ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
7 ottobre  2003  che  afferma  che  i  fatti  per  i  quali  pende il
procedimento  civile  concernono  opinioni espresse dall'on. Vittorio
Sgarbi  nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  ai sensi dell'art. 68,
primo  comma,  della  Costituzione, promosso dalla Corte d'appello di
Milano  -  sezione  II  civile, con ricorso depositato il 12 dicembre
2003 ed iscritto al n. 259 del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella camera di consiglio del 29 settembre 2004 il giudice
relatore Paolo Maddalena.
    Ritenuto  che,  con  ricorso  depositato  il 12 dicembre 2003, la
Corte  d'appello  di  Milano  -  sezione  II  civile, nel corso di un
procedimento  instaurato  nei  confronti del deputato Vittorio Sgarbi
dal dott. Andrea Padalino, ha sollevato conflitto di attribuzione fra
poteri  dello  Stato  nei  confronti  della  Camera  dei deputati, in
relazione  alla  deliberazione,  adottata  il  7 ottobre  2003  (doc.
IV-quater,  n. 26),  secondo  la  quale  le dichiarazioni oggetto del
predetto  procedimento  civile  concernono  opinioni  espresse  da un
membro   del   Parlamento  nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  con
conseguente   insindacabilita'   delle   opinioni   stesse   a  norma
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che il giudice ricorrente espone che l'on. Vittorio Sgarbi e'
stato condannato dal Tribunale di Milano, con sentenza 17 settembre -
12 ottobre   2000,   al   risarcimento   del  danno  derivante  dalle
espressioni lesive dell'onore del suddetto dott. Padalino pronunciate
dal  medesimo  deputato  Vittorio Sgarbi nel corso della trasmissione
televisiva «Sgarbi quotidiani» del 15 ottobre 1994;
        che  lo stesso giudice aggiunge che, in pendenza del giudizio
di  appello, la Camera dei deputati, nella seduta del 7 ottobre 2003,
ha  deliberato  che  i  fatti  oggetto  del  procedimento  riguardano
opinioni  espresse  da  un membro del Parlamento nell'esercizio delle
sue funzioni ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che,   ad   avviso   della  Corte  d'appello  di  Milano,  la
deliberazione  della Camera dei deputati sarebbe lesiva delle proprie
attribuzioni  mancando  il  nesso funzionale tra le opinioni espresse
dall'on. Vittorio Sgarbi e l'attivita' parlamentare;
        che,  pertanto,  la  Corte  d'appello  di  Milano,  ritenendo
sussistenti   i   profili  oggettivo  e  soggettivo  per  elevare  il
conflitto,  chiede  che  questa  Corte  dichiari che non compete alla
Camera  dei deputati la valutazione della condotta attribuita all'on.
Vittorio   Sgarbi,   in   quanto  estranea  alla  previsione  di  cui
all'art. 68,  primo  comma,  della Costituzione, e, conseguentemente,
annulli  la  relativa  deliberazione adottata dalla stessa Camera dei
deputati nella seduta del 7 ottobre 2003.
    Considerato  che,  in  questa fase, la Corte e' chiamata, a norma
dell'articolo 37,  terzo  e  quarto comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,   a  delibare  esclusivamente  l'ammissibilita'  del  ricorso,
valutando,  senza  contraddittorio  tra  le  parti,  se  sussistano i
requisiti  soggettivo e oggettivo di un conflitto di attribuzione tra
poteri dello Stato;
        che,   sotto   il  profilo  soggettivo,  va  riconosciuta  la
legittimazione della Corte d'appello di Milano a sollevare conflitto,
in  quanto  organo  giurisdizionale,  in  posizione  di  indipendenza
costituzionalmente     garantita,     competente     a     dichiarare
definitivamente, per il procedimento di cui e' investito, la volonta'
del potere cui appartiene;
        che,  parimenti,  deve  essere riconosciuta la legittimazione
della  Camera  dei  deputati  ad essere parte nel presente conflitto,
quale  organo  competente  a dichiarare in modo definitivo la propria
volonta'  in  ordine  all'applicabilita'  dell'art. 68,  primo comma,
della Costituzione;
        che,  per  quanto  attiene  al  profilo oggettivo, il giudice
ricorrente  lamenta  la  lesione della propria sfera di attribuzioni,
costituzionalmente  garantita, in conseguenza dell'adozione, da parte
della   Camera   dei  deputati,  della  menzionata  deliberazione  di
insindacabilita';
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di un conflitto, la cui
risoluzione    spetta   alla   competenza   della   Corte,   restando
impregiudicata  ogni  ulteriore decisione definitiva, anche in ordine
all'ammissibilita' del ricorso.