ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli articoli 5 e 14
della  legge  regionale  delle  Marche 14 luglio 1997, n. 41, recante
«Disciplina  delle  attivita' di organizzazione ed intermediazione di
viaggi  e turismo», come modificata dalla legge regionale 14 febbraio
2000,  n. 8,  recante «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale
12 agosto  1994,  n. 31,  sulle  strutture extra - alberghiere e alla
legge    regionale   14 luglio   1997,   n. 41,   sull'attivita'   di
organizzazione  ed intermediazione di viaggi e turismo», promosso con
ordinanza  del  13 maggio 2002 dal Tribunale amministrativo regionale
della  Lombardia,  iscritta  al  n. 345 del registro ordinanze 2002 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, 1ª serie
speciale, dell'anno 2002.
    Visto l'atto di intervento della Regione Marche;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 aprile 2003 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.

                          Ritenuto in fatto

    1.   -   Con   ordinanza   del   13 maggio   2002,  il  Tribunale
amministrativo regionale della Lombardia ha sollevato, in riferimento
agli  articoli 41,  117,  primo  comma,  e  120  della  Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 5 e 14 della
legge   regionale   delle   Marche  14 luglio  1997,  n. 41,  recante
«Disciplina  delle  attivita' di organizzazione ed intermediazione di
viaggi  e turismo», come modificata dalla legge regionale 14 febbraio
2000,  n. 8,  recante «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale
12 agosto  1994,  n. 31,  sulle  strutture extra - alberghiere e alla
legge    regionale   14 luglio   1997,   n. 41,   sull'attivita'   di
organizzazione ed intermediazione di viaggi e turismo».
    Le  disposizioni  censurate  prevedono  l'obbligo, a carico delle
agenzie  di viaggi che intendano aprire filiali nella Regione Marche,
di   comunicare   a   quest'ultima  l'inizio  dell'attivita'  nonche'
l'avvenuto  versamento  di  una somma di importo pari alla differenza
tra   quanto   richiesto   a  titolo  di  cauzione  per  il  rilascio
dell'autorizzazione  da parte di altra Regione e quanto richiesto, al
medesimo fine, dalla Regione Marche.
    Il  remittente  espone  che  il giudizio de quo e' stato promosso
dalla   Bluvacanze   S.p.A.  -  societa'  autorizzata  dalla  Regione
Lombardia  alla gestione dell'agenzia di viaggio «Multi Level Travel»
-  nei  confronti  del  comune  di  Macerata,  al  fine  di  ottenere
l'annullamento   del  provvedimento  con  cui  era  stata  dichiarata
decaduta  dal  diritto  di  aprire una filiale per mancato versamento
della suddetta cauzione aggiuntiva e che ne ordinava la chiusura.
    Il  giudice  a  quo afferma che le disposizioni della legge delle
Marche  suindicate sarebbero illegittime per motivi analoghi a quelli
che  hanno  condotto  questa  Corte,  nelle sentenze n. 54 del 2001 e
n. 362   del  1998,  a  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale,
rispettivamente,  della  legge  della  Regione Lombardia 16 settembre
1996,  n. 27,  e  della  legge della Regione Sardegna 13 luglio 1988,
n. 13,  nella  parte  in  cui  subordinavano l'apertura di filiali al
rilascio di una ulteriore autorizzazione rispetto a quella conseguita
inizialmente in altra Regione.
    Il  tribunale amministrativo regionale remittente, pur ammettendo
che il sistema della denuncia di inizio di attivita' (DIA) differisce
strutturalmente  dal  sistema  autorizzatorio,  ritiene  tuttavia che
l'attribuzione   ai  comuni  del  potere  di  ostacolare  l'esercizio
dell'attivita'   alle   filiali   aperte   sul   proprio   territorio
equivarrebbe,  in  buona  sostanza,  ad  introdurre  surrettiziamente
un'ulteriore   autorizzazione.  Cio',  oltre  a  contrastare  con  il
principio di unitarieta' dell'impresa-agenzia di viaggi sancito dalla
legge-quadro  sul  turismo  (legge  17 maggio  1983  n. 217, art. 9),
violerebbe  la  liberta' di iniziativa economica e contrasterebbe con
il  divieto  di  ostacolare la libera circolazione di persone e cose,
nonche'  l'esercizio  del  diritto al lavoro, sanciti rispettivamente
dagli artt. 41 e 120 della Costituzione.
    2.  -  E'  intervenuta in giudizio la Regione Marche e ha chiesto
che la questione sollevata venga dichiarata infondata.
    La  Regione  sostiene,  innanzitutto,  che  non  sussiste  alcuna
violazione  degli  artt. 41  e  120 Cost., come applicati dalla Corte
nelle  sentenze  n. 54  del  2001  e  n. 362 del 1998, in ragione del
rilievo  che  le  norme  censurate  si  limitano  a chiedere una mera
integrazione   del   deposito   cauzionale   gia'   effettuato.  Tale
specificazione,  vale  a  dire  la  mancata  previsione  di un vero e
proprio  titolo  autorizzatorio, priverebbe di fondamento ogni accusa
in  merito  alla  presunta  costruzione  di una barriera territoriale
all'espandersi   dell'impresa   ed   al   suo  diritto  di  calibrare
l'organizzazione secondo la propria capacita' operativa.
    La ratio delle norme censurate, prosegue la Regione Marche, lungi
dal  ledere  i  principi  di cui agli artt. 41 e 120 Cost., e' invece
proprio  quella  di  garantirne  la  piena  applicazione. Ed infatti,
l'obbligatoria  integrazione  del  deposito  cauzionale,  assicurando
parita'  di  condizioni  tra  le  imprese  del settore operanti nello
stesso  territorio,  evita  un  pregiudizio  a  carico  delle agenzie
autorizzate   dalla   Regione   Marche  che  hanno  versato  depositi
cauzionali piu' elevati.
    Parimenti  infondata  sarebbe, sempre ad avviso della Regione, la
censura  che  il giudice a quo prospetta in ordine alla violazione da
parte  della  legge regionale del limite dei principi costituzionali,
cosi'  come sancito dal testo revisionato dell'art. 117 Cost.; questo
perche'   il   principio   invocato   dal  remittente  (quello  della
configurazione  unitaria  delle  agenzie  di viaggio e turismo di cui
all'art. 9 della legge 17 maggio 1983, n. 217), non avrebbe natura di
principio costituzionale, bensi' di mero principio fondamentale della
legislazione  statale, idoneo, secondo il testo originario del Titolo
V   della  Parte  II  della  Costituzione,  a  limitare  la  potesta'
legislativa regionale concorrente in materia di turismo.
    Ad  avviso  della  Regione,  infine,  la  normativa impugnata non
violerebbe   il  principio  di  unitarieta'  dell'impresa-agenzia  di
viaggi,  a  cio'  non  ostando  l'obbligo  di comunicarne l'inizio di
attivita' della filiale e di integrare la cauzione gia' versata.
    Nell'imminenza  dell'udienza  la  Regione  Marche  ha  depositato
memoria  illustrativa, nella quale si ribadiscono le deduzioni svolte
nella  memoria  di  costituzione  e  se  ne argomentano ulteriormente
alcuni profili.
    La  Regione  trae  argomento  dall'ordinanza  n. 190  del 2002 di
questa  Corte,  pronunciata  nel  giudizio di legittimita' relativo a
norme  regionali  che  prevedevano l'autorizzazione per l'apertura di
filiali  di  agenzie  turistiche,  per sostenere l'infondatezza delle
questioni  sollevate  con  riferimento  agli  artt. 41 e 120 Cost. Ed
invero,  con  la  pronuncia  citata  vennero  rinviati  gli  atti  al
remittente,  a  causa  dell'entrata  in vigore di una nuova normativa
regionale che, abrogando le norme oggetto delle questioni, sostituiva
il   regime  autorizzatorio  con  l'obbligo  di  denunciare  l'inizio
dell'attivita'.  Sarebbe quindi tale rinvio a sancire indirettamente,
a  giudizio  della  Regione  intervenuta,  la  legittimita' dello jus
superveniens  e,  dunque,  della  disciplina di analogo tenore che e'
oggetto del presente giudizio.
    In  ordine  alla  censura  relativa alla violazione dell'art. 117
Cost.,  la  Regione  aggiunge  che  la  legge  29 marzo 2001, n. 135,
recante   «Riforma  della  legislazione  nazionale  del  turismo»  ha
abrogato la legge 21 luglio 1983 a far data dall'entrata in vigore di
un  d.P.C.m. in essa previsto, pubblicato il 25 settembre 2002, e che
quest'ultimo  atto  impone  far riferimento, quanto ai richiami della
legge n. 217 del 1983, alle normative regionali di settore.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Sollecitata  dal  Tribunale amministrativo regionale della
Lombardia, la Corte e' chiamata a pronunciarsi sulla legittimita', in
riferimento   agli   articoli 41,  117,  primo  comma,  e  120  della
Costituzione,  degli articoli 5 e 14 della legge della Regione Marche
24 luglio   1997,  n. 41,  recante  «Disciplina  delle  attivita'  di
organizzazione   ed   intermediazione  di  viaggi  e  turismo»,  come
modificata  dalla  legge  regionale  14 febbraio  2000, n. 8, recante
«Modifiche  ed  integrazioni  alla  legge  regionale  12 agosto 1994,
n. 31,  sulle  strutture  extra  - alberghiere e alla legge regionale
14 luglio   1997,   n. 41   sull'attivita'   di   organizzazione   ed
intermediazione di viaggi e turismo».
    Tali disposizioni obbligano le imprese proprietarie di agenzie di
viaggi  gia'  autorizzate in altra Regione e che intendano aprire una
filiale  nelle Marche, a comunicare l'inizio dell'attivita' al comune
territorialmente   competente,   nonche'  ad  integrare  il  deposito
cauzionale gia' versato di un importo idoneo a colmare la differenza,
ove sussistente, rispetto a quello previsto dalla Regione Marche.
    L'incidente  di  costituzionalita'  e'  sorto  nel  corso  di  un
giudizio   innanzi   al   Tribunale  amministrativo  regionale  della
Lombardia   sul  ricorso  proposto  da  un'agenzia  di  viaggi,  gia'
autorizzata  dalla  Regione  Lombardia,  nei  confronti del comune di
Macerata al fine di ottenere l'annullamento del provvedimento con cui
era  stata  dichiarata decaduta dal diritto di aprire una filiale per
mancato versamento della cauzione aggiuntiva.
    2.  -  Prima  di  venire  al merito della questione sollevata, e'
opportuno descrivere nelle sue linee essenziali l'origine delle norme
censurate.
    La  legge  della Regione Marche 14 luglio 1997, n. 41, prevedeva,
nella  versione  originaria,  la  necessita'  di  una  autorizzazione
ulteriore per l'apertura di filiali nel territorio regionale da parte
di  agenzie  di  viaggi  e  turismo. Successivamente, questa Corte ha
dichiarato   l'illegittimita'   costituzionale   di  leggi  regionali
(rispettivamente,  della  Lombardia  e  della  Sardegna)  di  analogo
contenuto:  una autorizzazione per l'apertura di filiali, distinta ed
ulteriore  rispetto  a quella gia' ottenuta in altra Regione e' stata
giudicata in contrasto con il principio fondamentale (art. 117, primo
comma,  Cost.)  dell'unita'  dell'impresa  proprio  della materia del
turismo,  come desunto dalla legge-quadro sul turismo e dalla nozione
codicistica  di impresa da essa incorporata, nonche' in contrasto con
la   liberta'   dell'impresa   di  articolare  la  propria  struttura
territoriale  secondo  proprie  ed  autonome  determinazioni (art. 41
Cost.) e con il divieto di innalzare barriere artificiose alla libera
circolazione di persone e cose ed all'esercizio del diritto al lavoro
sull'intero territorio nazionale (art. 120 Cost.).
    In  seguito  a  tali  pronunce,  la  legge  in questione e' stata
modificata dalla Regione Marche con legge 14 febbraio 2000, n. 8, che
ha  eliminato  l'obbligo  di  autorizzazione e previsto al suo posto,
nelle disposizioni che vengono qui all'esame, l'obbligo di comunicare
l'inizio   dell'attivita'  della  filiale  nonche'  di  integrare  il
deposito  cauzionale gia' versato per l'autorizzazione iniziale di un
importo  pari  alla  differenza  con  quanto  dovuto  e versato dalle
imprese autorizzate dalla Regione Marche.
    3.  -  La  legge-quadro  sul  turismo, dalla quale il remittente,
sulla  scia della giurisprudenza di questa Corte, desume il principio
di  unitarieta'  dell'impresa-agenzia  di viaggi, e' stata abrogata a
decorrere dall'entrata in vigore del d.P.C.m. 23 settembre 2002 (cfr.
art. 11,  comma 6,  della  legge  29 marzo  2001,  n. 135, recante la
«Riforma  della  legislazione  nazionale del turismo»). Essa non puo'
pertanto  fungere  da  paramentro interposto nel presente giudizio di
costituzionalita'.
    La  questione  e' tuttavia fondata in riferimento agli artt. 41 e
120 della Costituzione.
    E'  condivisibile,  nella sostanza, il rilievo del remittente che
puo'  ammettersi,  ai  fini  dell'apertura di una filiale, una pura e
semplice  denuncia  di  inizio  di attivita', cui non si accompagnino
ulteriori  oneri  procedimentali ma non l'imposizione di integrazioni
del deposito cauzionale. Le disposizioni censurate, invece, prevedono
non  solo  l'obbligo di denunciare l'apertura della filiale, ma anche
quello - benche' solo eventuale - di integrare il deposito cauzionale
gia'  versato  in  altra  Regione.  Va  precisato  che  l'obbligo  di
comunicazione  non  rientra, come sembra invece ritenere il giudice a
quo,  nella  denuncia  di  inizio  di attivita' prevista nell'art. 19
della  legge  7 agosto  1990,  n. 241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento  amministrativo  e  di  diritto  di accesso ai documenti
amministrativi).   Tale  comunicazione  non  va  a  sostituire  alcun
provvedimento  autorizzatorio,  ma e' finalizzata a rendere edotta la
pubblica  amministrazione dell'esistenza di una filiale il cui titolo
abilitativo,  sebbene  rilasciato  da  altra  Regione,  e' valido per
l'intero  territorio  nazionale,  e postula quindi la possibilita' di
controlli  ovunque  l'impresa venga esercitata. D'altronde, l'obbligo
di  una  mera  comunicazione  non  lede  la  liberta'  di  iniziativa
economica,  poiche'  con  esso  non si pone alcun vincolo alle scelte
dell'impresa   riguardo   alla  propria  articolazione  territoriale;
tantomeno   puo'   considerarsi  onere  procedimentale  in  grado  di
ostacolare   la   libera   circolazione   dei  fattori  produttivi  e
l'esercizio  del diritto al lavoro. Contrasta invece con gli artt. 41
e 120 della Costituzione la previsione, per l'apertura di filiali, di
un  onere  economico  ulteriore,  nella  forma  dell'integrazione del
deposito  cauzionale,  rispetto a quello gia' sostenuto inizialmente.
Quest'obbligo,   al  pari  della  previsione  di  una  autorizzazione
aggiuntiva  per  l'apertura  di  filiali dichiarata illegittima nelle
citate pronunce di questa Corte (sentenze n. 54 del 2001 e n. 362 del
1998),  lede  il  diritto  dell'imprenditore di modulare a sua scelta
l'organizzazione  territoriale  dell'agenzia  di  viaggi  e  al tempo
stesso, gravando l'impresa di oneri economici aggiuntivi, costituisce
un  illegittimo  ostacolo  alla  libera  circolazione delle persone e
delle  cose,  nonche' all'esercizio del diritto al lavoro su tutto il
territorio nazionale.