ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 144, quarto
comma,  del  regio  decreto  16 marzo  1942,  n. 267  (Disciplina del
fallimento,    del   concordato   preventivo,,   dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con
ordinanza  del  29 agosto  2003  dalla Corte di appello di Genova nel
procedimento di appello proposto da Albo Antonio, iscritta al n. 1005
del  registro  ordinanze  2003  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2003.
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 26 maggio 2004 il giudice
relatore Annibale Marini.

                          Ritenuto in fatto

    La  Corte di appello di Genova, con ordinanza del 29 agosto 2003,
ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 144, secondo comma
(recte:  art. 144,  quarto  comma),  del regio decreto 16 marzo 1942,
n. 267   (Disciplina   del  fallimento,  del  concordato  preventivo,
dell'amministrazione   controllata   e   della   liquidazione  coatta
amministrativa),  nella  parte  in  cui  prevede  che  il  termine di
quindici giorni per proporre il reclamo alla corte di appello avverso
la   sentenza   del   tribunale   che   provvede   sulla  istanza  di
riabilitazione  decorre  dalla  data  dell'affissione  della sentenza
anziche' da quella della sua comunicazione.
    Premesso  di  doversi  pronunciare  sulla  ammissibilita'  di  un
reclamo,  proposto  oltre  il  quindicesimo  giorno dalla affissione,
avverso  una  sentenza  mai comunicata all'interessato, il rimettente
ricorda  che  altre norme della legge fallimentare, che - come quella
impugnata  -  ricollegavano  il  decorso di termini decadenziali alla
affissione  del  provvedimento,  sono state dichiarate illegittime in
quanto  lesive  del principio di eguaglianza e del diritto di difesa.
Ritiene  percio'  non  «razionalmente  giustificata» la sopravvivenza
della  norma  censurata,  evidentemente  contrastante  con i medesimi
parametri.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Corte di appello di Genova dubita, in riferimento agli
artt. 3  e  24  della Costituzione, della legittimita' costituzionale
dell'art. 144,  quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267
(Disciplina    del    fallimento,    del    concordato    preventivo,
dell'amministrazione   controllata   e   della   liquidazione  coatta
amministrativa),  nella  parte  in  cui prevede che il termine per la
proposizione   del   reclamo   avverso   la   sentenza  che  provvede
sull'istanza di riabilitazione decorre dalla data di affissione della
sentenza anziche' da quella della sua comunicazione.
    2.  -  La  giurisprudenza costituzionale ha costantemente escluso
che  l'erronea  indicazione  della  norma  censurata ridondi in vizio
dell'ordinanza  quando dal contesto della motivazione sia agevolmente
individuabile  la  norma  effettivamente impugnata dal rimettente (ex
multis: ordinanze n. 415 e n. 60 del 2002).
    E  nella  specie  non  e' dubbio, anche per i puntuali e numerosi
precedenti  giurisprudenziali  richiamati  nel testo dell'ordinanza a
conforto   della   tesi   dell'incostituzionalita'  della  disciplina
censurata,  che  il  riferimento  al secondo comma anziche' al quarto
comma  dell'art. 144  del  regio  decreto  n. 267  del  16 marzo 1942
costituisca un mero lapsus calami.
    3. - Nel merito la questione e' fondata.
    Questa  Corte,  scrutinando altre norme della legge fallimentare,
ha   affermato   che   la  scelta  dell'affissione,  quale  forma  di
pubblicita'  idonea  a far decorrere il termine per l'impugnazione di
un   atto,   puo'  essere  giustificata  solo  dalla  difficolta'  di
individuare   coloro   che   possono   avere   interesse  a  proporre
l'impugnazione  stessa  (sentenze n. 273 del 1987 e n. 153 del 1980),
risultando  priva, invece, di razionale giustificazione se riferita a
soggetti preventivamente individuati dal legislatore (sentenze n. 211
del  2001, n. 152 e n. 151 del 1980, n. 255 del 1974). Cio' in quanto
l'affissione   determina   una   mera  presunzione  legale,  peraltro
insuperabile, di conoscenza dell'atto ed e' quindi compatibile con il
diritto   di   difesa   del   destinatario   nei  soli  casi  in  cui
l'individuazione  di  questi,  ed  il  conseguente ricorso a mezzi di
comunicazione  diretta  dell'atto  stesso,  risultino  impossibili  o
estremamente difficoltosi.
    Condizioni,  queste  ultime,  che  di  certo  non ricorrono nella
fattispecie   disciplinata  dalla  norma  impugnata,  atteso  che  la
legittimazione  a  proporre  il  reclamo  spetta solamente a soggetti
individuati,  per avere partecipato al giudizio dinanzi al tribunale,
ed  ai  quali  la  sentenza  va  comunicata,  ai sensi dell'art. 133,
secondo comma, del codice di procedura civile.
    La  norma stessa risulta percio' lesiva del diritto di difesa del
reclamante,  nella  parte  in  cui  prevede  che  il  termine  per la
proposizione  del  reclamo  decorre  dall'affissione invece che dalla
comunicazione  della  sentenza  ed  in  tali  termini  va  dichiarata
costituzionalmente illegittima.