IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza, nella causa civile iscritta
al  n. 64220  del ruolo generale dell'anno 2003, pendente tra Antonia
Gentilini  Lucidi,  elettivamente  domiciliata  in  Roma,  via  delle
Fronaci n. 38,  presso  lo studio dell'avvocato Fabio Alberici che la
rappresenta  e  difende per procura in calce al ricorso introduttivo,
opponente;  Liliana e Pirozzi, elettivamente domiciliata in Roma, via
Monte  delle  Gioie  n. 13,  presso  lo studio dell'avvocato Carolina
Valenzise  che  la  rappresenta e difende per procura a margine della
comparsa di risposta, opposta.

                           P r e m e s s o

    Che  Liliana  Pirozzi  ha  proceduto  ad  esecuzione  forzata per
rilascio  dell'immobile sito in Roma, via dei Giacinti 6, sc. B, int.
14,   nei   confronti   di   Antonia  Gentilini  Lucidi,  avvalendosi
dell'ordinanza  di  convalida  dell'intimazione di licenza per finita
locazione emessa dal Tribunale di Roma il 14 novembre 1999, che aveva
fissato al 3 novembre 2000 la data del rilascio;
    Che,   iniziata   l'esecuzione  il  23  maggio  2003  fissato  un
successivo accesso al giorno 17 settembre 2003, la Gentilini Lucidi a
proposto  opposizione  ai  sensi  dell'art. 615, comma 2, c.p.c., con
ricorso  depositato  il 27 agosto 2003, allegando di avere 88 anni di
eta',  di  essere  stata  riconosciuta invalida nella percentuale del
68%,  con impossibilita' di deambulare senza l'aiuto permanente di un
accompagnatore,  e di percepire a titolo di pensione la somma mensile
di Euro 520,00;
    Che  l'opponente  ha,  quindi,  sostenuto  di  possedere  tutti i
requisiti  previsti  per  beneficiare della proroga della sospensione
delle  esecuzioni  per  rilascio  fino  al  30  giugno 2004, disposta
dall'art. 1 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, convertito, con
modificazioni nella legge 1° agosto 2003, n. 200;
    Che  la  causa veniva iscritta al numero 64220 del ruolo generale
degli affari contenziosi del 2003;
    Che  la  Pirozzi  si  e' costituita e ha contestato la fondatezza
della  domanda proposta dalla controparte, deducendo, in particolare,
che  la  Gentilini  Lucidi  non  abiterebbe  nell'immobile oggetto di
rilascio, per essersi trasferita presso l'abitazione della figlia;
    Che   il   giudice  dell'esecuzione,  all'esito  dell'udienza  di
comparizione  delle  parti  tenuta  il  9 ottobre 2003, con ordinanza
depositata  in  data  11  ottobre  2003,  ha  disposto la sospensione
dell'esecuzione  fino  al 30 giugno 2004 o fino al successivo termine
determinato da eventuali proroghe legislative;
    Che  tale  decisione si fondava sul rilievo che, allo stato degli
atti,  erano ravvisabili i requisiti anagrafici e reddituali previsti
dall'art. 80,  comma  20, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge
finanziaria   2001),  mentre  non  era  sufficientemente  provata  la
circostanza,  allegata  dall'opposta,  che  l'esecutata sarebbe stata
residente, di fatto, presso l'abitazione della figlia;
    Che,  con  la  stessa  ordinanza,  le  parti  venivano invitate a
formulare   deduzioni   in  merito  alla  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 1 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147,
convertito, con modificazioni nella legge 1° agosto 2003, n. 200;
    Che,  conclusa  la  fase  di definizione del thema decidendum, il
giudice,  all'udienza  del 26 febbraio 2004, si riservava di valutare
la   sussistenza  dei  presupposti  per  sollevare  la  questione  di
legittimita' costituzionale della norma menzionata;

                            O s s e r v a

    1.  -  L'art. 80,  comma 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 388
(Legge  finanziaria  2001)  aveva  disposto  la  sospensione, fino al
centottantesimo  giorno  successivo  alla  data  di entrata in vigore
della  legge (1° gennaio 2001), delle «procedure esecutive di sfratto
iniziate   contro   gli  inquilini»  che  si  fossero  trovati  nelle
condizioni  previste  dal comma 20 dello stesso articolo, vale a dire
che   avessero   nel   nucleo   familiare   ultrasessantacinquenni  o
handicappati gravi e che non disponessero di un'altra abitazione, ne'
di redditi sufficienti ad accedere all'affitto di una nuova casa.
    La  sospensione  e'  stata  successivamente  prorogata fino al 31
dicembre   2001  (art.  1  del  d.l.  n. 247/2001,  conv.  con  legge
n. 332/2001),  al  30 giugno 2002 (art. 1 del d.l. n. 450/2001, conv.
con  modd.  nella  legge  n. 14/2002),  al  30 giugno  2003  (art. 1,
comma 1,   del   d.l.   n. 122/2002,  conv.  con  modd.  nella  legge
n. 185/2002)  e,  ancora,  fino  al  30 giugno  2004  dall'art. 1 del
decreto-legge  24 giugno  2003, n. 147, convertito, con modificazioni
nella legge 1° agosto 2003, n. 200.
    Gli ultimi due provvedimenti di proroga, giova evidenziare, hanno
fatto  espresso riferimento alle «procedure esecutive di rilascio per
finita   locazione»,   per   delimitare  l'ambito  applicativo  della
sospensione.
    2.  - Il Tribunale ritiene di sollevare d'ufficio la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1 del decreto-legge 24 giugno
2003,  n. 147,  convertito,  con modificazioni, nella legge 1° agosto
2003,  n. 200 - che ha disposto l'ulteriore proroga fino al 30 giugno
2004  della  sospensione  delle  esecuzioni  per  rilascio per finita
locazione  e  sulla  cui  applicabilita' alla fattispecie concreta si
fonda  l'opposizione  all'esecuzione  proposta  dall'esecutata  - per
violazione dell'art. 3, commi 1 e 2, dell'art. 24, comma 1, dell'art.
42, comma 2, e dell'art. 111, comma 2, della Costituzione.
    Si  solleva, inoltre, la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 80, commi 20 e 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in
relazione all'art. 3, commi 1 e 2, della Costituzione.
    3.  -  La  questione  che con la presente ordinanza si solleva e'
rilevante, poiche' l'opposizione all'esecuzione proposta dal soggetto
esecutato   deve   essere   decisa  applicando  le  norme  della  cui
legittimita'  costituzionale  si  dubita.  Le condizioni economiche e
l'eta' dell'esecutata, inoltre, emergono dagli atti.
    Per   quanto   attiene  alla  non  manifesta  infondatezza  della
questione, si espone quanto segue.
    4.  -  In  riferimento  al  primo parametro che si assume violato
(art.  3, comma 1, Cost. e, comunque al principio di ragionevolezza),
non  sembra trovare giustificazione, a maggior ragione in presenza di
una serie potenzialmente illimitata di proroghe:
        a)   la   parita'  di  trattamento  tra  locatori/esecutanti,
accordata  dalle  norme  sospettate di incostituzionalita' a soggetti
che si trovano in condizioni differenti: tra chi avvii, nei confronti
di soggetti disagiati, l'esecuzione per rilascio per finita locazione
pur  versando  in  condizioni  di disagio e chi, invece, non si trovi
nelle  stesse condizioni e possa sopportare il disagio, derivante dal
differimento dell'esecuzione, senza subire un pregiudizio equivalente
al  pregiudizio  che  subirebbe  l'esecutato  disagiato  ove  venisse
estromesso dall'abitazione;
        b)  la  disparita' di trattamento tra i soggetti contrapposti
del  rapporto  obbligatoria,  per  cui  ricevono  tutela  determinate
situazioni  in  capo all'obbligato al rilascio, mentre nessuna tutela
e'  accordata  a chi si trovi in condizioni identiche o meritevoli di
analoga tutela nonostante, in quanto titolare del diritto ad ottenere
il rilascio, si trovi in una situazione giuridica soggettiva rispetto
alla quale l'obbligato e', di norma, in un condizione di soggezione.
    Si  evidenzia  al  riguardo  che  la Corte costituzionale, con la
sentenza n. 310 del 7 ottobre 2003 (con la quale aveva dichiarato non
fondata  la  questione di legittimita' costituzionale della norma che
aveva  disposto  la  proroga fino al 30 giugno 2002 della sospensione
delle  esecuzioni),  aveva  affermato  che  il legislatore, nel farsi
carico  delle  esigenze  di  coloro  che  si  trovano  in particolari
condizioni di disagio - ricorrendo ad iniziative del settore pubblico
o  accordano  agevolazioni  o  ricorrendo ad ammortizzatori sociali -
«non  puo'  indefinitamente  limitarsi,  per  di  piu'  senza  alcuna
valutazione   comparativa,  a  trasferire  l'onere  relativo  in  via
esclusiva  a  carico  del  privato locatore, che potrebbe trovarsi in
identiche o anche peggiori situazioni di disagio.
    5.  -  Per  quanto  riguarda la denunciata violazione del secondo
comma   dell'art. 3  della  Costituzione,  si  osserva  che  la  mera
sospensione  delle  esecuzioni per rilascio, prorogata per tre anni e
sei mesi, poiche' non e' modulata anche sulle possibili condizioni di
disagio economico sociale e sanitario dei locatori-esecutanti, ne' e'
ancorata - come si verifica dal 29 giugno 2001, a seguito della prima
proroga  disposta  dall'art. 1 del d.l. n. 247/2001, conv., con legge
n. 332/2001  - ad una contemporanea attivita' dell'ente locale idonea
a  soddisfare il bisogno abitativo dei soggetti che beneficiano della
proroga (prevista dal comma 20 dell'art. 80 della legge n. 388/2000),
e' priva di giustificazione.
    Essa,  infatti, non e' strettamente correlata ad un'attivita', di
rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, che consenta:
a)    di    soddisfare    il   primario   bisogno   abitativo   degli
inquilini/esecutati  entro  il  termine di scadenza della sospensione
dell'esecuzione  iniziata  nei  loro  confronti;  b)  di alleviare la
condizione   di   disagio   in   cui   potrebbero   trovarsi   alcuni
locatori/esecutati,  in  conseguenza  dell'impossibilita'  di  godere
della piena disponibilita' dell'immobile.
    Anche  in  tal  caso  si  richiama  quanto  affermato dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 310/03.
    6. - Si ritiene, inoltre, che la sospensione delle esecuzioni per
rilascio,  in quanto protratta per un periodo di tre anni e sei mesi,
violi  anche  il  principio  sancito  dall'art. 24,  comma  1,  della
Costituzione  perche'  vanifica  del  tutto la tutela accordata dalle
norme  processuali  al  soggetto  titolare del diritto ad ottenere il
rilascio di un immobile, riconosciuto da un titolo esecutivo.
    Sul  punto la Corte costituzionale si e' pronunciata, con la gia'
menzionata  sentenza  n. 310  del 7 ottobre 2003, in riferimento alla
questione    di   legittimita'   costituzionale   dell'art.   1   del
decreto-legge  27  dicembre  2001,  n. 450,  convertito  in  legge 27
febbraio  2002,  n. 14,  che aveva disposto l'ulteriore proroga della
sospensione   delle   esecvzioni   fino  al  30  giugno  2002.  Aveva
evidenziato, in particolare, la Corte che la norma poteva trovare una
giustificazione  nella  fase  transitoria di passaggio dal precedente
regime  vincolistico  al  nuovo  sistema  delle locazioni, introdotto
dalla  legge  9  dicembre  1998,  n. 431 e nelle iniziali esigenze di
approntamento  delle misure atte ad incrementare la disponibilita' di
edilizia  abitativa  per i meno abbienti in situazione di particolare
difficolta'.
    La  Corte,  percio', aveva dichiarato non fondata la questione di
legittimita'  costituzionale,  precisando  pero'  che «la sospensione
dell'esecuzione  per  rilascio  costituisce un intervento eccezionale
che  puo'  incidere solo per un periodo transitorio ed essenzialmente
limitato  sul  diritto  alla  riconsegna di immobile sulla base di un
provvedimento  giurisdizionale  legittimamente  ottenuto»  e  che  la
procedura esecutiva, «non puo' essere paralizzata indefinitamente con
una serie di pure e semplici proroghe, oltre in ragionevole limite di
tollerabilita».
    Ancora  la  Corte,  nella sentenza n. 62 del 12 febbraio 2004, ha
incidentalmente   fatto  riferimento  agli  argomenti  offerti  nella
sentenza n. 310 del 2003.
    E'   avviso   del   Tribunale  -  nel  fondare  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  sugli argomenti prospettati dalla Corte
Costituzionale  -  che  la  norma che ha disposto l'ulteriore proroga
fino  al  30  giugno  2004  (art. 1 del decreto-legge 24 giugno 2003,
n. 147,  convertito,  con  modificazioni  nella legge 1° agosto 2003,
n. 200),   ha   determinato,   in  concreto,  la  paventata  paralisi
indefinita  (tale  e',  soprattutto nella prospettiva di un'ulteriore
proroga)  della  procedura  esecutiva,  e comunque della possibilita'
accordata   al   locatore  di  esercitare  e  soddisfare  il  diritto
riconosciuto nel titolo esecutivo.
    Dall'analisi  della  fattispecie  in  esame  e', infatti, agevole
rilevare  che  tale  diritto avrebbe potuto essere esercitato sin dal
mese  di  novembre  del  2000,  mentre la sospensione dell'esecuzione
prevista  dall'art.  80,  comma  22,  della legge n. 386 del 2000, in
quanta piu' volte prorogata, continua ad impedirne l'esercizio, senza
che  sia  possibile  ravvisare  una  giustificazione  che consenta di
ritenere  non  superato quel limite di tollerabilita', a cui la Corte
ha fatto riferimento.
    Ne'  assume  rilevanza la circostanza che l'esecuzione - iniziata
in  prossimita'  della scadenza della proroga a quel tempo vigente e,
verosimilmente,   nell'aspettativa   che   non   fosse  ulteriormente
prorogata  -  ha  avuto  inizio soltanto nel mese di maggio del 2003,
posto  che  nei  due  anni e cinque mesi precedenti non sarebbe stato
possibile ottenere il rilascio dell'immobile.
    La  norma  sospettata  di incostituzionalita', pertanto, dovrebbe
essere espunta dall'ordinamento.
    7.  - Gli stessi rilievi sin qui esposti costituiscono ragione di
violazione  dell'art.  42,  comma 2, della Costituzione, in quanto le
proroghe  della sospensione delle esecuzioni comprimono, di fatto, il
diritto  di proprieta' vantato dal locatore/esecutante per un periodo
eccessivamente prolungato e potenzialmente indefinito.
    Tale  compressione,  inoltre,  non  e'  direttamente  connessa al
ricorso  a  strumenti  di  assolvimento  della funzione sociale della
proprieta'.  La possibilita' di fruire della sospensione, infatti, da
un lato non e' condizionata alla formulazione di alcuna richiesta, da
parte dell'esecutato, di avvalersi dell'ausilio pubblico previsto dal
comma  20  dell'art. 80  della legge n. 388/2000 o di fruire di altri
ausili,  e  dall'altro,  non  e'  esclusa  dalla  circostanza  che il
locatore/esecutante  versi  in  una  situazione  di  disagio, tale da
recargli grave nocumento ove sia compresso l'esercizio del diritto di
proprieta'.
    8.  -  Infine, l'art. 1 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147,
convertito,  con  modificazioni,  nella legge 1° agosto 2003, n. 200,
nel  prorogare  ulteriormente  la  sospensione  delle  esecuzioni per
rilascio,  si  pone in contrasto anche con l'art. 111, comma 2, della
Costituzione,  che sancisce il principio della ragionevole durata del
processo.
    Premesso  che l'applicazione di tale principio e' estesa anche al
processo  esecutivo,  quale fase in cui si attua la soddisfazione del
diritto  per il cui riconoscimento e' stato instaurato il processo di
cognizione,  si  rileva  che  la  successione  delle  proroghe  delle
sospensioni    e   l'effettiva   indeterminatezza   temporale   della
preclusione  dell'esercizio  del  diritto  hanno  dilatato e potranno
dilatare oltre misura i tempi del processo, prolungandoli non a causa
della  complessita'  della  questione,  bensi'  in  conseguenza di un
arresto  della  procedura non correlato ad alcuna situazione (come si
verifica, ad esempio, nell'ipotesi prevista dall'art. 295 c.p.c.).