ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 2 del decreto
legislativo   15 dicembre   1997,  n. 446  (Istituzione  dell'imposta
regionale  sulle  attivita'  produttive,  revisione  degli scaglioni,
delle  aliquote  e  delle  detrazioni dell'Irpef e istituzione di una
addizionale   regionale   a  tale  imposta,  nonche'  riordino  della
disciplina  dei  tributi  locali),  promossi  con  due  ordinanze del
7 dicembre  2000  dalla  Commissione tributaria provinciale di Napoli
sui  ricorsi  proposti  da  Botto  Vincenzo e da Polise Renato contro
l'Agenzia  delle entrate - Ufficio di Napoli 1, iscritte ai nn. 8 e 9
del  registro  ordinanze  2004  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 7, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 29 settembre 2004 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Napoli, con
due  ordinanze  di  contenuto sostanzialmente identico, depositate il
7 dicembre  2000 (ma pervenute a questa Corte il 12 gennaio 2004), ha
sollevato,  in  riferimento agli artt. 3, 53 e 76 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 2  del decreto
legislativo   15 dicembre   1997,  n. 446  (Istituzione  dell'imposta
regionale  sulle  attivita'  produttive,  revisione  degli scaglioni,
delle  aliquote  e  delle  detrazioni dell'Irpef e istituzione di una
addizionale   regionale   a  tale  imposta,  nonche'  riordino  della
disciplina   dei   tributi  locali),  che  individua  il  presupposto
dell'IRAP   nell'esercizio  abituale  di  un'attivita'  autonomamente
organizzata  diretta  alla  produzione  o allo scambio di beni ovvero
alla prestazione di servizi;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  l'IRAP  penalizzerebbe in
maniera  ingiustificata  i  lavoratori autonomi, ad essa assoggettati
indiscriminatamente,  tanto  piu' in quanto si tratterebbe di imposta
introdotta  in  sostituzione  dell'ILOR, che sarebbe stata dichiarata
incostituzionale  «nella  misura  in  cui  postulava la produzione di
reddito  d'impresa  anche  in assenza di un'organizzazione di fattori
produttivi,    come    ricorrentemente   si   avvera   nell'esercizio
dell'attivita' libero professionale»;
        che  l'imposta  stessa,  per essere applicata in ugual misura
nei   confronti   tanto   dei   liberi  professionisti  quanto  degli
imprenditori,   prescinderebbe,  almeno  in  parte,  dalla  capacita'
contributiva ed inoltre, essendo la sua ratio economica rappresentata
- secondo la amministrazione finanziaria convenuta nel giudizio a quo
-   dalla   remunerazione   di   servizi   non   vendibili  da  parte
dell'amministrazione   centrale   e   locale,   non   terrebbe  conto
dell'insoddisfacente   livello  di  tali  servizi  riscontrabile  nel
Mezzogiorno d'Italia rispetto alle regioni settentrionali;
        che  la  norma  impugnata sarebbe in definitiva irragionevole
nella  parte  in  cui  «non consente di pervenire alla disamina delle
concrete   modalita'   di   svolgimento   dell'attivita'  svolta  dal
lavoratore   autonomo   per   stabilire  la  ricorrenza  o  meno  del
presupposto impositivo del tributo de quo»;
        che  e'  intervenuto  in entrambi i giudizi il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  concludendo per la declaratoria di manifesta
infondatezza  della questione, in quanto identica a quella dichiarata
non fondata con la sentenza n. 156 del 2001.
    Considerato  che  i  due  giudizi,  avendo ad oggetto la medesima
questione, vanno riuniti per essere decisi con unico provvedimento;
        che   il   rimettente   in   buona   sostanza   lamenta  come
irragionevole    l'indiscriminata   applicazione   dell'imposta   nei
confronti   dei   liberi   professionisti,   anche   in   assenza  di
organizzazione di capitali o lavoro altrui;
        che  -  a  prescindere  da ogni considerazione in ordine alla
individuazione   della   norma   cui   tale  dubbio  di  legittimita'
costituzionale  sarebbe eventualmente riferibile - va preliminarmente
rilevato  che  manca,  nelle  ordinanze  di  rimessione, una compiuta
descrizione  delle  fattispecie  dedotte  nei  giudizi a quibus sulla
natura  dell'attivita'  svolta  dai ricorrenti, tale da consentire il
necessario controllo riguardo alla rilevanza della questione;
        che,  in  conformita'  alla costante giurisprudenza di questa
Corte  (ex  plurimis:  ordinanze n. 291 del 2004, n. 231 e n. 141 del
2003), entrambe le questioni vanno pertanto dichiarate manifestamente
inammissibili.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.