ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale degli artt. 7, commi 2 e
4,  8,  comma 1,  e  10,  comma 2,  della  legge  6 marzo 2001, n. 64
(Istituzione del servizio civile nazionale) e degli artt. 2, 3, 4, 5,
6,  7, 8, 9, 11, 12 e 13 del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77
(Disciplina  del  servizio  civile  nazionale a norma dell'articolo 2
della  legge  6 marzo  2001,  n. 64),  promossi con due ricorsi della
Provincia  autonoma  di  Trento, notificati il 20 aprile 2001 e il 28
giugno 2002,  depositati  in  cancelleria  il  26 aprile  2001  e  il
5 luglio  2002  ed  iscritti al n. 21 del registro ricorsi 2001 ed al
n. 44 del registro ricorsi 2002.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 aprile 2004 il giudice relatore
Fernanda Contri;
    Uditi l'avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di
Trento  e  l'avvocato  dello Stato Ignazio Francesco Caramazza per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.1.  -  Con  ricorso  depositato  il 26 aprile 2001, iscritto al
registro  ricorsi  n. 21 del 2001, la Provincia autonoma di Trento ha
impugnato  gli artt. 7, commi 2 e 4, 8, comma 1, e 10, comma 2, della
legge   6 marzo   2001,   n. 64   (Istituzione  del  servizio  civile
nazionale),  per  violazione:  a) dell'art. 8, numeri 1), 3), 4), 5),
6),  13), 16), 17), 20), 21), 23), 25) e 29), dell'art. 9, numeri 2),
4),  5)  e  10),  e  dell'art. 16 dello statuto speciale di autonomia
(d.P.R.   31 agosto   1972,  n. 670),  e  delle  «relative  norme  di
attuazione»;  b)  dell'art. 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme
di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  il Trentino-Alto Adige
concernenti   il  rapporto  tra  atti  legislativi  statali  e  leggi
regionali  e  provinciali, nonche' la potesta' statale di indirizzo e
coordinamento);  c) dell'autonomia finanziaria della Provincia, quale
garantita  dal  titolo  VI dello statuto, come modificato dalla legge
30 novembre  1989,  n. 386  (Norme per il coordinamento della finanza
della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento
e   di   Bolzano   con  la  riforma  tributaria),  e  in  particolare
dell'art. 5, commi 2 e 3, della citata legge n. 386.
    La  ricorrente  premette  che la disciplina della legge n. 64 del
2001   «interseca»  molte  delle  materie  affidate  alle  competenze
legislative  e amministrative della Provincia, quali, in particolare,
quelle  in  tema  di  ordinamento  degli  uffici  provinciali  e  del
personale  a  essi  addetto, di tutela e conservazione del patrimonio
storico,   artistico   e  popolare,  di  manifestazioni  e  attivita'
artistiche,  culturali ed educative locali, di urbanistica, di tutela
del  paesaggio,  di  opere  di  prevenzione  e  pronto  soccorso  per
calamita'  pubbliche, di alpicoltura e parchi per la protezione della
flora e della fauna, di lavori pubblici, di turismo, di agricoltura e
foreste,   di  lavoro,  di  assistenza  e  beneficenza  pubblica,  di
addestramento  e formazione professionale, di istruzione elementare e
secondaria,  nonche'  di  igiene  e  sanita': materie contenute negli
artt. 8, 9 e 16 dello statuto e nelle relative norme di attuazione.
    Questa  «intersezione»  risulta,  in  generale, dalla indicazione
delle  finalita' del servizio civile nazionale, contenuta nell'art. 1
della  legge  n. 64  del  2001:  «promuovere  la  solidarieta'  e  la
cooperazione,  a livello nazionale ed internazionale, con particolare
riguardo  alla  tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona»,
«partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione,
con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l'aspetto
dell'agricoltura  in  zona di montagna, forestale, storico-artistico,
culturale  e  della  protezione civile», «contribuire alla formazione
civica, sociale, culturale e professionale dei giovani».
    Sulla   premessa   che  spetti  allo  Stato  porre  solamente  la
disciplina giuridica generale del servizio civile nella misura in cui
lo  svolgimento  dello stesso determini l'assolvimento degli obblighi
di leva, spettando invece alla Provincia autonoma la disciplina delle
concrete  attivita'  nelle  quali  il servizio si realizza, in quanto
esse  rientrano  in  ambiti  materiali  di competenza provinciale, la
ricorrente   muove   specifiche   censure   rispetto   alle  seguenti
disposizioni   della  legge  n. 64  del  2001:  a)  all'art. 7,  che,
attribuendo  all'Ufficio  nazionale  per  il  servizio civile, di cui
all'art. 8  della legge 8 luglio 1998, n. 230 (Nuove norme in materia
di  obiezione  di  coscienza), il compito di curare l'organizzazione,
l'attuazione  e  lo  svolgimento  del  servizio,  stabilisce che esso
approva  i  progetti  di impiego predisposti dalle amministrazioni di
Regioni   e   Province   autonome,  coordinando  i  progetti  con  la
programmazione nazionale (comma 2), e prevede inoltre la costituzione
in  ambito  regionale e provinciale di strutture burocratiche statali
(comma  4);  b)  all'art. 10,  comma 2, che attribuisce allo Stato il
potere   di  determinare  con  d.P.C.m.  «crediti  formativi»  per  i
cittadini   che  prestano  il  servizio  civile,  rilevanti  ai  fini
dell'istruzione  o della formazione professionale; c) all'art. 8, che
prevede   che   con   regolamento   statale   siano   determinati  le
caratteristiche  e  gli  standard di utilita' sociale dei progetti di
impiego,  i  criteri  per  il  riparto  dei  finanziamenti, i modi di
verifica e controllo sui progetti.
    Le  suddette previsioni inciderebbero su materie attribuite dallo
statuto alla competenza legislativa e amministrativa della Provincia,
ponendosi   altresi'   in  contrasto  con  l'art. 4  delle  norme  di
attuazione dello statuto.
    1.2. - Nel giudizio cosi' promosso si e' costituito il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri,  tramite  l'Avvocatura  generale dello
Stato,  contestando l'argomento di fondo della ricorrente, incentrato
sulla  distinzione  tra la disciplina giuridica generale del servizio
civile,  spettante allo Stato, e la regolazione delle attivita' nelle
quali il servizio consiste, spettante alla Provincia in rapporto agli
ambiti materiali interessati.
    Il  servizio  civile  non  sarebbe  finalizzato al raggiungimento
degli  obiettivi  propri delle materie che la Provincia rivendica, ma
sarebbe  svolto in funzione dei diversi e molteplici obiettivi che la
legge  istitutiva definisce. Alla stregua di questo connotato di base
del  servizio,  «che  involge  interessi  unitari  e  nazionali», non
potrebbero  dirsi  invasive  delle  competenze provinciali le singole
disposizioni censurate.
    1.3.  -  La ricorrente Provincia autonoma di Trento ha depositato
una  memoria,  contestando  l'impostazione  della difesa erariale, in
quanto  essa  non  dimostra  la  ragione  della  asserita  necessaria
«unitarieta»,  e  affermando che lo Stato non potrebbe, attraverso la
mera qualificazione del servizio civile come «nazionale», autofondare
la  competenza  e  prevedere  cosi' una gestione del tutto accentrata
delle attivita' in questione.
    1.4.  - Anche l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato una
memoria  nel  medesimo  giudizio,  sottolineando  tra  l'altro che il
servizio civile partecipa della medesima natura del servizio di leva,
quale  prestazione  equivalente  a  quest'ultimo e riconducibile alla
stessa  idea  di  difesa della Patria, come affermato da questa Corte
nella  sentenza n. 164 del 1985; per tale sua natura, esso atterrebbe
a  materia  (difesa  e  Forze  armate)  di spettanza dello Stato, nel
sistema  anteriore  come  in  quello  vigente  del  Titolo  V, e cio'
indipendentemente  dalle  «interferenze» che possano determinarsi con
alcune competenze provinciali.
    1.5. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 6 aprile 2004, la
ricorrente  Provincia  autonoma  ha depositato una ulteriore memoria,
con  la  quale ribadisce la non riconducibilita' del servizio civile,
disciplinato per il periodo transitorio dal Capo II della legge n. 64
del 2001, al concetto di difesa della Patria.
    Si  sottolinea,  tra l'altro, che la legge n. 64 del 2001 prevede
che  possano  svolgere il servizio civile anche soggetti che non sono
in  alcun modo tenuti a compiere il servizio militare, quali le donne
e  i  cittadini  dichiarati inabili al servizio militare. L'attivita'
prestata  da  questi ultimi non sarebbe in alcun modo assimilabile al
concetto  di  difesa della Patria, pur inteso alla luce della lettura
evolutiva proposta da questa Corte.
    La  ricorrente  ritiene  che  anche  con riferimento a coloro che
optano  per  il  servizio  civile  in  alternativa  a quello militare
possano  valere  le  medesime  conclusioni.  In  quest'ultima ipotesi
emergerebbero   esigenze   di  unitarieta',  che  pero'  atterrebbero
unicamente   agli  aspetti  di  disciplina  giuridica  generale,  non
implicando  che  le  attivita'  concrete in cui si svolge il servizio
civile  debbano  essere  regolate  e  amministrate direttamente dallo
Stato.
    La  ricorrente  sottolinea,  inoltre,  che,  ove  il  legislatore
statale  ritenesse che talune funzioni del servizio civile richiedano
livelli  di  coordinamento  unitario,  in  ragione  del  principio di
sussidiarieta',  l'intervento statale dovrebbe uniformarsi ai criteri
e  ai  principi di collaborazione fissati da questa Corte soprattutto
con  le  sentenze n. 303 del 2003 e n. 6 del 2004; il che non sarebbe
avvenuto con riguardo alla impugnata normativa.
    La competenza statale non potrebbe nemmeno fondarsi sul fatto che
la determinazione del contingente annuo di soggetti da ammettere alla
prestazione  del servizio civile sia determinata dalle disponibilita'
finanziarie,  cosicche'  l'ipotesi  di  un totale decentramento della
gestione  degli  obiettori  non permetterebbe un controllo dei flussi
finanziari  correlativi.  La  Provincia autonoma non ha rivendicato -
nella  costanza del collegamento con il servizio militare - il potere
di decidere quanti debbano essere di anno in anno i soggetti chiamati
a  svolgere  il  servizio  civile,  ritenendo  invece  che, una volta
quantificato  il  numero dei soggetti chiamati e stanziati i relativi
fondi,  questi  ultimi  -  con  riferimento  alle attivita' svolte in
ambito  provinciale  -  debbano  essere  direttamente gestititi dalla
Provincia medesima.
    1.6. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 6 aprile 2004, ha
depositato memoria anche l'Avvocatura dello Stato. La difesa erariale
premette  di aver ritenuto opportuno redigere una unica memoria per i
giudizi di cui ai reg. ricorsi n. 21 del 2001, n. 44 del 2002 e n. 97
del 2003.
    Con  riferimento al giudizio di cui al ricorso n. 21 del 2001, la
difesa  erariale  precisa, riguardo alla censura relativa all'art. 7,
comma 2,  della  legge n. 64 del 2001, che nulla vieta alla Provincia
ricorrente  di  strutturare e finanziare con proprie risorse autonomi
interventi  nelle  materie  di  propria  pertinenza  volti a favorire
iniziative nel settore del servizio civile.
    Per  quanto  riguarda  l'art. 7,  comma 4,  della suddetta legge,
l'Avvocatura precisa che esso e' stato tacitamente abrogato a seguito
della  soppressione dell'Agenzia ai sensi dell'art. 3, comma 1, della
legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di
pubblica amministrazione).
    Con  riguardo  alla  eccezione di incostituzionalita' dell'art. 8
della  citata  legge,  la  difesa erariale ritiene che l'adozione del
regolamento  di  cui  al comma 1 sia tra l'altro funzionale (comma 3)
alla  abrogazione  delle  disposizioni  incompatibili dei regolamenti
previsti  dalla  legge n. 230 del 1998. Si precisa, comunque, che, in
linea  con  quanto  prospettato  dalla Provincia, sono stati adottati
atti  di  indirizzo e coordinamento in luogo del previsto regolamento
(d.P.C.m.  del  10 agosto 2001; circolare del 29 novembre 2002, prot.
n. 31550; circolare 10 novembre 2003, n. 53529).
    Per   quanto  attiene,  infine,  al  riconoscimento  dei  crediti
formativi, secondo la difesa erariale l'art. 10 della legge n. 64 del
2001 correttamente prevederebbe l'adozione di un d.P.C.m., quale atto
di   indirizzo   e   coordinamento  per  garantire  l'unitarieta'  di
disciplina  per  coloro che svolgono il servizio civile o il servizio
militare.
    2.1.  -  Con  ricorso  depositato  il  5 luglio 2002, iscritto al
registro  ricorsi  n. 44 del 2002, la Provincia autonoma di Trento ha
impugnato  gli  artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12 e 13 del decreto
legislativo  5 aprile  2002,  n. 77  (Disciplina  del servizio civile
nazionale  a  norma dell'articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64),
per  violazione: a) dell'art. 8, numeri 1), 3), 4), 5), 6), 13), 16),
17),  20), 21), 23), 25) e 29), dell'art. 9, numeri 2), 4), 5) e 10),
e  dell'art. 16 dello statuto speciale di autonomia (d.P.R. 31 agosto
1972,   n. 670),   e   delle   «relative  norme  di  attuazione»;  b)
dell'autonomia  finanziaria  della  Provincia,  quale  garantita  dal
titolo  VI  dello  statuto,  come  modificato dalla legge 30 novembre
1989, n. 386, e in particolare dell'art. 5, commi 2 e 3, della citata
legge n. 386 del 1989; c) dell'art. 117, commi secondo, terzo, quarto
e sesto, della Costituzione e dell'art. 10 della legge costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche  al  titolo V della parte seconda
della  Costituzione);  d)  degli  artt. 3  e  76  della  Costituzione
(parametri  non invocati espressamente dalla Provincia ricorrente, ma
agevolmente ricavabili dal testo del ricorso).
    La  Provincia ricorda di avere gia' impugnato alcune disposizioni
della  legge delega n. 64 del 2001, con il ricorso n. 21 del 2001, in
relazione ai parametri allora in vigore.
    Dal   momento  della  delega  sono  intervenuti  rilevanti  fatti
giuridici  che  ad  avviso  della  Provincia  portano a riconsiderare
l'intera disciplina.
    Il  primo rilievo concerne la base volontaria che caratterizza il
servizio oggetto di disciplina con il d.lgs. n. 77 del 2002, il quale
attiene  a  questo  specifico  tipo  di servizio civile, non a quello
prestato   dagli   obiettori  in  alternativa  al  servizio  militare
obbligatorio.  Di  quest'ultimo,  osserva  la  ricorrente,  e'  stata
d'altra  parte  prevista  (art. 7  del  d.lgs. 8 maggio 2001, n. 215,
recante  «Disposizioni per disciplinare la trasformazione progressiva
dello  strumento  militare in professionale, a norma dell'articolo 3,
comma 1, della legge 14 novembre 2000, n. 331») la «sospensione» - ma
di  fatto  la  pratica soppressione, salva la reviviscenza in ipotesi
eccezionali  ed  estreme,  come  situazioni di guerra e di gravissima
crisi internazionale - a decorrere dal 1° gennaio 2007.
    In  ogni  caso,  l'oggetto del d.lgs. n. 77 del 2002 impugnato e'
totalmente  diverso, poiche' si tratta di un servizio volontario, che
non  ha piu' alcun collegamento con la prestazione militare. Il nomen
di servizio civile e' comune, dunque, ma la sostanza della disciplina
e' radicalmente diversa.
    Il   secondo   rilievo   della  Provincia  concerne  le  profonde
modificazioni  del  quadro  delle  competenze, statali e regionali (e
delle  Province  autonome), apportate dalla legge costituzionale n. 3
del  2001,  che,  nel riformare il Titolo V della Parte seconda della
Costituzione,  ha  stabilito,  nel  suo art. 10, l'applicazione delle
nuove  disposizioni  anche  alle  Regioni  a  statuto speciale e alle
Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  per  le parti in cui
prevedono forme piu' ampie di autonomia.
    La  redistribuzione  delle  competenze  e  la  parallela prevista
scomparsa del servizio militare obbligatorio pongono in termini nuovi
il giudizio circa la validita' della disciplina.
    La  Provincia  autonoma  sintetizza  come  segue  i  criteri alla
stregua  dei quali devono essere considerate le censure rivolte verso
le singole disposizioni del decreto:
        il disegno organizzativo del nuovo servizio civile, di cui al
d.lgs.  n. 77  del  2002,  non  puo' in generale essere riferito alla
materia   della   difesa;   possono  eventualmente  esserlo  singoli,
specifici  progetti  presentati  da  enti  del  settore,  per  questi
soltanto valendo la competenza statale;
        i  progetti  di  servizio  civile  che attengono a materie di
competenza  regionale  o  provinciale non possono essere disciplinati
dallo  Stato,  se  non  limitatamente  alla  posizione  di  norme  di
principio  nelle  materie  di  potesta' concorrente, mentre spetta in
toto  alle  Regioni e Province autonome la disciplina negli ambiti di
potesta'  esclusiva  o  residuale  ex  art. 117,  quarto comma, della
Costituzione;
        l'organizzazione  complessiva del servizio e' riferibile alla
materia  della  tutela  del  lavoro, con potesta' statale concorrente
limitata ai principi;
        la  formazione  concernente  il  servizio  rientra pienamente
nella competenza provinciale;
        in  tutti  gli ambiti sopra detti, sono comunque illegittime,
ex  art. 117, sesto comma, della Costituzione, le norme che prevedono
una  potesta'  regolamentare  o comunque di integrazione normativa da
parte del Governo;
        quanto   al   finanziamento,   allo   Stato   puo'  competere
esclusivamente  la quota riferibile alle spese generali e ai progetti
che fanno capo alla materia «difesa» in senso stretto;
        la  gestione  amministrativa dei progetti spetta in ogni caso
alla Provincia, ex art. 16 dello statuto di autonomia.
    Muovendo dai criteri sopra enunciati, la Provincia formula quindi
specifiche  censure  relativamente a singole disposizioni del decreto
legislativo  n. 77  del  2002,  nei  termini  che  si sintetizzano di
seguito:
        a)  art. 2,  commi 1  e 2: sarebbe incostituzionale in quanto
affida  all'Ufficio  nazionale  per  il servizio civile la piu' ampia
gestione  del servizio («... cura l'organizzazione, l'attuazione e lo
svolgimento del servizio civile nazionale, nonche' la programmazione,
l'indirizzo,   il   coordinamento  ed  il  controllo,  stabilendo  le
direttive ed individuando gli obiettivi degli interventi»), riducendo
le  funzioni  di  Regioni  e  Province  autonome  a  compiti  di mera
attuazione;
        b)  art. 3, comma 3: sarebbe incostituzionale perche' abilita
lo  Stato  -  con  d.P.C.m.  -  a  estendere  o ridurre il periodo di
servizio   in   relazione   a  specifici  ambiti  e  progetti,  senza
distinzioni  e  dunque  senza  riconoscere  la competenza regionale e
provinciale quanto alle materie di loro competenza;
        c)  art. 3,  comma 6: violerebbe il principio di eguaglianza,
in  quanto  abilita  lo  Stato  a  individuare  (con  d.P.C.m.)  «gli
incarichi  pericolosi, faticosi o insalubri» ai quali non puo' essere
assegnato   il   personale   femminile;   in   particolare,   sarebbe
discriminatoria  e  ingiustificata  la  limitazione ad assumere certi
incarichi motivata solo dalla condizione femminile;
        d)  art. 4,  concernente  il  fondo nazionale per il servizio
civile:  in  via  preliminare,  la  Provincia  prospetta la possibile
violazione della delega, proprio in quanto e' prevista la distinzione
tra  tale fondo e quello delle politiche sociali, nel quale invece il
primo avrebbe dovuto confluire, ai sensi dell'art. 11, comma 3, della
legge  delega  n. 64  del  2001.  In ogni caso, la ripartizione delle
risorse, quale delineata nel comma 2 dell'art. 4 impugnato, ripete il
medesimo  vizio  della  impropria ripartizione di compiti tra Stato e
Regioni, in particolare assegnando a Regioni e Province autonome solo
una  quota  relativa  ad attivita' di «informazione e formazione», in
luogo  dell'intero  fondo. Il comma 5, poi, prevedendo un regolamento
statale   per   disciplinare   le   modalita'   di   gestione   e  di
rendicontazione delle risorse, sarebbe illegittimo ex art. 117, sesto
comma,   della   Costituzione,  attesa  la  preponderante  competenza
regionale e provinciale nella materia regolata;
        e)  art. 5,  commi  da 1 a 4, riguardante la formazione di un
albo  nazionale  e  di albi su scala regionale e provinciale, ai fini
dell'iscrizione  in questi ultimi di enti e organismi che svolgono in
ambito  locale  le  attivita'  riconducibili  al servizio civile: una
volta   che  questo  sia  ricollegato  alle  competenze  regionali  e
provinciali,  esso  dovrebbe  «necessariamente»  articolarsi  su base
territoriale, e non potrebbe esistere dunque nessun albo «nazionale»,
mentre   eventuali   enti  di  dimensione  infraregionale  potrebbero
iscriversi in piu' albi, secondo le loro esigenze;
        f) art. 6, concernente i «progetti»: il comma 1, che affida a
un  regolamento  governativo  la  predisposizione, in generale, delle
caratteristiche  di  «tutti»  i  progetti,  e il comma 3, che prevede
anch'esso  un  potere  statale di disciplina amministrativa quanto ai
requisiti  soggettivi  di idoneita' al servizio, sono censurati dalla
Provincia   per   violazione   dell'art. 117,   sesto   comma,  della
Costituzione;  mentre  i  commi 4  e  5,  concernenti  la  competenza
all'approvazione  dei  progetti,  impostati  nel medesimo senso delle
sopra  citate  disposizioni  sul fondo e sugli albi, sarebbero lesivi
della  competenza  della  Provincia,  alla  quale  resterebbe la sola
approvazione  di  progetti  di limitata rilevanza territoriale, salvo
per  di piu' un «nulla-osta» statale. Questa impostazione, afferma la
Provincia, andrebbe ribaltata: allo Stato l'enucleazione dei principi
fondamentali  del  servizio,  in  quanto  riferito alle politiche del
lavoro;  alle Regioni e Province autonome la disciplina e la gestione
del  servizio,  dunque dei progetti, senza che possa assumere rilievo
contrario la «rilevanza nazionale» di essi (comma 4);
        g)  art. 7,  che  demanda  all'Ufficio nazionale di stabilire
annualmente  il  numero  massimo  di  giovani  ammessi  a prestare il
servizio  civile volontario: la Provincia ritiene incostituzionale, e
rispondente  alla  logica  di  fondo  del  decreto  che  configura il
servizio come sistema essenzialmente statale, la predeterminazione di
un tetto limitativo del numero complessivo, che potra' invece variare
-  si afferma - a seconda delle risorse che ciascun ente territoriale
riterra' di impiegare per gli scopi del servizio;
        h)   art. 8,  concernente  la  disciplina  del  «rapporto  di
servizio  civile»:  la Provincia impugna, ancora per violazione delle
proprie competenze, specificamente il comma 2, che affida all'Ufficio
nazionale   la   predisposizione   degli   schemi  delle  domande  di
ammissione,  e  il  connesso  comma 5  che  esige  la conformita' dei
contratti  stipulati  tra  enti  e  soggetti  ammessi  agli  «schemi»
suddetti;  cosi',  anche  l'approvazione  dei  contratti  (ancora  il
comma 5)  dovrebbe fare capo alla Provincia, mentre il comma 6 impone
a  quest'ultima  adempimenti  documentali non necessari, e il comma 7
prevede  il rilascio dell'attestato di servizio da parte dell'Ufficio
nazionale  anziche',  in  base  al corretto riparto di competenze, da
parte di Regioni e Province;
        i)  art. 9, relativo al trattamento economico e giuridico dei
soggetti   ammessi   al  servizio:  la  Provincia  afferma  in  linea
preliminare  l'incostituzionalita'  del  comma 1, in quanto esso nega
che il rapporto di servizio civile costituisca un rapporto di lavoro,
sostenendo  che  una  simile previsione e' in «palese contraddizione»
con  i reali caratteri del rapporto medesimo. Il comma 2, rapportando
il  trattamento  economico  dei  soggetti  a  quello dei volontari di
truppa  in  ferma  annuale,  esprime  un  residuo collegamento con il
servizio   militare   che  sarebbe  del  tutto  privo  di  fondamento
costituzionale,   analogamente  a  quanto  stabilisce  il  successivo
comma 4, in tema di riconoscimento del servizio a fini previdenziali.
Incostituzionale  sarebbe  altresi'  il comma 7, che consente ai soli
dipendenti  pubblici di accedere all'aspettativa senza assegni per il
tempo  di  prestazione  del  servizio,  in  quanto  determinerebbe un
ingiustificato  privilegio,  in  danno  dei  dipendenti privati per i
quali  invece  varrebbe la regola della piena incompatibilita' di cui
all'art. 10,   comma 2,  del  d.lgs.  n. 77;  con  parallela  lesione
dell'autonomia delle amministrazioni non statali al riguardo;
        l) art. 11, in tema di «formazione al servizio civile»: posto
che  la  materia  di  riferimento  e'  la  formazione  professionale,
riservata  alla  potesta'  legislativa  residuale  delle  Regioni  (e
Province  autonome)  a  norma  del  quarto  comma dell'art. 117 della
Costituzione,   sarebbero   illegittime   sia   le  disposizioni  che
contengono  prescrizioni  di dettaglio, come la durata, le modalita',
le  materie  di  tale  specifica «formazione» (commi 1, 2, 4), sia la
previsione  dell'organizzazione  di  corsi  di  formazione  da  parte
dell'Ufficio nazionale (comma 3), sia, infine, l'attribuzione a detto
Ufficio  di  compiti  di  definizione dei contenuti e di monitoraggio
della formazione (ancora il comma 3);
        m)  art. 12,  sul  servizio  civile all'estero: una volta che
spetti  a  Regioni e Province autonome la disciplina del servizio non
v'e'  ragione  -  rileva  la  ricorrente - di riservare allo Stato lo
svolgimento   di  esso  all'estero,  che  «non  muta  il  radicamento
nazionale  del  progetto»,  onde  l'incostituzionalita'  del comma 1,
anche  sotto l'ulteriore profilo della potesta' regolamentare in esso
stabilita  a favore dello Stato; e il comma 2 sarebbe illegittimo per
conseguenza,  dovendosi  affidare  la  competenza  alla verifica e al
monitoraggio   dei  progetti  all'estero  alle  stesse  Regioni,  che
potranno  semmai  ricorrere,  d'intesa  con il Ministero degli affari
esteri, al «supporto» degli uffici diplomatici e consolari;
            n)  art. 13,  relativo  all'«inserimento  nel  mondo  del
lavoro»  e  ai  «crediti  formativi»:  regolando  la  possibilita' di
stipulare  convenzioni  con  enti  e  associazioni  in  funzione  del
collocamento  nel  mercato del lavoro di chi abbia svolto il servizio
civile, la norma sarebbe incostituzionale per la parte in cui assegna
anche  all'Ufficio  nazionale  tale  possibilita';  trattandosi, qui,
della materia della «tutela del lavoro», non potrebbe invece spettare
ad  altri  che alle Regioni - e Province autonome - disciplinare tali
convenzioni e gestirne la stipulazione.
    2.2.  -  Anche  nel  giudizio  cosi' promosso si e' costituito il
Presidente  del Consiglio dei ministri, tramite l'Avvocatura generale
dello  Stato,  rilevando  anzitutto  che  l'intera  impostazione  del
ricorso  proposto  dalla  Provincia autonoma di Trento si fonda sulla
premessa  secondo cui il servizio civile in discussione costituirebbe
una  realta'  del  tutto scollegata dalla «difesa», in quanto rivolta
esclusivamente   a   fini   di   solidarieta'  sociale.  Ma,  afferma
l'Avvocatura,   se   questa  premessa  fosse  esatta,  l'impugnazione
dovrebbe  essere dichiarata inammissibile, poiche' un servizio civile
come   quello  disegnato  dalla  ricorrente  -  del  tutto  privo  di
collegamento con il servizio militare o con il servizio sostitutivo e
dunque  non  strumentale  alla  difesa  dello  Stato  - sarebbe stato
istituito  con  l'art. 2, comma 1, della legge delega n. 64 del 2001,
non  impugnato;  mentre  l'attribuzione  al Governo della potesta' di
disciplinare  questo  servizio  sarebbe  stata  disposta dall'art. 2,
comma 2, della medesima legge delega, anch'esso non impugnato.
    D'altra  parte,  secondo  l'Avvocatura,  non  si potrebbe neppure
ritenere  che  le  materie  la  cui  disciplina  e' stata delegata al
Governo  dal  citato  art. 2,  comma 2, della legge n. 64 siano state
come  tali  trasferite alla competenza di Regioni e Province autonome
in  base  alla  legge  costituzionale  n. 3  del 2001, di riforma del
Titolo  V;  e  comunque,  in questa ipotesi, si dovrebbe stabilire se
possa  trasferirsi  in  capo a  Regioni  (e  Province) una competenza
materiale  che  ha  formato oggetto di delega al Governo con legge di
delegazione   non   impugnata   ed   adottata   prima  della  riforma
costituzionale.
    Ma  al  di  la'  dei  sopra detti rilievi di inammissibilita', e'
proprio  la  premessa  di fondo dell'intera impugnazione a essere, ad
avviso dell'Avvocatura, destituita di fondamento. Il servizio civile,
infatti,   e'  e  resta  un  servizio  alternativo  alla  prestazione
militare,   come   emerge  dagli  artt. 2,  comma 2,  e  1,  comma 1,
lettera a),  della  legge  delega  n. 64  del  2001, secondo cui esso
«concorre,  in  alternativa  al  servizio militare obbligatorio, alla
difesa  della  Patria  con  mezzi  ed attivita' non militari». Questa
connotazione  non  viene  meno  per  il  solo  fatto  che il servizio
militare  perde  il  proprio carattere di obbligatorieta': una simile
conclusione,  si rileva, e' sostenuta dalla Provincia sul presupposto
che  solo  il  servizio  militare  obbligatorio  sia strumentale alla
«difesa della Patria» - intesa restrittivamente come contrasto di una
esterna  aggressione  -  e  che  pertanto  ogni  altra  attivita' non
militare  sarebbe  come  tale  estranea  alla  competenza  statale in
materia  di  «difesa» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera d),
della Costituzione.
    Ma  tale lettura, ad avviso dell'Avvocatura, e' inesatta; essa e'
gia'  contraddetta  dal  testo  dell'art. 52  della Costituzione, che
distingue  tra  il  dovere  di difesa della Patria (primo comma) e il
servizio  militare,  obbligatorio  nei  modi  e  nei  limiti di legge
(secondo  comma),  e  dalla  giurisprudenza  costituzionale (sentenze
n. 53 del 1967, n. 31 del 1982 e n. 164 del 1985).
    Il   servizio  civile,  prestato  anche  su  base  esclusivamente
volontaria,   persegue   finalita'  corrispondenti  alla  prestazione
militare  e  mantiene  intatto  il  parallelismo con quest'ultima che
caratterizza  il  servizio civile alternativo dettato da obiezione di
coscienza.
    Una   volta   che   si  escluda  che  la  prevista  «sospensione»
dell'obbligatorieta'   del  servizio  militare  intacchi  l'anzidetta
connessione,  e  una  volta  che  il  servizio civile sia ricondotto,
secondo norme e giurisprudenza costituzionali, al concetto di difesa,
l'attribuzione  che  rileva  e'  quella  di cui all'art. 117, secondo
comma,  lettera d),  della Costituzione: «difesa e Forze armate», che
e' materia di competenza esclusiva dello Stato.
    Alla  stregua  di  questi argomenti, conclude l'Avvocatura, viene
meno  il presupposto essenziale del ricorso e, con esso, cadono tutte
le  conseguenti  censure rivolte verso le specifiche disposizioni del
d.lgs. n. 77 del 2002.
    2.3. - Nel giudizio di cui al registro ricorsi n. 44 del 2002, la
ricorrente  Provincia autonoma ha depositato una memoria, nella quale
ribadisce  che solo per il servizio civile «sostitutivo» del servizio
militare  obbligatorio  puo'  riconoscersi  l'attinenza  alla materia
della  «difesa», proprio per il legame di alternativita'; venuto meno
il  quale,  non  v'e' ragione di ascrivere l'impegno sociale generico
all'ambito della difesa della Patria.
    La   ricorrente   ritiene   inoltre   infondata   l'eccezione  di
inammissibilita'  formulata  dall'Avvocatura  sia  alla stregua della
costante   giurisprudenza   costituzionale,  che  ha  sempre  ammesso
l'impugnazione   di  atti  normativi  ancorche'  esecutivi  di  altri
precedenti  atti,  non  impugnati, sia perche' il decreto legislativo
possiede  un  intrinseco  carattere  di novita' (in generale, e nella
specie  per  la  specificazione  e  il  carattere  dettagliato  della
disciplina  che  con  esso e' stata posta), onde non potrebbe neppure
dirsi puramente «esecutivo» della legge di delegazione.
    2.4.  - Anche l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato una
memoria  nel  giudizio  in  questione,  insistendo  per la necessaria
riconduzione  della  normativa  in  argomento,  nell'ambito del nuovo
quadro  del Titolo V, alle competenze dello Stato e precisamente alla
materia   «difesa»   attribuita   alla   legislazione   esclusiva  di
quest'ultimo   ex   art. 117,   secondo   comma,  lettera d).  Questo
inquadramento, si aggiunge, e' del resto la condizione necessaria per
assicurare  il  carattere  «nazionale»  del  servizio,  che esige per
definizione  unitarieta'  e  coordinamento  a  livello  centrale,  ad
esempio  quando  si tratti di svolgere missioni di pace all'estero, e
che  non  potrebbe  percio'  essere  frammentato in tante particolari
discipline tra loro diverse sul territorio nazionale.
    L'Avvocatura  conclude  sottolineando  il  riconoscimento,  nella
disciplina  denunciata, di un ruolo di rilievo per Regioni e Province
autonome,  essendo  numerosi i momenti di coinvolgimento delle stesse
nell'ambito  dei  diversi  aspetti  della  gestione  del servizio che
toccano  profili di connessione con le competenze regionali (artt. 4,
5, 6, 11 e 13).
    2.5. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 6 aprile 2004, ha
depositato  ulteriore  memoria  la Provincia ricorrente, contestando,
tra  l'altro,  il  riferimento  operato  dalla  difesa  erariale alle
missioni  di pace, che giustificherebbero le ragioni di coordinamento
a  livello centrale: ne' la legge n. 64 del 2001, ne' il d.lgs. n. 77
del 2002 conterrebbero alcun richiamo ad esse.
    Del  pari privo di fondamento appare alla ricorrente il tentativo
di  dedurre  la necessita' di un intervento statale dalla circostanza
che  vi  sarebbero materie - la protezione civile e la partecipazione
ad  attivita'  all'estero  -  che richiederebbero una disciplina e un
coordinamento  unitario.  La  maggioranza  delle attivita' esercitate
sarebbero  quelle  per  le  quali  non  esiste  alcuna esigenza di un
coordinamento   unitario.  L'eventuale  disciplina  unitaria  sarebbe
giustificata,  quindi,  solo per quella limitatissima parte in cui il
servizio  civile  potesse venire ad intersecare ambiti riservati allo
Stato,  senza  che  cio'  possa  costituire ragione per attrarre alla
competenza statale l'intero servizio civile.
    2.6.  -  Nella  memoria  depositata  in  prossimita' dell'udienza
pubblica  del  6 aprile  2004,  l'Avvocatura  generale dello Stato ha
ribadito, con specifico riferimento al ricorso n. 44 del 2002, la non
riconducibilita'  del servizio civile alla competenza residuale delle
Regioni, precisando che l'assenza nell'art. 117 della Costituzione di
un  determinato  nomen non significa di per se' che il corrispondente
ambito  materiale debba per cio' solo essere ricondotto alla potesta'
legislativa  esclusiva delle Regioni. Ne' il servizio civile potrebbe
rientrare nell'ambito delle c.d. «materie trasversali» o «materie non
materie»,  suscettibile,  a  seconda della specifica attivita' in cui
esso  viene a sostanziarsi, di una collocazione mobile all'interno di
una   pluralita'   di  ambiti  materiali.  Le  implicazioni  di  tale
impostazione  appaiono  alla Avvocatura palesemente irragionevoli, in
quanto  non  vi sarebbe piu' un'autonoma ed unitaria regolamentazione
in  tema  di servizio civile, che verrebbe per cosi' dire «smembrato»
in una pluralita' di discipline, statali e regionali.
    L'unica    soluzione    interpretativa   accettabile,   ribadisce
l'Avvocatura,  e'  quella fatta propria dal d.lgs. n. 77 del 2002, il
quale  si  muove all'interno di una lettura evolutiva del concetto di
Patria.    Peraltro,   con   riferimento   alla   formula   contenuta
nell'art. 117,  secondo  comma,  lettera d),  della  Costituzione, la
contestuale  presenza  delle  parole  «difesa»  e  «Forze armate» non
dovrebbe  far pensare ad una endiadi rafforzativa ed espressiva di un
concetto  unitario,  ma  ad  una  inequivoca differenziazione tra due
distinti concetti legati da un rapporto di continenza.
    Si  sottolinea  anche  nella memoria che la scelta legislativa di
avvalersi,  per  difendere  la  Patria, non piu' di coscritti (sia in
armi  che  civili)  ma  di  soggetti volontari (siano essi militari o
civili)  non  farebbe  venire meno la logica comune dei due servizi e
non potrebbe produrre effetti sul riparto di materie effettuato dalla
Costituzione.  Non  sembrerebbe  comunque  ragionevole  discutere  la
costituzionalita' di una norma sul presupposto della «volontarieta» o
«obbligatorieta» del servizio.
    La   difesa  erariale  ritiene  inoltre  che  non  sia  possibile
ricondurre  il  servizio  civile  alla  «tutela del lavoro», anche in
considerazione  del fatto che si perderebbe cosi' di vista la valenza
del  servizio  come  istituto  teso  alla  realizzazione dei principi
costituzionali  di  solidarieta'  sociale  e  difesa della Patria. Il
servizio civile deve essere inteso, invece, come un autonomo istituto
giuridico,  in  cui  prevale  la  dimensione  pubblica,  oggettiva  e
organizzativa;   contrariamente,  si  ridurrebbe  ad  un  insieme  di
iniziative disomogenee e perderebbe la sua natura di realta' unitaria
e complessiva, volta a realizzare un nuovo modello di cittadinanza.

                       Considerato in diritto

    1.1.  -  Con  un  primo ricorso (reg. ricorsi n. 21 del 2001), la
Provincia  autonoma  di  Trento  solleva  questione  di  legittimita'
costituzionale degli artt. 7, commi 2 e 4, 8, comma 1, e 10, comma 2,
della  legge  6 marzo  2001,  n. 64  (Istituzione del servizio civile
nazionale),  per  violazione:  a) dell'art. 8, numeri 1), 3), 4), 5),
6),  13), 16), 17), 20), 21), 23), 25) e 29), dell'art. 9, numeri 2),
4),  5)  e  10),  e  dell'art. 16 dello statuto speciale di autonomia
(d.P.R.   31 agosto   1972,  n. 670),  e  delle  «relative  norme  di
attuazione»;  b)  dell'art. 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme
di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  il Trentino-Alto Adige
concernenti   il  rapporto  tra  atti  legislativi  statali  e  leggi
regionali  e  provinciali, nonche' la potesta' statale di indirizzo e
coordinamento);  c) dell'autonomia finanziaria della Provincia, quale
garantita  dal  titolo  VI dello statuto, come modificato dalla legge
30 novembre  1989,  n. 386  (Norme per il coordinamento della finanza
della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento
e   di   Bolzano   con  la  riforma  tributaria),  e  in  particolare
dell'art. 5, commi 2 e 3, della citata legge n. 386.
    Le  specifiche  censure, puntualmente indicate nella narrativa in
fatto,  ruotano  attorno  alla  considerazione  per  cui  allo  Stato
spetterebbe  porre  solamente  la  disciplina  giuridica generale del
servizio civile sostitutivo di quello militare, spettando invece alla
Provincia autonoma la disciplina delle concrete attivita' nelle quali
il servizio si realizza, in quanto esse rientrano in ambiti materiali
di  competenza provinciale. La premessa su cui si fonda il ricorso e'
che  spetti  allo  Stato  porre  solamente  la  disciplina  giuridica
generale del servizio civile nella misura in cui lo svolgimento dello
stesso determini l'assolvimento degli obblighi di leva.
    Giova  precisare  che  il ricorso e' stato depositato prima della
entrata  in  vigore  del nuovo Titolo V della Costituzione. Peraltro,
nel  caso  di  specie,  la Provincia ricorrente invoca come parametri
esclusivamente  le  disposizioni  del  proprio  statuto e le relative
norme di attuazione.
    Va  pure tenuto conto del fatto che le norme censurate sono tutte
contenute  nel  Capo II  della  legge  n. 64  del 2001, dedicato alla
«Disciplina  del periodo transitorio», che si apre con l'affermazione
per  cui  «le disposizioni del presente Capo disciplinano il servizio
civile  nazionale  fino  alla  data  di  efficacia dei decreti di cui
all'articolo 2» (art. 4 della legge n. 64 del 2001).
    1.2.  -  Con  altro  ricorso  (reg.  ricorsi  n. 44 del 2002), la
Provincia  autonoma  di  Trento  solleva  questione  di  legittimita'
costituzionale  degli  artt. 2,  3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12 e 13 del
decreto  legislativo  5 aprile  2002,  n. 77 (Disciplina del servizio
civile  nazionale  a  norma dell'articolo 2 della legge 6 marzo 2001,
n. 64), per violazione, oltre che dei medesimi parametri indicati nel
ricorso n. 21 del 2001, dell'art. 117, commi secondo, terzo, quarto e
sesto,  della  Costituzione,  dell'art. 10 della legge costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche  al  Titolo V della Parte seconda
della  Costituzione),  nonche'  degli artt. 3 e 76 della Costituzione
(parametri non invocati espressamente dalla ricorrente, ma desumibili
dal tenore del ricorso).
    Le  censure,  puntualmente  indicate  nella  narrativa  in fatto,
muovono dalla premessa che il servizio civile disciplinato dal d.lgs.
n. 77   del   2002  non  abbia  piu',  in  quanto  volontario,  alcun
collegamento  con  la  prestazione  militare,  la quale avrebbe ormai
perso  i  caratteri della obbligatorieta'. Nonostante il mantenimento
del  nomen  di  servizio civile, la sostanza della disciplina sarebbe
radicalmente  diversa  rispetto  a  quella  che prevedeva un servizio
civile alternativo al servizio militare. Ne sarebbe conferma anche la
previsione, nello stesso d.lgs. n. 77 (art. 14), del «ripristino» del
servizio  civile  regolato  dalla  legge  n. 230  del  1998  in  casi
eccezionali (guerra, gravissima crisi internazionale); ripristino che
dimostrerebbe come debba trattarsi di servizio del tutto diverso, che
ha  perduto  ogni  connessione  con  la  «difesa»,  una volta cessato
l'obbligo di prestazione di leva e con esso l'esigenza di prestazioni
equivalenti.
    La  disciplina  del  servizio civile non terrebbe conto, inoltre,
delle  profonde  modificazioni del quadro delle competenze, statali e
regionali   (e   delle  Province  autonome),  apportate  dalla  legge
costituzionale  n. 3  del  2001, che, nel riformare il Titolo V della
Parte  seconda  della  Costituzione,  ha  stabilito, nel suo art. 10,
l'applicazione  delle nuove disposizioni anche alle Regioni a statuto
speciale  e  alle  Province  autonome  di Trento e di Bolzano, per le
parti  in  cui  prevedono forme piu' ampie di autonomia. La normativa
impugnata,  infatti,  assumerebbe  il servizio civile come materia di
competenza   statale,   con   le   connesse   potesta'   normative  e
organizzative, dettando una serie di disposizioni che, ricollegandosi
a  detto  presupposto, risulterebbero viziate da incostituzionalita',
rientrando  invece  la  materia  de  qua nelle competenze regionali e
provinciali.
    Secondo la Provincia autonoma di Trento, la redistribuzione delle
competenze  e  la  parallela prevista scomparsa del servizio militare
obbligatorio  porrebbero  pertanto in termini nuovi il giudizio circa
la validita' della disciplina.
    Il  rilievo  critico  e'  nella  sostanza il seguente: il decreto
legislativo  in  esame ripropone un disegno di servizio civile che fa
capo essenzialmente    allo    Stato,    quanto   a   organizzazione,
programmazione,  coordinamento  e  controllo,  lasciando  a Regioni e
Province  autonome  un limitato ruolo di attuazione degli interventi,
secondo  le  materie di loro competenza (cosi' nell'art. 2 del d.lgs.
n. 77).
    Secondo  la  ricorrente,  la  stessa  organizzazione del servizio
civile  nazionale non potrebbe essere ascritta alla materia «difesa»,
ma, al piu', alla materia, di potesta' legislativa concorrente, della
«tutela  del  lavoro». Peraltro, nella ripartizione di competenze tra
Stato,  Regioni  e  Province autonome, si dovrebbe tenere conto della
afferenza  ai diversi ambiti materiali delle singole attivita' in cui
si sostanzia il servizio civile nazionale.
    2.  -  Stante  la  loro  manifesta  connessione,  i  due ricorsi,
congiuntamente discussi, possono essere decisi con unica sentenza.
    3. - Le questioni sottoposte all'esame della Corte con il ricorso
n. 21  del  2001 sono infondate, quelle proposte con il ricorso n. 44
del 2002 sono in parte inammissibili e in parte infondate.
    Le  normative  censurate,  in  quanto  rivolte a disciplinare gli
aspetti  organizzativi  e  procedurali del servizio civile nazionale,
trovano fondamento, anzitutto, nell'art. 52 della Costituzione, e non
precludono  alla  Provincia  autonoma  la  possibilita'  di  regolare
l'esercizio di funzioni specifiche, riguardanti aspetti materiali che
rientrino nella sua competenza.
    A  venire  in rilievo e', in particolare, la previsione contenuta
nel  primo  comma  dell'art. 52  della Costituzione, che configura la
difesa  della Patria come sacro dovere del cittadino, il quale ha una
estensione  piu'  ampia  dell'obbligo  di prestare servizio militare.
Come gia' affermato da questa Corte, infatti, il servizio militare ha
una  sua  autonomia concettuale e istituzionale rispetto al dovere ex
art. 52,  primo  comma, della Costituzione, che puo' essere adempiuto
anche  attraverso  adeguate  attivita'  di impegno sociale non armato
(sentenza n. 164 del 1985).
    In  questo contesto deve leggersi pure la scelta legislativa che,
a  seguito  della  sospensione  della  obbligatorieta'  del  servizio
militare   (art. 7   del   d.lgs.   8 maggio  2001,  n. 215,  recante
«Disposizioni  per  disciplinare  la trasformazione progressiva dello
strumento   militare   in  professionale,  a  norma  dell'articolo 3,
comma 1,   della  legge  14 novembre  2000,  n. 331»),  configura  il
servizio   civile  come  l'oggetto  di  una  scelta  volontaria,  che
costituisce  adempimento  del  dovere  di  solidarieta' (art. 2 della
Costituzione), nonche' di quello di concorrere al progresso materiale
e   spirituale   della   societa'   (art. 4,   secondo  comma,  della
Costituzione).  La  volontarieta'  riguarda,  infatti, solo la scelta
iniziale,  in  quanto  il rapporto e' poi definito da una dettagliata
disciplina  dei  diritti  e  dei doveri, contenuta in larga parte nel
d.lgs. n. 77 del 2002, che permette di configurare il servizio civile
come  autonomo  istituto  giuridico  in  cui  prevale  la  dimensione
pubblica, oggettiva e organizzativa.
    D'altra  parte il dovere di difendere la Patria deve essere letto
alla  luce  del  principio di solidarieta' espresso nell'art. 2 della
Costituzione,  le  cui virtualita' trascendono l'area degli «obblighi
normativamente  imposti»,  chiamando la persona ad agire non solo per
imposizione  di  una  autorita',  ma  anche  per  libera  e spontanea
espressione  della  profonda  socialita'  che caratterizza la persona
stessa.  In questo contesto, il servizio civile tende a proporsi come
forma  spontanea  di  adempimento del dovere costituzionale di difesa
della Patria.
    Il   d.lgs.   n. 77  del  2002  significativamente  considera  il
«servizio  civile  nazionale quale modalita' operativa concorrente ed
alternativa  alla  difesa  dello  Stato,  con  mezzi ed attivita' non
militari»  (art. 1,  comma 1).  In senso contrario non puo' rilevarsi
che  la  alternativita'  tra  i  servizi  sarebbe venuta meno perche'
entrambi  sono  ora frutto di una scelta autonoma, ben potendo essere
adempiuto  il  dovere  costituzionale  di  difesa  della Patria anche
attraverso comportamenti di tipo volontario. E' proprio nel dovere di
difesa della Patria, di cui il servizio militare e il servizio civile
costituiscono  forme  di  adempimento  volontario,  che i due servizi
trovano  la  loro matrice unitaria, come dimostrano anche le numerose
analogie con la posizione dei militari in ferma volontaria.
    La  suddetta  ricostruzione  si riflette sulla individuazione del
titolo  costituzionale di legittimazione dell'intervento statale che,
con  specifico  riferimento  al  d.lgs.  n. 77  del 2002, puo' essere
rinvenuto    nell'art. 117,    secondo   comma,   lettera d),   della
Costituzione, che riserva alla legislazione esclusiva dello Stato non
solo  la  materia  «forze  armate» ma anche la «difesa». Quest'ultima
previsione  deve  essere letta alla luce delle evoluzioni normative e
giurisprudenziali  che  gia'  avevano  consentito  di ritenere che la
«difesa  della  Patria»  non  si  risolvesse  soltanto  in  attivita'
finalizzate  a  contrastare  o  prevenire  una  aggressione  esterna,
potendo  comprendere  anche  attivita'  di impegno sociale non armato
(sentenza  n. 164  del  1985). Accanto alla difesa «militare», che e'
solo  una  forma  di  difesa della Patria, puo' ben dunque collocarsi
un'altra  forma  di  difesa, per cosi' dire, «civile», che si traduce
nella  prestazione  dei gia' evocati comportamenti di impegno sociale
non armato.
    La riserva allo Stato della competenza a disciplinare il servizio
civile  nazionale,  forma  di  adempimento del dovere di difesa della
Patria,  non  comporta  pero'  che  ogni  aspetto  dell'attivita' dei
cittadini   che  svolgono  detto  servizio  ricada  nella  competenza
statale.   Vi   rientrano  certamente  gli  aspetti  organizzativi  e
procedurali   del   servizio.   Questo,   in  concreto,  comporta  lo
svolgimento   di  attivita'  che  investono  i  piu'  diversi  ambiti
materiali,  come  l'assistenza  sociale,  la tutela dell'ambiente, la
protezione  civile:  attivita'  che,  per  gli  aspetti  di rilevanza
pubblicistica,  restano  soggette  alla  disciplina dettata dall'ente
rispettivamente  competente, e dunque, se del caso, alla legislazione
regionale  o  alla  normativa  degli enti locali, fatte salve le sole
specificita'  direttamente  connesse alla struttura organizzativa del
servizio e alle regole previste per l'accesso ad esso.
    4.  -  Con  specifico riferimento alla disciplina contenuta nella
legge  n. 64 del 2001, oggetto di censure nel ricorso n. 21 del 2001,
va  osservato,  peraltro, che nella parte in cui essa prevede, in via
transitoria,  che  i  giovani  obbligati alla leva possano dichiarare
liberamente,  prima  dell'arruolamento,  di  optare  per  il servizio
militare o per quello civile, senza dover addurre necessariamente, in
quest'ultimo   caso,   motivi   di   coscienza   (art. 5,   comma 1),
l'intervento   legislativo  statale  trova  ulteriore  legittimazione
nell'art. 52, secondo comma, della Costituzione, essendo rivolto alla
determinazione di limiti al servizio militare obbligatorio.
    4.1.  - Come ampiamente riferito nella narrativa in fatto, con il
ricorso  n. 21  del  2001,  la  Provincia di Trento censura anzitutto
l'art. 7  della  legge  n. 64  del 2001, che, attribuendo all'Ufficio
nazionale per il servizio civile di cui alla legge n. 230 del 1998 il
compito di curare l'organizzazione, l'attuazione e lo svolgimento del
servizio,   stabilisce   che  esso  approva  i  progetti  di  impiego
predisposti  dalle  amministrazioni  di  Regioni e Province autonome,
coordinando  i  progetti con la programmazione nazionale (comma 2), e
prevede  inoltre la costituzione in ambito regionale e provinciale di
strutture  burocratiche  statali,  cioe'  di sedi dell'Agenzia per il
servizio civile (comma 4). La previsione di cui al comma 2 va intesa,
in  conformita'  a  quanto  sopra  precisato, nel senso che l'Ufficio
nazionale  e  le  sue  strutture  periferiche assicurano l'osservanza
delle  specifiche  regole proprie del servizio, senza ingerenze nella
disciplina   delle   attivita'   di  competenza  regionale.  Analoghe
considerazioni  valgono  per  il  comma 4  dello  stesso  art. 7, che
prevede   la  costituzione  in  ambito  regionale  e  provinciale  di
strutture  burocratiche  statali,  cioe'  di sedi dell'Agenzia per il
servizio  civile,  peraltro poi soppressa dall'art. 3, comma 1, della
legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di
pubblica amministrazione).
    4.2.  -  La Provincia di Trento censura anche l'art. 10, comma 2,
della  legge  n. 64 del 2001, che attribuisce allo Stato il potere di
determinare  con  d.P.C.m.  «crediti  formativi»  per i cittadini che
prestano il servizio civile o il servizio militare di leva, rilevanti
ai  fini dell'istruzione o della formazione professionale. Rispetto a
questa  previsione  va  rilevato  che  lo  Stato non e' intervenuto a
disciplinare le attivita' di formazione professionale nella Provincia
autonoma,  bensi'  ha  solamente inteso determinare, in una logica di
incentivazione   dei   cittadini   a   prestare   il  servizio  e  di
riconoscimento  delle  competenze acquisite, gli standard dei crediti
formativi  acquisiti dai soggetti che aspirano al conseguimento delle
abilitazioni   richieste   dall'ordinamento   per  l'esercizio  delle
professioni intellettuali, previa iscrizione nei corrispondenti albi.
La  disposizione censurata si inserisce, peraltro, nel contesto della
previsione  secondo  cui,  nel  periodo transitorio, ai cittadini che
prestano   servizio   civile  a  qualsiasi  titolo  si  applicano  le
disposizioni  di cui all'art. 6 della legge n. 230 del 1998 (art. 10,
comma 1,  della  legge  n. 64  del 2001), con la conseguenza che essi
godono   degli   stessi   diritti,  anche  ai  fini  previdenziali  e
amministrativi,  dei  cittadini  che prestano il servizio militare di
leva.  Si  conferma cosi', per la fase transitoria, la considerazione
per  cui  il  servizio  civile,  anche nella visione del legislatore,
partecipa   della   medesima  natura  del  servizio  militare,  quale
prestazione  equivalente  a  quest'ultimo e riconducibile alla stessa
idea di difesa della Patria.
    4.3.  -  Anche  la censura riguardante l'art. 8 della legge n. 64
del  2001 - che prevede che con regolamento statale siano determinati
le caratteristiche e gli standard di utilita' sociale dei progetti di
impiego,  i  criteri  per  il  riparto  dei  finanziamenti, i modi di
verifica  e  controllo  sui  progetti  -  deve  essere  respinta.  La
previsione  di  forme  di  monitoraggio,  controllo  e verifica sulle
attivita'  mediante  le  quali si realizza il servizio civile, che si
traduce nella possibilita' di determinare con regolamento governativo
gli  elementi  ora  indicati, e' intesa ad assicurare il rispetto dei
criteri  e delle specifiche norme statali relativi al servizio, e non
comporta  la  possibilita'  di  intervenire  nella  disciplina  delle
attivita' di pertinenza regionale.
    5.  -  Con  specifico  riferimento  alla disciplina contenuta nel
d.lgs. n. 77 del 2002, oggetto di censure nel ricorso n. 44 del 2002,
va  ribadito che essa riguarda propriamente gli aspetti organizzativi
e  procedurali del servizio civile nazionale, oggetto di una autonoma
ed  unitaria  regolamentazione  che,  come gia' evidenziato, trova il
proprio   titolo  di  legittimazione  nell'art. 117,  secondo  comma,
lettera d), della Costituzione.
    Peraltro  va rilevato, nella specie, che l'esigenza di assicurare
la   partecipazione  dei  livelli  di  governo  coinvolti  attraverso
strumenti  di  leale  collaborazione o, comunque, attraverso adeguati
meccanismi  di  cooperazione  per l'esercizio concreto delle funzioni
amministrative  allocate  in  capo agli  organi centrali, e' comunque
soddisfatta proprio attraverso l'attribuzione alla cura delle Regioni
e  delle  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  secondo le
rispettive  competenze,  dell'attuazione degli interventi di servizio
civile.
    E',  inoltre,  evidente  che, nelle ipotesi in cui lo svolgimento
delle  attivita' di servizio civile ricada entro ambiti di competenza
delle  Regioni  o  delle  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano,
l'esercizio  delle funzioni spettanti, rispettivamente, allo Stato ed
ai  suddetti enti, dovra' improntarsi al rispetto del principio della
leale  collaborazione tra enti parimenti costitutivi della Repubblica
(art. 114, primo comma, della Costituzione).
    La   argomentata   riconduzione  degli  aspetti  organizzativi  e
procedurali del servizio civile nazionale alla competenza legislativa
statale   di  cui  all'art. 117,  secondo  comma,  lettera d),  della
Costituzione  non  preclude,  infine,  alle  Regioni ed alle Province
autonome   di  Trento  e  Bolzano  la  possibilita'  di  istituire  e
disciplinare,   nell'autonomo   esercizio  delle  proprie  competenze
legislative,  un  proprio  servizio  civile  regionale o provinciale,
distinto  da quello nazionale disciplinato dalle norme qui esaminate,
che  avrebbe  peraltro  natura  sostanzialmente  diversa dal servizio
civile nazionale, non essendo riconducibile al dovere di difesa.
    5.1.  -  Alla  luce  della rilevata riconduzione della disciplina
degli   aspetti  organizzativi  e  procedurali  del  servizio  civile
nazionale  alla competenza legislativa statale di cui alla lettera d)
del  secondo  comma  dell'art. 117  della Costituzione, devono essere
rigettate  le  censure  che  riguardano  gli  artt. 2, 3, comma 3, 4,
commi 2 e 5, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12 e 13 del d.lgs. n. 77 del 2002.
    Occorre sottolineare che in molte delle disposizioni censurate il
rispetto   della   autonomia   dei  diversi  livelli  di  governo  e'
espressamente  assicurato,  prevedendosi  pure,  in  vari momenti, un
adeguato coinvolgimento delle Regioni e delle Province autonome.
    In particolare, con riferimento alle disposizioni contenute negli
artt. 5  e  6  del d.lgs. n. 77 del 2002, il rispetto della autonomia
dei  diversi livelli di governo e' assicurato, rispettivamente, dalla
previsione  di  albi  regionali  ai  quali si iscrivono gli enti e le
organizzazioni  in possesso dei requisiti di cui alla legge n. 64 del
2001, e dall'espresso riconoscimento della competenza delle Regioni e
delle  Province  autonome circa l'esame e l'approvazione dei progetti
presentati  da  enti  e organizzazioni operanti in ambito regionale o
provinciale.  In  ordine  alla  disciplina  degli  albi degli enti di
servizio civile, occorre anche considerare che il comma 5 dell'art. 5
prevede  che  le  Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano,
ove  non  abbiano  gia'  provveduto,  possono  istituire organismi di
consultazione,   riferimento   e  confronto  nell'ambito  delle  loro
competenze,  analoghi  alla Consulta nazionale per il servizio civile
prevista dal precedente comma 4.
    Va,     altresi',    evidenziato    che    l'art. 13,    relativo
all'«inserimento  nel  mondo  del  lavoro»  e ai «crediti formativi»,
riconosce  non  solo  all'Ufficio  nazionale, ma anche alle Regioni e
alle  Province autonome, «nei limiti delle rispettive competenze», la
possibilita'  di  stipulare  convenzioni  con  enti e associazioni in
funzione  del collocamento nel mercato del lavoro di chi abbia svolto
il servizio civile.
    5.2.  -  Una  considerazione ulteriore merita la censura relativa
all'art. 11,   in   tema  di  «formazione  al  servizio  civile».  La
ricorrente  sostiene  che la materia di riferimento sia la formazione
professionale,  riservata  alla  potesta' legislativa residuale delle
Regioni  (e Province autonome) a norma del quarto comma dell'art. 117
della  Costituzione, con la conseguenza che sarebbero illegittime sia
le  disposizioni  che  contengono  prescrizioni di dettaglio, come la
durata,  le  modalita',  le  materie  di  tale specifica «formazione»
(commi  1,  2,  4), sia la previsione dell'organizzazione di corsi di
formazione  da  parte  dell'Ufficio  nazionale  (comma 3), sia infine
l'attribuzione   a  detto  Ufficio  di  compiti  di  definizione  dei
contenuti  e di monitoraggio della formazione (ancora il comma 3). La
censura  e'  infondata in quanto l'art. 11 non riguarda la formazione
professionale,  bensi'  la formazione specifica rivolta a preparare i
giovani  volontari all'espletamento del servizio civile. Peraltro, ai
sensi  del comma 3 dell'art. 11, l'organizzazione dei corsi e' curata
non  solo  dall'Ufficio  nazionale  ma  anche  dalle  Regioni e dalle
Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  e  la definizione dei
contenuti  di  base  per  la  formazione  compete allo stesso Ufficio
nazionale,   sentita   la  Conferenza  Stato-Regioni  e  la  Consulta
nazionale.
    5.3.  -  Sono,  invece,  inammissibili le questioni relative agli
artt. 3, comma 6, e 4, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002.
    La   ragione   della   presunta   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 3,   comma 6,   del   decreto   impugnato   -  che  prevede
l'individuazione  con d.P.C.m. degli incarichi pericolosi, faticosi o
insalubri ai quali non puo' essere destinato il personale femminile -
non   starebbe,  come  affermato  dalla  stessa  ricorrente,  in  una
rivendicazione  di  competenza,  ma  nella  considerazione per cui la
disposizione  realizzerebbe  una  discriminazione  verso il personale
femminile, al quale l'accesso a determinati incarichi potrebbe semmai
essere  escluso  a  garanzia  di  specifici  valori  esclusivi  della
condizione  femminile,  quali  la  maternita'  e  la  gravidanza.  La
questione risulta inammissibile, in quanto la ricorrente fa valere un
profilo  che  non  ridonda  di  per  se'  in violazione di competenze
proprie.
    Con  riferimento  all'art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002,
concernente  il  Fondo nazionale per il servizio civile, la Provincia
rileva  che  la  prevista  distinzione  tra tale Fondo e quello delle
politiche   sociali,   nel  quale  invece  il  primo  avrebbe  dovuto
confluire,   contraddirebbe   l'indicazione  contenuta  nell'art. 11,
comma 3, della legge delega n. 64 del 2001. Quest'ultima disposizione
prevede,  infatti, che le risorse del Fondo nazionale per il servizio
civile  confluiscano  nel Fondo nazionale per le politiche sociali al
termine  del  periodo  transitorio disciplinato dalla medesima legge.
L'art. 4,  comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002 avrebbe derogato a tale
previsione,  disponendo  che  «il  Fondo  nazionale  per  il servizio
civile, ai fini dell'erogazione dei trattamenti previsti dal presente
decreto,  e'  collocato  presso  l'Ufficio  nazionale per il servizio
civile».  La  Provincia  lamenta  pertanto  che  le risorse del Fondo
nazionale  per  il  servizio  civile  non  siano  confluite nel Fondo
nazionale  per  le politiche sociali. Ma la presunta violazione della
legge di delega, che si sarebbe cosi' determinata, non implica di per
se'  una  lesione della sfera di competenza provinciale, in quanto e'
sicuramente   di  competenza  statale  l'erogazione  dei  trattamenti
previsti. Anche in questo caso la censura e' dunque inammissibile, in
quanto  la  Provincia  non lamenta propriamente la lesione di una sua
sfera di competenza.