IL TRIBUNALE Nel procedimento promosso dalla Rileno S.p.a. contro Sanfilippo Salvatore il giudice dell'esecuzione, sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 5 novembre 2003, ha emesso la seguente ordinanza. La Rileno S.p.a., concessionario del servizio riscossione tributi nella provincia di Como, ha pignorato lo stipendio di Sanfilippo Salvatore, per il pagamento coattivo della tassa rifiuti (anni 2000 e 2001), del complessivo importo (per capitale) di euro 205,29, come evidenziato dal verbale di pignoramento presso terzi, con contestuale citazione ex art. 543 c.p.c. All'udienza, la direzione provinciale dei servizi vari, terzo pignorato, ha dichiarato che Sanfilippo Salvatore (dipendente del Ministero dell'economia e finanze) percepisce uno stipendio mensile di euro 911,71, al netto di una precedente cessione volontana del quinto (con trattenuta mensile di euro 45,96) e della ritenuta di euro 242,46 operata a seguito dell'ordinanza di assegnazione, emessa all'esito di una precedente procedura esecutiva, a favore del creditore Tagliabue Vittorio. Ha precisato anche che a favore del medesimo creditore, per il soddisfacimento di un secondo e diverso credito, e' stata disposta l'assegnazione di un quinto dello stipendio, subordinata all'estinzione del primo credito. La Rileno ha chiesto l'assegnazione del credito dell'esecutato nei limiti di legge. In base all'art. 68, comma secondo d.P.R. 180/1950, nel caso di pignoramento eseguito successivamente ad una cessione gia' perfezionata - come indicato nella precedente sentenza 4584/1995 e ribadito nelle ord. 258 e 494/2000 C. cost. - il pignoramento puo' comunque avvenire, sempre nei limiti previsti dall'art. 2 dello stesso d.P.R. sulla differenza tra la meta' dello stipendio e la quota ceduta. L'art. 2, n. 3), d.P.R. 180/1950, nel testo originario, consentiva il pignoramento del quinto dello stipendio di pubblici dipendenti solo «per tributi dovuti allo Stato, alle province ed ai comuni». Con sent. 89/1987 e 878/1988 C.cost. e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 n. 3), d.P.R. 180/1950 nella parte in cui non prevede la pignorabilita' di un quinto dello stipendio dei pubblici dipendenti in genere, per ogni altro credito vantato nei confronti del personale. Il simultaneo concorso tra le diverse cause dei crediti, che consentono il pignoramento, e' disciplinato dal secondo comma dell'art. 2 cit., in base al quale, se concorrono i tipi di credito indicati ai nn. 2 (debiti verso lo Stato o l'ente pubblico da cui il debitore dipende) e 3 (debiti tributari ed oggi - a seguito delle suddette sentenze della C. cost. - anche i debiti per tutti i restanti titoli, fatta eccezione per quelli alimentari), il pignoramento non puo' colpire una quota maggiore del quinto dello stipendio. «Il simultaneo concorso delle cause» indica la coesistenza di piu' crediti verso il debitore esecutato, per cui la norma si applica anche quando una parte della retribuzione sia stata gia' assegnata a soddisfacimento futuro di un credito diverso da quello per cui si procede in via esecutiva (Cass. 6432/2003). In base alla normativa speciale per i soli pubblici dipendenti, attualmente vigente, il pignoramento eseguito dalla Rileno sullo stipendio del debitore, per il pagamento di tributi da questi direttamente dovuti, consentirebbe solo un'assegnazione del quinto dello stipendio, subordinata all'integrale estinzione dei crediti per il cui soddisfacimento e' gia' stato assegnato l'unico quinto pignorabile per tutti i crediti diversi da quelli di natura alimentare. Invece, nel caso di esecuzione forzata sullo stipendio dei lavoratori del settore privato, 1'art. 545 c.p.c. prevede che il pignoramento possa avvenire «nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni ed in eguale misura per ogni altro credito» (comma 4) e che, nel caso di simultaneo concorso di crediti per i titoli espressamente specificati nella norma (cioe' quelli di natura alimentare, tributaria ed ordinaria), il pignoramento non possa superare il limite della meta' dello stipendio (comma 5). Tuttavia, dal momento che lo stipendio di un pubblico dipendente non ha natura diversa dalla retribuzione dei lavoratori dipendenti del settore privato, la mancata previsione di uno specifico pignoramento del quinto per i crediti di natura tributaria, separato e distinto dal pignoramento eseguito per i crediti di altra natura, e del suo eventuale concorso con questo nel limite della meta' dello stipendio, sembra costituire un trattamento ingiustificatamente piu' favorevole stabilito per i titolari di detti stipendi, rispetto a quelli corrisposti dai datori di lavoro privati, in contrasto con l'art. 3 Cost. L'illegittimita' costituzionale evidenziata, oltre che rilevante ai fini della decisione sull'assegnazione richiesta dalla Rileno, appare quindi anche non manifestamente infondata. Ove venisse ritenuta fondata la suddetta questione di legittimita' costituzionale, se ne prospetterebbe un'altra, da essa logicamente dipendente. Come gia' indicato, per i pubblici dipendenti, la cessione di una quota dello stipendio, perfezionatasi prima del pignoramento, non incide sui limiti con cui questo puo' avvenire (stabiliti dall'art. 2 d.P.R. 180/1950), ma impone solo un secondo limite, successivo ed ulteriore, cioe' il divieto di superare, sommando l'importo pignorato con quello della quota ceduta, la meta' dello stipendio, al netto di ritenute, per cui in definitiva, il pignoramento puo' colpire fino ai 3/10 dell'importo complessivo dello stipendio (C. cost. 4584/1995). Tale norma ha carattere speciale e quindi eccezionale, rispetto a quanto previsto in via generale dall'art. 2914 n. 2) c.c., in base al quale la cessione di crediti - anche futuri, purche' con origine da un rapporto-base gia' esistente - prevale sul pignoramento (nell'ambito di un triennio, se la cessione riguarda l'intero credito - Cass. 15141/2002). L'art. 2914, n. 2), c.c. si applica anche nel caso in cui la cessione abbia per oggetto solo una parte del futuro credito (che e' generalmente il quinto, pure per gli stipendi dei dipendenti privati), anche se in questo caso, non sussistendo il pericolo che tale bene venga interamente sottratto alla garanzia patrimoniale generale (art. 2740 c.c.), non puo' operare il limite del triennio per la sua opponibilita' al pignoramento successivo. Per i dipendenti diversi da quelli pubblici, mancando una norma analoga all'art. 68, comma 2, d.P.R. 180/1950 - che impone di tener conto della cessione precedente il pignoramento solo dopo la quantificazione di questo, per verificare che la loro somma non superi la meta' dello stipendio - la cessione di parte dello stipendio (che in quanto atto dispositivo di natura volontaria non e' assimilabile ne' al sequestro ne' al pignoramento) perfezionatasi prima del pignoramento, determina solo una diminuzione dell' importo dello stipendio opponibile al creditore pignorante e quindi, la riduzione della base di calcolo del quinto pignorabile. Di conseguenza, la quota della retribuzione pignorabile ai sensi dell'art. 545 c.p.c. si riduce (se la precedente cessione e' di un quinto) ai 4/5 dello stipendio per cui il pignoramento puo' avvenire nei limiti di un quinto di tale quota residua, cioe' sui 4/25 (equivalenti ad 8/50) dello stipendio, con il divieto di superare, in caso di concorso di pignoramenti per crediti di natura diversa, la sua meta' cioe' 2/5, equivalenti a 20/50 Nel caso di cessione di una quota dello stipendio prima del pignoramento, il pubblico dipendente ha un trattamento piu' sfavorevole rispetto ad un lavoratore del settore privato perche' il pignoramento viene sempre eseguito sui 10/50 dell'intero stipendio, ma piu' favorevole nel caso di pignorainenti concorrenti, perche' non e' possibile superare la quota della meta' dell'intero stipendio, cioe' i 25/50. La disciplina della medesima fattispecie, diversa per i dipendenti pubblici rispetto a quella prevista per quelli privati, appare in contrasto con l'art. 3 Cost. L'illegittimita' costituzionale evidenziata, oltre che rilevante ai fini della quantificazione della somma da assegnare eventualmente alla Rileno, ove venisse accolta la prima questione, appare quindi anche non manifestamente infondata.