ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato, sorto a seguito della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero); del d.P.R. 2 aprile 2003, n. 104 (Regolamento di attuazione della legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante disciplina per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero); della deliberazione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi approvata il 16 aprile 2003, recante «Disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi autogestiti, informazione e tribune della concessionaria del servizio radiotelevisivo pubblico relative alle campagne per i referendum popolari per l'abrogazione di disposizioni recate dall'art. 18 dello statuto dei lavoratori e per l'abrogazione della servitu' coattiva di elettrodotto indetti per il giorno 15 giugno 2003», promosso dai signori Livio Giuliani, Cristina Tabano, Rosario Trefiletti, Elio Lannutti e Carlo Rienzi, nella qualita' di promotori e presentatori del referendum popolare per l'abrogazione della servitu' coattiva di elettrodotto, ammesso dalla Corte costituzionale con sentenza n. 44 del 2003, con ricorso depositato il 23 maggio 2003 ed iscritto al n. 247 del registro ammissibilita' conflitti. Udito nella camera di consiglio del 7 luglio 2004 il giudice relatore Ugo De Siervo. Ritenuto che Livio Giuliani, Cristina Tabano, Rosario Trefiletti, Elio Lannutti e Carlo Rienzi, con ricorso depositato il 20 maggio 2003, e nella qualita' di promotori e presentatori del referendum popolare per l'abrogazione della servitu' coattiva di elettrodotto, ammesso da questa Corte con sentenza n. 44 del 2003 ed indetto per il 15 giugno 2003, sollevano conflitto di attribuzione implicitamente contro le Camere del Parlamento, il Governo e la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in relazione alla legge 27 dicembre 2001, n. 459 (Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero), nonche' al d.P.R. 2 aprile 2003, n. 104 (Regolamento di attuazione della legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante disciplina per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero) e alla deliberazione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi approvata il 16 aprile 2003 (Disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi autogestiti, informazione e tribune della concessionaria del servizio radiotelevisivo pubblico relative alle campagne per i referendum popolari per l'abrogazione di disposizioni recate dall'art. 18 dello statuto dei lavoratori e per l'abrogazione della servitu' coattiva di elettrodotto indetti per il giorno 15 giugno 2003); che, secondo i ricorrenti, il Parlamento avrebbe fatto «cattivo uso del potere di cui all'art. 70 Cost.» avendo previsto nella legge n. 459 del 2001 l'esercizio del voto per corrispondenza da parte degli elettori stabilmente residenti all'estero, cosi' non garantendo «la segretezza del voto, proclamata dall'art. 48 della Costituzione» e quindi la sua stessa liberta'; che, secondo il ricorso, il Parlamento avrebbe fatto «cattivo uso del potere di cui all'art. 70 Cost.» non avendo previsto, negli artt. 17 e 19 della legge n. 459 del 2001, che gli accordi in forma semplificata con i Governi degli Stati di residenza degli elettori intervengano solo a condizione che questi Stati abbiano carattere democratico o rispettino «standard di tutela delle liberta' fondamentali di pensiero, di parola e di informazione» e che comunque questi accordi debbano assicurare «che vi sia una disciplina della campagna elettorale e che questa garantisca la parita' di chances, la c.d. par condicio, per i contendenti, e assicuri che l'elettore possa essere posto in grado di votare correttamente e consapevolmente»; che il Governo - ad avviso dei ricorrenti - avrebbe fatto «cattivo uso del potere normativo di attuazione della legge n. 459 del 2001» adottando il d.P.R. 2 aprile 2003, n. 104 in prossimita' della data del referendum con la conseguente impossibilita' di darvi integrale applicazione ed in particolare non prevedendo nell'art. 8, commi 1, 2, 6 e 8, una piena tutela di tutte le posizioni dei diversi soggetti interessati nella campagna elettorale e nella relativa propaganda nei paesi esteri; che inoltre la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi non avrebbe contemplato nella deliberazione approvata il 16 aprile 2003 alcuna disposizione «in ordine ai programmi di informazione destinati all'estero, lasciando sostanzialmente un vuoto regolamentare della campagna referendaria per gli elettori residenti all'estero»; che conseguentemente i ricorrenti chiedono che, previa dichiarazione di ammissibilita', la Corte «accolga il ricorso e conseguentemente annulli» la legge 27 dicembre 2001, n. 459, il d.P.R. 2 aprile 2003, n. 104 e la deliberazione del 16 aprile 2003 della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi; che nel ricorso si avanza anche la richiesta di sospensione in via cautelare di tutti gli atti impugnati. Considerato che il ricorso e' di identico contenuto a quello depositato il 20 maggio 2003, e iscritto al n. 246 del registro ammissibilita' conflitti, dai sig. ri Livio Giuliani e Carlo Rienzi, quest'ultimo «anche nella qualita' di rappresentante del CODACONS e dell'intesa dei consumatori (ADOC-CODACONS-ADUSBEF-FEDERCONSUMATORI)», mentre quello oggetto del presente giudizio si differenzia dal primo per il solo fatto di essere stato presentato dai signori Livio Giuliani, Cristina Tabano, Elio Lannutti, Rosario Trefiletti e Carlo Rienzi; che con ordinanza n. 195 del 2003 questa Corte ha dichiarato l'inammissibilita' del suddetto ricorso n. 246 a causa di «molteplici motivi di inammissibilita» relativamente al requisito oggettivo, precisando in particolare di voler prescindere «quanto ai requisiti soggettivi, dai problemi di legittimazione di due soli presentatori e promotori del referendum popolare a rappresentare il comitato dei promotori», come risulta da altre pronunce della Corte (sentenze n. 161 del 1995 e n. 69 del 1978); che, quanto al contenuto del ricorso, non sussiste alcuna ragione che possa indurre questa Corte a mutare la propria precedente decisione, restando assorbita la richiesta di sospensione degli atti oggetto del conflitto.