ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 3,
della  legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), promosso con ricorso
della Rgione Siciliana, notificato il 27 febbraio 2002, depositato in
cancelleria  il  5 marzo successivo ed iscritto al n. 16 del registro
ricorsi 2002.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25 novembre  2003  il giudice
relatore Annibale Marini;
    Uditi gli avvocati Michele Arcadipane e Paolo Chiapparrone per la
Regione  Siciliana  e  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Mari per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la Regione
Siciliana  ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 20,   comma 3,   della   legge   28 dicembre  2001,  n. 448
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato), per contrasto con gli artt. 81, quarto comma, 116 e 119
della   Costituzione,   in   relazione,   quanto   alle   ultime  due
disposizioni, all'art. 19 dello statuto Regione Siciliana.
    Secondo  quanto  premesso dalla ricorrente, i primi due commi del
precitato  art. 20  dispongono  che  la  regione  e  gli  enti locali
provvedono,  sulla  base di apposite procedure selettive, nell'ambito
della  programmazione  triennale  del  fabbisogno del personale e nei
limiti  delle  dotazioni organiche, alla trasformazione in rapporti a
tempo  indeterminato  dei  rapporti  di  lavoro  a  tempo determinato
instaurati   -  ai  sensi  dell'art. 21,  comma 2,  dell'ordinanzadel
Ministro  per il coordinamento della protezione civile del 3 febbraio
1992,  come sostituito dall'art. 13 dell'ordinanza del Presidente del
Consiglio dei ministri del 18 settembre 1995, nonche' degli artt. 14,
comma 14,  e  23-quater  del  decreto  legge  30 gennaio  1998, n. 6,
convertito,  con  modificazioni,  in  legge  30 marzo  1998, n. 61, e
successive  modificazioni  -  a  seguito  degli  eventi  sismici  che
colpirono  nel dicembre  del  1990 le province di Siracusa, Catania e
Ragusa  (comma  1), e che i rapporti di lavoro a tempo determinato in
atto  sono  prorogati  sino alla definizione delle dette procedure di
selezione e comunque fino al 31 dicembre 2002 (comma 2).
    Il  successivo  comma 3,  prosegue la regione ricorrente, dispone
che  il personale tecnico di cui al comma 1, conseguiti gli obiettivi
indicati  alle lettere b), e) ed i-bis) del comma 2 dell'art. 1 della
legge  31 dicembre  1991, n. 433 (Disposizioni per la ricostruzione e
la  rinascita  delle  zone  colpite dagli eventi sismici del dicembre
1990  nelle  province  di  Siracusa,  Catania e Ragusa), possa essere
utilizzato  presso  tutte  le amministrazioni dei comuni capoluogo di
provincia, nonche' di quelli con particolari carenze di organico, per
la soddisfazione delle esigenze connesse alle loro attivita'.
    Tanto   premesso,   la   regione   ricorrente   osserva  che  «la
disposizione di cui al terzo comma (... dell'art. 20 ...) si appalesa
costituzionalmente illegittima».
    Essa,   infatti,   violerebbe   l'art. 81,  quarto  comma,  della
Costituzione  in  quanto,  avendo  il legislatore disposto, con norma
avente  portata  temporalmente  limitata,  che alla spesa conseguente
alla  trasformazione  dei  rapporti  di lavoro a tempo determinato in
rapporti   a   tempo   indeterminato  «si  provvede  a  valere  sulle
disponibilita'  dei  fondi  assegnati  alla  regione Sicilia ai sensi
dell'art.  1  della  legge  31 dicembre  1991,  n. 433,  e successive
modificazioni»,  le  nuove e maggiori spese derivanti dall'attuazione
della   disposizione  censurata  risulterebbero  prive  di  copertura
finanziaria,  non  essendo  indicati i mezzi per farvi fronte dopo il
raggiungimento degli obiettivi previsti dalla legge da ultimo citata.
    La  norma  impugnata  violerebbe,  altresi',  gli artt. 116 e 119
della  Costituzione,  in  relazione all'art. 19 dello statuto Regione
Siciliana,  in  quanto  la  mancanza  di  copertura finanziaria per i
maggiori  oneri  derivanti  dalla  disposizione  impugnata li farebbe
gravare  sul  bilancio  regionale,  alterando  l'equilibrio dei mezzi
finanziari  della regione e condizionandone il potere di scegliere la
destinazione delle proprie risorse.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  concludendo  per  la  inammissibilita'  o,  comunque,  per la
infondatezza della questione.
    Secondo  l'Avvocatura,  la ricorrente non avrebbe considerato che
la  norma  impugnata non prevede un puntuale obbligo di utilizzazione
del  personale  tecnico il cui rapporto di lavoro si e' stabilizzato,
ma  una  semplice  facolta',  come  si  desume dal tenore della norma
stessa.
    L'asserita   violazione   dell'art. 81,   quarto   comma,   della
Costituzione  sarebbe,  percio', solo ipotetica essendo lasciata alla
determinazione  della  regione la scelta, da operarsi compatibilmente
con la disponibilita' di risorse finanziarie, se utilizzare o meno il
personale in questione.
    3.  -  Nell'imminenza  della  udienza  pubblica  la ricorrente ha
depositato  una  memoria  nella quale, richiamate la proprie difese e
conclusioni,   osserva   che  la  lesione  delle  sue  prerogative  e
dell'autonomia  finanziaria  regionale  sarebbe non gia' eventuale ma
certa, ancorche' differita.
    4. - Anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato
una   memoria   illustrativa   insistendo   per  la  declaratoria  di
inammissibilita' o, comunque, di infondatezza del ricorso.
    Ribadite le difese gia' svolte, l'Avvocatura afferma, in punto di
ammissibilita'  del  ricorso, che il comma 3 dell'art. 20 della legge
n. 448  del  2001, oggetto esclusivo di impugnazione, disciplinerebbe
solo  le  modalita'  di utilizzazione del personale di cui si tratta,
mentre  la  trasformazione dei rapporti di lavoro da rapporti a tempo
determinato  in  rapporti  a  tempo indeterminato discenderebbe dalla
diversa  disposizione  di  cui al comma 1, non censurata; sicche', la
norma  impugnata,  singolarmente  considerata, non sarebbe lesiva ne'
dell'art. 81,  quarto  comma,  della Costituzione, ne' dell'autonomia
finanziaria della regione.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  ricorso proposto dalla Regione Siciliana ha ad oggetto
l'art. 20,    comma 3,   della   legge   28 dicembre   2001,   n. 448
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato),  ritenuto in contrasto con gli artt. 81, quarto comma,
116  e  119  della Costituzione, in relazione, quanto alle ultime due
disposizioni, all'art. 19 dello statuto Regione Siciliana.
    2. - La questione e' inammissibile.
    L'art. 20  della  legge  n. 448 del 2001 dispone, al comma 1, che
«la  regione  Sicilia  e  gli  enti  locali  della  regione  medesima
provvedono  alla trasformazione in rapporti a tempo indeterminato dei
rapporti di lavoro a tempo determinato instaurati (...) dalla regione
medesima  e  dagli  enti locali delle province di Siracusa, Catania e
Ragusa, colpiti dagli eventi sismici del dicembre 1990, sulla base di
apposite   procedure   selettive,  nell'ambito  della  programmazione
triennale  del  fabbisogno  di  personale, nei limiti delle dotazioni
organiche».
    Lo  stesso  comma 1  del  citato  art. 20  prevede  poi  che alla
relativa  spesa  si provveda «a valere sulle disponibilita' dei fondi
assegnati  alla  regione  Sicilia  ai  sensi  dell'art. 1 della legge
31 dicembre 1991, n. 433, e successive modificazioni».
    Il   successivo   comma 3   dello   stesso   art. 20   -  oggetto
dell'impugnazione  -  dispone  che, conseguiti gli obiettivi indicati
alle  lettere b),  e)  ed  i-bis)  dell'art. 1,  comma 2, della legge
n. 433  del  1991,  il  personale  tecnico di cui al comma 1 (quello,
cioe',  il  cui  rapporto  di  lavoro  a  tempo  determinato e' stato
trasformato in rapporto a tempo indeterminato) puo' essere utilizzato
presso  tutte  le  amministrazioni  dei comuni capoluogo di provincia
nonche'  di  quelli  con  particolari  carenze  di  organico,  per la
soddisfazione delle esigenze connesse alla loro attivita'.
    Tale  ultima  previsione, ad avviso della ricorrente, si porrebbe
in  contrasto  con  l'art. 81,  quarto  comma, della Costituzione, in
quanto  priva  di  copertura  finanziaria,  non  essendo  indicate le
risorse  alla  quali attingere successivamente al conseguimento degli
obiettivi  di  cui  alla legge n. 433 del 1991 ed all'esaurimento dei
relativi fondi.
    Per  la  medesima ragione, essa violerebbe, altresi', l'autonomia
finanziaria  regionale,  atteso  che le relative spese non potrebbero
che  gravare sul bilancio regionale, alterando l'equilibrio dei mezzi
finanziari  della  Regione  e  condizionandone il potere di scelta in
ordine alla destinazione dei medesimi.
    Ora,  a  prescindere  dal  merito  di  tali  censure,  e' agevole
rilevare  che  la  prospettata  lesione  dei parametri costituzionali
evocati   nel  ricorso  non  e'  in  alcun  modo  ricollegabile  alla
disposizione  impugnata,  che  si  limita a disciplinare il regime di
utilizzazione del personale, oramai assunto a tempo indeterminato una
volta  raggiunti  gli  obiettivi  in  relazione ai quali ne era stato
disposto il reclutamento temporaneo.
    Gli  effetti  di  spesa  connessi  alla  utilizzazione  di  detto
personale  -  e  della cui mancata copertura la Regione ricorrente si
duole  -  discendono,  infatti, direttamente ed esclusivamente, dalla
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto
a  tempo indeterminato, trasformazione derivante dalla disposizione -
non impugnata - di cui al comma 1 dello stesso art. 20 della legge.
    La  ricorrente  nell'individuare  la  disposizione  censurata e',
dunque,  incorsa  in  una  aberratio  rendendo la questione sollevata
inammissibile.