ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147 (Proroga di termini e disposizioni urgenti ordinamentali), convertito, con modificazioni, nella legge l° agosto 2003, n. 200 e dell'art. 80, commi 20 e 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), promosso dal Tribunale di Roma con ordinanza del 9 marzo 2004 nel procedimento civile vertente tra A. G. L. e L. P., iscritta al n. 664 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, 1ª serie speciale, dell'anno 2004. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 2004 il giudice relatore Francesco Amirante. Ritenuto che nel corso di un giudizio di opposizione all'esecuzione di un'ordinanza di convalida di licenza per finita locazione, emessa a carico di un conduttore appartenente alle categorie disagiate, beneficiarie della proroga della sospensione delle esecuzioni per rilascio fino al 30 giugno 2004 disposta dall'art. 1 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147 (Proroga di termini e disposizioni urgenti ordinamentali), convertito, con modificazioni, nella legge l° agosto 2003, n. 200, il Tribunale di Roma, con ordinanza del 9 marzo 2004, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 24, primo comma, 42, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale della norma citata, nonche' - ma solo in riferimento all'art. 3, primo e secondo comma, Cost. - dell'art. 80, commi 20 e 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001); che il giudice a quo, premesso di aver sospeso l'esecuzione fino al 30 giugno 2004 «o fino al successivo termine determinato da eventuali proroghe legislative», ripercorre la successione dei provvedimenti di proroga a partire dal citato art. 80 fino all'impugnato art. 1 del d.l. n. 147 del 2003, sulla base della cui applicabilita' nel giudizio in corso motiva la rilevanza della questione; che, quanto alla violazione dell'art. 3 Cost., anche in riferimento al principio di ragionevolezza, il Tribunale censura l'identico trattamento tra i locatori-esecutanti, accordato dalla norma a soggetti che si trovino in situazioni differenti, cioe' tra chi avvii, nei confronti di appartenenti alle categorie protette, l'esecuzione per rilascio per finita locazione, pur versando in condizioni disagiate, e chi, invece, possa sopportare il disagio derivante dal differimento dell'esecuzione, senza subire un pregiudizio equivalente a quello che subirebbe l'esecutato ove venisse estromesso dall'abitazione; che, inoltre, rileverebbe la disparita' di trattamento tra i soggetti contrapposti del rapporto obbligatorio, risolventesi nella previsione di tutela per determinate situazioni in capo all'obbligato al rilascio, e nel contestuale diniego di protezione a chi si trovi, come locatore, in condizioni identiche o meritevoli di analoga considerazione, non essendo la sospensione in parola - prorogata per ben tre anni e sei mesi - modulata sulle eventuali condizioni di disagio economico, sociale o sanitario dei locatori-esecutanti, ne' ancorata ad una contemporanea attivita' dell'ente locale, idonea a soddisfare il bisogno abitativo dei soggetti che beneficiano della proroga, cosi' risultando non correlata ad un'attivita' di rimozione degli ostacoli di ordine socio-economico e quindi priva di giustificazione; che a parere del Tribunale, il quale richiama le affermazioni contenute nella sentenza n. 310 del 2003 di questa Corte, sarebbe del tutto vanificata la tutela accordata dalle norme processuali al soggetto titolare del diritto ad ottenere il rilascio di un immobile, riconosciuto da un titolo esecutivo, in violazione dell'art. 24, primo comma, della Costituzione; che risulterebbe altresi' vulnerato anche l'art. 42, secondo comma, Cost., in quanto le proroghe della sospensione delle esecuzioni comprimono il diritto di proprieta' vantato dal locatore-esecutante per un periodo eccessivamente prolungato e potenzialmente indefinito, senza connessione a strumenti di assolvimento della funzione sociale della proprieta'; che, infine, i tempi del processo vengono prolungati non a causa della complessita' della questione, bensi' in conseguenza di un arresto della procedura non correlato ad alcuna situazione di matrice processuale, in violazione dell'art. 111, secondo comma, della Costituzione; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, eccependo l'inammissibilita' della questione, sia per la cessazione della vigenza dell'impugnata normativa, sia per il carattere additivo della pronuncia richiesta, concludendo nel merito per la non fondatezza (sulla base delle sentenze n. 310 del 2003 e n. 155 del 2004 di questa Corte) e chiedendo, in subordine, in una memoria depositata nell'imminenza della camera di consiglio, la restituzione degli atti sulla base della nuova disciplina introdotta dal decreto-legge 13 settembre 2004, n. 240 (Misure per favorire l'accesso alla locazione da parte di conduttori in condizioni di disagio abitativo conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio, nonche' integrazioni alla legge 9 dicembre 1998, n. 431), convertito, con modificazioni, nella legge 12 novembre 2004, n. 269. Considerato che successivamente all'ordinanza di rimessione e' stato emanato il menzionato d.l. n. 240 del 2004, convertito, con modificazioni, nella legge n. 269 del 2004, che prevede una serie di misure in favore dei conduttori beneficiari della sospensione disposta dall'impugnato art. 80 della legge n. 388 del 2000 e dei «successivi differimenti e proroghe», incluso - a determinate condizioni - il differimento fino al 31 marzo 2005 del termine per l'esecuzione del provvedimento di rilascio; che e', pertanto, necessario disporre la restituzione degli atti al giudice a quo, perche' effettui un nuovo esame della rilevanza della questione alla luce della sopravvenuta normativa.