ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 1,
del  codice di procedura penale, promosso con ordinanza del 10 maggio
2002  dal  giudice  dell'udienza  preliminare  presso il Tribunale di
Catania  nel  procedimento penale a carico di A. C. e altri, iscritta
al  n. 102  del  registro  ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 12, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 24 settembre 2003 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un  procedimento penale il giudice
dell'udienza   preliminare   presso  il  Tribunale  di  Catania,  con
ordinanza  del  10 maggio  2002,  ha  sollevato,  in riferimento agli
articoli 3,  24  e  111 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 34, comma 1, del codice di procedura penale,
nella  parte  in  cui non prevede l'incompatibilita' alla funzione di
trattazione  dell'udienza  preliminare  per  il  giudice  che, per lo
stesso  fatto  e  nei  confronti  degli  stessi  imputati, abbia gia'
pronunciato,  all'esito  di  una  precedente  udienza preliminare, il
decreto che dispone il giudizio;
        che  il  giudice  a quo precisa di essere chiamato a svolgere
nuovamente  la  funzione di trattazione dell'udienza preliminare, per
gli  stessi  fatti  storici  e nei confronti degli stessi imputati, a
seguito  dell'annullamento,  in  sede dibattimentale, del decreto che
dispone  il  giudizio  precedentemente emesso dallo stesso rimettente
all'esito di una prima udienza preliminare;
        che  il  giudice  rimettente,  pur dando atto che una analoga
questione   di   legittimita'   costituzionale  e'  stata  dichiarata
manifestamente  infondata  dalla  Corte  costituzionale con ordinanza
n. 112  del  2001  - decisione, tuttavia, «svincolata dalle modifiche
apportate  all'udienza  preliminare  dalla  legge  16 dicembre  1999,
n. 479  e dalla nuova configurazione e dai nuovi contenuti assunti da
detta  fase  processuale»  -,  ritiene  che la questione debba essere
proposta alla luce delle affermazioni contenute nella sentenza n. 224
del  2001, che, a differenza della citata ordinanza n. 112, ha potuto
tener  conto  della  nuova  disciplina dell'udienza preliminare, come
ridisegnata  a  seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 479
del 1999;
        che nella sentenza da ultimo citata - osserva il rimettente -
la  Corte  ha  rilevato  che  il  marcato  incremento  quantitativo e
qualitativo dei poteri istruttori e decisori del giudice dell'udienza
preliminare,  come rispettivamente ridisegnati dagli articoli 421-bis
e  422  cod.  proc. pen. da una parte e dall'art. 425 cod. proc. pen.
dall'altra,  legittima  ormai  il  giudice  medesimo  a  compiere una
approfondita   valutazione  circa  il  merito  dell'accusa,  tale  da
radicare nello stesso una «forza della prevenzione» rilevante ai fini
della disciplina dell'incompatibilita';
        che  il  suddetto rilievo conduce il giudice a quo a dubitare
della  compatibilita'  con i principi di imparzialita' e di terzieta'
del giudice dell'anzidetta ipotesi, verificatasi nella specie, di una
nuova  celebrazione  dell'udienza  preliminare da parte di un giudice
che nel corso dello stesso procedimento penale abbia gia' emesso, nei
confronti  del  medesimo  imputato  e per lo stesso fatto storico, il
decreto che dispone il giudizio;
        che  nel giudizio cosi' promosso e' intervenuto il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata
infondata.
    Considerato  che  il  giudice  dell'udienza preliminare presso il
Tribunale di Catania dubita, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111
della  Costituzione,  della legittimita' costituzionale dell'art. 34,
comma 1,  del  codice  di  procedura  penale,  nella parte in cui non
prevede  l'incompatibilita' alla funzione di trattazione dell'udienza
preliminare  per  il giudice che, per lo stesso fatto e nei confronti
degli  stessi  imputati,  abbia  gia'  pronunciato,  all'esito di una
precedente udienza preliminare, il decreto che dispone il giudizio;
        che  questa  Corte  ha  recentemente  dichiarato  non fondate
identiche questioni sollevate sull'art. 34 cod. proc. pen., rilevando
come   -   essendo  l'udienza  preliminare  divenuta  un  momento  di
«giudizio»  alla luce sia delle innovazioni legislative ricordate dal
rimettente  (legge n. 479 del 1999), sia della legge 7 dicembre 2000,
n. 397  - la fase di trattazione di detta udienza rientri pianamente,
ove   ne  sussistano  gli  ulteriori  presupposti,  nelle  previsioni
dell'art. 34  cod.  proc. pen., che dispongono l'incompatibilita' del
giudice che abbia gia' giudicato sulla medesima res iudicanda, con la
conseguenza   che   spetta   al   giudice   che   procede   valutare,
indipendentemente  dalla  specifica causa che di volta in volta abbia
determinato  la  reiterazione  di  detta funzione in capo allo stesso
giudice-persona  fisica, le conseguenze di tale principio in rapporto
alla  specifica situazione processuale che gli si prospetta (sentenza
n. 335 del 2002; ordinanza n. 269 del 2003);
        che    pertanto   la   questione   deve   essere   dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.