  ricorso  amministrativo (che non prevede il
versamento  della cauzione). Ma proprio un simile ragionamento induce
a  ritenere  come  il  ricorso  al  giudice  sia  un  mezzo di tutela
riservato  esclusivamente  ai  soggetti  economicamente  agiati,  dal
momento  che  la  scelta  della sede per la tutela dei propri diritti
finirebbe  per  discriminare  i  cittadini  ponendoli  su  differenti
posizioni   socio-economiche,   limitando  di  fatto  la  liberta'  e
l'uguaglianza   degli   stessi.   In   parole   povere,   il  ricorso
amministrativo  diventerebbe il ricorso riservato ai cittadini poveri
e quello giudiziario lo strumento destinato ai cittadini ricchi.
    Sulla scorta di quanto sopra, a parere di questo giudice, risulta
del  tutto  evidente  come  l'art. 204-bis,  d.lgs.  n. 285/1992  sia
incostituzionale,  violando  l'art. 3  della  Costituzione,  il quale
stabilisce  che  e'  compito  della  Repubblica rimuovere ostacoli di
ordine  economico  e  sociale  che,  limitando di fatto la liberta' e
l'uguaglianza  dei  cittadini,  impediscano  il  pieno sviluppo della
persona umana.
    Aggiungasi  che  tale  nuova  disposizione,  per  i  rilevi sopra
descritti  e  per  l'indubbio  collegamento tra gli artt. 2 e 3 della
Costituzione, lede anche il disposto dell'art. 2 Cost. che «riconosce
e  garantisce  i  diritti  inviolabili dell'uomo», quale, appunto, il
diritto  all'uguaglianza,  come valore assoluto della persona umana e
diritto fondamentale dell'individuo.
    2) Violazione del diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione
    Sulla scorta di quanto sopra esposto, appare evidente altresi' il
contrasto  dell'art. 204-bis,  d.lgs. n. 285/1992 con l'art. 24 della
Costituzione, il quale statuisce che «tutti possono agire in giudizio
per  la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa e'
diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento».
    Una  disposizione normativa che lede il principio di uguaglianza,
operando un trattamento diverso ai cittadini che si trovano in uguale
situazione,  crea  un  trattamento  differenziato  che  puo'  trovare
legittima  applicazione  solo  ove vi sia l'indefettibile presenza di
«ragionevoli motivi» (Corte cost., sent. n. 61/1964).
    La  «ragionevolezza»  dell'art. 204-bis  c.d.s. consiste nel solo
scopo  di  evitare  che il cittadino meno abbiente possa ricorrere in
sede  giurisdizionale  contro  i  verbali  di  infrazione  al  codice
stradale.
    La  disposizione in esame si propone l'obiettivo (non dichiarato,
ma  intuibile)  di  conseguire,  attraverso il forte freno inibitorio
della  cauzione,  il  deflazionamento  del  carico  dei  processi  di
opposizione  a  sanzioni  amministrative  derivanti  da infrazioni al
codice  stradale, introducendo tale «espediente», con il solo scopo -
nei  confronti dei soggetti meno abbienti - che e' quello di impedire
l'instaurazione  di nuovi giudizi. E si comnaenta da se' il fatto che
in nessun tipo di giudizio esiste un tale «balzello».
    Il  processo  nasce  e  si  sviluppa  nel  rispetto  delle regole
procedurali, ovvero quelle medesime regole che pongono su un piano di
parita'   i   soggetti   processuali.  Anche  sotto  questo  profilo,
l'articolo  de  quo e' in contrasto con l'art. 24 della Costituzione,
determinando  una  ingiustificata  compressione  e/o  limitazione del
diritto  inviolabile  del cittadino alla tutela dei propri diritti in
sede giurisdizionale.
    Sul  piano  processuale,  la  cauzione  riserva un ingiustificato
trattamento  di  favore nei confronti della P.A. (che nel giudizio e'
parte  processuale  al  pari del ricorrente-cittadino) avvantaggiando
quest'ultima  a  danno del ricorrente, violando altresi' il principio
di  parita'  processuale tra le parti nel giudizio. La violazione del
detto  principio  e'  altresi'  evidente anche in sede conclusiva del
giudizio,  in  quanto l'Amministrazione, a differenza dell'opponente,
in  caso  (per lei) di esito positivo della lite, ha immediatamente a
propria  disposizione  la somma che le e' dovuta oltre sicuramente ad
una  parte  delle spese di causa, dal momento che la cauzione versata
e'  pari al doppio della sanzione oggetto di discussione tra la parti
del  giudizio, considerando che, come sovente avviene, la sanzione da
parte delle forze dell'ordine e' comminata nel minimo edittale.
    In  tale  prospettiva,  l'art. 204-bis, nel cercare di frenare il
cittadino a ricorrere in sede giurisdizionale, induce i soggetti meno
agiati  a  presentare  il  ricorso  amministrativo,  dove, in caso di
accoglimento  dell'opposizione  -  non  vigendo  il  principio  della
soccombenza   alle   spese   processuali,  a  differenza  della  sede
giurisdizionale,  - il ricorrente non viene rifuso ne' delle spese di
causa  sostenute  per l'eventuale assistenza di un legale e ne' degli
esborsi.
    Quanto detto assume ancora maggior valore considerando che per il
ricorso  in sede giurisdizionale, nel quale l'opponente puo' stare in
giudizio  personalmente  quale  che  sia  il  valore  della causa, il
legislatore  ha  adottato  il regime di totale esenzione tributaria e
che  la  Corte  costituzionale  ha  ripetutamente detto che il previo
esperimento  del  ricorso  amministrativo  e'  del tutto facoltativo,
essendo   rimesso   alla  scelta  dell'interessato  che  puo'  quindi
rivolgersi   al   giudice   ordinario  indipendentemente  dall'azione
amministrativa,  restando affidata al giudice adito la verifica circa
la  conformita'  alle  norme  vigenti  delle  modalita' e dei termini
osservati  da  chi  abbia invocato la tutela giurisdizionale senza il
preventivo  esperimento del ricorso amministrativo (Corte cost. sent.
n. 255 e n. 311 del 1994 ord. n. 315 e sent. n. 437 del 1995).